Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4659 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4659 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME con avv. NOME COGNOME;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, n. 3115/22 depositata il 5 luglio
e sul ricorso iscritto a R.G n.21368/2023 proposto da:
NOME COGNOME con avv. NOME COGNOME;
– ricorrente
–
contro
,
;
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato – controricorrente – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, n. 1466/6/23 depositata il 16 marzo 2023.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
DINIEGO E REVOCAZIONE
1.Con atto notificato in data 14/07/2020 la Direzione Provinciale I di Napoli dell’Agenzia delle Entrate comunicava il diniego alla definizione agevolata della controversia ex lege 119/2018 richiesta in relazione all’intimazione di pagamento n. TF3IPPN01033/2016 notificata al contribuente in data 4/12/2016 dalla predetta Direzione Provinciale I di Napoli, in esito alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 5842/28/16 – con la quale l’Agenzia rideterminava, ai sensi dell’art. 29 D.L. n. 78/2010, le imposte dovute per IRPEF e IVA per l’anno di imposta 2010. Avverso il predetto provvedimento il contribuente proponeva ricorso innanzi alla C.T.R. del Lazio, ai sensi dell’art. 6 comma 12 del D.L. n. 119/2018, eccependo col primo motivo l’illegittimità manifesta del provvedimento di diniego, l’abuso del processo, la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2 e 6 del DL 23 ottobre 2018 n. 119, la violazione dell’art. 29 DL 31 maggio 2010, n. 78, l’invalidità del diniego per errata/fuorviante indicazione della Commissione cui ricorrere; con il secondo motivo l’incompetenza per territorio della Agenzia delle entrate DP Napoli 1 ad emettere il provvedimento di diniego e la carenza di motivazione in ordine alla titolarità del potere di emettere l’atto impugnato. Per l’effetto, il ricorrente chiedeva, in via preliminare, disporre la riunione del giudizio con quello RGA. 827/2020 nel quale era impugnata invece l’intimazione di pagamento oggetto della richiesta di definizione agevolata.
La C.T.R. rigettava il ricorso avverso il diniego e il contribuente propone, così, ricorso per cassazione affidato a due motivi, mentre l’Agenzia delle entrate resiste a mezzo di controricorso.
Da ultimo il contribuente ha depositato memoria illustrativa.
Lo stesso contribuente proponeva altresì avverso la medesima sentenza ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 395, n.4, c.p.c. Anche tale ricorso veniva respinto e, quindi, il contribuente
proponeva separato ricorso avverso la sentenza di rigetto della domanda di revocazione (n. 1466/6/23) fondato su due motivi. L ‘Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Pregiudizialmente devono riunirsi i giudizi relativi all’impugnazione della sentenza n. 3115/22 e dell’impugnazione della sentenza -della C.G.T. di 2^ grado – che ha respinto la domanda di revocazione della sentenza stessa, in applicazione analogica del disposto di cui all’art. 335 c.p.c. (cfr., tra le tante, di recente Cass.n.30184/2024)
Vanno, quindi, esaminati da primi i motivi di ricorso avverso la sentenza che ha respinto la domanda di revocazione.
2.1. Col primo motivo si denuncia la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente.
2.2. La pronuncia, della quale si chiedeva alla C.G.T. di secondo grado la revocazione, effettivamente osserva che la sentenza che definì il giudizio avente ad oggetto l’avviso di intimazione fosse intervenuta anteriormente al ricorso avverso l’atto di diniego della definizione agevolata, ma poi decide la controversia in ragione della condivisione della motivazione posta alla base della decisione di merito (quella appunto attinente alla controversia sull’avviso di intimazione).
In particolare, viene condivisa la decisione suddetta laddove la stessa individua la competenza dell’ufficio che ha emesso l’atto di accertamento e quindi quella del giudice tributario del relativo territorio (Napoli).
La sentenza qui impugnata si sostanzia nel censurare il motivo proposto dal ricorrente per aver sottoposto al giudice della revocazione una richiesta di rinnovo del giudizio di merito già proposto al giudice d’appello, posto che nessun errore effettivo risulta rilevato in quanto quest’ ultimo ha motivato richiamando una sentenza resa tra le parti da altra sezione della stessa C.G.T.
