Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5400 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5400 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME con avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n. 1522/23/19 depositata il 19 febbraio 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Il ricorrente impugnava intimazione di pagamento adottata a seguito di decisione di primo grado relativa all’avviso di accertamento inerente all’anno d’imposta 2010 e , dunque, conseguente ad iscrizione a ruolo provvisoria (il ricorso riguarda esclusivamente le sanzioni).
Il ricorso era fondato su incompetenza territoriale, inesistenza/nullità della notifica, assenza di presupposti per le sanzioni; nullità derivata dall’atto prodromico; difetto di delega.
Intimazione di pagamento. Diniego a definizione agevolata
LA CTP respingeva il ricorso e la CTR confermava la sentenza di primo grado.
Il contribuente proponeva allora ricorso in cassazione affidato a tre motivi, mentre l’Agenzia delle entrate resiste a mezzo di controricorso.
Successivamente l’Agenzia comunicava il diniego di definizione agevolata, proposto in corso di appello da parte del ricorrente (dopo la discussione ma prima del deposito della pronuncia di secondo grado) e, pertanto, il ricorrente depositava ricorso avverso il suddetto diniego.
CONSIDERATO CHE
1.Il ricorso avverso il diniego alla definizione agevolata proposta dal ricorrente ai sensi del d.l. n. 119/2018 è fondato su due motivi: la asserita natura impoesattiva secondaria dell’atto di intimazione e l’assenza di capacità processuale in capo al Direttore provinciale dell’Agenzia.
1.1. Entrambi i motivi sono infondati. In effetti l’atto in oggetto costituisce mero atto di riscossione conseguente a decisione di primo grado, e quindi ad iscrizione a ruolo provvisoria, per cui semmai la richiesta andava proposta avverso l’avviso di accertamento oggetto di separato giudizio. Quanto alla competenza dell’organo preposto al diniego, la disposizione prevede che la notifica sia effettuata nelle forme degli atti processuali, e non che l’atto sia emanato dall’organo che dell’Agenzia abbia la rappresentanza processuale, fermo restando che trattasi di atto amministrativo -espressione della potestà dell’amministrazione finanziaria – e non processuale.
Quanto alla competenza territoriale, non è predicabile quella stabilita in tema di accertamento con adesione, inerente a una procedura conciliativa che non condivide la natura della definizione agevolata -appartenente ad un istituto di carattere eccezionale -per cui manca il presupposto dell’ eadem ratio .
Va dunque affermato il seguente principio di diritto :<>.
Ciò posto, la competenza al diniego non può che appartenere all’ufficio che ha proceduto all’accertamento che si vuole definire riferita all’epoca dell’imposta da accertarsi.
Venendo così al ricorso avente ad oggetto l’intimazione impugnata, va premesso che il primo motivo, attinente alla declaratoria di cessazione della materia del contendere per intervenuta definizione agevolata, risulta assorbito dalla reiezione del ricorso avverso il relativo diniego.
Col secondo motivo si deduce motivazione apparente della sentenza in relazione al terzo motivo d’appello. Tale motivo lamenta il rigetto da parte della CTP del motivo di ricorso con cui veniva denunciato il difetto di motivazione dell’atto impugnato.
3.1. Anche tale motivo è infondato poiché la C.T.R. ben esplica il percorso logico a mezzo del quale ritiene insussistente il difetto di motivazione dell’atto impugnato, laddove ha ritenuto che essendo l’atto stesso fondato su una sentenza ben conosciuta dal ricorrente -non sussisteva un obbligo di completa motivazione dell’atto stesso, a parte il richiamo della sentenza medesima.
Anche l’improprio richiamo del termine ‘giudicato’ riferito alla sentenza su cui si fonda l’iscrizione a ruolo è ininfluente, avendo
chiarito la pronuncia impugnata che l’atto ‘non necessita di ulteriore motivazione rispetto al contenuto della sentenza di cui è causa’.
Col terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 56, d.lgs. n 546/1992 per l’affermata inammissibilità della riproposizione in appello delle questioni dedotte in primo grado.
4.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, poiché non si ha contezza alcuna del contenuto di siffatti asseriti motivi, di dove e del modo in cui gli stessi siano stati riproposti in appello, tanto più che la stessa sentenza impugnata dà atto di come tali motivi siano stati ‘immotivatamente riproposti’.
Il ricorso dev’essere dunque respinto, con aggravio di spese in capo al ricorrente soccombente.
Sussistono, altresì, i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte , respinta l’opposizione ad atto di diniego, respinge il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in € 1.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2025