Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24284 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24284 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20427/2019 R.G. proposto da : AGENZIA DELLE ENTRATERAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. COGNOMECODICE_FISCALE unitamente all’Avv. COGNOMECODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. Liguria n. depositata il 04/01/2019.
39/2018
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CTR, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello del contribuente e determinava per l’immobile in oggetto la Classe 5 e la categoria A/2, per una consistenza di vani 9,5;
ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate con quattro motivi;
resiste con controricorso, integrato anche da successiva memoria, il contribuente che chiede il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato e deve accogliersi, con la decisione nel merito da parte della Corte di Cassazione, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, di inammissibilità dell’originario ricorso del contribuente. Segue la condanna alle spese del giudizio di legittimità; le spese dei giudizi di merito, in una valutazione complessiva del procedimento che tenga conto della controvertibile natura del provvedimento impugnato e del successivo consolidarsi della giurisprudenza di legittimità in materia, possono compensarsi interamente.
Il contribuente impugnava il silenzio rifiuto sulla sua richiesta di rideterminazione del classamento dell’immobile già in categoria A/1, classe 4, vani 9,5, denuncia di variazione n. 43998/1986; con l’istanza , in autotutela, (prot. 248884/2008) il contribuente richiedeva la categoria A/2.
Risulta fondato il terzo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione dell’art. 21, d. lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.) che logicamente assorbe gli ulteriori motivi (omesso esame di un fatto decisivo, art. 360, primo comma, n. 5. Cod. proc. civ.; violazione e falsa
applicazione dell’art. 19, d. lgs. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.; violazione e falsa applicazione degli art. 17 e 20 R.d. 652 del 1939, art. 1, d.m. 701 del 1994 e 38, primo comma, d.P.R. 917 del 1986, art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ.).
L’impugnazione del diniego di autotutela , in ogni caso, è limitata alla ricorrenza di ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, che nel caso in giudizio non sono neanche prospettate («Il contribuente che richiede all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo o un provvedimento sanzionatorio, già divenuti definitivi, non può limitarsi alla deduzione, ormai preclusa, di eventuali vizi dell’atto, ma è tenuto a prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dello stesso; ne consegue che, contro il diniego opposto dall’Amministrazione all’esercizio del potere di autotutela, può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria», Cass. Sez. 5, 03/01/2024, n. 161, Rv. 670207 -01; vedi anche Cass. Sez. 5, 07/03/2022, n. 7318, Rv. 664098 -01 e Cass. Sez. 5, 04/09/2023, n. 25659, Rv. 669038 – 01).
Il ricorso originario, pertanto, deve ritenersi inammissibile, in quanto proposto avverso un atto non ricorribile. La questione dell’inammissibilità è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado, e conseguentemente nessun giudicato si è configurato, come invece ritiene il controricorrente. Del resto, nessun accertamento di fatto risulta necessario per la risoluzione della questione («In tema di processo tributario, sebbene l’inammissibilità del ricorso introduttivo sia rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, tuttavia la relativa eccezione non può essere sollevata per la prima volta in Cassazione, allorché il suo esame implichi un accertamento in fatto (nella specie, l’esame di documenti riguardanti la notifica dell’atto
impositivo in relazione alla data d’inoltro del ricorso), come tale rimesso al giudice di merito» Cass. Sez. 5, 19/08/2020, n. 17363, Rv. 658701 – 01).
Inoltre, nella materia catastale: «In tema di contenzioso tributario, il diniego, espresso o tacito, opposto dall’amministrazione finanziaria all’istanza di variazione della rendita catastale non è qualificabile come diniego di autotutela, ma integra un atto relativo alle operazioni catastali di attribuzione di rendita ed è, quindi, impugnabile dinanzi al giudice tributario ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 546 del 1992» (Cass. Sez. 6, 04/11/2021, n. 31574, Rv. 662824 – 01).
In conseguenza, l’impugnazione è tardiva in quanto proposta il 12 luglio 2012 a fronte di comunicazione del provvedimento impugnabile il 9 dicembre 2008. Deve trovare qui applicazione l’art. 21, d. lgs. n. 546 del 1992.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo del ricorso, assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’originario ricorso del contribuente.
Condanna il controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Spese del merito compensate.
Così deciso in Roma, il 11/03/2025 .