Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29326 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29326 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19653/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO SICILIA n. 976/2024 depositata il 06/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La ricorrente impugnò avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Messina un avviso d’intimazione per il pagamento dell’imposta TARSUTIA per l’anno 2014 notificatole dal Comune di Messina. La società aveva ritenuto d’essere esentata dall’imposta in quanto produceva solo rifiuti speciali che smaltiva in proprio. Il primo giudice respinse il ricorso rilevando che, per ammissione della stessa ricorrente, la comunicazione d’esonero era stata presentata solamente il 3 marzo 2015, non avendo pertanto efficacia retroattiva per l’anno 2014.
La Commissione Tributaria Regionale di Messina, su appello della medesima ricorrente, con la sentenza indicata in epigrafe ha confermato la pronuncia di primo grado richiamandone la motivazione, che condivideva, e condannando, come in I grado, la ricorrent e alla rifusione delle spese del giudizio d’appello.
Ricorre per cassazione la contribuente con un unico motivo di censura, integrato con successiva memoria.
Resiste con controricorso il Comune di Messina chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque respinto per infondatezza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico complesso motivo di censura, la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c. della violazione e falsa applicazione:
delle norme del regolamento del Comune di Messina, con particolare riferimento agli artt. 18 e 57 della delibera n. 26/c del 8/9/2014;
-delle norme che prevedono l’esonero dall’imposta, e in particolare gli artt. 1, comma 641, della legge n. 147/2023, 19, 20 e 23 del
regolamento approvato con la citata delibera 26/c, 9 del regolamento comunale approvato con delibera n. 19/c del 17/5/2002, 21, comma 7, del d.lgs. n. 22/1997 e 1, comma 649, della legge 27/12/2013 n. 147.
Rileva la ricorrente sotto un primo profilo che, ai sensi dell’art. 18 suindicato, la dichiarazione va effettuata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio con conseguente efficacia per l’anno preced ente. Evidenzia poi, sotto ulteriore profilo, l’errata interpretazione dell’art. 57 della stessa delibera 26/c ove esonera il contribuente dal tributo, a prescindere dalla dichiarazione, ove dimostri di non aver continuato il possesso o la detenzione dei locali e delle aree ovvero se il tributo è stato assolto dal soggetto subentrante a seguito di dichiarazione o in sede di recupero d’ufficio, ribadendo di non essere comunque tenuta al tributo, atteso che i rifiuti prodotti dall’impresa avrebbero dovuto ritenersi ‘speciali’ e pertanto sottratti al normale circuito dei rifiuti solidi urbani. Rimarca altresì come l’art. 19 della medesima delibera escluda dalla destinazione del gettito TARI i costi sostenuti per lo smaltimento dei rifiuti speciali, evidenziando di avere ottenuto, in altro procedimento e dalla stessa Commissione Provinciale, oggi Corte di Giustizia di primo grado, una riduzione del dovuto in considerazione della relativa prova.
Il controricorrente resiste eccependo innanzi tutto l’inammissibilità del ricorso per carenza di autosufficienza ex art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. e comunque per avere riproposto questioni di merito non censurabili in sede di legittimità.
L’inammissibilità deriverebbe dal non avere indicato in ricorso l’immobile cui la tassa contestata si riferisce e neppure il contenuto della dichiarazione 3/3/2015 più volte richiamata e di cui sollecita una nuova valutazione. Evidenzia inoltre come sia inammissibile la censura ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. atteso che, come previsto dal comma 4 della medesima disposizione, la conferma della
decisione di primo grado per le stesse ragioni e inerente ai medesimi fatti impedirebbe di fondare il ricorso sullo specifico vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti.
Insiste inoltre nella mancanza di prova che per l’anno 2014 la contribuente sia stata esente dall’imposta, ribadendo che la dichiarazione ricevuta il 3/3/2015 (doc. 4), oltre a non essere stata formulata nelle modalità previste dalla legge, non ha effetto retroattivo, ai sensi dell’art. 57 del citato regolamento comunale e agli artt. 66 e 70 del d.lgs. 507/1993. Censura altresì che la contribuente non abbia neppure distinto quali aree produrrebbero soli rifiuti speciali e quali invece rifiuti solidi urbani, né provato lo smaltimento dei rifiuti speciali, evidenziando come quantomeno i locali commerciali sarebbero indubbiamente soggetti all’imposta.
L’eccezione d’inammissibilità va respinta.
Pur non essendo indicato specificamente l’immobile né trascritto il contenuto della dichiarazione, sono pacifici tra le parti sia l’individuazione dell’immobile sia, quanto alla dichiarazione, il suo contenuto e la data in cui fu inviata. Con essa la società portò a conoscenza delle autorità comunali delle circostanze che avrebbero dovuto esentarla dal pagamento dell’imposta.
Nel merito il motivo è infondato.
4.1 Non può infatti attribuirsi valore retroattivo alla dichiarazione suindicata atteso che le conseguenze dalla stessa evidenziate, anche ove formalmente corrette, non potrebbero avere tale efficacia.
4.2 La previsione del citato art. 18 del regolamento comunale, peraltro riferito all’IMU, impone infatti il termine del 30 giugno per la comunicazione delle ‘variazioni rilevanti’ ai fini della determinazione dell’imposta intervenute l’anno precedente, ma in nessun caso prevede che gli effetti eventualmente positivi di tale dichiarazione possano retroagire all’anno precedente. Nel caso specifico poi, è pacifico che nell’anno precedente non era avvenuta
alcuna variazione, atteso che, come evidenziato nella memoria ex art. 378 cpc di parte ricorrente, il contratto di smaltimento dei rifiuti speciali con RAGIONE_SOCIALE, sottoscritto il 1° settembre 2014, era in realtà sostitutivo di un precedente sottoscritto nel 2010. Anche quindi prescindendo dalla novità della questione e dalla tardività del deposito del documento, appare evidente come l’art. 18 del regolamento invocato non si attagli alla comunicazione suindicata. Un diverso argomentare renderebbe l’ esenzione retroattiva sine die. 4.3 È invece applicabile l’art. 57, commi 1 e 3, del regolamento n. 26/c (pag. 24 delibera 8/9/2014), specificamente riferito alla dichiarazione TARI, secondo cui e tra l’altro, le variazioni rilevanti per ottenere agevolazioni o riduzioni vanno dichiarate, su moduli appositamente predisposti, entro l’ultimo giorno del mese successivo alla data in cui si verificano. Ove, pertanto, si convenisse con l’argomentazione della ricorrente, la modifica non potrebbe che operare dalla data della dichiarazione.
Si insegna infatti che, in tema di TARI, le variazioni delle condizioni di applicabilità dell’imposta hanno effetto dal giorno successivo a quello in cui si è verificato il mutamento della situazione di fatto o di diritto, ove dichiarate entro i 60 giorni successivi, altrimenti decorrono dal giorno della dichiarazione, poiché, pur essendo consentito al contribuente di comunicare in ogni momento all’ente impositore la variazione, si esclude che la stessa possa esplicare efficacia retroattiva (Cass. Sez. V civ. n. 9051 del 30/3/2023).
4.4 Il motivo è altresì infondato anche sotto l’ulteriore profilo relativo alla prova delle aree che si pretendono esentate dall’imposta. Se infatti è in astratto del tutto condivisibile l’invocata esenzione, deve richiamarsi la giurisprudenza costante di questa Corte secondo cui la produzione di rifiuti esenti non comporta la totale detassazione dei locali quando questa si accompagna a quella di rifiuti assimilati, ma attribuisce un beneficio fiscale che dà luogo a una riduzione tariffaria (Cass. Sez. V n. 21146 del 29/7/2024). A tal fine, spetta al
contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che pertanto non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria (..), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70) un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (cfr. Cass. 21250/2019, 17622/2016, 18054/2016); per beneficiare dell’esclusione è necessario, dunque, che il contribuente dichiari la produzione dei rifiuti speciali nella denuncia originaria o di variazione (cfr. in termini Cass. n. 13768/2016 in motivazione) poiché, come si è detto, incombe sull’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, in quanto produttive di rifiuti speciali, possono beneficiare dell’esclusione dal computo della superficie complessiva imponibile ovvero della riduzione di tariffa (cfr Cass. Sez. V civ n. 8813 del 30/3/2021). Non risultando dagli atti che tale prova sia mai stata fornita, viene a mancare il fondamento stesso della censura prospettata.
Il ricorso va pertanto respinto perché infondato, e la ricorrente condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, si dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione, a favore del Comune controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 1. 486,00 per compensi e € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 30/10/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME