Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13751 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13751 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20897/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE A SOCIO UNICO, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE II DI NAPOLI UFF TERR DI COGNOME DI STABIA
ESTINZIONE
Ud.14/03/2025
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 4339/2022 depositata il 24/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel giudizio per cassazione avverso le sentenze di appello della CTR Campania nn. 1682/2017, 1683/2017 e 1684/2017, questa Corte, con le ordinanze nn. 13582/21, 13583/21 e 13584/21, accoglieva i ricorsi proposti dai contribuenti, cassando le sentenze impugnate le quali, nel confermare la decisone di primo grado, avevano respinto le impugnazioni, confermando la riduzione dei valori relativi al complesso immobiliare di proprietà COGNOME–COGNOME, oggetto di conferimento in natura per aumento di capitale sociale con rinvio alla Commissione d’appello in diversa composizione .
Il 17.6.2021 i ricorrenti riassumevano i giudizi ex art. 63 D.Lgs. 546/1992 davanti la C.T.R. Campania Sez. XXIII (RR.GG. 37633766 e 3767 del 2021) chiedendone l’accoglimento. I giudizi, riuniti ex artt. 392 e ss. c.p.c. al procedimento R.G. 3763/2021, venivano definiti con sentenza 4339/2022 del 29.3=24.5.2022 che rigettava gli appelli.
Con ricorso notificato il 20.12.2022 iscritto a ruolo il 4.1.2023 R.G. 328/2023, la società RAGIONE_SOCIALE Antonio COGNOME RAGIONE_SOCIALE nonché NOME, NOME e NOME COGNOME ricorrevano per la cassazione della sentenza resa dalla C.T.R. affidando l’impugnativa a tre motivi di ricorso.
Il 15.9.2023, nelle more del predetto giudizio, la società inoltrava istanza di definizione agevolata della controversia tributaria pendente ai sensi dell’art. 1 cc. 186 -202 legge 197/2022 per
l’avviso di rettifica e liquidazione n. 20131T001589000 depositata nel fascicolo telematico della procedura il 7.10.2023.
Con decreto del Presidente della sezione tributaria del 12 dicembre 2023 veniva dichiarata l’estinzione del giudizio, in considerazione dell’inserimento della controversia nell’elenco previsto dall’art. 40, comma 3, d.l. n. 13 del 2023, attestante l’avvenuta presentazione della domanda di definizione agevolata ai sensi dell’art. 1, commi 186 e ss., della legge n. 197 del 2022 e l’assenza allo stato di diniego.
Tuttavia, con provvedimento, comunicato a mezzo pec il 4.7.2024 al difensore della società costituito nel giudizio per Cassazione, dunque successivamente al termine di dieci giorni di cui all’art. 391 c.p.c. per opporsi al decreto di estinzione, l’Agenzia delle Entrate manifestava il diniego della domanda di definizione agevolata della controversia tributaria pendente innanzi alla Cassazione n. 328/2023 R.G..
La società ha impugnato il diniego della domanda di definizione agevolata della controversia tributaria svolgendo tre motivi; ricorrendo, contestualmente, per la revocazione del decreto presidenziale di estinzione del giudizio di cassazione del 12 dicembre 2023.
L’agenzia non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DI DIRITTO
1.Il ricorso per cassazione è articolato in due parti, di cui la prima diretta ad impugnare il provvedimento di diniego della definizione agevolata, la seconda volta alla revocazione del decreto presidenziale di estinzione.
Come già evidenziato da questa Corte (Cass., Sez. U., 27/01/2016, n. 1518, richiamando diversi arresti della Corte costituzionale), l’effetto normale del condono è quello di elidere la
res litigiosa mediante un pagamento in misura predefinita e di elidere le conseguenze sanzionatorie amministrative e penali. Il condono fiscale, secondo Corte Cost. n. 172 del 1986, ha natura meramente procedurale e più esattamente, secondo Corte Cost. n. 321 del 1995, costituisce una forma atipica di definizione del rapporto tributario, che prescinde da un’analisi delle varie componenti ed esaurisce il rapporto stesso mediante definizione forfettaria e immediata, nella prospettiva di recuperare risorse finanziarie e ridurre il contenzioso, e che esula dalla funzione dell’accertamento dell’imponibile. Infatti, la definizione agevolata incide sul rapporto sostanziale e processuale tra il contribuente e il fisco (Cass., Sez. U., Sentenza n. 1518 del 27/01/2016: «Il condono fiscale … costituisce una forma atipica di definizione del rapporto tributario, che prescinde da un’analisi delle varie componenti ed esaurisce il rapporto stesso mediante definizione forfettaria e immediata») e, quindi, assume carattere logicamente prevalente su quest’ultimo.
