Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25574 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25574 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30774/2018 R.G. proposto da :
COGNOME con l’avvocato NOME COGNOMEricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato
-resistente- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 1623/2018 depositata il 13/03/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava il diniego di autotutela n. 2015S45514, emesso dall’Agenzia delle entrate ed avente ad oggetto i ruoli sottesi alle cartelle nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA rispettivamente notificate dall’agente per la riscossione in data 18/12/2006 e 21/11/2007 e resesi definitive per mancata impugnazione nei termini.
L’istanza di autotutela era basata sul vizio di notifica delle cartelle di pagamento, che a detta del contribuente non era stata eseguita correttamente.
L’Ufficio, considerato che il vizio di notifica non era stato tempestivamente eccepito mediante la proposizione di ricorso e che la notifica delle cartelle, avvenuta nel rispetto dei termini previsti dall’art. 25, comma 1, lett. a) DPR 602/1973, aveva raggiunto lo scopo, posto che nel ricorso il contribuente affermava di aver ricevuto in notifica gli atti in data 18/12/2006 e 21/11/2007, rifiutava l’annullamento delle iscrizioni a ruolo, in quanto effettuate per recuperare l’omesso versamento delle imposte risultanti da dichiarazione, circostanza pacifica, e dunque legittime.
La CTP di Roma, con sentenza n. 19134/51/16, respingeva il ricorso, sia rilevando la non impugnabilità del provvedimento di rifiuto di sgravio, sia l’infondatezza nel merito del motivo posto a base della richiesta di sgravio.
Quindi la CTR del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello del contribuente.
Avverso la predetta sentenza ricorre, con due motivi, il contribuente.
L’Agenzia delle entrate ha depositato foglio di costituzione per l’eventuale discussione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso , formulato in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del DPR n. 660/1973 e dell’art. 149 c.p.c., e degli artt. 7 e 8 della L. n. 980/1992.
1.1. Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe errata laddove ha affermato che le cartelle di pagamento in oggetto sono state correttamente notificate.
1.2. Il motivo è inammissibile, perché formulato mediante la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili
incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass., 13 dicembre 2019, n. 32952; Cass., 4 ottobre 2019, n. 24901; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26874) e ciò anche a volere accogliere l’orientamento meno rigoroso che subordina l’ammissibilità del motivo frutto di mescolanza (Cass., 13 dicembre 2019, n. 32952; Cass., 4 ottobre 2019, n. 24901; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26874), alla condizione che lo stesso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto.
1.3. Ancora, il motivo è, per altra ragione inammissibile, rammentandosi che è costante affermazione di questa Corte che «Il contribuente che richiede all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo o un provvedimento sanzionatorio, già divenuti definitivi, non può limitarsi alla deduzione, ormai preclusa, di eventuali vizi dell’atto, ma è tenuto a prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dello stesso; ne consegue che, contro il diniego opposto dall’Amministrazione all’esercizio del potere di autotutela, può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria» (Cass. Sez. 5, 03/01/2024, n. 161).
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 537 e 53 8 della L. n. 222/2018, unitamente all’art. 112 c.p.c. ed all’art. 132 c.p.c., nonché la violazione dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992.
2.1. La sentenza impugnata, si afferma in primo luogo, avrebbe immotivatamente assunto che il diniego di autotutela gravato dal ricorrente non avrebbe potuto ritenersi disciplinato dalla L. n. 228 del 2012, e dunque anche per tale ragione non impugnabile.
2.2. Tale censura è inammissibile, perché formulata mediante la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass., 13 dicembre 2019, n. 32952; Cass., 4 ottobre 2019, n. 24901; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26874) e ciò anche a volere accogliere l’orientamento meno rigoroso che subordina l’ammissibilità del motivo frutto di mescolanza (Cass., 13 dicembre 2019, n. 32952; Cass., 4 ottobre 2019, n. 24901; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26874), alla condizione che lo stesso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto.
2.3. Ancora, la censura è comunque infondata, laddove, riconducendo il diniego alla procedura ex L. n. 228/2010, il contribuente vorrebbe ampliare, rispetto a quanto già osservato nel trattare il primo motivo di ricorso, l’ambito di impugnabilità del provvedimento di diniego di autotutela.
Con una seconda censura veicolata con il medesimo motivo, il ricorrente allega che la CTR non avrebbe esaminato il motivo di doglianza con cui si lamentava che il diniego di autotutela non avesse riguardato tutti i ruoli oggetto dell’istanza del contribuente e
che segnatamente, con riferimento al ruolo n. 300597, la pretesa tributaria avrebbe dovuto ritenersi sgravata di diritto per mancata risposta entro 220 giorni dal ricevimento dell’istanza.
3.1. Ai fini dell’am missibilità, va preliminarmente rilevato che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (Sez. 1 – , Sentenza n. 12481 del 19/04/2022, Rv. 664738 – 01). Nella specie, la censura è ammissibile, in quanto il ricorrente ha trascritto, per estratto, il contenuto del motivo di ricorso proposto prima avanti alla CTP prima e quindi alla CTR.
3.2. La doglianza è, tuttavia, infondata, dovendo al riguardo questa Corte limitarsi a dare seguito al principio di diritto che «Non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo» (v. in tal senso, tra le molte, Cass. n. 29191 del 06/12/2017), e ciò, segnatamente, ove la CTR ha affermato che il contribuente non ha presentato all’agente per la riscossione dichiarazione, ai sensi dell’art. 1, commi 537/538 della L. n. 228/2012, ma piuttosto ha presentato all’Agenzia delle entrate un’istanza di sgravio in autotutela.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Non si procede alla liquidazione delle spese in assenza di attività difensiva da parte dell’Amministrazione finanziaria.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10/09/2025.
La Presidente NOME COGNOME