Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18266 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18266 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21361/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliate in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che le rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 423/2022 depositata il 31/01/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Uditi difensori delle parti che hanno concluso come da rispettivi atti. Sentito il P.G. il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La C.T.R. del Lazio, con la sentenza n. 423/2022, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava l’impugnazione proposta dalle contribuenti NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME avverso il ruolo e due cartelle di pagamento relative all’imposta di successione dovuta dalle odierne ricorrenti nella qualità di coeredi di NOME COGNOME.
1.1. I giudici di appello osservavano che le contribuenti non avevano dimostrato che la dichiarazione integrativa di successione in data 4 dicembre 2014 avesse apportato modifiche sostanziali alla prima del 25 marzo 2014 cosicché si doveva ritenere che nessun provvedimento di ulteriore liquidazione spettasse all’Amministrazione finanziaria allorché si era limitata, attraverso le cartelle di pagamento impugnate, a chiedere il pagamento della somma complessivamente ed originariamente liquidata (peraltro ridot ta in favore delle contribuenti, in ragione dell’esercizio del proprio potere di autotutela), pur diminuita, correttamente, di quanto già pagato parzialmente ed unilateralmente dalle parti resistenti. Precisavano, infine, che qualsiasi altra doglianza rigu ardante l’avviso di liquidazione che costituiva il presupposto delle cartelle di pagamento oggetto di impugnazione era da ritenere tardiva poiché si sarebbe dovuta far valere con autonoma e tempestiva sua impugnazione.
Contro detta sentenza propongono ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrati con successiva memoria, le contribuenti.
L’Ufficio resiste con controricorso.
4. La Procura Generale ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso le ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 5. c.p.c., nullità della sentenza impugnata per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Deducono, in particolare, che la CTR aveva omesso di esaminare il fatto decisivo e discusso nel corso di causa secondo cui le eredi della de cuius , per il tramite della seconda denuncia di successione presentata, non si erano limitate a convertire in euro i valori dell’asse ereditario (inizialmente indicati in dollari) ma avevano, altresì, provveduto a variare i valori esposti nel Quadro B4 (‘Altri beni’), progressivi 01 e 02, in ragione della differenza tra il valore di inventario stimato (indicato nella prima denuncia di successione) e quello effettivo, nonché ad indicare l’esistenza di una detrazione d’imposta mancante nella prima denuncia di successione, dando, altresì, atto del versamento dell’imposta di successione francese in relazione ad un immobile ubicato in detto Stato.
Con il secondo motivo di ricorso deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c., nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 29 e 30 del Testo unico 31 ottobre 1990, n. 346. Censurano la sentenza impugnata per aver erroneamente interpretato le norme indicate nel senso di ritenere per un verso, che una dichiarazione di successione che indichi, ad integrazione e/o modificazione di quella precedentemente presentata, i corretti valori relativi ad alcuni cespiti esposti nella prima dichiarazione nonché una detrazione d’imposta mancante nella prima dichiarazione, non possa ritenersi, a tutti gli effetti di legge, una (ulteriore e nuova) dichiarazione di successione e, per altro verso, che l’Ufficio non era tenuto a liquidare l’impos ta di successione dovuta tenendo conto di tutte le dichiarazioni di successione presentate dall’erede, ivi comprese quelle integrative o modificative.
Con il terzo motivo di ricorso lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 4. c.p.c., nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 115 c.p.c.
Deducono che i giudici dell’appello non avevano considerato che l’affermazione dell’Ufficio di aver esercitato, nell’ambito dell’iscrizione a ruolo, non solo la potestà esattiva, ma anche quella di autotutela (in ragione delle detrazioni esposte nella seconda dichiarazione) valeva a rendere incontestato il fatto che l’imposta iscritta a ruolo, per un verso, non era la mera differenza fra il ‘liquidato’ (con la prima dichiarazione) e il ‘versato’ e, per altro verso, era la conseguenza della rideterminazione del dovuto sulla base della congiunta considerazione della prima e della seconda dichiarazione.
Con il quarto motivo di ricorso lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 3. c.p.c., nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 33 del Testo unico 31 ottobre 1990, n. 346, assumendo che i giudici territoriali avevano erroneamente ritenuto che l’esercizio del potere di autotutela dell’Ufficio costituisce semplice espressione dell’attenuazione della pretesa fiscale originariamente accertata e non, piuttosto, espressione della rinnovazione del potere già esercitato che, come tale doveva implicare l’emissione di un nuovo provvedimento di liquidazione dell’imposta.
Con il quinto motivo di ricorso deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 4. c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Assumono che i giudici di appello, erroneamente, non si erano pronunciati sulla specifica domanda di annullamento delle cartelle di pagamento impugnate siccome prive dell’indicazione dei presupposti di fatto e di diritto e dei criteri applicativi sui quali si fondava l’imposta di successione iscritta a ruolo, la quale non si limitava a corrispondere
alla differenza tra quanto inizialmente liquidato con l’atto di liquidazione e quanto versato dai coeredi medio tempore .
