Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17822 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17822 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5955/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente principale-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA SICILIA n. 4457/2019 depositata il 15/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 23.03.2009 l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Messina notificava alla società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2009 con cui, per l’anno d’imposta 2006 veniva ripresa a tassazione ai fini Ires, Iva ed Irap la somma pari ad euro 1.768.122,50.
Il predetto avviso di accertamento scaturiva da PVC redatto in data 13.11.2008 dalla Guardia di Finanza – Nucleo di Polizia di Tributaria di Messina, con cui venivano contestate fatture emesse dalla “RAGIONE_SOCIALE” (cessata) nei confronti della verificata, per gli anni d’imposta 2004, 2005 e 2006 e relative ad operazioni ritenute inesistenti.
Avverso l’avviso di accertamento la società ricorreva dinanzi alla CTP di Messina con due distinti ricorsi.
La CTP adita, con le sentenze n. 7/11/11 e 8/1/2011, definiva i giudizi rigettando entrambi i ricorsi.
Avverso tali pronunce, la società proponeva distinti ricorsi in appello dinanzi alla CTR della Sicilia Sez. Distaccata di Messina che, con sentenza n. 4457/2019/16 del 10/07/2019 depositata il 15/07/2019 non notificata, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva parzialmente e conseguentemente riformava le impugnate sentenze.
L’Agenzia delle Entrate propone ora ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
Resiste la contribuente con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi.
Resiste l’Ufficio con controricorso al ricorso incidentale condizionato e deposita memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per falsa applicazione degli artt. 7 e 36 del D.Lgs 546/1992, 36 D.lgs n. 546/1992, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4) cod. proc. civ.; nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., in combinato disposto con l’art. 21 D.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3) cod. proc. civ., per aver la CTR reso una pronuncia con omessa motivazione laddove ha erroneamente ritenuto inutilizzabili nel processo tributario le dichiarazioni rese da terzi e regolarmente acquisite nel corso del procedimento amministrativo, senza motivare alcunché in ordine all’asserzione secondo cui, ancorché utilizzabili in realtà come elementi indiziari, esse in concreto non assurgono a prova nella fattispecie. Per altro verso, la CTR ha -secondo la prospettazione erariale -invertito l’onere della prova in quanto le dichiarazioni del terzo e l’inesistenza della sede legale si elevano ad indizi di prova dell’inesistenza oggettiva delle operazioni fatturate sufficienti a ribaltare l’onere della prova, anche in virtù del principio della vicinanza alla prova, con l’ulteriore conseguenza che la CTR ha violato anche le disposizioni in materia di prova presuntiva.
Con il primo motivo di ricorso incidentale si adombra la violazione e falsa applicazione dell’art. 109, comma 5 del D.P.R. 917/1986, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c., per aver la CTR interpretato restrittivamente il concetto di inerenza e conseguentemente ritenuto l’indeducibilità dei costi contestati alla verificata.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale si lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1 n.4 cod. proc. civ., per aver la CTR omesso di pronunciarsi in ordine all’eccepita illegittimità della pretesa ai fini Irap, né ha provveduto a nuova quantificazione delle sanzioni.
Vanno preliminarmente disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso principale formulate dalla contribuente.
Il ricorso non impinge nella carenza di specificità che la ricorrente adombra a pg. 30 del proprio controricorso; l’odierno ricorso in via principale individua puntualmente l’alveo del ragionamento compiuto dal giudice di seconde cure in funzione delle proprie statuizioni, palesandosi irrilevante che l’Agenzia, nel dedurre la censura, abbia ritenuto di sintetizzare l’approdo argomentativo del giudice d’appello, anziché pedissequamente trascrivere lo stralcio della motivazione.
Il ricorso supera anche l’eccezione d’inammissibilità sollevata dalla contribuente a pg. 33, posto che la confluenza dei profili di censura in un’unica rubrica non è ostativa, nella specie alla loro distinta e completa illustrazione e comprensibilità. Il motivo consente di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne l’esame nei medesimi termini in cui lo si sarebbe potuto condurre qualora fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. n. 39169 del 2021; Cass. n. 26790 del 2018; Cass., Sez. Un., n. 9100 del 2015).
Non coglie nel segno nemmeno l’eccezione di inammissibilità delineata a pg. 36 del controricorso della contribuente, laddove stigmatizza come erronea l’indicazione del vizio ex art. 360, n. 4, c.p.c., in luogo del n. 3 della stessa norma. In linea di principio d’altronde, l’intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non impedisce, ove occorra, di riqualificarne la sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, c.p.c., né determina l’inammissibilità del mezzo, qualora dalla sua articolazione sia chiaramente individuabile il tipo di vizio prospettato (Cass. n. 759 del 2025; Cass. n. 26310 del 2017).
Il motivo unico di ricorso principale è fondato e va accolto.
La CTR ha affermato testualmente che ‘ Gli elementi utilizzati dalla GG.FF. per affermare tale inesistenza sono meramente indiziari perché basati su informazioni fornite da terzi ‘; ha soggiunto che ‘ i verbalizzanti e l’ufficio ‘ hanno considerato detti elementi quale
‘ vera e propria prova del fatto, avendo fondato l’intera attività di verifica, in ordine all’inesistenza delle operazioni contestate, sulle dichiarazioni unilateralmente rese da terzi’ ; ha affermato che ‘ in base al combinato disposto dell’art. 111, comma 2, Cost., e art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 546/92, le dichiarazioni acquisite in atti non possono essere processualmente utilizzate ‘; ha concluso traendo come ‘ necessaria conseguenza l’effettività delle operazioni contestate e la legittima detrazione dei costi come dalle fatture ricevute e registrate ‘.
In buona sostanza, la sentenza s’incentra su questo peculiare sillogismo: gli elementi adoperati dagli accertatori sono di valenza solo indiziaria e non hanno portata di prova piena; gli accertatori hanno valorizzato detti elementi in via esclusiva; detta valorizzazione esclusiva rende inutilizzabili gli elementi in parola.
In tal modo, tuttavia, il giudice, anziché vagliare il contenuto intrinseco delle dichiarazioni, le ha estromesse dal perimetro istruttorio, sanzionandole di inutilizzabilità e reputandole addirittura inservibili.
Così facendo, il giudice regionale si è posto in urto con il principio nomofilattico alla cui stregua ‘ Nel processo tributario, le dichiarazioni di terzi acquisite in fase di accertamento hanno normalmente valore indiziario, e pur tuttavia, per il loro contenuto intrinseco ovvero per l’attendibilità dei riscontri offerti, possono assumere valore di presunzione grave, precisa e concordante ex art. 2729 c.c. e, cioè, di prova presuntiva idonea a fondare e motivare l’atto di accertamento ‘ (Cass. n. 16711 del 2016). Nel processo tributario, d’altronde, il divieto di prova testimoniale posto dall’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992 , nel testo applicabile all’epoca dei fatti, non osta alla produzione sia da parte dell’Amministrazione finanziaria che, in ragione dei principi del giusto processo ex art. 111 Cost., del contribuente, di dichiarazioni rese da terzi in sede
extraprocessuale, le quali sono suscettibili di assumere valenza indiziaria sul piano probatorio (Cass. n. 29757 del 2018).
In altri termini, nonostante la formulazione frammista, il motivo unico su cui s’incentra il ricorso principale è fondato proprio con riferimento al profilo concernente la violazione dell’art. 7 d.lgs. 546 del 1992, ove si consideri il nitido e sedimentato quadro dei principi tracciati dalla giurisprudenza di legittimità (v. in particolare Cass. n. 2916 del 2013). Segnatamente, in tema di contenzioso tributario, le dichiarazioni di terzi raccolte dalla polizia tributaria ed inserite nel processo verbale di constatazione, benché non posseggano natura di testimonianza, si palesano alla stregua di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative, le quali, sono sfornite, ex se , di dirimente efficacia probatoria, ma non si pongono in contrasto con il citato comma 4 dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992 (v. Cass. n. 3526 del 2002). Quest’ultima disposizione, a tenore della quale nel processo tributario ” non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale “, è limitativa, in effetti, dei soli poteri delle commissioni tributarie (ora corti di giustizia tributaria) e non pure dei poteri degli organi amministrativi di verifica e vale, dunque, solo per la diretta assunzione, da parte del giudice tributario, nel contraddittorio delle parti, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, non anche in rapporto alle dichiarazioni dei terzi raccolte dai verificatori, quand’anche nell’ambito di un procedimento penale, e inserite anche per riassunto – o per “stralci” – nel PVC, avendo esse natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e palesandosi, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di prova (Cass. n. 4645 del 2020; Cass. n. 21812 del 2018; Cass. n. 20032 del 2011).
Il primo motivo di ricorso incidentale non coglie nel segno e va disatteso.
È stato svolto un esame di fatto sulla non inerenza dei costi concernenti carburante, essendo mancata l’indicazione degli automezzi correlati; analogo esame ha riguardato altre fatture personali e spese di rappresentanza, in quanto sprovviste di documentazione di supporto, idonea a segnalarne l’inerenza. Pertanto, la censura odierna traligna il perimetro del vizio denunciato, volgendosi alla sollecitazione di un nuovo sindacato sui medesimi aspetti già vagliati -nell’esercizio del proprio libero e riservato apprezzamento -dal giudice d’appello. In buona sostanza, si invoca una rivisitazione del merito della controversia, preclusa nella presente sede. Il motivo, del resto, s’incarica inammissibilmente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di appello (Cass., 1 giugno 2021, n. 15276). La doglianza è apertamente diretta, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, ad ottenere una rivalutazione -in questa sede chiaramente preclusa -dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass., 4 agosto 2017, n. 19547; Cass., 4 aprile2017, n. 8758; Cass., 2 agosto 2016, n. 16056; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., 4 marzo 2021, n. 5987). Eppure, è evidente che la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non possa rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione
fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30042).
La sentenza impugnata ha, in definitiva, motivato in parte qua secondo il prudente apprezzamento delle concrete circostanze acquisite al processo e nell’esercizio del potere giurisdizionale tipicamente attribuito al giudice del merito, che, come già detto, non è suscettibile di valutazione in sede di legittimità.
Il secondo motivo è fondato con riguardo all’Irap, in relazione alla quale manca effettivamente ogni statuizione; viceversa deve dichiararsi assorbito il profilo concernente l’omessa pronuncia sulle sanzioni. Dall’esame degli atti, ed in particolare dal contenuto della sentenza d’appello, emerge che il contribuente aveva espressamente dedotto la questione relativa all’Irap. Tuttavia, il giudice del gravame di merito, non si è affatto pronunciato sulla questione. Non costa, infatti, riferimento alcuno nella motivazione della sentenza impugnata, neppure implicito, tale da far ritenere che la questione sia stata esaminata e decisa punto si configura In ultima analisi, il ricorso principale va accolto in relazione al suo unico motivo; va del pari accolto, nei limiti sopra esposti -quindi con esclusivo riferimento all’Irap il secondo motivo del ricorso incidentale, respinto il primo motivo. La sentenza d’appello va, dunque, cassata e la causa rinviata per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Sicilia.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale in relazione al suo unico motivo; accoglie, altresì, nei limiti di cui in motivazione il secondo motivo del ricorso incidentale, respinto il primo motivo. Cassa la sentenza
d’appello e rinvia la causa rinviata per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Sicilia.
Così deciso in Roma, il 29/04/2025.