Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 723 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 723 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2025
Difformità tra atto di appello notificato ed atto di appello depositato – Conseguenze Inammissibilità del gravame Esclusione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5768/2022 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 863/13/2022, depositata in data 20 gennaio 2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 novembre
2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME impugnava tre avvisi di accertamento (nn. TF7010702855/2019, TF7010702870/2019 e TF7010702879/2019), con il quale veniva imputato al ricorrente, nella sua veste di socio al
100% delle quote della società RAGIONE_SOCIALE e, quindi, recuperato a tassazione, ai fini IRPEF per gli anni 2014, 2015 e 2016, i redditi non dichiarati, derivanti dalla percezione di utili extracontabili della società. Gli avvisi facevano seguito a quattro avvisi notificati all’ente, con i quali venivano recuperati a tassazione costi non deducibili, relativi ad operazioni inesistenti.
Il contribuente deduceva il difetto di motivazione degli atti impugnati, il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Ufficio e l’infondatezza nel merito dei rilievi operati.
La CTP di Caserta accoglieva il ricorso, evidenziando che nelle more era stata accolta l’impugnativa della società, sostanzialmente affidata ai medesimi motivi di doglianza.
Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione tributaria regionale della Campania dichiarava inammissibile l’appello ex art. 53 d.lgs. n. 546/1992 stante la totale difformità tra l’atto di appello notificato al contribuente e quello depositato presso la cancelleria del giudice di secondo grado (quest’ultimo riferito ad altro soggetto ‘RAGIONE_SOCIALE) e la conseguente mancanza di ‘motivi specifici di impugnazione’. La CTR compensava le spese del grado in virtù della ‘particolarità della causa’.
Avverso la decisione della CTR campana ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidandosi a due motivi. L’Ufficio ha resistito con controricorso e spiegato ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l ‘udienza camerale del 15/11/2024.
Considerato che:
S’impone l’esame, in via prioritaria, del ricorso incidentale.
Con l’unico strumento di impugnazione l’Ufficio deduce la « nullità della sentenza per violazione dell’art. 53 D. Lgs. 546/1992 (art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.)». Lamenta , in particolare, l’erronea declaratoria di inammissibilità del gravame atteso che, pacifico il deposito di un atto di gravame diverso da quello notificato al
contribuente, quest’ultimo si era comunque difeso nel merito della vicenda, con ‘articolate controdeduzioni’ (come affermato dalla stessa CTR); richiama, quindi, l’orientamento di legittimità, a mente del quale solo la difformità ‘sostanziale’ tra atto di appello notificato ed atto depositato comporta l’inammissibilità del gravame, in quanto impedisce al destinatario l’esercizio del diritto di difesa.
Il motivo è fondato.
1.1. In via generale si devono richiamare i principi interpretativi affermati dalla Corte Costituzionale (sent. 18 marzo 2004, n. 98, e sent. 6 dicembre 2002, n. 520) circa la costituzionalità delle norme processuali sulle cause di inammissibilità secondo cui: 1) si deve far valere l’esigenza di ridurre i profili di inammissibilità a quelle sole cause che costituiscano una ragionevole sanzione per la parte processuale; 2) si deve mirare a contrastare la realizzazione della giustizia solo per ragioni di serie importanza; 3) i profili di forma devono essere valutati con criteri di equa razionalità; 4) si deve assicurare l’armonia sistematica del regime dell’istituto controverso con lo specifico sistema processuale cui esso appartiene.
1.2. Tanto premesso, occorre considerare che è principio consolidato quello per cui «in tema di contenzioso tributario, l’art. 22, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 -richiamato, per il giudizio di appello, dal successivo art. 53 -va interpretato nel senso che costituisce causa di inammissibilità del ricorso o dell’appello non la mancanza di attestazione, da parte del ricorrente, della conformità tra l’atto depositato e quello notificato ma solo la loro effettiva difformità, accertabile d’ufficio in caso di omissione dell’attestazione».
La disposizione di cui all’art. 22 comma 3 del d.lgs. n. 546/1992 -così come richiamata nel giudizio di appello dall’art. 53 d.lgs. cit., prevede che ‘in caso di consegna o spedizione a mezzo di servizio postale la conformità dell’atto depositato a quello consegnato o spedito è attestata conforme dallo stesso ricorrente. Se l’atto depositato o spedito alla parte nei cui confronti il ricorso è
proposto, il ricorso è inammissibile e si applica il comma precedente’, ovvero, ai sensi del comma 2, il ricorso è dichiarato inammissibile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, anche in caso di costituzione del resistente.
È consolidata la giurisprudenza di legittimità nel sostenere che dalla stessa formulazione letterale della norma l’onere per la parte di provvedere, a pena di inammissibilità, al momento della costituzione in giudizio, agli incombenti sopra riportati si riferisce al caso in cui il ricorso medesimo sia notificato direttamente o a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 16, commi 2 e 3, del d.lgs. n, 546/1992 ( ex multis , Cass. 14/03/2017, n. 12268); pertanto, per il perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario, è necessario che l’appellato abbia effettivamente ricevuto lo stesso atto di appello depositato dall’appellante o che esso sia pervenuto nella sua sfera di conoscibilità.
1.3. La disposizione in esame, essendo diretta a garantire il contraddittorio ed il diritto di difesa della parte contro la quale il ricorso è proposto, non trova applicazione ove, come nel caso di specie, la difformità tra l’atto notificato e quello depos itato non abbia determinato alcun pregiudizio per la parte resistente.
A mente dell’art. 22 cit. se l’atto depositato nella segreteria della commissione tributaria non è conforme a quello consegnato o spedito alla parte nei cui confronti il ricorso è proposto, il ricorso è inammissibile e, come previsto dal secondo comma, l’i nammissibilità è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio. Si tratta di una forma di invalidità che, ancorché priva di autonomia concettuale rispetto alla nullità (Cass. Sez. U. 29/01/2000, n. 16), è tradizionalmente ritenuta insuscettibile di sanatoria ai sensi degli artt. 156 e 164 cod. proc. civ. (Cass. 27/09/2016, n. 18932 e Cass. 08/05/2019, n. 12134). L’insanabilità del vizio sotteso alla fattispecie in esame non esclude, tuttavia, che anche rispetto ad essa operi il principio generale di strumentalità e congruità delle forme allo scopo, per il quale la forma degli atti del processo deve costituire uno strumento
idoneo per il raggiungimento di un determinato risultato, il quale va individuato nell’attuazione della situazione giuridica soggettiva sostanziale, alla stregua dei principi regolatori del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. e, in particolare, del c anone di effettività della tutela giurisdizionale, in forza del quale deve essere esclusa la legittimità di soluzioni interpretative che attribuiscano rilevanza a formalismi non giustificati da concrete esigenze difensive (Cass. n. 12134/2019 cit.). Invero, il principio di strumentalità delle forme costituisce innanzitutto un canone interpretativo che il giudice deve osservare nell’applicazione delle norme sulle invalidità processuali, ivi comprese quelle che comminano la sanzione ‘forte’ dell’inammissibili tà, verificando se alla deviazione della forma contenuto rispetto al paradigma legale sia effettivamente conseguito il mancato raggiungimento del risultato pratico avuto di mira dal legislatore in relazione alla fattispecie concreta, nonché allo scopo generale del processo rappresentato dalla definizione del giudizio mediante una pronuncia di merito. La valenza ermeneutica del principio di strumentalità risulta corroborata dai canoni sovranazionali di effettività, funzionalità e celerità dei modelli processuali, oltre che dal principio, di matrice eurounitaria, di proporzionalità e ragionevolezza.
In linea con i principi di strumentalità e di proporzionalità si pone, invero, l’insegnamento della Corte costituzionale secondo il quale le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in armonia con i valori della «tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità» (Corte Cost. 13/06/2000, n. 189 e 6/12/2002, n. 520).
Anche questa Corte ha recepito le suddette indicazioni affermando che le sanzioni che, come l’inammissibilità, non sono suscettibili di sanatoria non possono che essere interpretate in senso restrittivo e, cioè, circoscrivendone l’ambito di applicazione ai soli casi in cui il rigore che contraddistingue tale forma di invalidità risulti veramente giustificato (Cass. 30/11/2020, n. 27338; Cass.
09/08/2016, n. 16758, la quale sottolinea come questa interpretazione sia imposta proprio dal principio di effettività della tutela giurisdizionale; Cass. 17/12/2014, n. 26560, secondo la quale le previsioni d’inammissibilità devono essere interpretate in senso restrittivo, visto il loro rigore e la loro natura di extrema ratio ; Cass. 02/05/2013, n. 10282).
1.4. Con particolare riferimento alla portata dell’art. 22, comma 3, d.lgs. n. 546/1992, rilevante nel caso di specie, in ossequio alle coordinate ermeneutiche sopra richiamate, questa Corte ha chiarito che la difformità tra l’atto depositato davanti alla commissione tributaria e quello notificato alla controparte può dirsi idonea a decretare l’inammissibilità del ricorso, rilevabile d’ufficio, soltanto nel caso in cui sia di carattere sostanziale, ovvero sia tale da impedire al destinatario la completa comprensione dell’atto e, quindi, rendendo incerti il petitum e la causa petendi dell’azione proposta, comporti una lesione del diritto di difesa.
Ne deriva che il giudice non può dichiarare l’inammissibilità del ricorso se la difformità sia stata irrilevante al fine di comprendere il tenore dell’impugnazione ovvero quando l’atto di costituzione della controparte contenga comunque una compiuta replica ai motivi illustrati nell’atto notificato (in tal senso, con riferimento al ricorso in appello, Cass. 24/05/2017, n. 13058; v. inoltre Cass. 30/03/2017, n. 8213 e Cass. 11/04/2011, n. 8138).
In definitiva, secondo tale condivisibile prospettiva, ai fini dell’accertamento dell’operatività della sanzione dell’inammissibilità ex art. 22, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992, occorre avere riguardo non tanto all’aspetto quantitativo e qualitativo della discrepanza di formacontenuto tra l’atto depositato e quello notificato, quanto, piuttosto, al profilo effettuale, ossia alla concreta incidenza della difformità sulla comprensione, da parte del destinatario, del contenuto del ricorso e, di conseguenza, sullo svolgimento dell’attività difensiva.
Si è, quindi, ritenuto che sia una difformità parziale (per essere la copia dell’appello notificata mancante di alcune pagine rispetto a quella depositata nella segreteria della Commissione; Cass. 30/11/2011, n. 25504) sia una difformità totale (per essere i due atti completamente diversi e facenti riferimento a due contribuenti diversi; Cass. 16/05/2022, n. 15439) non danno luogo tout court alla inammissibilità del gravame, dovendo il giudice accertare se la difformità abbia effettivamente impedito al dest inatario dell’atto la comprensione dello stesso e, quindi, leso il suo diritto di difesa.
1.5. Il collegio condivide tale metodo ermeneutico in ragione della sua coerenza, oltre che con il richiamato principio di strumentalità delle forme processuali e di proporzionalità, con la stessa ratio del cit. art. 22, comma 3, da identificarsi nell’esigenza di evitare che eventuali differenze contenutistiche tra l’esemplare del ricorso depositato e quello notificato possano ledere il contraddittorio impedendo alla controparte repliche compiute e congruenti.
1.6. Nel caso di specie risulta incontroverso, e comunque emerge dalla sentenza gravata che il contribuente, nonostante la difformità tra l’appello notificato ad istanza dell’Ufficio e l’atto inserito nel fascicolo d’ufficio in occasione della costituzione dell’Agenzia, abbia articolato compiute difese proprio in ordine all’impugnazione proposta dall’Agenzia, sicché non vi è controversia tra le parti in merito all’individuazione dell’oggetto del contendere in sede di gravame (v. pag. 3 della sentenza in cui si riportano le ‘articolate controdeduzioni’ del contribuente al gravame interposto dall’Ufficio).
In definitiva, la riscontrata diversità, osservata alla luce del criterio ermeneutico suggerito dalla più recente elaborazione di questa Corte e del canone di effettività della tutela giurisdizionale, non risulta avere in concreto assunto attitudine lesiva del diritto di difesa dell’appellato -contribuente.
1.7. La CTR, facendo discendere l’inammissibilità del gravame dalla mera difformità tra atto di appello notificato ed atto di appello
depositato in giudizio, non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra enucleati.
L’accoglimento del ricorso incidentale comporta l’assorbimento di quello principale, affidato a due motivi con i quali il contribuente ha censurato la compensazione delle spese del grado di appello, disposta effettivamente senza motivazione.
In base alle considerazioni svolte la sentenza di appello va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alla censura accolta ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso incidentale, assorbito quello principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre