Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17558 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17558 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
Diniego di definizione agevolata – presupposti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5260/2017 R.G. proposto da: l’Avvocatura
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dal generale dello Stato,
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. PUGLIA, SEZIONE STACCATA FOGGIA n. 3186/2016, depositata il 19/12/2016; e sui ricorsi iscritti al n. 5260/2017 R.G. proposti da: COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente –
Avverso il diniego della definizione agevolata n. prot. 11835/2020, ed avverso il successivo atto di integrazione del diniego n. prot. 0039467.11-06-2020-U;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME avviso di accertamento con il quale, a fronte della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, accertava con metodo sintetico, per l’anno di imposta 2008, redditi per euro 58.667,00 che sottoponeva a tassazione.
Avverso l’atto impositivo il contribuente proponeva ricorso che veniva accolto dalla CTP di Foggia con sentenza n. 331 del 2014, appellata dall’Ufficio e riformata dalla CTR con sentenza n. 389 del 2016.
Il contribuente chiedeva la revocazione di detta ultima per errore di fatto e la CTR, con la sentenza di cui all’epigrafe, in fase rescindente , accoglieva la domanda e revocava la precedente decisione e, in fase rescissoria, rigettava l’appello dell’Ufficio.
Avverso detta ultima sentenza l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione nei confronti di NOME COGNOME che resiste con controricorso.
Nel corso del giudizio il contribuente avanzava domanda di definizione agevolata della lite pendente in cassazione ex art. 6 d.l .n.
119 del 2018 (domanda con n. protocollo telematico 0605488.12/04/2019-I)
4.1. L’Ufficio , in data 24 febbraio 2020, notificava al contribuente un primo diniego (prot. 11835/2020) con il quale rilevava che sia la sentenza della CTP che quella della CTR erano oggetto di giudizi penali, pendenti nei confronti di giudici, funzionari ed addetti alla segreteria della Commissione tributaria per corruzione in atti giudiziari e falsità ideologica, nei quali si era costituita parte civile ; per l’effetto, affermava che «poiché il valore della lite indicato nella istanza di definizione è determinato in base a sentenze false e per le quali l’Ufficio all’esito del giudizio penale avrà diritto di richiedere la revocazione, la domanda di definizione deve essere rigettata non essendo certo l’importo dovuto per la definizione».
4.2. Avverso detto diniego il contribuente propone ricorso per cassazione e l’Agenzia delle entrate resiste a mezzo controricorso.
4.3. L ‘Ufficio , in data 2 luglio 2020, notificava al contribuente un provvedimento (prot. 0039467.11-06-2020-U) di integrazione del diniego con il quale precisava che la domanda già respinta era, altresì, denegata per un ulteriore motivo da ravvisarsi nel versamento di una somma inferiore a quella dovuta per la definizione. Osservava, in proposito, che la controversia era definibile tramite il pagamento di un importo corrispondente al 15 per cento del relativo valore e non al 5 per cento versato dal contribuente, valevole soltanto in caso di sentenze entrambe sfavorevoli all’Ufficio; evidenziava, sul punto che, nella fattispecie, la sentenza di appello n. 389 del 2016 era stata parzialmente favorevole all’Ufficio.
4.4. Il contribuente impugna anche detto secondo diniego mentre l’Agenzia delle entrate non ha svolto, rispetto a quest’ultimo ricorso, alcuna attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate propone un unico motivo e denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 38, commi da 4 a 8, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 , dell’art. 22, comma 1, d.l. 31 maggio 2010 n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, degli artt. 34 e 97 Cost. , dell’art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212.
Censura la sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto necessario, ai fini della validità dell’atto impositivo, un preventivo contraddittorio con il contribuente.
Con il ricorso avverso il primo diniego il contribuente propone tre motivi.
