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Diniego interpello disapplicativo: si può ricorrere

Una società assicurativa ha richiesto la disapplicazione della normativa sulle Controlled Foreign Companies (CFC) per la sua controllata irlandese. L’Agenzia delle Entrate ha dichiarato l’istanza inammissibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale diniego interpello disapplicativo, anche se formalmente dichiarato ‘inammissibile’, è in realtà un provvedimento di merito che esprime una pretesa tributaria e, come tale, è immediatamente impugnabile davanti al giudice tributario, a tutela del diritto di difesa del contribuente.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Diniego interpello disapplicativo: La Cassazione apre alla tutela immediata

Quando un contribuente si vede respingere una richiesta all’Agenzia delle Entrate, può agire subito in giudizio o deve attendere un atto di accertamento? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un’importante chiarimento in materia di diniego interpello disapplicativo, affermando il principio della sua immediata impugnabilità. Questa decisione rafforza le garanzie difensive del contribuente, specialmente in contesti complessi come la normativa sulle imprese estere controllate (CFC).

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di una compagnia assicurativa italiana di disapplicare, per l’anno d’imposta 2012, la normativa sulle Controlled Foreign Companies (CFC) per una sua società controllata con sede in Irlanda. La società sosteneva che la controllata svolgeva un’effettiva attività commerciale e non rappresentava una costruzione artificiale finalizzata a ottenere un indebito vantaggio fiscale.

L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, dichiarava l’istanza ‘inammissibile’. La motivazione si basava su un precedente interpello, relativo all’anno 2011, in cui l’Agenzia aveva già ritenuto inammissibile la richiesta a causa di ‘ambiguità’ sull’effettivo e autonomo svolgimento dell’attività in loco, che avrebbero richiesto un’indagine di fatto non possibile in sede di interpello. Secondo l’Amministrazione, non essendo state presentate circostanze nuove e sostanzialmente diverse, il parere di inammissibilità andava confermato anche per il 2012.

Contro questo provvedimento, la società presentava ricorso, ma la Commissione Tributaria Regionale lo dichiarava inammissibile, sostenendo che la risposta all’interpello non fosse un atto impositivo e quindi non direttamente lesivo della sfera giuridica del contribuente.

La Questione del Diniego Interpello Disapplicativo e la Decisione della Cassazione

La controversia è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha ribaltato la decisione di secondo grado. I giudici supremi hanno accolto il ricorso della società, affermando un principio consolidato e fondamentale per la tutela del contribuente.

La Corte distingue nettamente tra l’interpello ordinario (interpretativo) e l’interpello disapplicativo. Mentre la risposta al primo è un semplice parere non vincolante, la risposta al secondo, soprattutto se negativa, costituisce un vero e proprio atto amministrativo. Esso è il risultato di un’istruttoria e comunica in via preventiva la posizione dell’Amministrazione su un rapporto tributario specifico, incidendo direttamente sulla condotta che il contribuente dovrà tenere.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha chiarito che il diniego interpello disapplicativo rientra a pieno titolo tra gli atti impugnabili ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992. Questo elenco deve essere interpretato in modo estensivo, includendo tutti gli atti che, esplicitando le ragioni, portano a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben definita.

Il rigetto dell’istanza, anche se formalmente etichettato come ‘inammissibile’, nel caso di specie era fondato su una valutazione di merito. L’Agenzia non aveva riscontrato un vizio formale, ma aveva respinto la richiesta per una ritenuta mancanza di prova sulla sussistenza dei presupposti per la disapplicazione (l’effettiva attività economica della controllata estera). Questo, secondo la Corte, non è un atto interlocutorio, ma un provvedimento di diniego definitivo che esprime la pretesa impositiva dell’Amministrazione.

Di conseguenza, tale atto è idoneo a ledere l’interesse del contribuente, che ha diritto a un controllo giurisdizionale immediato sulla sua legittimità, senza dover attendere un successivo avviso di accertamento. In sostanza, la forma non può prevalere sulla sostanza: se un provvedimento, pur definito ‘inammissibile’, contiene una valutazione sostanziale negativa, esso è impugnabile.

Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione riafferma un principio di civiltà giuridica: il contribuente ha il diritto di difendersi immediatamente contro atti dell’Amministrazione finanziaria che manifestano una pretesa tributaria chiara e definita. Il diniego interpello disapplicativo è uno di questi atti. La pronuncia chiarisce che i giudici devono guardare alla sostanza del provvedimento e non fermarsi al suo nomen iuris. Questa interpretazione garantisce una tutela più efficace e tempestiva, consentendo al contribuente di ottenere certezza giuridica sulla propria posizione fiscale senza dover subire le conseguenze di un potenziale, futuro accertamento.

È possibile impugnare la risposta negativa a un interpello disapplicativo?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il diniego di un’istanza di interpello disapplicativo è un provvedimento che esprime una compiuta pretesa tributaria e, pertanto, è suscettibile di autonoma e immediata impugnazione dinanzi al giudice tributario.

Cosa succede se l’Agenzia delle Entrate dichiara un interpello ‘inammissibile’ invece che ‘respinto’?
Secondo la Corte, bisogna guardare alla sostanza della motivazione. Se la dichiarazione di ‘inammissibilità’ non si basa su vizi formali dell’istanza, ma su una valutazione di merito (come la mancanza di prova dei presupposti per la disapplicazione), l’atto va considerato a tutti gli effetti un diniego ed è quindi impugnabile.

Qual è la differenza tra un interpello interpretativo e uno disapplicativo ai fini dell’impugnazione?
La risposta a un interpello interpretativo è considerata un semplice parere non vincolante, inidoneo a incidere direttamente sulla sfera giuridica del contribuente. Al contrario, la risposta a un interpello disapplicativo ha natura di provvedimento amministrativo che incide sulla condotta del contribuente e definisce la posizione dell’Amministrazione, rendendola per questo immediatamente impugnabile in caso di diniego.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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