Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21010 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21010 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14170/2021 R.G., proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Milano, in persona dell’amministratore unico pro tempore , rappresentata e difesa dal l’ AVV_NOTAIO, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia il 17 febbraio 2021, n. 615/19/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 2 luglio 2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
CATASTO DINIEGO DI AUTOTUTELA IMPUGNABILITÀ
Rep.
RAGIONE_SOCIALE‘ ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia il 17 febbraio 2021, n. 615/19/2021, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di diniego di autotutela con riferimento alla classificazione catastale in categoria F/2 (a seguito di variazione richiesta nell’anno 2018) di un complesso industriale ( ex cotonificio ‘RAGIONE_SOCIALE‘) in Saronno (VA) alle INDIRIZZO, versante in stato di fatiscenza e collabenza sin dall’anno 2002 , di cui essa è proprietaria, ha rigettato l’appello proposto in via principale dalla medesima ed ha accolto l ‘appello proposto in via incidentale dall ‘RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Varese il 20 luglio 2020, n. 247/01/2020, con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali;
La Commissione tributaria regionale ha parzialmente riformato la decisione di prime cure, che aveva rigettato il ricorso originario, nel senso di dichiararne l’inammissibilità , sul presupposto che il diniego di autotutela in materia catastale non fosse suscettibile di impugnazione dinanzi al giudice tributario , e, comunque, di valutarne l’infondatezza, sul rilievo che la discrasia cronologica tra l’insorgenza della situazione di collabenza/fatiscenza e la sollecitazione dell’amministrazione finanziaria alla revisione del classamento catastale fosse esclusivamente imputabile alla contribuente;
l’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso;
la ricorrente ha depositato memoria illustrativa;
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è affidato a quattro motivi;
1.1 con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n.
546, 21octies della legge 7 agosto 1990, n. 241, 24, 53 e 97 Cost., in relaz ione all’art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che il ricorso avverso il diniego di autotutela in materia catastale fosse inammissibile, là dove un’interpretazione costituzionalmente orientata avrebbe condotto ad un’opposta conclusion e;
1.2 con il secondo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112, 115, 116 e 132 cod. proc. civ., 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 1362 cod. civ., in relaz ione all’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5 , cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di valutare gli atti processuali, pervenendo ad una decisione priva di sufficiente motivazione sull’appello della contribuente, con particolare riguardo alla indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni ostative alla decorrenza ex tunc della classificazione catastale del complesso industriale come ‘ unità collabente ‘ sin dall’anno 2012;
1.3 con il terzo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6 e 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, 38 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, 1, commi 336 e 337, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, 1, comma 277, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, 3, comma 58, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e 19 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in relaz ione all’art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’inerzia nella denuncia RAGIONE_SOCIALE stato di collabenza e fatiscenza del complesso industriale fosse imputabile in via esclusiva alla contribuente, pur trattandosi di
fatto notorio conoscibile anche da parte dell’amministrazione finanziaria;
1.4 con il quarto motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 53 Cost., 2, 3 e 6 del d.m. 2 gennaio 1998, n. 28, in relaz ione all’art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che i fabbricati collabenti potessero considerarsi indici rivelatori di ricchezza;
il primo motivo è fondato , derivandone l’assorbimento dei restanti motivi;
2.1 la questione dell’impugnabilità del diniego di autotutela in materia catastale dinanzi al giudice tributario è stata già affrontata da questa Corte (sia pure in relazione alla fattispecie della variazione della rendita: Cass., Sez. 6^-5, 4 novembre 2021, n. 31574) con soluzione condivisibile, a cui il collegio ritiene di dare continuità in questa sede;
2.2 secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 15 luglio 2008, n. 19379; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2011, n. 8165; Cass., Sez. 6^-5, 19 marzo 2014, n. 6411; Cass., Sez. 6^-5, 13 giugno 2014, n. 13535; Cass., Sez. 6^-5, 13 febbraio 2015, nn. 2995 e 3001; Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2021, n. 17627; Cass., Sez. 5^, 31 agosto 2022, n. 25573; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2023, n. 9938), al contribuente deve essere riconosciuto il diritto di modificare, senza alcun limite temporale, la rendita proposta con la procedura ‘ DOCFA ‘ , quando la situazione di fatto o di diritto ab origine denunziata non sia veritiera; al riguardo è stato, infatti, evidenziato che il termine di dodici mesi dalla presentazione della ‘ DOCFA ‘ , fissato dall’art. 1 del d.m. 19 aprile 1994, n. 701, per la determinazione della rendita definitiva da parte dell’amministrazione finanziaria (eventualmente modificativa
della rendita proposta dal contribuente), non ha natura perentoria, ma meramente ordinatoria, costituendo una modalità di esercizio dei poteri per la formazione e l’aggiornamento del catasto (Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2006, n. 16824; Cass. Sez. 5^, 15 luglio 2008, nn. 19379 e 19380; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2011, n. 5843; Cass., Sez. 6^-5, 19 marzo 2014, n. 6411; Cass., Sez. 6^-5, 13 giugno 2014, n. 13535; Cass., Sez. 6^-5, 13 febbraio 2015, n. 2995; Cass., Sez. 6^-5, 19 febbraio 2015, nn. 3355 e 3358; Cass., Sez. 5^, 13 marzo 2015, n. 5051); se, dunque, l’esito del procedimento di classamento è di tipo accertativo e mira solo a fornire chiarezza sul valore economico del bene, attraverso il sistema del catasto, in vista di una congrua tassazione secondo le diverse leggi d’imposta, deve concludersi che quando la situazione di fatto e di diritto ab origine denunziata non sia veritiera il contribuente mantiene il diritto di modificare la rendita proposta all’amministrazione finanziaria;
2.3 nel vigente sistema tributario, la rendita catastale, del resto, non ha mai efficacia costitutiva diretta di alcuna obbligazione fiscale ma solo una efficacia riflessa, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sul reddito complessivo, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sul patrimonio immobiliare e ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte indirette sui trasferimenti immobiliari; la rendita catastale non forma oggetto di una dichiarazione annuale del contribuente e non esaurisce la propria efficacia con riguardo ad una singola annualità d’imposta, avendo -al contrario -efficacia pluriennale escludente in radice qualsiasi ipotesi di definitività o irrevocabilità; avendo la rendita catastale efficacia illimitata nel tempo, altrettanto illimitata deve essere la facoltà del contribuente di presentare istanze di variazione, di rettifica, di correzione; pertanto, come l’amministrazione finanziaria,
senza conseguente caducazione dei suoi poteri accertativi, può sempre intervenire a rettificare la rendita proposta dal contribuente, non vi è ragione per cui quest’ultimo – avvedutosi dell’errore dichiarativo – non possa correggere i propri errori od omissioni, ripristinando l’esatto valore secondo il reddito effettivamente retraibile;
2.4 la non emendabilità di dichiarazioni ab origine inesatte, del resto, finirebbe per cristallizzare nel tempo una imposizione falsata nei suoi presupposti, in contrasto con il principio della capacità contributiva garantito dall’art. 53 Cost.; è, infatti, principio generale che le dichiarazioni del contribuente che risultino affette da errore di fatto o di diritto sono sempre emendabili e ritrattabili, quando possa derivarne l’assoggettamento e ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico; come la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, costituendo essa solo un momento dell’ iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria, lo stesso principio va – a maggior ragione – applicato alla dichiarazione di classificazione catastale, che costituisce l’atto iniziale di un procedimento amministrativo di tipo “cooperativo” per la classificazione degli immobili e le rendite da questi prodotte che – per valere come base per il calcolo dell’imposta – debbono essere idonee a rappresentare l’indice di capacità contributiva del cittadino; tanto in sintonia con l’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. ” Statuto del contribuente “), secondo cui: « I rapporti tra contribuente ed amministrazione finanziaria sono improntati al principio di collaborazione e buona fede »,
essendo – appunto – conforme a buona fede non percepire somme non dovute, ancorché versate per errore dall’obbligato su dichiarazione da lui stesso effettuata; nessuna preclusione di definitività dell’accatastamento può, dunque, essere opposta dall’amministrazione finanziaria all ‘ istanza di variazione presentata dal contribuente;
2.5 peraltro, il giudice di appello persiste ad individuare nell’istanza della contribuente una richiesta di autotutela, ma ciò si deve escludere, dovendo preferirsi la qualificazione nei termini di una ‘ istanza di variazione della classificazione catastale ‘ , trattandosi di domanda prospettabile in qualsivoglia momento proprio perché il procedimento di classamento è di tipo accertativo, con conseguente facoltà del contribuente di chiedere la rettifica della rendita (o della classificazione) proposta, quando la situazione di fatto o di diritto denunciata non corrisponda al vero (in particolare: Cass., Sez. 6^-5, 13 febbraio 2015, n. 2995);
2.6 invero, se l’ordinamento riconosce al possessore dell’immobile il diritto ad una definizione mirata e specifica relativa alla sua proprietà, consegue indubbiamente che, ove il classamento non risulti soddisfacente il privato può ricorrere al giudice tributario, previo il diniego dell’amministrazione finanziaria (Cass., Sez. 5^, 8 settembre 2008, n. 22557);
2.7 né si può sostenere che il diniego o rifiuto di variazione catastale rientrerebbe nella tipologia degli atti impugnabili soltanto sub specie del diniego espresso o tacito di autotutela, che può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’amministrazione finanziaria, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, e non la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice
nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo (Cass., Sez. 5^, 28 marzo 2018, n. 7616; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2018, n. 21146; Cass., Sez. 5^, 26 settembre 2019, n. 24032; Cass., Sez. 5^, 4 dicembre 2020, n. 27806; Cass., Sez. 6^-5, 16 marzo 2021, n. 7378; Cass., Sez. 5^, 12 dicembre 2022, n. 36231; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2023, n. 9938);
2.8 a tale proposito, il collegio rileva che l’art. 19, lett. f), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, stabilisce che il ricorso può essere proposto avverso « gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2 », RAGIONE_SOCIALE stesso d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e quest’ultima disposizione annovera nell’oggetto della giurisdizione tributaria tutte le controversie concernenti « la consistenza, il classamento RAGIONE_SOCIALE singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale »; non vi è, dunque, ragione di escludere dall’ambito degli « atti relativi alle operazioni catastali » di cui all’art. 19, lett. f), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il tacito o espresso diniego ad una istanza di variazione catastale;
2.9 pertanto, la domanda della contribuente va correttamente qualificata come impugnativa del diniego espresso opposto dall’amministrazione finanziaria all ‘ istanza di variazione catastale avanzata dai contribuenti, diniego qualificabile come atto relativo alle operazioni catastali di classamento; In sostanza, con l’istanza presentata il 24 gennaio 2019, la contribuente ha denunciato la (presunta) erroneità della decorrenza della classificazione catastale del complesso industriale in categoria F/2, invitando l’amministrazione finanziaria ad apportare la necessaria correzione, ma quest’ultima ha opposto un rifiuto espresso, con provvedimento reso il 9 maggio 2019, confermando la
decorrenza ex nunc della classificazione catastale attribuita su proposte della medesima contribuente il 14 maggio 2018 ed il 24 maggio 2018;
2.10 dunque, nella vicenda sub iudice , il provvedimento negativo con il quale l’amministrazione finanziaria ha mantenuto la precedente decorrenza di attribuzione della categoria F/2, rigettando l’istanza di variazione avanzata dalla contribuente, deve considerarsi atto riguardante un’operazione di classamento catastale; a quest’ultimo riguardo, va sottolineato che gli atti catastali sono, tra quelli impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie (ora, dinanzi alle Corti di giustizia tributaria), gli atti assoggettati alla più ampia “libertà di forma”, non avendo il legislatore definito il nome od il tipo dell’atto nei cui confronti il contribuente è ammesso a proporre ricorso e limitandosi a rinviare alle operazioni catastali ricomprese nella giurisdizione tributaria, cioè a tutti gli atti ad esse operazioni afferenti senza distinguo di sorta;
2.11 la previsione della generica impugnabilità degli atti catastali va di conseguenza letta nell’ottica del rispetto del diritti di difesa e di tutela giudiziaria contro tutti gli atti idonei a produrre effetti giuridici negativi in capo al contribuente, quale è la determinazione della rendita o della categoria catastale, che rappresenta, ai fini di una pluralità di tributi, la misura della capacita contributiva del soggetto passivo con riferimento alla titolarità di un diritto di proprietà su un bene immobile sito nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
2.12 come, dunque, non vi sarebbe ragione precludere al contribuente la possibilità di emendare la denuncia di classamento precedentemente presentata, non vi è ragione di assegnare al diniego dell’amministrazione finanziaria la natura di atto non impugnabile; per cui, deve essere riconosciuto ad
ogni proprietario di immobile la facoltà di chiedere una variazione della classificazione o della rendita del bene e, ovviamente, in caso di risposta negativa, di rivolgersi al giudice tributario;
2.13 in conclusione, si può ribadire il principio che, in tema di contenzioso tributario, l’art. 19, comma 1, lett. f), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, stabilisce che può essere presentato ricorso avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2, del medesimo d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, norma quest’ultima che annovera nell’oggetto della giurisdizione tributaria tutte le controversie concernenti « l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo (…), nonché quelle, concernenti la consistenza, il classamento RAGIONE_SOCIALE singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale »; l’atto di diniego della variazione catastale emesso a seguito di richiesta del contribuente concerne, senza dubbio, una RAGIONE_SOCIALE operazioni catastali menzionate nel citato art. 2 – e, in particolare, il classamento della singola unità immobiliare ed è, quindi, impugnabile dinanzi alle Commissioni tributarie (ora, alle Corti di giustizia tributaria) (Cass., Sez. 5^, 5 luglio 2008, n. 19379; Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2019, n. 2006 con riferimento al silenzio rigetto: Cass., Sez. 6^-5, 13 febbraio 2015, n. 3001);
2.14 nella specie, qualificando l’atto impugnato in termini di diniego di autotutela, la sentenza impugnata ha accolto l’appello proposto in via incidentale dall’amministrazione finanziaria sul presupposto che ne fosse sempre preclusa impugnazione; in tal modo, però, il giudice di merito non si è attenuto al principio enunciato, astenendosi dall’esame dell’istanza di variazione catastale della contribuente;
2.15 va rilevato che, dopo aver inizialmente affermato l’inammissibilità dell’appello, sul presupposto (ritenuto erroneo, nella disamina del precedente motivo) che: « Nel caso di specie, tuttavia, l ‘istanza di autotutela oggetto di diniego da parte della Amministrazione è una istanza diretta ad ottenere una attestazione o annotazione di retroattività -evidentemente a fini fiscali eventualmente per poi accedere a possibili rimborsi di quanto versato a quel punto in eccedenza -della efficacia RAGIONE_SOCIALE date a cui far risalire la collabenza/fatiscenza degli immobili »; giacché: « Si tratta di un provvedimento di diniego non immediatamente diretto ad incidere in via sostanziale sul rapporto giuridico tributario, bensì, per come preteso dalla parte, diretto a escludere a posteriori il presupposto fattuale prodromico alla imposizione riconoscendo in positivo l’esistenza di una situazione di fatto che avrebbe legittimato la pretesa di esenzione »; la sentenza impugnata ha successivamente argomentato che: « Passando al merito della pretesa della parte privata (che comunque si ritiene utile e opportuno affrontare per esigenza di completezza) è evidente che la discrasia cronologica fra il momento in cui in fatto si può essere determinata la situazione di collabenza/fatiscenza degli immobili e il momento in cui tale situazione è stata sottoposta all’ufficio per effettuare le verifiche RAGIONE_SOCIALE stato dei luoghi, imprescindibili stante la natura e destinazione catastale dei beni, è una discrasia che rimane imputabile esclusivamente alla contribuente che è rimasta in tal senso inerte e oggi pretende di datare unilateralmente l’insorgenza RAGIONE_SOCIALE stato di collabenza/fatiscenza; laddove l’ufficio non poteva che prendere atto formalmente della situazione di fatto, quando le modifiche RAGIONE_SOCIALE stato dei luoghi sono state segnalate e poi verificate in concreto »; in tal modo,
il giudice del gravame ha motivato il rigetto del l’appello sia con l’inammissibilità del ricorso originario che con l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE censure inerenti al diniego di autotutela, assumendo una decisione, al contempo, in rito ed in merito;
2.16 ora, secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte, l’esame dei motivi di appello, nonostante il preliminare rilievo dell’inammissibilità, non onera la parte soccombente, per carenza di interesse, ad impugnare la decisione di secondo grado ( ad abundantiam ) anche per il merito della controversia, della cui cognizione il giudice di appello si era ormai spogliato con l’ absolutio ab instantia (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 4 gennaio 2017, n. 101; Cass., Sez. 6^-1, 21 giugno 2018, n. 16410; Cass., Sez. 5^, 18 dicembre 2019, n. 33580; Cass., Sez. 5^, 2 marzo 2020, n. 5640; Cass., Sez. 5^, 24 maggio 2021, n. 14149; Cass., Sez. 6^-5, 19 ottobre 2021, n. 28975; Cass., Sez. 6^-5, 17 marzo 2022, n. 8726; Cass., Sez. 3^, 19 settembre 2022, n. 27388; Cass., Sez. 2^, 22 giugno 2023, n. 17929; Cass., Sez. 5^, 20 luglio 2023, n. 21707; Cass., Sez. 5^, 13 gennaio 2024, n. 3902);
2.17 per cui, ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della potestas iudicandi , abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione di inammissibilità la quale costituisce la vera ragione della decisione (tra le tante: Cass., Sez. Un., 27 novembre 2019, n. 31024; Cass., Sez. 1^, 16 giugno 2020, n. 11675; Cass., Sez. 3^, 19 settembre 2022, n. 27388; Cass.,
Sez. 6^-Lav., 9 febbraio 2023, n. 4091; Cass., Sez. 3^, 14 giugno 2023, n. 16980; Cass., Sez. 5^, 20 luglio 2023, n. 21707; Cass., Sez. 5^, 13 gennaio 2024, n. 3902);
2.18 in coerenza con tale orientamento, questa Corte ha precisato che, in tema di impugnazione, allorché il giudice di appello, dopo aver rilevato l’inammissibilità del gravame, così privandosi della potestas iudicandi , abbia comunque esaminato il merito dell’impugnazione, poiché queste ultime argomentazioni restano puramente ipotetiche e virtuali deve ritenersi inammissibile il ricorso in cassazione con il quale si pretenda un sindacato in ordine alla motivazione di merito svolta ad abundantiam , senza censurare la statuizione di inammissibilità, atteso che su questa unica ratio decidendi giuridicamente rilevante della sentenza impugnata si è formato il giudicato (Cass., Sez. Lav., 11 ottobre 2022, n. 29529);
2.19 ne discende che la decisione del giudice di appello è tamquam non esset in relazione al merito tributario, occorrendo rinnovare l’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della decorrenza retroattiva allo stato di collabenza e fatiscenza dei fabbricati ricompresi nel complesso industriale, in ossequio al principio per cui, se il riesame del classamento viene eseguito per correggere errori originari o vizi intrinseci dell’atto di iscrizione/variazione, la rettifica sarà retroattiva, avendo efficacia ex tunc ; se, invece, il riesame del classamento viene eseguito sulla base di nuovi elementi, sopravvenuti o diversi rispetto all’originario classamento, la rettifica sarà irretroattiva, avendo efficacia ex nunc (in termini: Cass., Sez. 5^, 26 marzo 2014, n. 7042; Cass., Sez. 6^-5, 31 maggio 2017, nn. 13845, 13846, 13847 e 13848; Cas., Sez. 6^-5, 6 giugno 2017, n. 14739; Cass., Sez. 5^, 30 maggio 2018, n. 13656; Cass., Sez. 5^, 17 maggio 2019, n. 13345;
Cass., Sez. 5^, 30 settembre 2019, nn. 24279 e 24280; Cass., Sez. 6^-5, 17 ottobre 2019, n. 26392; Cass., Sez. 6^-5, 7 novembre 2019, nn. 28635 e 28636; Cass., Sez. 6^-5, 27 ottobre 2021, n. 30271; Cass., Sez. 6^-5, 28 ottobre 2021, nn. 30443, 30444 e 30445; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2022, n. 29996);
in conclusione, valutandosi la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento dei restanti motivi, alla stregua RAGIONE_SOCIALE suesposte argomentazioni, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a, della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e dichiara l’assorbimento dei restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 2 luglio 2024.