Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10661 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10661 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29499/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 2642/2021 depositata il 20/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
A seguito dell’impugnazione dell’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA la CTP di Roma rigettava il ricorso del sig. COGNOME NOME con la sentenza n. 1631/2018. A sostegno del ricorso il contribuente aveva dedotto un vizio di notifica e la nullità degli atti in quanto sottoscritti da un dipendente di ADER non assunto con pubblico concorso, motivi che sono stati entrambi respinti dal giudice di primo grado.
Il contribuente ha quindi proposto appello, eccependo la nullità della procura alle liti conferita dall’amministrazione finanziaria ad un avvocato del libero foro e, nuovamente, la nullità dell’atto in quanto sottoscritto da un dipendente assunto con contratto di diritto privato.
Tale gravame è stato respinto con la sentenza n. 2642/2021 della CTR di Roma, qui oggetto di impugnazione.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente sulla scorta di due distinti motivi.
5 . Resiste l’ufficio con controricorso con il quale ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso avversario.
Il contribuente ha depositato memoria scritta con cui ha replicato al controricorso.
7 . E’stata, quindi, fissata udienza camerale per il 04.02.2025.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dal contribuente avverso la sentenza della C.T.R. del Lazio, n. 2642/2021 si fonda sui seguenti motivi, così sintetizzati:
violazione dell’art. 360 n. 4 c.p.c. , in quanto si contesta che il soggetto che ha rilasciato la procura all’avvocato del libero foro (a sua volta delegato dal Presidente dell’Ente pubblico) non abbia superato la obbligatoria procedura del concorso pubblico e che la costituzione in giudizio dell’ente sia, conseguentemente, viziata;
violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione di legge, in quanto le cartelle e le intimazioni di pagamento non sono compilate dagli Agenti della riscossione ma da personale assunto con contratto di diritto privato, con conseguente nullità e inesistenza degli atti e, nuovamente, della procura rilasciata al legale del libero foro.
Entrambi i mezzi di impugnazione appaiono dedotti in modo estremamente generico e sono, comunque, infondati.
Iniziando dal primo mezzo, occorre rilevare che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo riconosciuto la legittimità della difesa in giudizio dell’amministrazione finanziaria, mediante avvocati del libero foro, nei procedimenti avanti alle commissioni tributarie.
Fra le più recenti, è sufficiente rinviare a Sez. 5, ord. n. 28199 del 31/10/2024 (Rv. 672626 – 01), per la quale – in tema di difesa e rappresentanza in giudizio – l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate Riscossione si avvalgono dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti dalle convenzioni con quest’ultima stipulate, fatte salve le ipotesi di conflitto, quali le condizioni di cui art. 43, comma 4, del R.d. n. 1611 del 1933 oppure l’indisponibilità dell’Avvocatura; ne consegue che non è richiesta l’adozione di apposita delibera o alcun’altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro quando la convenzione non riserva all’Avvocatura erariale la difesa, come nel contenzioso tributario, per il quale la convenzione esime le predette Agenzie dal ricorso alla difesa
erariale per i giudizi innanzi alle corti di giustizia tributaria, prevedendola espressamente, invece, per quello di legittimità, rispetto al quale, dunque, in difetto delle condizioni ricordate (conflitto, indisponibilità o apposita delibera) la procura conferita ad un legale del libero foro deve ritenersi affetta da invalidità, con conseguente inammissibilità del ricorso.
Tale decisione si ricollega direttamente all’arresto nomofilattico adottato da Sez. U, sent. n. 30008 del 19/11/2019, Rv. 656068 -01, la quale ha così ricostruito l’onere defensionale in materia: ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate -Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’art. 43, comma 4, r.d. n. 1611 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, r.d. cit. – nel rispetto degli articoli 4 e 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi dell’art. 1, comma 5 del d.l. 193 del 2016, conv. in l. n. 225 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo
presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità.
Lo stesso contribuente, nella propria memoria, dà atto -pur senza formalmente rinunciarvi -che il primo motivo è stato superato da giurisprudenza formatasi -a suo dire -dopo l’introduzione del ricorso. Ma come si è visto, lo stesso arresto delle S.U. del 2019 appena richiamato è, per la verità, anteriore alla proposizione del presente ricorso di legittimità e, persino, all’udienza di discussione del giudizio di secondo grado (13/05/2021) all’esito della quale è stata pronunciata la sentenza qui impugnata (vds. svolgimento del processo a p. 2 della stessa sentenza).
Non vi è pertanto ragione per non riconoscere l’infondatezza della doglianza proposta, sotto questo profilo, dal ricorrente.
3. Una parte del primo motivo di ricorso ed il secondo, inoltre, contestano il fondamento costituzionale del c.d. ‘ transito ‘ del personale dall’ente di riscossione Equitalia all’Agenzia delle Entrate -Riscossione per desumerne, vuoi, la carenza di rappresentanza, vuoi la nullità/inesistenza di tutti gli atti, compresa l’intimazione di pagamento impugnata e la stessa sentenza di secondo grado.
Il motivo è, in primo luogo, formulato in termini del tutto generici ed in violazione, pertanto, del principio di specificità e autosufficienza richiesti dall’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c. sul quale, da ultimo, si è rilevato che il principio di autosufficienza di cui all’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. in caso di deduzione di errores in procedendo, impone la trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario, in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Sez. 3 – , Ordinanza n. 21346 del 30/07/2024).
E’ ben vero che, talora, il principio in questione è stato riletto in modo meno formalistico, attraverso una interpretazione adeguatrice alla luce della norme CEDU, come si evince da Sez. 1, sent. n. 12481 del 19/04/2022: il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., è compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati.
Tuttavia, da un lato, tale decisione ha comunque, in concreto, ritenuto inammissibile il motivo che censurava l’error in procedendo del giudice del merito, per non essere stato trascritto neanche in estratto il contenuto del verbale di udienza, individuato con la sola indicazione della data, né indicati i dati necessari per il suo reperimento nel fascicolo, oltre a non essere stato indicato se e quando fosse stata depositata una lista testimoniale sui capitoli di prova trascritti in ricorso.) Dall’altro, il rispetto di tale principio è stato anche successivamente ribadito dal S.C. quale onere che contempera il diritto di accesso al grado di legittimità della parte ed il razionale esplicarsi della nomofilachia di ultimo grado, così da non ammettere l’ordinamento indagini integrative da parte del giudice di legittimità, salvaguardando il rispetto delle forme un’esigenza non fine a se stessa, bensì connaturata e funzionale alla certezza del diritto ed all’ordinato esercizio della giurisdizione di ultimo grado (vds. ad esempio, Sez. 3, ord. n. 15058 del
29/05/2024; Sez. 2, ord. n. 12835 del 10/05/2024; Sez. 3, ord. n. 34395 del 11/12/2023; Sez. 1, ord. n. 33353 del 30/11/2023).
La stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha confermato la compatibilità del requisito della cd. autosufficienza del ricorso con il principio di cui all’art. 6, § 1, della CEDU, a norma del quale ‘Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (…) da un tribunale (…)’ -purché, secondo il criterio di proporzionalità, non si trasmodi in un ‘formalismo eccessivo’ anche alla luce della sua pregressa giurisprudenza in tema di ‘limitazioni del diritto di accesso a una giurisdizione superiore’, e in particolare alla Corte di cassazione, in ragione delle peculiarità del relativo procedimento (v. sentenze 5 aprile 2018, Zubac c. Croazia; 27 giugno 2017, Sturm c. Lussemburgo; 18 ottobre 2016, Miessen c. Belgio; 15 settembre 2016, COGNOME c. Italia; 2 giugno 2016, Papaioannou c. Grecia). Con la successiva sentenza 28 ottobre 2021 (COGNOME ed altri c. Italia) la Corte di Strasburgo ha concluso che le condizioni imposte per la redazione del ricorso per cassazione -e in particolare l’applicazione del principio di autosufficienza -perseguono uno scopo legittimo e, in particolare, quello di ‘agevolare la comprensione della causa e delle questioni sollevate nel ricorso e permettere alla Corte di Cassazione di decidere senza doversi basare su altri documenti, affinché quest’ultima possa mantenere il suo ruolo e la sua funzione, che consistono nel garantire in ultimo grado l’applicazione uniforme e l’interpretazione corretta del diritto interno (nomofilachia)’ e dunque, in ultima analisi, ‘la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia’ (vds. § 73 -75). La stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha così fornito una giustificazione di sistema del principio di autosufficienza, in quanto funzionale al ruolo che deve assolvere una corte suprema, affermando altresì che le condizioni di ammissibilità di un ricorso per cassazione
possono essere anche più rigorose di quelle di un appello (vds. § 79).
Anche ove volesse, peraltro, prescindersi dalla formulazione inammissibilmente generica del motivo -che, come detto, si sviluppa parte all’interno del primo mezzo e poi nel secondo contestando la legittimazione di funzionari e/o dirigenti dell’ufficio e la fonte del loro rapporto di lavoro con l’Agenzia dell’Entrate Riscossione, resta comunque l’ assoluta infondatezza del medesimo. In primo luogo, infatti, il mezzo non si confronta con la decisione impugnata. Quest’ultima ha infatti affermato che ‘il contribuente dubita della costituzionalità (per ritenuto contrasto con l’art. 97 Cost. nella parte in cui impone l’accesso tramite concorso ai pubblici uffici) del passaggio automatico di tutto il personale di Equitalia nella neo-costituita Agenzia delle Entrate Riscossione (ADER). La questione, peraltro, non rileva nel caso di specie poiché l’atto risulta notificato in data 28 ottobre 2016 mentre, ai sensi dell’art. 1 del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, lo scioglimento di Equitalia e il passaggio delle funzioni e del personale ha avuto decorrenza dal 1° luglio 2017’.
Si tratta di rilievi che non sono neppure messi in discussione, limitandosi il contribuente ad aggiungere -nella propria memoria scritta -che il mancato espletamento dei concorsi ha danneggiato moltissimi aspiranti dipendenti dell’amministrazione finanziaria , il che -a prescindere da ogni altra considerazione -non appare comunque correlato alla vicenda sostanziale e processuale oggetto del presente giudizio.
In definitiva, pertanto, il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna alle spese, secondo il principio di soccombenza, con liquidazione in dispositivo.
Occorre, infine, dare atto dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se ed in quanto dovuto per legge, a carico della parte ricorrente.
La Corte, rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, che liquida in euro 2.400,00, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. 115/2002, inserito della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura prevista per il ricorso, se ed in quanto dovuto per dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, dà atto legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione