Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14665 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14665 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27670/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore Ing. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; pec: CODICE_FISCALE), con sede in Roma ed ivi elettivamente domiciliata al INDIRIZZO presso lo studio degli Avv.ti Prof. NOME COGNOME (C.F.:CODICE_FISCALE; pec: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO) e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; pec: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO), dai quali è rappresentata e difesa in virtù di delega in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
COMUNE DI CAIVANO, in persona dei Commissari Straordinari, con sede legale presso la casa comunale in Caivano, alla INDIRIZZO (C.F.: P_IVA), rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al
Avviso accertamento Tari – Denuncia-dichiarazione contribuente
contro
ricorso, dall’Avv. NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE, che dichiara di voler ricevere le comunicazioni all’indirizzo p.e.c. EMAIL o al numero di fax NUMERO_TELEFONO;
– controricorrente –
-avverso la sentenza 1684/2019 emessa dalla CTR Campania il 19/02/2019 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE impugnava un avviso di accertamento relativo a Tari per l’anno 2014, con riferimento ad una superficie di mq. 1534 che, secondo l’assunto del Comune di Caivano, era destinata a normali rifiuti solidi urbani, laddove, secondo la contribuente, solo mq. 390 erano produttivi di rifiuti speciali assimilabili a quelli urbani e, quindi, da assoggettare all’imposta.
La CTP di Napoli rigettava il ricorso, rilevando che tra le parti era intercorso un accordo su un conteggio di superficie tassabile ai fini Tarsu pari a mq. 1534.
Sull’impugnazione della contribuente, la CTR della Campania rigettava il gravame, evidenziando che la liquidazione dell’imposta era stata effettuata sulla base della denuncia-dichiarazione della società, la quale ben avrebbe potuto ripresentare una nuova denuncia di variazione delle aree assoggettate a Tari, instaurando un contraddittorio tecnico con il Comune e provando la sussistenza di condizioni obiettive che impedivano la produzione di rifiuti.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di un unico motivo. Il Comune di Caivano ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 24 Cost.
e 19 d.lgs. 31.12.1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), c.p.c., per non aver la CTR considerato che aveva diritto di impugnare direttamente l’atto amministrativo basato su una sua dichiarazione errata, senza la necessità di pagare prima per poi chiedere il rimborso, previo invio di una nuova dichiarazione integrativa.
1.1. Il motivo è infondato, sebbene la sentenza impugnata, conforme al diritto quanto al dispositivo, debba essere, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 384 c.p.c., corretta quanto alla motivazione.
La ricorrente ha richiamato a fondamento della propria tesi la sentenza a Sezioni Unite n. 15063 del 25/10/2002, secondo cui <>. Ora, anche a voler prescindere dal fatto che non si è, nel caso di specie, in presenza di una dichiarazione dei redditi, non è in contestazione l’emendabilità della denuncia, bensì la circostanza che almeno fino al 2016
la contribuente non aveva presentato la dichiarazione Tarsu e che, all’esito di un contraddittorio tra il Comune e la società, era stata stabilita di comune accordo la superficie tassabile nella misura di mq. 1534.
Orbene, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e con riguardo alla norma, dettata dall’art. 62, comma terzo, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, secondo cui “nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali”, deve ritenersi che incombe all’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile. Infatti, pur operando anche nella materia in esame – per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale – il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, ex art. 70 del citato d.lgs. n. 507 del 1993) un onere di informazione, al fine di ottenere l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4766 del 09/03/2004; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 775 del 14/01/2011, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 627 del 18/01/2012, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16235 del 31/07/2015, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 5377 del 04/04/2012, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 21250 del 13/09/2017, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 2623 del 27/01/2023).
Ne consegue che la contribuente non poteva per la prima volta in sede giudiziale dedurre di produrre in una determinata area rifiuti speciali non assimilati a quelli urbani e di smaltirli autonomamente, vieppiù se si considera che, con dichiarazione presentata in data 17.2.2016 (cui non ha fatto seguito alcuna denuncia di variazione), aveva espressamente
comunicato che l’area da sottoporre a tassazione aveva una superficie di mq. 1534 (vale a dire, proprio quella posta alla base dell’avviso di liquidazione impugnato nella presente sede).
Invero, la TARSU è dovuta, a norma dell’art. 62 del d.lgs. n. 507 del 1993, per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte (a qualsiasi uso adibite), ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni e dei locali e delle aree che, per la loro natura o il particolare uso cui sono stabilmente destinate, o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità, non possono produrre rifiuti: tali esclusioni non sono, tuttavia, automatiche, perché ponendo la norma una presunzione iuris tantum di produttività, superabile solo dalla prova contraria del detentore dell’area, dispone altresì che le circostanze escludenti la produttività e la tassabilità siano dedotte “nella denuncia originaria” o in quella “di variazione”, e siano debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19469 del 15/09/2014; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 31460 del 03/12/2019). In quest’ottica, a titolo esem plificativo, in tema di TARSU, il carattere stagionale dell’uso dei locali, ai fini della riduzione della tariffa, deve essere allegato e documentato dal contribuente in sede di denuncia originaria o in variazione dei presupposti della tassa ed, in difetto, la relativa circostanza non può essere fatta valere nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 14037 del 23/05/2019; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 3798 del 16/02/2018, con riferimento all’onere per il contribuente d i indicare nella denuncia originaria o in quella di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità della stessa, in ragione della detenzione da parte di terzi, assolvendo poi in giudizio al relativo onere probatorio a proprio carico; cfr. altresì Cass., Sez. 5, Sentenza n. 3772 del 15/02/2013).
Del resto, è vero che, in tema di dichiarazioni fiscali, l’errore commesso dal contribuente può essere emendato quando ne possa derivare l’assoggettamento ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico, poiché le dichiarazioni
del contribuente non hanno natura di atto negoziale e dispositivo, ma recano una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 27332 del 22/10/2024). Ma è altrettanto vero che in nessun passaggio logico della sentenza impugnata si trova l’affermazione secondo cui la denuncia Tari presentata dalla contribuente non sarebbe emendabile. Ragion per cui la doglianza della odierna ricorrente non attinge la ratio decidendi .
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 3.000,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 23.1.2025.