In effetti l’unico errore revocatorio denunciato – quello relativo all’equivoco sulla anteriorità della sentenza rispetto al ricorso avverso il diniego, anche ove sussistente, non riveste i caratteri della decisività, essendo appunto la decisione basata sulla condivisione della decisione in ordine alla competenza, su cui non viene affatto dedotto alcun errore revocatorio.
La motivazione della sentenza di revocazione non è dunque afflitta da mera parvenza.
2.3. Il secondo motivo di impugnazione della sentenza denuncia omesso esame della domanda. L’omissione denunciata attiene ancora una volta l’assunta erronea percezione dell’anteriorità della sentenza di definizione del giudizio inerente all’avviso di intimazione rispetto alla proposizione del ricorso avverso il diniego di definizione agevolata.
2.4. Il motivo va rigettato in ragione di quanto già osservato sub.
2.2.
Il rigetto del ricorso avverso la sentenza di reiezione della domanda di revocazione determina la necessità di esame dei motivi di ricorso avverso la sentenza di cui si era chiesta la revoca.
3.1.Col primo motivo si deduce violazione dell’art. 115 c.p.c. per avere il giudice d’appello deciso la controversia sulla base di scienza privata, avendo motivato la reiezione anzitutto con l’intervenuto rigetto del ricorso in appello avverso l’intimazione di pagamento.
3.2. La sentenza impugnata, per quanto rileva ai fini del motivo in esame, così motiva ‘Invero esso è stato proposto dal contribuente con la richiesta di riunione al giudizio RG n. 827/2020, sull’asserita pendenza di quest’ultimo innanzi alla CTR Lazio, nel quale è stata presentata l’istanza di definizione agevolata, oggetto del diniego di cui si discute, pur essendo consapevole Viola Vincenzo dell’avvenuto rigetto dell’appello del predetto giudizio da parte
della CTR Lazio con la sentenza n. 4124/2021 del 15 giugno 2021, pubblicata il 20.9 2021, data antecedente al presente ricorso.’.
Orbene l’istanza di riunione impone all’organo giudicante di verificare lo stato della causa, appartenente all’ufficio, di cui si chiede la riunione. Ma soprattutto la sentenza viene decisa ritenendosi la competenza a decidere in ordine al diniego di definizione in capo all’ufficio competente all’accertamento, e motivando con richiamo ad una sentenza pubblicata della stessa corte territoriale, resa fra le stesse parti, e la cui conoscenza certo non dev’essere veicolata dalle parti, non appartenendo al patrimonio delle stesse (anzi potendo qualsiasi giudice motivare la propria decisione richiamando il contenuto di una motivazione di altra decisione).
3.3. Col secondo motivo si deduce illogico e omesso esame di tutte le censure e tutte le domande svolte nel ricorso avverso il diniego di definizione agevolata e conseguente omessa pronuncia.
3.4. In proposito non solo non si specificano quali siano tali motivi e in qual guisa la sentenza impugnata ometta di esaminare le relative critiche, ma il ricorrente parte dall’erroneo presupposto che la sentenza impugnata invochi per la definizione del giudizio l’autorità della sentenza che ha pronunciato relativamente alla controversia inerente all’avviso di intimazione, mentre invece la decisione in parola si limita a condividere le motivazioni rese dallo stesso ufficio in altra decisione in ordine alla determinazione della competenza territoriale dell’ufficio finanziario che deve accertare l’imposta, individuando poi nel medesimo anche quello investito della successiva potestà di negare la facoltà di definizione agevolata, con ogni conseguenza in ordine alla competenza del giudice tributario ed escludendo in particolare la rilevanza delle mutazioni del domicilio fiscale del contribuente successivamente al radicarsi della potestà di accertamento in capo all’ufficio stesso (specificandosi che l’anno di imposta da accertarsi era il 2010 e
quello in cui si determinò asseritamente il mutamento del domicilio fiscale era il 2015).
Al postutto entrambi i ricorsi vanno respinti con aggravio di spese in capo in capo al ricorrente soccombente.
Sussistono altresì i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte, riuniti i ricorsi, li respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese che liquida in € 2. 900,00, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2025