2.1. Con il primo denuncia «Violazione di legge ed eccesso di potere. Adozione del diniego in ipotesi non prevista dalla legge ovvero per finalità sanzionatorie o comunque diverse da quelle ripristinatorie. Pregiudizio certo versus illecito incerto, illegittima presunzione di colpevolezza. Diniego di condono e contestuale azione risarcitoria: duplicazione del danno.»
Osserva che l’art. 6 d.l. n. 119 del 2018 non lascia margini di discrezionalità all’Ufficio nell’accettazione della definizione e censura il provvedimento di diniego, motivato in ragione di un eventuale giudizio di revocazione a seguito del giudizio penale. Aggiunge che il diniego di definizione agevolata sulla base di una semplice prospettazione accusatoria porterebbe al paradossale risultato di assegnare al contribuente un pregiudizio certo sulla base di un illecito incerto.
2.2. Con il secondo denuncia «difetto di motivazione, omessa indicazione di elementi dai quali desumere la condotta illecita e conseguente lesione del diritto di difesa del contribuente».
Osserva che l’A mministrazione ha motivato il diniego semplicemente richiamando gli estremi dei procedimenti penali ritenuti
rilevanti senza indicare minimamente in che modo potessero interessare la controversia in essere.
2.3. Con il terzo motivo denuncia «Eccesso di potere ed erroneità della motivazione per aver, l’ufficio, ritenuto inefficace la sentenza della CTR favorevole al contribuente. Efficacia della sentenza anche in pendenza del processo penale per corruzione e falso. Erroneità del giudizio di ingiustizia della sentenza».
Osserva che l ‘Amministrazione finanziaria , per pervenire al diniego, aveva implicitamente disconosciuto l’efficacia della sentenza della CTR oggetto del ricorso per cassazione; che, tuttavia, la statuizione f non poteva ritenersi invalida e che l’ordin amento riservava il potere di annullarla solamente al giudice.
Con il ricorso avverso il secondo provvedimento di integrazione dei motivi del diniego il contribuente propone un unico motivo per violazione di legge ed eccesso di potere.
Osserva che il primo grado del giudizio era stato definito con la sentenza n.331/04/14 della CTP di Foggia a sé interamente favorevole; che il secondo grado era stato definito con la sentenza n. 3186/27/2016, dalla CTR Bari, sezione distaccata di Foggia, la quale in fase rescindente aveva revocato la sentenza n. 389/26/2016 per errore di fatto ed in fase rescissoria aveva confermato la sentenza di primo grado interamente favorevole al contribuente. Per l’effetto, evidenzia come entrambi i gradi di merito erano stati definiti con pronunce interamente a sé favorevoli e che non vi erano, pertanto, gradi di giudizio nei quali l’A mministrazione fosse risultata vittoriosa.
L’esame dei ricorsi del contribuente avverso il diniego di definizione agevolata e la successiva integrazione, è logicamente preliminare all’esame del ricorso avverso la sentenza della CTR.
I motivi del primo ricorso avverso l’atto di diniego, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.
5.1. Non è controverso che il contribuente ha depositato istanza di definizione agevolata (prot. 0605488.12/04/2019I) ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 119 del 2018.
In virtù del disposto di cui all’ art. 6, comma 12, d.l. cit., in ipotesi di istanza di definizione agevolata presentata dal contribuente nelle more dello svolgimento del giudizio di legittimità, la Corte ha una speciale competenza a decidere, in unico grado, sull’eventuale diniego opposto dall’Ufficio, con pienezza del giudizio e compiti ulteriori rispetto a quelli che tradizionalmente e necessariamente caratterizzano il giudizio di legittimità (cfr. Cass. 03/05/2019 n. 11623).
5.2. La questione controversa è già stata esaminata da questa Corte di legittimità in fattispecie analoghe e risolta con pronunce ai cui principi condivisibili si intende dare continuità (tra le più recenti Cass. 09/01/2024, n. 762 Cass. 16/05/2022, n. 15442).
