Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29707 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29707 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/11/2025
Oggetto :
IRES 2012, 2013,
2014 e 2015 – Agevolazione
COGNOME
RAGIONE_SOCIALE
–
Dichiarazione
integrativa –
Decadenza
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26585/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al ricorso, dall’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione regionale tributaria del Piemonte, n. 435/03/2022, depositata in data 23 marzo 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 ottobre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. La società RAGIONE_SOCIALE presentava dichiarazioni integrative a favore per l’anno 2012, il 28 dicembre 2017, e, per gli anni 2013, 2014 e 2015, il 18 novembre 2018, esponendo una ‘perdita di impresa’ per oltre sei milioni di euro, asseritamente generatasi nell’anno 201 2 , ai sensi dell’art. 6, commi 13 -19 l. 388/2000, per effetto della realizzazione di un impianto idroelettrico, in relazione al quale aveva usufruito dell’incentivo erogato dal GSE . Contestualmente aveva compilato il quadro RX avanzando, quindi, istanza di rimborso dell’IRES pag ata in eccedenza.
Deduceva di non aver beneficiato dell’agevolazione prevista dall’art. 6, commi 13 e ss., della legge 388/2000 , stante la situazione di incertezza circa la cumulabilità della detta agevolazione con l ‘incentivo erogato dal RAGIONE_SOCIALE ; solo con l ‘art. 26, comma 3, d.lgs. n. 28/2011 il dubbio era stato sciolto in favore della cumulabilità.
La contribuente impugnava, con distinti ricorsi, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino il silenzio-rifiuto formatosi una volta elasso il termine di 90 giorni dalle istanze.
L’Ufficio si costituiva eccependo, preliminarmente, la non cumulabilità tra i due benefici e l’insussistenza del diritto all’agevolazione sia per essere la società istante una impresa di scopo sia per essere le dichiarazioni integrative state presentate dopo l’abrogazione della RAGIONE_SOCIALE.
La CTP, dopo aver rigettato le eccezioni preliminari relative alla non cumulabilità dei benefici ed alla non spettanza della detassazione per le cd. imprese di scopo, rigettava i ricorsi per l’intervenuta abrogazione dell’art. 6, commi 13 -19, l. 388/2000, e per il mancato assolvimento dell’onere della prova dell’investimento eseguito.
La società proponeva appello (principale) avverso la decisione dei giudici di primo grado deducendo la libera emendabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni e l’applicabilità della disciplina dettata dalla
RAGIONE_SOCIALE atteso che entro il 26 giugno 2012 la realizzazione dell’impianto era stata avviata.
L’Ufficio si costituiva e spiegava appello incidentale volto alla riforma della sentenza di primo grado nella parte a sé sfavorevole, ovvero nella ritenuta cumulabilità dei benefici e nella affermata applicabilità della RAGIONE_SOCIALE alle cd. imprese di scopo.
La Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello principale (e dichiarava assorbito il gravame incidentale dell’Ufficio) , ritenendo che, essendo stata abrogata l’agevolazione fiscale connessa agli investimenti ambientali, la società non aveva avviato il procedimento al 26 giugno 2012 (termine di legge, fissato dalla norma di cui all’art. 23, comma 11, del D .l. 22.6.2012, n. 83), non avendo a quella data realizzato l’investimento; inoltre, riteneva tardive le dichiarazioni integrative presentate dalla contribuente a distanza di anni dal 2012.
Contro la decisione della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente, affidato a due motivi. L ‘Ufficio resiste con controricorso.
È stata fissata l’adunanza camerale per il 10 ottobre 2025.
La ricorrente ha depositato, in data 29 settembre 2025, memoria ex art. 380bis1. cod. proc. civ..
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso la società deduce la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 commi da 13 a 19 della legge 23 dicembre 2000 nr. 388 in combinato disposto con gli artt. 23 comma 11 del D.L. 22 giungo 2012 nr. 83 ed art. 8 del Regolamento CE 06 agosto 2008 nr. 800, in combinato disposto con la definizione di allaccio alla rete di cui all’art. 2, comma 1, lett. G D.M. 19/02/2007 e art. 2424 comma 1, lett B n. II, c.c. in relazione all’art. 360, comma I, n. 3 C.p.c.».
Sostiene che, alla data di abrogazione della normativa agevolativa, la stessa non era decaduta dalla facoltà di richiedere l’agevolazione, perché la nozione di ‘avvio del procedimento’ si
identifica con la realizzazione dell’investimento non già con il momento, giocoforza successivo, dell ‘entrata in esercizio dello stesso.
Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente deduce la « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 8 bis, del DPR 322/1998, in relazione all ‘art. 1429 c.c. con particolare riferimento alla possibilità in capo alla contribuente di emendare la propria dichiarazione dei redditi in virtù del principio della generale ed illimitata emendabilità della dichiarazione dei redditi, in relazione all’art. 360 comma 1) Nr. 3, C.p.c. ».
Per ragioni logiche e sistematiche va esaminato prioritariamente il secondo motivo di ricorso, perché, se si dovesse confermare che la contribuente era decaduta dalla facoltà di emendare le proprie dichiarazioni dei redditi, verrebbe meno l’interesse a valutare la fondatezza (o meno) RAGIONE_SOCIALE sue richieste di agevolazione (e, quindi, a prendere in esame la prima censura).
Con la seconda doglianza prima riportata la società ricorrente contesta la decisione assunta dalla CTR per aver ritenuto tardive le dichiarazioni integrative, presentante nel 2017 e 2018, con riferimento agli anni, rispettivamente, 2012, e dal 2013 al 2015, potendo essere presentate già a partire dal 2012, essendo stata chiarita la questione della cumulabilità tra i benefici di cui alla RAGIONE_SOCIALE e i cc.dd. certificati verdi con l’art. 26, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011.
Il motivo si sviluppa lungo tre linee argomentative:
-in primo luogo, la ricorrente, dopo aver ricordato il principio della generale ed illimitata emendabilità della dichiarazione dei redditi, ricorda che la legge n. 388/2000 non richiede l’esercizio di una opzione, né tantomeno indica tempi e modi per beneficiare dell’agevolazione ivi prevista;
-in secondo luogo, ricorda che in un primo momento non aveva richiesto l’agevolazione prevista dalla legge COGNOME ambientale,
perché vi era incertezza normativa circa la sua cumulabilità con altre agevolazioni richieste; effettivamente con il d.l. 28/2011 il dubbio sull’ an era stato chiarito in senso favorevole ai contribuenti, ma permaneva l’incertezza sul quantum ; di qui, la possibilità di rettificare l’errore consistente nel non aver richiesto immediatamente il beneficio in esame;
-infine, deduce l’applicabilità, nella specie, dell’art. 2 co. 8 d.P.R. n. 322/1998, nella formulazione come modificata dal d.l. 193/2016, e dei maggiori termini ivi previsti.
Il motivo è infondato.
4.1. Occorre in via preliminare riepilogare il quadro normativo di riferimento.
L’art. 6 della l. n. 388/2000 prevede, al comma 13, che la quota di reddito RAGIONE_SOCIALE piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali, come definiti al comma 15, non concorre a formare il reddito imponibile ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sul reddito. Il com ma 15 prevede che ‘Per investimento ambientale si intende il costo di acquisto RAGIONE_SOCIALE immobilizzazioni materiali di cui all’articolo 2424, primo comma, lettera B), n. II, del codice civile, necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni causati all’RAGIONE_SOCIALE. Sono in ogni caso esclusi gli investimenti realizzati in attuazione di obblighi di legge. Gli investimenti ambientali vanno calcolati con l’approccio incrementale’. L’art. 23, comma 7 del d.l. n. 83/2012, conv. in l. n 134/2012, prevede che ‘Dalla da ta di entrata in vigore del presente decreto-legge sono abrogate le disposizioni di legge indicate dall’allegato 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 11 del presente articolo’. Al n. 37 dell’allegato 1 è indicato l’art. 6, comm i da 13 a 19, della l. n. 388/2000, concessivo dell’agevolazione in esame. Ancora, il comma 11 dell’art. 23 citato prevede che ‘I procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del presente decreto-legge sono disciplinati, ai fini della concessione e dell’erogazione RAGIONE_SOCIALE agevolazioni e comunque fino alla loro
definizione, dalle disposizioni RAGIONE_SOCIALE leggi di cui all’Allegato 1 e dalle norme di semplificazione recate dal presente decreto legge’.
4.2. Circa la modalità per ottenere l’agevolazione la normativa prevede la possibilità, per il contribuente, di presentare dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2, comma 8, d.P.R. n. 322/1998 ( non oltre il termine di esercizio dell’attività accertatrice; il successivo comma 8bis consentiva di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che avessero determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da depositare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo) o istanza di rimborso.
4.2.1. Sotto il primo profilo, va evidenziato che l’art. 2, comma 8, del Dpr 22 luglio 1998 n. 322 consente di integrare le dichiarazioni annuali, al fine di correggere errori ed omissioni, mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice.