2.1. Di regola, l’impugnazione del provvedimento di diniego della definizione agevolata costituisce una fase meramente incidentale che si inserisce nell’ambito del giudizio principale in cui si controverte della legittimità dell’atto impositivo impugnato. Tale conclusione trova giustificazione nel fatto che quando è pendente la lite in cui si discute della legittimità dell’atto impositivo, l’istanza di adesione alla definizione agevolata si inserisce in essa come fatto estintivo della controversia ed è per tale motivo che il giudice dinanzi al quale pende il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione dell’atto impositivo debba essere anche il giudice dinanzi al quale deve essere proposto il ricorso avverso l’eventuale diniego di condono. In tal caso, infatti, il condono non rappresenta l’oggetto di un giudizio autonomo, ma si inserisce in un processo già iniziato quale causa potenzialmente idonea a determinare la cessazione della materia del contendere e viene, quindi, a porsi come un
giudizio incidentale (in tal senso Cass. 26/01/2022, n. 2355; Cass. 22/12/2014, n. 27222; Cass. 15/04/2011, n. 8542, in relazione alle diverse discipline condonistiche recanti la medesima previsione).
2.3. Nel caso di specie, è accaduto che successivamente alla estinzione del giudizio di legittimità è stato notificato il diniego della domanda di definizione agevolata della lite; in detta ipotesi è comunque ammesso il ricorso immediato per cassazione contro il diniego, atteso che la normativa citata attribuisce la competenza, con pienezza di sindacato, all’organo giurisdizionale dinanzi al quale pende(va) la lite dichiarata poi estinta (cfr. Cass. 31049/2018; Corte cost. n. 189/2024).
2.4. Appare opportuno nell’esaminare la censura in rassegna, fare riferimento al compendio normativo di cui alla legge 28 dicembre 2022, n. 197.
2.5. Il comma 200 dell’art. 1 della legge summenzionata stabilisce che l’eventuale diniego della definizione da parte dell’Agenzia deve essere notificato entro il 31 luglio 2024, con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dalla notificazione dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente, anche oltre il termine ordinario, unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo. Analogo beneficio è previsto per l’ufficio, il quale può impugnare la sentenza entro il medesimo termine.
2.6. Per i processi dichiarati estinti ai sensi del comma 198, l’eventuale diniego della definizione è impugnabile dinanzi all’organo giurisdizionale che ha dichiarato l’estinzione. Il diniego
della definizione è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato ai sensi del comma 198 come si vedrà infra parag. 7.
2.7. Correttamente, indi, i ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione avverso il diniego di condono e contestualmente ricorso per revocazione avverso il decreto di estinzione del giudizio di legittimità (vedi infra parag. 7 e ss.).
Il primo motivo di ricorso deduce . Si afferma che il diniego deve essere notificato personalmente alle parti trattandosi di atto di natura sostanziale e non processuale, la cui sola notifica doveva avvenire nella forma della notifica degli atti processuali – sicchè illegittima è la notifica disposta nei confronti del difensore. Pertanto, ritenendo la notifica priva di efficacia, sarebbe decorso inutilmente il termine perentorio del 31.7.2024 entro il quale l’amministrazione doveva notificare il diniego ai contribuenti, con conseguente decadenza dell’Agenzia dal potere amministrativo di denegare la definizione della lite, con conseguente consolidamento della domanda di definizione agevolata.
Il primo motivo non ha pregio.
4.1. Quello che qui si sta ipotizzando può definirsi un caso di nullita’ della notificazione del diniego (Cass., 24/12/2020, n. 29509; Sez. U., Sentenza n. 14916 del 20/07/2016; Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 10500 del 03/05/2018).
4.2. Le Sezioni Unite, in particolare hanno tracciato la distinzione tra inesistenza e nullita’ dell’attivita’ notificatoria, restringendo la nozione di inesistenza ai casi in cui l’atto manchi degli elementi
essenziali per essere riconducibile all’attivita’ di notificazione, ed espungendo il mancato rispetto dei luoghi ove notificare dagli elementi essenziali della notifica: “L’inesistenza della notificazione e’ configurabile, in base ai principi di strumentalita’ delle forme degli atti processuali, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attivita’ priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformita’ dal modello legale nella categoria della nullita’”.
4.3. Nel caso in cui l’Agenzia ritenga di denegare la definizione agevolata, la decisione è formalizzata nell’atto unilaterale recettizio del diniego delle definizione, motivato a pena di nullità e notificato con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali, come prevedono i commi 200 e 201 dell’art. 1 cit. ai sensi dei quali ‘L’eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dalla notificazione del medesimo dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine’ (comma 200).
4.4. La dedotta nullità risulta in ogni caso sanata per effetto del raggiungimento del suo scopo, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., il quale, postulando che alla notifica invalida sia comunque seguita la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, può desumersi anche dalla tempestiva impugnazione, ad opera di quest’ultimo, dell’atto invalidamente notificato (cfr. con riguardo agli atti
impositivi Cass. n. 18480 del 21/09/2016; Cass. n. 5057 del 13/03/2015). Ciò è quanto si è verificato nel caso in esame, avendo la ricorrente impugnato nei termini di legge il diniego comunicato in data antecedente al 31 ottobre 2024, sanando in tal modo l’eventuale irregolarità della notifica al difensore anziché alla parte personalmente che ha comunque attivato sia il procedimento per l’impugnazione del diniego sia quello della revocazione del decreto di estinzione emesso in epoca antecedente alla notifica del diniego. Non può dunque ritenersi che la definizione agevolata si sia validamente perfezionata giacché la notifica del provvedimento di diniego è avvenuta entro il termine perentorio fissato dall’art. 1 legge 197/2022.
4.5. Pertanto, non può trovare qui applicazione il principio affermato da questa Corte secondo cui (v. Cass. n. 19084 del 14 giugno 2022 in fattispecie estintiva di cui all’art. 6, comma 12 del d.l. n. 119/2018).
Il secondo motivo di ricorso denuncia .
Osserva la società che l’atto di diniego è così motivato: ‘ domanda di definizione agevolata della controversia tributaria presentata dalla società… per l’avviso di rettifica e liquidazione… pendente dinanzi la Corte di Cassazione per l’impugnazione della sentenza n. 4339/2022, depositata in data 24.5.2022, che confermava la sentenza della C.T.P. di Napoli 419/2016, depositata in data 15.1.2016, risultavano erroneamente indicati i seguenti dati : -valore della controversia € 53.815,00; importo dovuto €
16.051,00; si rappresenta che il valore della controversia risulta pari a € 22.024 e il valore dovuto per la definizione agevolata risulta pari ad € 22.024’.
Obietta parte ricorrente che ha correttamente determinato l’importo dovuto pari, come richiesto dal comma 188 lett. b), al 15% del valore della controversia, risultando l’ente ricorrente soccombente nella pronuncia di secondo grado e promotore del ricorso per Cassazione. Infatti, la definizione agevolata, disciplinata dalle norme in epigrafe, consente di definire le controversie in ogni stato e grado del giudizio attraverso il pagamento di un importo correlato al valore della controversia e differenziato in relazione allo stato e grado in cui pende il giudizio da definire.
Il terzo motivo di ricorso denuncia . La società contribuente deduce l’inintelligibilità del provvedimento di diniego impugnato, sostenendo che la motivazione degli atti tributari deve essere improntata alla salvaguardia dei principi costituzionali di ragionevolezza, imparzialità e razionalità dell’ agere amministrativo ex art. 97 c. 2 Cost., in guisa che la motivazione degli atti tributari non può essere contraddittoria e deve consentire al contribuente di comprendere gli elementi fondanti la pretesa (cfr. ord. 13620/2023). Si assume che tali elementi conoscitivi vanno inseriti nel provvedimento impositivo con un grado di determinatezza e intelligibilità che permetta un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa.
L’ultima censura di ricorso è fondata, assorbita la seconda.
7.1. Il comma 198 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 stabilisce che nelle controversie pendenti in ogni stato e grado, in caso di deposito di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata presso l’organo giurisdizionale adito, il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione. I commi da 187 a 190 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 fissano le percentuali dell’importo proporzionato al valore della controversia, da determinare in relazione ai diversi gradi e al concreto svolgimento del processo (ricorso pendente in primo grado; soccombenza integrale della competente Agenzia fiscale, oppure soccombenza parziale o ripartita, nelle pronunce già rese; pendenza dinanzi alla Corte di cassazione). Il successivo comma 196 precisa che dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio e che la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa. I commi 194 e 195 dettano le regole procedimentali.
7.2. In particolare, per quel che qui interessa, ai sensi del comma 189 dell’art. 1 summenzionato : segnatamente, la definizione agevolata della parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale si perfeziona con il pagamento del quaranta per cento del valore della controversia sul quale l’Agenzia è risultata soccombente nella pronuncia di primo grado e del quindici per
cento del valore della controversia sul quale l’Agenzia è risultata soccombente nella pronuncia di secondo grado.
7.3. Tanto premesso, la menzionata legge condonistica, al comma 200, ha espressamente previsto che l’amministrazione potesse, entro il 30/09/2024, emettere diniego di condono, il che rappresenta motivo della «revocazione» del decreto di estinzione, revocazione a cui il comma 201 attribuisce gli effetti di rimozione del decreto di estinzione e di attivazione della prosecuzione del giudizio sul merito della lite. Il testo del comma 201 sul punto è inequivoco; nella sua prima proposizione esso prevede che, ove sia stato emesso provvedimento di estinzione, l’eventuale diniego sia impugnabile davanti allo stesso organo giurisdizionale che l’ha pronunciata; successivamente dispone che il «diniego è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione e la revocazione è chiesta congiuntamente all’impugnazione del diniego». Nel sistema così descritto la revocazione condonistica, pur se rivolta contro un provvedimento idoneo a definire il processo, presenta caratteristiche peculiari in quanto trova il suo presupposto in un atto emesso da una delle parti del giudizio ed è rivolto nei confronti di un provvedimento immune da vizi o comunque adottato in presenza dei presupposti che la legge stessa prevede; essa è finalizzata alla rimozione della dichiarazione di estinzione e a consentire la ripresa del giudizio di impugnazione dell’atto impositivo, ripresa resasi necessaria alla luce dell’intervenuto diniego della definizione agevolata.
7.4. Come evidenziato da Corte Cost. n. 189 del 2024, il tenore letterale peraltro non esclude che l’amministrazione finanziaria possa attivare il rimedio della revocazione per il caso di diniego, senza attendere le iniziative del contribuente.
7.5. Il comma 201 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 ha così previsto l’ipotesi che l’ufficio finanziario, a fronte di una ordinanza o di un decreto di estinzione della lite fiscale pendente per intervenuta cessazione della materia del contendere, intenda poi chiedere la revoca di tale provvedimento giudiziale, per aver rilevato successivamente l’insussistenza dei presupposti della definizione agevolata, con ripristino della sottostante controversia. La menzionata disposizione ha ritenuto di configurare per tale evenienza una ipotesi tipica di revocazione avverso un provvedimento che, del resto, indipendentemente dalla sua forma (decreto del presidente della sezione o ordinanza in camera di consiglio), ha la medesima funzione (di pronuncia sulla fattispecie legale tipica di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere a seguito di definizione delle pendenze tributarie) e il medesimo effetto (di attestazione che il processo deve chiudersi perché si è verificato un fenomeno estintivo) che l’ordinamento processuale riconosce alla sentenza.
7.6. Il giudice della revocazione, che può essere investito contemporaneamente anche della simmetrica impugnazione del diniego di definizione (dal cui accoglimento discenderebbe l’eliminazione della ragione di fatto del contrapposto motivo revocatorio), valuta se sia venuto meno quel determinato fatto esterno al processo costituente elemento essenziale della fattispecie estintiva, e, nel caso che la definizione agevolata sia stata (legittimamente) rifiutata dall’amministrazione finanziaria, elide qualsiasi valore del provvedimento di estinzione, dando poi seguito al giudizio rescissorio sulla lite fiscale; in sintesi può dirsi che viene estesa la competenza del giudice del processo sul ricorso contro il diniego, già prevista per le altre forme condonistiche, anche al caso in cui tale processo sia stato definito, in virtù dell’innovativo meccanismo sopra descritto.
7.7. Quanto alla legittimazione a proporre le due azioni, è il contribuente che ha interesse a dolersi del diniego della definizione agevolata, trattandosi di un atto amministrativo idoneo ad esplicitare la volontà negativa dell’amministrazione rispetto all’istanza da lui avanzata, avendo invece l’amministrazione stessa la legittimazione passiva (sostanziale e processuale) in ordine al ricorso proposto dal contribuente.
7.8. La disciplina in esame ha la sua peculiarità nella previsione di un provvedimento di estinzione (con decreto presidenziale o con ordinanza collegiale, se la causa è già fissata per la trattazione davanti al collegio, ma che potrebbe essere anche sentenza, ove siano impugnati cumulativamente più avvisi di accertamento, solo alcuni dei quali definiti) che è anticipato rispetto alla verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate della sussistenza dei presupposti per accedere alla definizione agevolata ed è subordinato al solo controllo giudiziale della presentazione della domanda e del pagamento della prima o unica rata; tale scelta è stata ritenuta da Corte Cost. n. 189 del 2024, come visto, pienamente legittima, data l’ampia discrezionalità legislativa nella conformazione degli istituti processuali per cui l’estinzione immediata delle liti.
La società ricorrente assume di aver determinato l’importo dovuto all’Ufficio per la definizione del contenzioso, versando le somme dovute per soccombenza del contribuente nella misura del 100% sul 60% del valore rettificato – come statuito dalla sentenza della C.T.R. Campania che, nel confermare la sentenza della C.T.P. di Napoli, ha ridotto il valore lordo di mercato del compendio immobiliare nella misura del 40% – oltre alle somme dovute per soccombenza dell’Ufficio pari ad € 1.459,20 (24.320,00×40% = 9.728,00×15%). Dal provvedimento impugnato risulta, presumibilmente che, l’Ufficio non ha tenuto conto della statuizione
del giudice di merito che ha rideterminato il valore in comune commercio del compendio immobiliare oggetto di accertamento.
8.1. La censura si rivela fondata, tenuto conto che il provvedimento di diniego non precisa come trasfonde il valore lordo di mercato del compendio immobiliare nei termini accertati dalla Commissione tributaria di secondo grado, ritenendo erronea, da un lato, l’indicazione del valore originario dell’atto impositivo (euro 53.815,00) e dell’importo dovuto (euro 16.051,00) e facendo poi coincidere, senza spiegazione alcuna ed incomprensibilmente, il valore della controversia (euro 22.024, 00) e l’importo dovuto per la definizione (euro 22.024,00).
P osto che l’effetto del diniego è quello di interrompere la procedura volta alla definizione della controversia tributaria, il provvedimento deve essere necessariamente motivato, dovendo emergere in modo esplicito le ragioni per cui l’istanza non ha passato il vaglio dell’Agenzia delle Entrate.
8.2 . La motivazione dell’atto di diniego, al pari di quella di ogni provvedimento amministrativo, è funzionale alla salvaguardia delle garanzie di ragionevolezza, imparzialità e proporzionalità che devono connotare l’azione dell’Amministrazione, da ricondurre, a loro volta, alle esigenze di razionalità e non arbitrarietà del potere discrezionale, riconosciute dall’art. 97, comma secondo, della Costituzione. Per altro verso, e nell’ottica del destinatario dell’atto, la motivazione è anche strumentale alla comprensione del percorso decisionale dell’autorità, in vista della possibile impugnazione, in termini riconducibili ai diritti riconosciuti dagli artt. 24 e 103 Cost. (v. Cass. n. 13620/2023, in motiv.) In quest’ultimo senso, la motivazione dell’atto amministrativo assume una connotazione rilevante anche per il giudice dell’eventuale contenzioso sullo stesso, poiché costituisce il principale, se non l’unico, elemento
utilizzabile ai fini del relativo sindacato. Di conseguenza, è necessario che la sinteticità della motivazione non frustri l’esigenza di rispettare il vincolo funzionale al quale è destinato l’obbligo di motivazione. Questa Corte, in proposito, ha più volte evidenziato che l’atto amministrativo non può essere supportato da motivazione contraddittoria o incomprensibile, poiché in tal caso esso non consente al contribuente di avere certezza degli elementi fondanti le ragioni della pretesa.