Si è già affermato che, in tema di definizione agevolata delle liti, ex art. 6 d.l. n. 119 del 2018, il provvedimento di diniego non può fondarsi sulla pendenza di un procedimento penale, non ancora definito con provvedimento passato in cosa giudicata, ed avente ad oggetto le sentenze di merito che hanno pronunziato sugli atti impositivi sottesi alle riprese dell’Ufficio ; infatti, l’assenza di un esito definitivo di siffatto procedimento non consente di considerare indeterminabili gli importi dovuti per la definizione della controversia e impone, invece, di attribuire rilevanza agli esiti delle sentenze di merito, in quanto non attinte da alcuna declaratoria di falsità. Si è, altresì, precisato che, qualora dovesse essere accertato in via definitiva che esse sono effetto del dolo del giudice, l’Amministrazione finanziaria potrebbe chiedere la loro revocazione, ai sensi dell’art. 395, n. 6, cod. proc. civ., ed eventualmente recuperare gli importi indebitamente non versati. Prima
di tale eventuale revocazione le sentenze impugnate spiegano pienamente i loro effetti e, quindi, ricorrono le condizioni perché si possa procedere alla definizione agevolata della lite, trattandosi, per l’appunto, di lite pendente.
Anche il motivo di cui al ricorso avverso il provvedimento che ha integrato le motivazioni del diniego è fondato.
6.1. L’Ufficio assume che vi sarebbe stato un esito parzialmente favorevole del giudizio di appello innanzi alla CTR in virtù della prima sentenza resa da quest’ultima (la 389 del 2016).
6.2. L’assunto non è condivisibile.
Detta prima sentenza è stata revocata per errore di fatto dalla sentenza oggetto del presente giudizio di legittimità. La CTR, come detto, dopo aver revocato la precedente decisione, ha integralmente rigettato l’appello avverso la sentenza di primo grado la quale, a propria volta, aveva accolto il ricorso del contribuente. La sentenza n. 389 del 2016 -in ragione della quale l’Ufficio reclama l’esito parzialmente favorevole -a seguito dell’accoglimento del ricorso per revocazione è stata definitivamente el iminata dall’ordinamento giuridico all’esito della fase rescindente del giudizio di revocazione e integralmente sostituita dalla sentenza n. 3186 del 2016 emessa all’esito della fase rescissoria. Ne risulta che l’Ufficio è risultato soccombente in entrambi i gradi di merito.
In mancanza di prospettazione di ulteriori ragioni preclusive della definibilità delle lite, e accertata la definibilità della stessa a seguito della illegittimità del provvedimento di diniego e della successiva integrazione, deve dichiararsi l’estinzione del presente giudizio atteso che ex art. 6, comma 6, d.l. cit., la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 8 e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi del detto articolo o della prima rata entro il 31 maggio 2019. Invece, la cessazione della materia del contendere
può essere dichiarata solo qualora risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato (cfr. Cass. 03/10/2018, n. 24083).
Tenuto conto delle vicende del giudizio e del suo esito, appare equo dichiarare compensate tra le parti le spese relative all’impugnazione del diniego, mentre quelle relative al giudizio restano a carico della parte che le ha anticipate ex artt. 46 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e 6, comma 13, d.l. n. 119 del 2018 cit.
In ragione della definizione agevolata della controversia, non si ravvisano i presupposti per imporre al contribuente il pagamento del c.d. doppio contributo unificato siccome misura applicabile ai soli casi tipici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del gravame e, pertanto, non suscettibile, per la sua natura lato sensu sanzionatoria, di interpretazione estensiva o analogica (tra le tante Cass. 18/01/2022, n. 1420). In generale, poi, non sussistono i presupposti per imporre detto pagamento all’Ufficio in quanto parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato.
P.Q.M.
La Corte accoglie i ricorsi proposti dal contribuente avverso il diniego di definizione agevolata della lite come successivamente integrato e, per l’effetto, dichiara estinto il giudizio e compensa fra le parti le relative spese.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2025.