LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dichiarazioni di terzi: valore probatorio nel Fisco

Una società di ristorazione contesta un accertamento fiscale basato su un maggior numero di bottiglie di vino consumate rispetto a quelle dichiarate. La Cassazione, confermando la decisione di merito, ha stabilito che le dichiarazioni di terzi (ex dipendenti) prodotte dalla società non costituiscono prova piena, ma solo indizi. In questo caso, sono state ritenute inattendibili e non sufficienti a superare la presunzione dell’Amministrazione finanziaria, perché prive dei requisiti di gravità e precisione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Dichiarazioni di terzi: Quale Valore Probatorio nel Processo Tributario?

Nel contenzioso tributario, una delle questioni più dibattute riguarda l’ammissibilità e l’efficacia delle dichiarazioni di terzi. Possono delle semplici dichiarazioni scritte, fornite da persone esterne alla controversia, essere sufficienti a contrastare le pretese del Fisco? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’analisi chiara dei limiti e delle condizioni entro cui tali elementi possono assumere rilevanza probatoria, fornendo indicazioni preziose per contribuenti e professionisti.

I Fatti del Caso: Il “Vinometro” e i Ricavi Contestati

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società di ristorazione. L’Amministrazione Finanziaria, a seguito di una verifica, aveva contestato la non coerenza della società rispetto agli studi di settore, in particolare per quanto riguarda la durata delle scorte e la velocità di rotazione dei tavoli.

Per rideterminare i ricavi, il Fisco aveva utilizzato un metodo induttivo basato sul cosiddetto “vinometro”, uno strumento matematico che mette in relazione il numero di bottiglie di vino acquistate con quelle effettivamente vendute. Era emersa una significativa discrepanza: a fronte di 6.180 bottiglie consumate, ne risultavano fatturate solo 4.592. Questa differenza aveva portato l’Agenzia a presumere maggiori ricavi per oltre 218.000 euro.

La Difesa Basata sulle Dichiarazioni di Terzi

Per giustificare l’ammanco di circa 1.500 bottiglie, la società contribuente ha presentato una serie di motivazioni, sostenendo che queste non erano state vendute ma utilizzate per altre finalità, tra cui:

* Bottiglie rotte accidentalmente.
* Bottiglie sostituite a clienti insoddisfatti o per errori nelle ordinazioni.
* Bottiglie utilizzate per assaggi, per la preparazione di cibi o consumate dal personale.
* Autoconsumo da parte delle famiglie dei soci.
* Bottiglie regalate a clienti e collaboratori.

A sostegno di queste affermazioni, la società ha prodotto in giudizio le dichiarazioni scritte di due ex dipendenti, un ex direttore di sala e un cuoco, che confermavano la veridicità di tali circostanze.

Il Percorso Giudiziario e il valore delle dichiarazioni

Il caso è passato attraverso i due gradi di giudizio di merito. La Commissione Tributaria Regionale (CTR), riformando parzialmente la decisione di primo grado, ha ritenuto le dichiarazioni di terzi inattendibili. I giudici d’appello hanno sottolineato che ammettere tali scritti come prova piena equivarrebbe a reintrodurre surrettiziamente la prova testimoniale, tradizionalmente esclusa dal processo tributario (prima delle recenti riforme). Inoltre, le dichiarazioni sono state giudicate prive di spontaneità e palesemente predisposte dalla società a fini difensivi.

Le Motivazioni della Suprema Corte: Indizi sì, Prova Piena no

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha rigettato il ricorso della società, confermando l’orientamento consolidato in materia. I giudici hanno chiarito un principio fondamentale: nel processo tributario, le dichiarazioni di terzi non sono assimilabili alla prova testimoniale, ma costituiscono un indizio.

Come tale, un indizio è ammissibile e può essere utilizzato sia dall’Amministrazione che dal contribuente. Tuttavia, affinché un indizio possa assurgere al rango di presunzione semplice, e quindi di prova piena, è necessario che soddisfi i requisiti di “gravità”, “precisione” e “concordanza” previsti dall’art. 2729 del Codice Civile.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la CTR avesse correttamente valutato l’intrinseca debolezza di tali dichiarazioni. I giudici di merito avevano evidenziato l’implausibilità di alcuni fatti (come 720 bottiglie destinate al consumo privato dei soci senza autofatturazione) e la mancanza di qualsiasi riscontro oggettivo. Le dichiarazioni apparivano come un mero strumento difensivo, prive di quella spontaneità e criticità che avrebbero potuto renderle attendibili. Pertanto, non possedevano la “gravità” e la “precisione” necessarie per contrastare la ricostruzione presuntiva operata dal Fisco.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

La decisione della Cassazione ribadisce un’importante lezione pratica: affidarsi esclusivamente a dichiarazioni di terzi, specialmente se provenienti da soggetti legati al contribuente come ex dipendenti, è una strategia difensiva rischiosa. Sebbene ammissibili come indizi, queste dichiarazioni devono essere supportate da ulteriori elementi di prova e devono apparire credibili, logiche e spontanee. Non basta produrre scritti conformi alla propria tesi difensiva; è necessario che questi superino un rigoroso vaglio di attendibilità da parte del giudice, che ne valuterà la valenza probatoria all’interno del quadro complessivo. In assenza di tali requisiti, la presunzione basata su dati oggettivi, come quella dell’accertamento induttivo, prevarrà.

Le dichiarazioni scritte di terzi sono ammesse come prova nel processo tributario?
Sì, sono ammesse, ma non come prova testimoniale piena. Hanno il valore di un indizio, ovvero un elemento che può contribuire a formare il convincimento del giudice ma che da solo non è sufficiente.

Cosa serve affinché una dichiarazione di un terzo possa essere considerata una prova valida dal giudice?
Perché un indizio, come una dichiarazione di un terzo, diventi una prova piena (presunzione semplice), deve essere valutato dal giudice come ‘grave’ (cioè dotato di un certo peso probatorio), ‘preciso’ (non generico o vago) e, se ci sono più indizi, ‘concordante’ con gli altri elementi raccolti.

Perché in questo caso le dichiarazioni degli ex dipendenti non sono state ritenute sufficienti?
La Corte ha ritenuto che le dichiarazioni fossero inattendibili perché mancavano di spontaneità e apparivano ‘palesemente predisposte dalla società’ per la propria difesa. Inoltre, contenevano affermazioni considerate implausibili (es. l’alto numero di bottiglie rotte o consumate privatamente) e non erano supportate da altri riscontri, rendendole insufficienti a superare la presunzione dell’accertamento fiscale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati