LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dichiarazione TARI: onere della prova e limiti appello

Una società produttrice di imballaggi in plastica ha impugnato un avviso di accertamento TARI, sostenendo che i propri rifiuti fossero speciali e che parte dei locali fosse inagibile. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, riaffermando che l’onere della prova per ottenere esenzioni o riduzioni spetta al contribuente, il quale deve presentare una specifica e tempestiva dichiarazione di variazione. La Corte ha inoltre stabilito che non è possibile sollevare per la prima volta in appello contestazioni sui criteri di assimilazione dei rifiuti adottati dal Comune, in quanto ciò costituisce un’eccezione nuova non ammissibile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Dichiarazione TARI: la Cassazione ribadisce l’onere della prova a carico del contribuente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti in materia di Tassa sui Rifiuti (TARI), soffermandosi su due aspetti cruciali per i contribuenti: il valore della dichiarazione TARI e i limiti alla possibilità di introdurre nuove contestazioni nel corso del giudizio di appello. La vicenda, che ha visto contrapposti un Comune e un’azienda produttrice di imballaggi in plastica, sottolinea l’importanza di una comunicazione tempestiva e precisa con l’ente impositore per poter beneficiare di eventuali riduzioni o esenzioni dal tributo.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento per la TARI relativa all’anno 2014, notificato da un Comune a un’azienda specializzata nella produzione di contenitori in plastica. L’azienda sosteneva di non essere tenuta al pagamento del tributo per due ragioni principali:
1. I rifiuti prodotti, a suo dire, erano ‘speciali’ e non assimilabili agli urbani, eccedendo i limiti quantitativi previsti per l’assimilazione.
2. Alcune ampie porzioni dei locali aziendali erano inagibili, in cattivo stato di manutenzione e non utilizzate, e quindi non idonee a produrre rifiuti.

La Commissione Tributaria Regionale, tuttavia, aveva respinto l’appello dell’azienda, confermando la legittimità dell’atto impositivo. Secondo i giudici di secondo grado, il Comune aveva correttamente assimilato i rifiuti prodotti dall’azienda a quelli urbani tramite un’apposita delibera e l’azienda non aveva fornito prova adeguata né della mancata fruizione del servizio pubblico né dell’inagibilità dei locali per l’anno d’imposta in contestazione.

L’importanza della Dichiarazione TARI e i motivi del ricorso

L’azienda ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge. In sintesi, la ricorrente ha ribadito che i suoi rifiuti, per quantità e tipologia (inclusi imballaggi terziari), non potevano essere assimilati a quelli urbani secondo la normativa nazionale e che il giudice d’appello non aveva considerato le prove relative all’inagibilità di parte dei locali, che erano peraltro a conoscenza del Comune a seguito di un sopralluogo.

Il fulcro della controversia si è quindi spostato sulla corretta interpretazione degli obblighi dichiarativi e sulla ripartizione dell’onere della prova tra contribuente ed ente locale.

La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato integralmente il ricorso dell’azienda, ritenendo i motivi infondati e, in parte, inammissibili.

Le Motivazioni

La decisione dei giudici di legittimità si fonda su principi consolidati in materia tributaria. In primo luogo, la Corte ha affrontato la questione delle contestazioni relative ai criteri di assimilazione dei rifiuti. I giudici hanno rilevato che questa specifica doglianza, basata su un presunto superamento dei limiti quantitativi, era stata introdotta per la prima volta solo nel giudizio di appello. Ciò costituisce una violazione del ‘divieto dei nova’ (art. 57, D.Lgs. 546/1992), che impedisce di sollevare nuove eccezioni ‘in senso stretto’ in secondo grado. La contestazione della legittimità di un atto generale come la delibera comunale è un’eccezione che doveva essere mossa fin dal ricorso introduttivo.

In secondo luogo, e questo è il punto di maggiore interesse pratico, la Corte ha ribadito il principio dell’ultrattività della dichiarazione TARI. La legge prevede che la dichiarazione presentata abbia effetto anche per gli anni successivi, a meno che non intervengano modificazioni che comportino un diverso ammontare del tributo. In tal caso, è onere del contribuente presentare una dichiarazione di variazione entro un termine stabilito.

Nel caso specifico, l’azienda non aveva presentato alcuna dichiarazione per l’anno 2014 per attestare né l’avvio a smaltimento autonomo dei rifiuti speciali, né la presunta inagibilità di parte delle superfici. La Corte ha chiarito che il difetto di dichiarazione non può essere sanato retroattivamente. La prova dell’esistenza dei presupposti per un’esenzione o una riduzione d’imposta deve essere fornita dal contribuente tramite l’apposito strumento dichiarativo. La semplice conoscenza ‘di fatto’ di una situazione da parte del Comune (ad esempio, tramite un sopralluogo) non è sufficiente a sostituire l’obbligo formale di dichiarazione.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale del diritto tributario: la collaborazione tra Fisco e contribuente si basa su obblighi formali precisi. Per i soggetti passivi della TARI, ciò significa che qualsiasi variazione nelle condizioni dei locali (come inagibilità, cessazione di utilizzo) o nella gestione dei rifiuti (come l’avvio a recupero di rifiuti speciali non assimilati) deve essere tempestivamente comunicata al Comune tramite una dichiarazione TARI di variazione. In assenza di tale adempimento, il contribuente non potrà far valere le proprie ragioni in un eventuale contenzioso, poiché l’onere di provare i fatti che giustificano un minor prelievo fiscale grava interamente su di lui.

Chi ha l’onere di provare che una superficie non produce rifiuti ai fini TARI?
L’onere della prova spetta al contribuente. Secondo la sentenza, per ottenere l’esenzione o la riduzione del tributo per superfici inagibili o non utilizzate, il contribuente deve presentare una specifica dichiarazione di variazione al Comune.

Una dichiarazione TARI presentata un anno vale anche per gli anni successivi?
Sì. La Corte ha ribadito il principio dell’ultrattività della dichiarazione, secondo cui essa ha effetto anche per gli anni successivi fino a quando non si verifichino modifiche che devono essere comunicate dal contribuente con una nuova dichiarazione.

È possibile contestare i criteri di una delibera comunale per la prima volta nel giudizio di appello?
No. La Corte ha stabilito che la contestazione dei criteri quantitativi di assimilazione dei rifiuti, contenuti in una delibera comunale, costituisce un’eccezione nuova che non può essere sollevata per la prima volta in appello, in quanto viola il divieto dei ‘nova’ processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati