Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9907 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9907 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 20792/2020, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e COGNOME NOME , in persona del l.r. pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al ricorso, dagli Avv. ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura
generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 4671/1/2019 della Commissione tributaria regionale della Lombardia -sezione staccata di Brescia, depositata il 21 novembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2 aprile 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Il 17 novembre 2014 RAGIONE_SOCIALE notificò a RAGIONE_SOCIALE.n.c. di COGNOME NOME e COGNOME NOME (d’innanzi ‘RAGIONE_SOCIALE‘) tre cartelle di pagamento, in relazione alle quali la società formulò dapprima un’istanza di rateizzazione straordinaria e quindi, a seguito di preavviso di rigetto, richiesta di concessione di un piano di dilazione ordinario ; quest’ultima fu tuttavia respinta dall’agente per la riscossione in quanto sussistevano precedenti cartelle, già oggetto del suddetto beneficio, non regolarizzate.
Assumendo di aver invece provveduto al pagamento integrale di tutte le precedenti cartelle, RAGIONE_SOCIALE impugnò il diniego innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cremona, che respinse il ricorso.
Il successivo appello della società fu disatteso con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali rilevarono anzitutto che il provvedimento di diniego era sufficientemente motivato; quindi ritennero infondati i motivi di gravame della contribuente fondati sull’asserita sussistenza di una confessione stragiudiziale dell’agente per la riscossione e di un contrasto fra la decisione impugnata ed altra resa dal Tribunale di Cremona.
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Agenzia delle Entrate Riscossione ha depositato controricorso.
Considerato che:
Il primo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 113 cod. proc. civ. «per errata e/o insufficiente motivazione della sentenza di secondo grado a riguardo dell’eccepito difetto di motivazione del provvedimento di rigetto dell’istanza di rateizzazione».
La ricorrente assume che la C.T.R. avrebbe errato nel ritenere che la motivazione del diniego fosse conforme al canone di adeguatezza di cui all’art. 3 della l. n. 241/1990, quando invece il provvedimento si limitava a far riferimento a precedenti cartelle non regolarizzate, senza allegare il richiamato atto-presupposto e senza prendere posizione sulle osservazioni che essa aveva presentato, donde emergeva che le cartelle pregresse erano state tutte saldate.
Con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., nonché degli artt. 1199, 2718, 2730, 2732, 2733 e 2735 cod. civ.
La sentenza d’appello è censurata nella parte in cui non ha ritenuto adeguatamente provata la circostanza dell’avvenuto pagamento delle cartelle pregresse.
La società contribuente, sul punto, rileva di aver prodotto « gli estratti di ruolo azzerati delle cartelle esattoriali che si assumono ancora non pagate », la « revoca del relativo fermo amministrativo iscritto sui mezzi » e la « dichiarazione confessoria resa all’udienza del 27.11.2012 dall’agente della riscossione avanti al Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Cremona di avvenuto integrale deposito delle somme di conversione ex art. 495 c.p.c. tra cui
erano ricomprese, tra le altre, anche le cartelle sopra menzionate »; contesta, quindi, la sentenza impugnata laddove non ha attribuito all’estratto -conto il valore probatorio di cui all’art. 2718 cod. civ. e alla dichiarazione giudiziale il valore di confessione resa innanzi alla parte dell’avvenuta estinzione del debito.
Il terzo motivo agita identica questione sotto forma di denuncia di violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., con conseguente nullità della sentenza.
Infine, con il quarto motivo, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., assumendo che, nell’invalidare la dichiarazione giudiziale di cui si è detto, pur nel difetto di espressa domanda dell’agente per la riscossione , la C.T.R. avrebbe violato il principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunziato.
Il primo motivo non è fondato.
5.1. Va premesso che la censura, ancorché rubricata dalla ricorrente con riferimento all’art. 113 cod. proc. civ. e articolata in forma di denunzia di «errata o insufficiente motivazione», appare meglio sussumibile sotto il paradigma dell’art. 360, comma primo, num. 3), cod. proc. civ., come denunzia di violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990.
Come si è detto, infatti, la contribuente sostiene che la C.T.R. avrebbe considerato adeguata la motivazione del provvedimento di diniego che, invece, tale non era, poiché non vi era allegata alcuna prova della circostanza indicata come ostativa -l’esistenza di pregresse cartelle non regolarizzate -e in esso non si teneva in adeguata considerazione un documento che lei aveva trasmesso al riguardo.
5.2. L’art. 19 del d.P.R. n. 602/1973, nel testo vigente ratione temporis , stabiliva, al primo comma, che «l’a gente della riscossione,
su richiesta del contribuente, può concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà dello stesso, la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili».
Ciò vale a significare -com’è stato in più occasioni affermato da questa Corte (v. ad es. Cass. n. 6399/2021) -che la discrezionalità riconosciuta all’agente nella concessione della dilazione postula l’accertamento del requisito di temporanea e obiettiva difficoltà, il quale, a sua volta, presuppone che «il contribuente sia, ad ogni modo, in condizione di adempiere alla richiesta rateizzazione».
5.3. È dunque su tale fondamentale circostanza che deve appuntarsi la motivazione del provvedimento di diniego, per il resto ancorata a valutazioni discrezionali dell’ Amministrazione.
Ed invero, in tal senso va condiviso quanto osservato dai giudici d’appello circa l’adeguatezza della motivazione, poiché la sussistenza di cartelle non regolarizzate costituisce elemento sufficientemente indicativo del fatto che la difficoltà ad adempiere del contribuente non ha carattere temporaneo.
D’altro canto, va condiviso anche l’ulteriore rilievo operato dal giudice a quo circa il valore decisivo delle difese svolte dalla contribuente in ordine alle pregresse cartelle e al loro affermato pagamento, dal che si deve desumere che essa aveva ben compreso le ragioni del diniego.
Tutti e tre i restanti motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi e vanno dichiarati inammissibili sotto diversi profili.
6.1. Invero, dopo aver svolto considerazioni in ordine ai rapporti fra quietanza di pagamento e confessione dell’avvenuta estinzione del debito, la sentenza impugnata ha preso in esame le produzioni
effettuate dalla contribuente a sostegno dell’assunto secondo cui le cartelle pregresse sarebbero state, in realtà, tutte saldate, e ha così rilevato:
che la dichiarazione invocata da RAGIONE_SOCIALE era stata resa a verbale di una procedura esecutiva nella quale il G.E. aveva concesso la sostituzione dei beni pignorati con una somma residua, il cui integrale pagamento era stato confermato con la dichiarazione in parola;
che, pertanto, risultava versata la somma oggetto di conversione dei beni pignorati, ma ciò non provava che fosse stato pagato l’intero debito; inoltre, la sentenza resa all’esito della procedura era ancora sub iudice , in quanto impugnata innanzi alla Corte d’Appello;
che, dunque, il compendio probatorio offerto dalla contribuente era, nel suo complesso, liberamente apprezzabile, e come tale era stato condivisibilmente valutato dai giudici di primo grado.
6.2. Le censure non colgono siffatta, complessiva ratio decidendi.
La ricorrente, infatti, non si confronta con quanto affermato dalla C.T.R., e argomenta unicamente in punto a un preteso valore di prova legale della dichiarazione resa a verbale nel giudizio di esecuzione.
Ancora, e in particolare, essa omette di prendere posizione in punto alla circostanza, affermata in sentenza come decisiva, secondo la quale il pagamento riguardava la sola somma oggetto di conversione del pignoramento e non l’intero debito oggetto della procedura.
D’altro canto, correttamente riqualificato il documento in questione come prova liberamente apprezzabile, il motivo si connota altresì come richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttorie già esaminate dal giudice del merito , il che costituisce, com’è noto, una forma di sindacato non consentita innanzi a questa Corte.
Di qui, pertanto, una seconda ragione di inammissibilità.
6.3. Uno specifico e ulteriore profilo di inammissibilità investe poi le censure inerenti al valore probatorio dell’estratto di ruolo.
Sul punto, infatti, la ricorrente ha sostenuto che la produzione dell’estratto di ruolo ‘a zero’ costituirebbe valida prova documentale del fatto che i debiti erariali erano stati, all’epoca , tutti estinti; pertanto, essa ha contestat o l’affermazione, contenuta nella sentenza appellata, secondo cui l’estratto di ruolo « non contiene le ragioni e i presupposti posti a base della pretesa impositiva e dunque non può essere considerato quietanza di pagamento o volontà del creditore di ritenere assolto il pagamento ».
Al contrario, la decisione impugnata si pone in continuità con il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n. 11464/2024; Cass. n. 22507/2019; Cass. n. 22184/2017), secondo cui l’estratto di ruolo è atto meramente interno all’amministrazione finanziaria e, pertanto, non può fungere, in sé, da prova del credito che vi si espone, ma, al più, assolve ad una funzione informativa nei confronti del contribuente, perché riproduce gli estremi degli atti che sono stati affidati all’agente per la riscossione.
Erra, per contro, la ricorrente nell’affermare che a tale atto andasse attribuito valore di prova legale dell’inesistenza di crediti erariali e, perciò, dell’avvenuto pagamento delle cartelle pregresse; si trattava, al contrario, di una prova liberamente apprezzabile, con valutazione che, come già detto, non può essere sindacata in questa sede.
In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012 .
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi € 6.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2025.