Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9591 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9591 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
Oggetto:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 03628/2017 R.G. proposto da COGNOME NOME, con l’AVV_NOTAIO e con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, con studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO;
-resistente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della Lombardia, Milano, n. 3781/27/2016, pronunciata il 10 giugno 2016 e depositata il 27 giugno 2016, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal Co: NOME COGNOME;
RILEVATO
La contribuente, che aveva concesso in sublocazione un immobile in proprietà di terzi, veniva attinta da un avviso di accertamento emesso ai fini Irpef per redditi di fabbricati per l’anno d’imposta 2004, oltre interessi, sanzioni e addizionali e che, non impugnato, diveniva definitivo. Parimenti inoppugnata rimaneva anche la successiva cartella di pagamento.
La contribuente, che nel frattempo si era personalmente rivolta in più occasioni agli uffici dell’Amministrazione finanziaria per risolvere bonariamente la questione, presentava una istanza di annullamento in autotutela che veniva però rigettata dall’Ufficio, il quale confermava la correttezza della pretesa tributaria.
La contribuente impugnava così il diniego di autotutela, esponendo le ragioni a sostegno dell’illegittimità della pretesa tributaria. Entrambi i gradi di merito esitavano in favore dell’Ufficio.
Ricorre per la cassazione della sentenza la contribuente che si affida a due motivi di ricorso. L’Amministrazione finanziaria si è costituita al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370, co. 1, c.p.c.
CONSIDERATO
Con il primo motivo la parte ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, dell’art. 2 -quater del d.l. n. 564/1994, dell’art. 2 del d.m. n. 37/1997 in riferimento agli artt. 53, 97 e 24 Cost. e all’art. 10 della L. n. 212/2000 ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
1.1 In sintesi critica la sentenza per aver dichiarato l’inammissibilità del ricorso promosso avverso il diniego di autotutela
in ragione dell’omessa impugnazione degli atti presupposti, ossia l’avviso di accertamento e la cartella esattoriale. Afferma che il diniego di autotutela è un atto autonomamente impugnabile e che tale impugnazione non può dirsi circoscritta ai soli motivi di illegittimità del rifiuto, potendo estendersi anche alla non debenza del rifiuto ove essa sia richiamata o comunque posta a fondamento del provvedimento di diniego. A tal fine ricorda il disposto di cui all’art. 2 d.m. n. 37/1997, che include nel nove ro dei casi di ammissibilità dell’autotutela anche l’errore sul presupposto dell’imposta e che, in tesi, dovrebbe trovare applicazione unitamente ai principi di correttezza, collaborazione e di neminem ledere cui la stessa Amministrazione finanziaria sarebbe sottoposta. Sulla scorta di tali principi si spinge a scrutinare il contenuto sostanziale del provvedimento di diniego, che sarebbe viziato nel suo incipit, ove i redditi erano stati qualificati come redditi di fabbricati anziché come redditi diversi, e nel suo contenuto in rapporto a tutta la documentazione probatoria versata in atti.
Con la seconda doglianza la ricorrente avanza censura ex art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione di norme di diritto e in particolare dell’art. 10 L. n. 212 e dell’art. 115 c.p.c.
2.1 In sostanza lamenta l’illegittimità della sentenza per aver la CTR disatteso le argomentazioni della ricorrente pur non avendo l’RAGIONE_SOCIALE contestato alcuna RAGIONE_SOCIALE circostanze di fatto dedotte in ricorso.
I due motivi, strettamente connessi tra loro, possono essere esaminati congiuntamente e vanno respinti.
3.1 In materia è ormai orientamento consolidato di questa Corte, da cui non si rivengono motivi per discostarsi, quello per cui «la valutazione circa la sussistenza del presupposto dell’esercizio dell’autotutela dipende dal contemperamento tra l’esigenza di tutelare l’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi e l’interesse, altrettanto pubblicistico, alla stabilità dei rapporti
giuridici e pertanto all’incontestabilità degli atti impositivi quando essi siano divenuti definitivi; -in merito si è espressa anche la Corte Costituzionale, la quale – oltre a confermare la giurisprudenza di questo Giudice di legittimità secondo cui, tenuto conto del carattere discrezionale dell’autoannullamento tributario, questo “non costituisce un mezzo di tutela del contribuente” – ha espressamente affermato che pure “in un contesto così caratterizzato, tuttavia, nel quale l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto acquista specifica valenza e tende in una certa misura a convergere con quello del contribuente, non va trascurato il fatto che altri interessi possono e devono concorrere nella valutazione amministrativa, e fra essi certamente quello alla stabilità dei rapporti giuridici di diritto pubblico, inevitabilmente compromessa dall’annullamento di un atto inoppugnabile. Tale interesse richiede di essere bilanciato con gli interessi descritti – e con altri eventualmente emergenti nella vicenda concreta sulla quale l’amministrazione tributaria è chiamata a provvedere – secondo il meccanismo proprio della valutazione comparativa. Sicché si conferma in ogni caso, anche in ambito tributario, la natura pienamente discrezionale dell’annullamento d’ufficio”, Corte cost., sent. 13.07.2017, n. 181; -ne consegue, ha statuito questa Corte di legittimità, che “nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente”, Cass. sez. V, ord. 24.08.2018, n. 21146 (evidenza aggiunta). -per orientamento costante di questa Corte, in tema di contenzioso tributario, il sindacato giurisdizionale sull’impugnato diniego, espresso o tacito, di autotutela può
riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’amministrazione finanziaria, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, e non la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 20 febbraio 2015, n. 3442; Cass., Sez. 5^, 28 marzo 2018, n. 7616; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2018, n. 21146; Cass., Sez. 5^, 26 settembre 2019, n. 24032; Cass., Sez. 5^, 4 dicembre 2020, n. 27806; Cass., Sez. 6^5, 16 marzo 2021, n. 7378; Cass., Sez. 6^-5, 4 novembre 2021, n. 31574; Cass., Sez. 5^, 7 marzo 2022,n.7318;Cass.,Sez. 5, Ordinanza n. 37332 del 2022;Cass. 5, Ordinanza n. 8596 del 2023); in particolare, si è precisato che il sindacato del giudice tributario sul provvedimento di diniego dell’annullamento dell’atto tributario divenuto definitivo è consentito, ma nei limiti dell’accertamento della ricorrenza di ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, originarie o sopravvenute, dovendo invece escludersi che possa essere accolta l’impugnazione del provvedimento di diniego proposta dal contribuente il quale contesti vizi dell’atto impositivo per tutelare un interesse proprio ed esclusivo” (Cass. sez. V, 7.3.2022, n. 7318); pertanto, si deve escludere che la proposizione dell’istanza di autotutela possa esonerare il contribuente dalla proposizione del ricorso al giudice tributario per l’impugnazione dell’atto impositivo entro il termine perentorio dell’art. 21, comma 1, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, ovvero che l’amministrazione finan ziaria sia vincolata ad adottare il diniego di autotutela prima che l’atto impositivo divenga definitivo con la scadenza del termine perentorio dell’art. 21, comma 1, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546. Ovviamente, tale principio è destinato a valere per l ‘atto impositivo nella sua integrale portata, sia che contenga l’accertamento dei
presupposti, la contestazione RAGIONE_SOCIALE violazioni e la determinazione dell’imposta, sia che si estenda o si limiti (come pure è possibile) alla liquidazione degli interessi moratori ed all’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative per l’omessa presentazione d ella dichiarazione ovvero per l’omesso o parziale versamento dell’imposta, trattandosi, comunque, di distinte ed autonome manifestazioni della medesima pretesa fiscale (Sez. 5, Ord. n. 37332 del 2022)» (Cfr. Cass., V, n. 2437/2024).
3.2 La CTR ha dunque fatto buon governo dei suestesi principi, tenuto conto che l’impugnazione promossa dalla ricorrente aveva ad oggetto il merito della pretesa tributaria e non l’illegittimità del diniego di autotutela.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, stante l ‘assenza di attività difensiva sostanziale della parte pubblica.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20/03/2024.