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Dichiarazioni di terzi: la loro validità nel processo

Un’azienda riceve un avviso di accertamento basato su operazioni ritenute inesistenti, provate tramite dichiarazioni di terzi. La Commissione Tributaria Regionale annulla l’atto, ritenendo tali dichiarazioni inutilizzabili. La Corte di Cassazione, invece, ribalta la decisione, affermando la piena validità probatoria delle dichiarazioni di terzi raccolte in fase amministrativa, sebbene non siano testimonianze formali. Il caso viene rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Dichiarazioni di Terzi: Piena Validità nel Processo Tributario

Nel contesto del diritto tributario, il valore probatorio delle dichiarazioni di terzi raccolte durante le verifiche fiscali è spesso oggetto di dibattito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che tali dichiarazioni, sebbene non equiparabili a una testimonianza formale, sono pienamente utilizzabili come prova nel processo, ribaltando una decisione di merito che le aveva considerate inammissibili.

I Fatti del Caso: Un Accertamento Fiscale Controverso

Una società in liquidazione si è vista recapitare un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria contestava maggiori imposte IRES, IRAP e IVA, oltre a sanzioni pecuniarie significative. L’accertamento si fondava su un processo verbale di constatazione (PVC) della Guardia di Finanza, il quale attestava l’inesistenza oggettiva di operazioni commerciali sottese a fatture emesse da un’altra società cooperativa.

Il contribuente ha impugnato l’atto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, che ha respinto i ricorsi. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR), in sede di appello, ha riformato la decisione di primo grado. La CTR ha ritenuto che le prove raccolte dall’Ufficio, basate principalmente su dichiarazioni di terzi, fossero meri indizi e non potessero essere utilizzati come prova piena, giungendo a riconoscere l’effettività delle operazioni contestate e la legittima detrazione dei costi.

Contro questa sentenza, l’Amministrazione Finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la CTR avesse erroneamente interpretato le norme sulla prova nel processo tributario.

L’Uso delle Dichiarazioni di Terzi nel Processo Tributario

Il nodo centrale della questione riguarda l’ammissibilità e il valore delle dichiarazioni di terzi acquisite in fase di indagine amministrativa. La CTR aveva affermato che, in base al divieto di prova testimoniale nel processo tributario (art. 7 del D.Lgs. 546/1992), tali dichiarazioni non potessero essere processualmente utilizzate.

La Corte di Cassazione ha completamente sconfessato questa interpretazione. Ha chiarito che il divieto di prova testimoniale si applica solo alla testimonianza assunta formalmente dal giudice nel corso del processo, con giuramento. Non riguarda, invece, le dichiarazioni raccolte dagli organi di verifica (come la Guardia di Finanza) in sede extraprocessuale. Queste ultime non sono testimonianze, ma ‘mere informazioni’ che entrano nel processo attraverso la documentazione prodotta dalle parti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha affermato che tali elementi informativi sono pienamente utilizzabili e devono essere valutati dal giudice. Anziché escluderle a priori, il giudice di merito ha il dovere di vagliarne il contenuto intrinseco e l’attendibilità. Queste dichiarazioni, pur avendo natura indiziaria, possono assumere il valore di presunzione grave, precisa e concordante (ex art. 2729 c.c.), idonea a fondare l’accertamento fiscale e a invertire l’onere della prova, spostandolo sul contribuente.

La Corte ha quindi accolto il ricorso principale dell’Amministrazione Finanziaria, censurando la CTR per aver ‘estromesso dal perimetro istruttorio’ le dichiarazioni, sanzionandole con un’ingiustificata inutilizzabilità.

Parallelamente, la Corte ha esaminato il ricorso incidentale del contribuente. Ha respinto il primo motivo, relativo alla presunta violazione del principio di inerenza dei costi, ritenendolo un tentativo di riesaminare il merito dei fatti, precluso in sede di legittimità. Ha invece accolto il secondo motivo, relativo all’omessa pronuncia sull’illegittimità della pretesa ai fini IRAP, constatando che la CTR non si era effettivamente espressa su tale specifica doglianza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale per il contenzioso tributario: le dichiarazioni di terzi raccolte in fase di verifica sono uno strumento probatorio legittimo e potente per l’Amministrazione Finanziaria. La decisione chiarisce che il divieto di testimonianza non può essere invocato per neutralizzare elementi informativi acquisiti legittimamente durante l’attività ispettiva. Di conseguenza, il contribuente che si trovi di fronte a un accertamento basato su tali dichiarazioni non può limitarsi a contestarne l’ammissibilità, ma deve fornire prove concrete e contrarie per dimostrare l’infondatezza delle contestazioni. La sentenza, cassando la decisione della CTR, ha rinviato la causa a un nuovo giudice di secondo grado, che dovrà riesaminare il caso tenendo conto della piena utilizzabilità delle prove inizialmente scartate.

Le dichiarazioni rese da terzi alla Guardia di Finanza sono utilizzabili in un processo tributario?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che sono pienamente utilizzabili. Non sono considerate una prova testimoniale (vietata nel processo tributario), ma ‘mere informazioni’ acquisite in fase amministrativa, che il giudice ha il dovere di valutare nel merito.

Qual è il valore probatorio di queste dichiarazioni di terzi?
Hanno valore di indizi. Tuttavia, per il loro contenuto intrinseco o per l’attendibilità dei riscontri, possono assumere il valore di una presunzione grave, precisa e concordante, sufficiente a fondare l’atto di accertamento e a spostare sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria.

Cosa succede se un giudice di merito omette di pronunciarsi su una specifica domanda, come quella relativa all’IRAP?
Si verifica un vizio di ‘omessa pronuncia’. In questo caso, la Corte di Cassazione accoglie il motivo di ricorso su questo punto, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al giudice di merito affinché si pronunci sulla questione che era stata tralasciata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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