6. I primi quattro motivi, da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi, sono da ritenere fondati.
6.1. Osserva questo Collegio che, come prospettato dalle parti ricorrenti e come desumibile dalle complessive emergenze processuali (quali risultano dal ricorso ove è stato pure richiamato, ai fini della c.d. autosufficienza, il contenuto delle ‘due’ dichiarazioni di successione per cui è causa), deve ritenersi acclarato che la dichiarazione di successione in data 4 dicembre 2014 ha integrato e modificato l’iniziale denuncia di s uccessione precedentemente presentata in data 12 maggio 2014, provvedendo a correggere i valori relativi ad alcuni cespiti erroneamente esposti nella prima dichiarazione ed ad indicare una detrazione d’imposta mancante nella prima dichiarazione, sicchè la stessa va considerata ai fini che occupano, a tutti gli effetti di legge, una (nuova) dichiarazione di successione.
Da ciò discende che risulta erronea l’affermazione dei giudici di appello secondo cui «nessun provvedimento di ulteriore liquidazione spettasse all’AF » sul presupposto che l’Ufficio non avesse alcun obbligo di prendere in considerazione, ai fini della liquidazione dell’imposta di successione dovuta dagli eredi del de cuius , la seconda dichiarazione, apparendo evidente la violazione dell’art. 33 del Testo unico 31 ottobre 1990, n. 346.
Detta norma, rubricata ‘Liquidazione dell’imposta in base alla dichiarazione’, stabilisce, al comma 1 nel resto ratione temporis vigente che: « L’ufficio del registro liquida l’imposta in base alla dichiarazione della successione, anche se presentata dopo la scadenza del relativo termine ma prima che sia stato notificato l’accertamento d’ufficio, tenendo conto delle dichiarazioni integrative o modificative già presentate a norma dell’articolo 28, comma 6, e dell’articolo 31, comma 3, nonchè dei rimborsi fiscali di cui allo
stesso articolo 28, comma 6, erogati successivamente alla presentazione della dichiarazione di successione ».
Dal momento che parte contribuente, tramite la seconda dichiarazione, ha apportato sostanziali modifiche ai valori dell’asse ereditario, così come inizialmente risultanti dalla prima dichiarazione, mediante la variazione dei valori esposti nel Quadro B4 (‘Altri beni’), progressivi 01 e 02, in ragione della differenza tra il valore di inventario stimato (indicato nella prima dichiarazione) e quello effettivo, con conseguente diminuzione del valore totale di ‘Azioni, Titoli e altro’ (Quadro B2) e (ii) di ‘Altri beni’ (Quadro B4) e la dimostrazione dell’avvenuto assolvimento in Francia della relativa imposta di successione con riferimento ad un immobile ubicato in detto Stato, appare chiaro che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di appello i quali hanno finito per trascurare dati decisivi, la seconda dichiarazione imponeva, sulla scorta delle disposizioni normative sopra richiamate, l’adozione di un nuovo avviso, nel caso di specie non emesso.
Era, infatti, onere dell’Ufficio tenere conto di tutte le dichiarazioni di successione presentate dagli eredi, comprese quelle integrative e modificative, procedendo ad una nuova attività di liquidazione dell’imposta ed alla emissione di un nuovo avviso ch e tenesse conto dei nuovi elementi evidenziati dai contribuenti.
6.2. Gli atti impugnati ruolo n. 2015/004660 relativo all’imposta di successione dovuta dalle odierne ricorrenti (nella qualità di coeredi della Sig.ra NOME COGNOME, oggetto delle cartelle di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata alla Sig.ra NOME COGNOME in data 24.2.2016 e n. NUMERO_CARTA, notificata alla Sig.ra NOME COGNOME COGNOME in data 19.2.2016 scaturiscono dall’avviso n. 14/09990/002301, avviso notificato in data 20.4.2015 e, dunque, successivamente sia alla prima dichiarazione, sia alla seconda dichiarazione, (ma basato sulla prima dichiarazione) laddove, come sopra evidenziato, alla luce delle
disposizioni del T.U. sull’imposta di successione, era onere dell’ufficio procedere ad nuova liquidazione della complessiva imposta di successione dovuta, non rispondendo al vero, giova ribadire, quanto asserito dai giudici di appello in ordine al fatto che trattavasi di dichiarazione puramente emendativa, con conseguente illegittimità dell’azione riscossiva intrapresa basata su un atto impositivo fondato su una dichiarazione di successione non più efficace ed operante.
In conclusione, stante la fondatezza dei suddetti motivi, assorbito il quinto, la sentenza impugnata va cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa va decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso originario.
Appare opportuna la compensazione delle spese processuali delle fasi di merito mentre le spese del presente giudizio di legittimità, da liquidare come in dispositivo, vanno poste a carico dell’ufficio.
P.Q.M.
Accoglie i primi quattro motivi di ricorso, assorbito il quinto. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso originario. Dichiara compensate le spese delle fasi di merito e condanna parte controricorrente al pagamento, in favore delle ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in euro 5.000,00 oltre ad euro 200,00 per esborsi ed oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data