8.3. E’ stato così chiaramente affermato che motivazione dell’atto amministrativo deve rispondere alla duplice esigenza di rispettare i principi d’informazione e collaborazione, già fissati dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, specificamente in materia fiscale, dall’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa (Cass. n. 6104/2020; Cass. n. 25197/2009).
Tanto premesso, si osserva che, con il medesimo ricorso, la società contribuente ha proposto domanda di revocazione, ai sensi dell’art. 1, commi 197 e 198, legge 195/2022 modificato dal d.l. 30.3.2023 n. 34 art. 20 c. 1, lett. c), del decreto del Presidente della Sezione Tributaria della Corte del 12.12.2023 che ha dichiarato l’estinzione del giudizio R.G. 328/2023 ai sensi del comma 198 dell’art. 1 legge 197/2022.
9.1. La ricorrente, pur anelando alla conferma della declaratoria di estinzione del giudizio, ha dovuto comunque congiuntamente proporre ricorso per la revocazione del decreto di estinzione in ossequio al disposto dell’art. 1 cit., commi 200 e 201, in quanto il diniego della definizione è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato ai sensi del comma 198 dell’art. 1 cit..
9.2. Difatti, ai sensi del comma 201, l’effetto estintivo che il perfezionamento e l’iniziale efficacia della definizione agevolata
determinano sulla controversia pendente, in ipotesi di sopravvenuto diniego proveniente dall’amministrazione, può essere travolto mediante un procedimento di revocazione del provvedimento di estinzione.
9.3. Il contribuente è legittimato, pertanto, a proporre le due azioni, in quanto ha interesse a dolersi del diniego della definizione agevolata, trattandosi di un atto amministrativo idoneo ad esplicitare la volontà negativa dell’amministrazione rispetto all’istanza da lui avanzata, avendo invece l’amministrazione stessa la legittimazione passiva (sostanziale e processuale) in ordine al ricorso proposto dal contribuente (Corte cost. 28 novembre 2024, n. 189). La revocazione serve a scongiurare, nell’eventualità che il ricorso avverso il provvedimento di diniego della definizione venga respinto, che l’originaria controversia sia definita dal decreto di estinzione del giudizio non impugnato. Il giudice della revocazione, investito contemporaneamente anche della simmetrica impugnazione del diniego di definizione, valuta se sia venuto meno quel determinato fatto esterno al processo costituente elemento essenziale della fattispecie estintiva, e, nel caso che la definizione agevolata sia stata legittimamente rifiutata dall’amministrazione finanziaria, elide qualsiasi valore del provvedimento di estinzione, dando poi seguito al giudizio rescissorio sulla lite fiscale.
9.4. Viceversa, dall’accoglimento del ricorso avverso il provvedimento di diniego discende l’eliminazione della ragione di fatto del contrapposto motivo revocatorio che rimane dunque assorbito dalla predetta statuizione (Corte cost. cit.), con la conseguenza che, accolta l’istanza di opposizione al diniego della definizione agevolata e dichiarato assorbito il ricorso per revocazione, sopravvive il decreto di estinzione emesso dal presidente della Sezione Tributaria.
In conclusione, deve trovare accoglimento il terzo motivo ricorso avverso l’illegittimo provvedimento di diniego di definizione agevolata, respinto il primo ed assorbito il secondo mezzo del ricorso per cassazione nonché il ricorso per revocazione del decreto di estinzione del 12 dicembre 2023 che ha definito il giudizio di legittimità; dal che consegue la legittimità del decreto di estinzione emesso dal Presidente della sezione tributaria il 12 dicembre 2023.
P.Q.M.
La Corte
-accoglie il terzo motivo del ricorso per cassazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento di diniego della definizione agevolata impugnato, respinto il primo mezzo; dichiara assorbiti sia il secondo motivo di ricorso che il ricorso per revocazione del decreto di estinzione.
-condanna l’Agenzia alla refusione delle spese processuali sostenute dalla parte ricorrente che liquida in euro 2.500,00 oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della