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Dichiarazione omessa: avviso bonario non obbligatorio

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di dichiarazione omessa perché presentata con oltre 90 giorni di ritardo, l’Amministrazione Finanziaria può legittimamente emettere una cartella di pagamento per recuperare un credito d’imposta indebitamente riportato, senza la necessità di un preventivo avviso bonario o di un contraddittorio con il contribuente. La Corte ha chiarito che il controllo automatizzato in questi casi è di natura puramente documentale e non presenta le ‘incertezze’ che richiederebbero un dialogo preventivo. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Dichiarazione Omessa: la Cartella Arriva Senza Avviso Bonario

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per ogni contribuente: le conseguenze della presentazione tardiva della dichiarazione dei redditi. Nello specifico, la Corte ha chiarito che quando si verifica una dichiarazione omessa, l’Amministrazione Finanziaria non è tenuta a inviare un avviso bonario prima di notificare la cartella di pagamento. Questa decisione sottolinea la rigidità delle scadenze fiscali e le implicazioni procedurali che ne derivano.

I fatti del caso

Una società immobiliare in liquidazione si è vista recapitare una cartella di pagamento con cui l’Agenzia delle Entrate disconosceva un credito d’imposta riportato nella dichiarazione relativa all’anno 2010. Il motivo del disconoscimento era semplice: la dichiarazione da cui quel credito originava era stata presentata con un ritardo superiore a 90 giorni rispetto alla scadenza, venendo così considerata a tutti gli effetti come omessa.

La società ha impugnato la cartella, ottenendo ragione sia in primo grado presso la Commissione Tributaria Provinciale, sia in appello presso la Commissione Tributaria Regionale. Entrambi i giudici di merito avevano ritenuto illegittima la procedura seguita dal Fisco, sostenendo che avrebbe dovuto instaurare un contraddittorio preventivo con il contribuente prima di emettere l’atto di riscossione.

La decisione della Corte sulla dichiarazione omessa

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, e la Suprema Corte ha ribaltato completamente il verdetto. Accogliendo i motivi del Fisco, i giudici hanno cassato la sentenza d’appello e rinviato la causa a un’altra sezione della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado.

Il principio affermato è netto: la notifica della cartella di pagamento, emessa a seguito di un controllo automatizzato, è legittima anche se non preceduta da un ‘avviso bonario’ quando il presupposto del recupero è una dichiarazione omessa. In tale scenario, non sussistono quelle ‘incertezze su aspetti rilevanti’ che, secondo lo Statuto del Contribuente, impongono un dialogo preventivo.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su una chiara distinzione della natura dei controlli fiscali. La procedura seguita dall’Agenzia delle Entrate nel caso di specie rientra nei cosiddetti ‘controlli automatizzati’ (ex art. 36-bis D.P.R. 600/1973). Si tratta di verifiche formali e documentali, basate sul mero raffronto dei dati dichiarati con quelli in possesso dell’anagrafe tributaria.

Il contraddittorio preventivo, invece, è obbligatorio solo quando emergono ‘incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione’. Tuttavia, secondo la Corte, una dichiarazione presentata oltre 90 giorni non genera incertezze interpretative: è semplicemente ‘omessa’ per legge. Di conseguenza, l’Amministrazione non ha l’obbligo di avviare un dialogo, ma può procedere direttamente con l’iscrizione a ruolo e la notifica della cartella. La tardività della presentazione è un fatto oggettivo che non richiede alcuna valutazione discrezionale.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che in un simile contesto, l’onere della prova si inverte. Non è più il Fisco a dover dimostrare l’inesistenza del credito, ma spetta al contribuente, in sede di contenzioso, provare l’effettiva spettanza del credito d’imposta che intende far valere, nonostante l’omissione dichiarativa.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il rispetto delle scadenze fiscali non è un mero adempimento formale, ma un presupposto essenziale per la validità della dichiarazione stessa. Superare il limite di 90 giorni di ritardo comporta la conseguenza drastica di considerare la dichiarazione come mai presentata. Ciò autorizza il Fisco a procedere in via accelerata con la riscossione, senza obblighi di comunicazione preventiva. Per i contribuenti, la lezione è chiara: la tempestività è un requisito imprescindibile per poter esercitare i propri diritti, inclusa la detrazione di crediti d’imposta.

Quando una dichiarazione dei redditi si considera omessa?
Una dichiarazione si considera omessa quando è presentata con un ritardo superiore a 90 giorni rispetto al termine di scadenza previsto dalla legge.

L’Agenzia delle Entrate deve sempre inviare un “avviso bonario” prima della cartella di pagamento?
No. Secondo la Corte, in caso di dichiarazione omessa, l’invio dell’avviso bonario non è obbligatorio, poiché il controllo è puramente documentale e non vi sono incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione che richiedano un contraddittorio preventivo.

In caso di dichiarazione omessa, chi deve provare l’esistenza di un credito d’imposta?
L’onere della prova grava sul contribuente. Nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, è il contribuente a dover dimostrare di avere effettivamente diritto al credito, nonostante la dichiarazione sia stata considerata omessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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