Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14651 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14651 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 36586/2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro-tempore ing. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE), con sede in Roma ed ivi elettivamente domiciliata al INDIRIZZO presso lo studio degli Avv.ti Prof. NOME COGNOME (pec: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO) e NOME COGNOME (pec: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO), dai quali è rappresentata e difesa in virtù di delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Comune di Caivano (C.F.: P_IVA; P.Iva: P_IVA), in persona della Commissione Straordinaria ex art. 143 D.Lgs 267/2000 con poteri della Giunta Comunale, nominata con Decreto del Presidente della Repubblica del 27.04.2018, elettivamente domiciliato in Roma alla
Avviso accertamento Tarsu -Superficie destinata a produzione dei rifiuti
Circonvallazione INDIRIZZO (presso Avv. NOME COGNOME) presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME del Foro di Lecce (C.F: CODICE_FISCALE; Pec: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO), dal quale è rappresentato e difeso per procura speciale allegata in calce al controricorso, giusta deliberazione della Commissione Straordinaria n. 13 del 31.01.2019 e determina n. 144 del 12.02.2019;
– controricorrente –
-avverso la sentenza 5127/19/2018 emessa dalla CTR Campania il 29/05/2018 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE impugnava un avviso di accertamento relativo a Tarsu/Tia per gli anni 2010, 2011, 2012 e 2013, con riferimento ad una superficie che, secondo l’assunto del Comune di Caivano, era destinata a normali rifiuti solidi urbani.
La CTP di Napoli rigettava il ricorso.
Sull’impugnazione della contribuente, la CTR della Campania rigettava il gravame, evidenziando che la dichiarazione Tarsu non risultava essere mai stata presentata, se non per la prima volta in data 17.2.2016, all’esito di numerosi incontri che la società (nata dalla scissione dalla RAGIONE_SOCIALE) aveva avuto con funzionari del Comune, nel corso dei quali erano state prese in considerazione tutte le specificità dell’intero terreno considerato.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di tre motivi. Il Comune di Caivano ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
Preliminarmente, destituita di fondamento è, all’evidenza, l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per essere la notifica inesistente, sollevata dal Comune.
Invero, va premesso che l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege , eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa (Cass., Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016).
Orbene, nel caso di specie, nessuna delle dette ipotesi tassative è configurabile, se solo si considera che il ricorso è stato notificato in proprio dal Prof. COGNOME ai sensi della legge n. 53/1994 e che lo stesso è stato notificato in data 12 dicembre 2018: a) al Comune di Caivano (NA), in persona del sindaco pro-tempore (ricorso ricevuto in data 17.12.2018); b) sia pure ad abundantiam , al Comune di Caivano (NA), in persona del sindaco pro-tempore e, per esso, alla dott.ssa NOME COGNOME funzionario delegato a rappresentare il Comune nei due gradi di merito (ricorso ricevuto in data 27/12/2018).
Inoltre, in data 11 dicembre 2018, il ricorso è stato altresì notificato, sempre a cura del Prof. COGNOME, a mezzo di posta elettronica certificata ai sensi dell’art. 3 -bis della legge n. 53/1994 agli indirizzi PEC risultanti dai pubblici elenchi.
1.1. Anche la velata eccezione di inammissibilità del controricorso, siccome
tardivo, sollevata dalla ricorrente con la memoria illustrativa è infondata. E’ vero, infatti, che, a fronte di un ricorso notificato in data 17.12.2018 e di un termine per il suo deposito che dunque scadeva il 6.1.2018 (ex art. 369, primo comma, c.p.c.), il termine ultimo entro cui il destinatario dello stesso avrebbe potuto ( recte , dovuto) notificare il controricorso sarebbe scaduto, ai sensi del primo comma dell’art. 370 c.p.c. (applicabile ratione temporis ), il 26.1.2019, laddove lo stesso risulta notificato solo in data 16-22.2.2019. Tuttavia, va considerata altresì la sospensione ope legis dei termini processuali dal 24.10.2018 al 31.7.2019 prevista dall’art. 6, comma 11, d.l. 23.10.2018, n. 119 (conv. con l. n. 136/2018).
Venendo al merito della controversia, con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2, 23 e 53 Cost., 1418 c.c. e 62 e 68, lett. e), d.lgs. 15.11.1993, n. 507, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che in materia tributaria non è possibile stipulare validi accordi tra contribuente ed ente impositore e che anche una definizione agevolata del contenzioso tributario presuppone un accertamento dell’Ufficio, nel caso di specie mancante.
2.1. Il motivo è infondato.
La ricorrente ha richiamato a fondamento della propria tesi la sentenza a Sezioni Unite n. 15063 del 25/10/2002, secondo cui <>.
Ora, anche a voler prescindere dal fatto che non si è, nel caso di specie, in presenza di una dichiarazione dei redditi, non è in questione -e, comunque, non viene dedotta né, tanto, meno provata -l’emendabilità della denuncia, bensì la circostanza che almeno fino al 2016 la contribuente (e, prima di lei, la società poi scissa) non aveva presentato la dichiarazione Tarsu e che, all’esito di diversi incontri tra un funzionario del Comune ed un rappresentante della società, era stata stabilita di comune accordo la superficie tassabile nella misura di mq. 1534.
A ben vedere, quindi, la dichiarazione presentata in data 17.2.2016, per quanto sia stata il frutto di incontri analitici con esponenti dell’ente territoriale, è immediatamente ed esclusivamente riconducibile alla società contribuente. Inoltre, pur essendo in astratto la stessa senz’altro emendabile in presenza di errori, non viene neppure indicato, come anticipato in precedenza, da quali essa sia inficiata.
In realtà, l’accordo in questione viene utilizzato dalla CTR come elemento di riscontro della fondatezza della pretesa impositiva con riferimento alla determinazione del dato fattuale che integra il presupposto impositivo (estensione superficiaria dell’are a detenuta).
3 . Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR ritenuto che la dichiarazione Tarsu del 2016 fosse il frutto di un accordo con il Comune, laddove si trattava semplicemente di una sua dichiarazione unilaterale.
3.1. Il motivo è inammissibile, in quanto, da un lato, non attinge la ratio decidendi della pronuncia impugnata e, dall’altro, per quanto esposto
nell’analisi del primo motivo, è irrilevante.
Del resto, la contribuente, in violazione del principio di specificità, ha omesso di trascrivere, almeno nei suoi passaggi maggiormente significativi, l”accordo’ nell’interpretazione del quale la CTR avrebbe violato la regola ermeneutica di cui all’art. 1 362 c.c.
In ogni caso, premesso che, ai sensi dell’art. 1324 c.c., le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale, l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione, oltre che per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., anche nell’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (fra le tante, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 14355 del 14/07/2016 e Cass., Sez. L, Sentenza n. 10745 del 04/04/2022). Orbene, la denuncia di un vizio motivazionale è preclusa nella presente sede, essendosi in presenza di una cd. doppia conforme, né la ricorrente ha dedotto che le decisioni adottate nei gradi di merito si fondavano su ragioni di fatto differenti.
Avuto riguardo al profilo della emendabilità della dichiarazione, la ricorrente, sempre in violazione del principio di autosufficienza, ha, infine, omesso di trascrivere le perizie giurate e la ‘documentazione’ che proverebbero lo smaltimento a suo carico dei rifiuti, nonché la natura di rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani degli stessi.
Senza tralasciare che, come evidenziato nell’analisi del primo motivo, la ratio decidendi non suppone una convenzione in senso proprio tra le parti (dunque, un accordo), ma la determinazione in contraddittorio dell’estensione superficiaria, vieppiù se si considera che, secondo la CTR, la consulenza di parte non è concludente (in quanto <>).
4. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 2697, 2712 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che essa, a mezzo di perizie giurate, aveva dimostrato che, con riferimento alla complessiva area di mq. 1534 in concreto utilizzata, solo mq 390 (destinati ad uffici, locale operai e servizi) erano tassabili, laddove mq. 1144 erano destinati all’attività produttiva che generava rifiuti speciali direttamente smaltiti e, come tali, non tassabili.
4.1. Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, la ricorrente ha richiamato nella rubrica norme, asseritamente violate, che non hanno alcuna rilevanza ai fini del decidere, non avendo la CTR ripartito erroneamente l’onere probatorio tra le parti, non disquisendosi di riproduzioni meccaniche non disconosciute e non essendo in gioco presunzioni.
In secondo luogo, la contribuente ha omesso, in violazione del principio di autosufficienza, di trascrivere, almeno nei loro passaggi rilevanti, le perizie giurate, onde porre questo Collegio nelle condizioni di scrutinare la fondatezza dei suoi assunti.
Senza tralasciare che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge ed implica pertanto un problema interpretativo di quest’ultima, laddove l’allegazione di un’erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa ed inerisce, pertanto, alla tipica valutazione del giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione.
A ben vedere, la ricorrente lamenta l’omesso esame di documenti (perizie, fatture, contratti di smaltimento con annessi formulari) che avrebbe, se del caso, dovuto denunciare sulla base dell’art. 360, primo comma, n. 5),
c.p.c., Tuttavia, essendosi, come si è visto nell’analizzare il precedente motivo, al cospetto di una cd. doppia conforme, una doglianza di tal fatta sarebbe stata preclusa.
In ogni caso, anche qualora fosse stato denunciato un vizio motivazionale (precluso, nella fattispecie, dalla circostanza che si è al cospetto di una cd. doppia conforme), si sarebbe dovuto tener presente che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Del resto, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e con riguardo alla norma, dettata dall’art. 62, comma terzo, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, secondo cui “nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali”, deve ritenersi che incombe all’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile. Infatti, pur operando anche nella materia in esame – per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale – il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, ex art. 70 del citato d.lgs. n. 507 del 1993) un onere di informazione, al
fine di ottenere l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4766 del 09/03/2004; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 775 del 14/01/2011, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 627 del 18/01/2012, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16235 del 31/07/2015, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 5377 del 04/04/2012).
A ben vedere, la ricorrente sollecita una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa nella presente sede.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita di essere accolto.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 4.500,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 23.1.2025.