Il successivo comma 8 bis consentiva, inoltre, nella versione vigente ratione temporis , di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che avessero determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.
In merito alla portata applicativa della norma, questa Corte regolatrice ha chiarito (cfr. Cass. S.U., 30.6.2016, n. 13378) come in tema di imposte dirette il principio di generale emendabilità della dichiarazione sia riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 ss. cod. civ. (cfr., tra le altre, Cass., 30/09/2015, n. 19410).
In questa prospettiva è stato affermato che le denunce dei redditi costituiscano di norma RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.
La giurisprudenza di questa Corte non ha, peraltro, mancato di precisare che, in tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è comunque emendabile, anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’art. 2, comma 8 bis , del d.P.R. 22 luglio 1998 n. 322 sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del D.L.vo 9 luglio 1997 n. 241, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica (cfr., tra le altre, Cass. sez. V, 13.1.2016, n. 373). Deve, pertanto, riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato (v. Cass. sez. V, 28.11.2018, n. 30796).
Può, quindi, confermarsi l’emendabilità, in generale, di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’Amministrazione tributaria, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione; tanto deve affermarsi per l’impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.), e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.).
Il contribuente può, pertanto, contestare, anche emendando le dichiarazioni da lui presentate all’Amministrazione finanziaria, l’atto
impositivo o esattivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico.
4.2.2. Sotto il secondo aspetto, l ‘art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973 autorizza la presentazione dell’istanza di rimborso, oltre che in caso di errore materiale, in quello di «inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento», con disposizione che, secondo una consolidata giurisprudenza di questa Corte, opera in maniera indifferenziata in tutte le ipotesi di ripetibilità del versamento indebito, a prescindere dalla riferibilità dell’errore al versamento, all’ an o al quantum del tributo (Cass. 17/04/2019, n. 10693; Cass. 07/08/2015, n. 16617; Cass. 06/03/2015, n. 4578; Cass. 16/11/2011, n. 24058; Cass. 22/05/2006, n. 11987). In particolare, Cass. n. 10693/2019 ha riconosciuto la ripetibilità dell’importo versato anche nel caso in cui il versamento oggetto del rimborso domandato era conseguente ad un comportamento volontario del contribuente, di mancata esposizione RAGIONE_SOCIALE perdite in dichiarazione.
Anche la fattispecie in cui l’istante chiede il rimborso per l’inesistenza fin dall’origine dell’obbligo fiscale ricade poi nel raggio di applicazione dell’art. 38, primo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973 (Cass. 27/03/2019, n. 8516).
L ‘istanza di rimborso non è preclusa dall’omessa presentazione della dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2, comma 8 -bis, d.P.R. n. 322 del 1998, non sussistendo alcuna interferenza tra l’autonoma facoltà di emendare gli errori mediante dichiarazione integrativa e la presentazione dell’istanza stessa, operando la prima nell’ambito dell’accertamento del debito tributario e la seconda nell’ambito del procedimento di riscossione. Tale impostazione è ampiamente condivisa da questa Corte, la quale, in linea con i principi espressi dalle Sezioni Unite nella sentenza 07/06/2016, n. 13378, ha, anche di recente, ribadito che l’emenda o la ritrattazione contenuta nella dichiarazione integrativa (d.P.R. n. 322 del 1988, ex art. 2, comma 8-bis), che si salda con l’originaria dichiarazione presentata, da un lato, e l’istanza di rimborso (d.P.R. n. 602 del
1973, ex art. 38), da proporre entro 48 mesi, nel caso d’inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, dall’altro, operano su piani diversi del rapporto d’imposta tra Amministrazione finanziaria e contribuente e costituiscono due opzioni concorrenti e non alternative, che l’ordinamento tributario offre all’interessato, a seconda che egli si attivi nel campo applicativo dell’accertamento fiscale (la dichiarazione integrativa) o nel diverso ambito della riscossione dei tributi (l’istanza di rimborso) (così Cass. 16/07/2019, n. 19002, in tema di Irap; nello stesso senso si vedano anche Cass. 15/03/2019, n. 7389, in tema di Ires; Cass. 30/10/2018, n. 27583; Cass. 11/05/2018, n. 11507).
4.3. Occorre, al riguardo, evidenziare che l’agevolazione in esame è fruibile attraverso il meccanismo della variazione in diminuzione dell’imponibile da operare nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stato realizzato l’investimento e non occorre un’istanza rivolta all’amministrazione finanziaria; non esiste quindi un procedimento attivabile dal contribuente e al termine del quale sia previsto un provvedimento dell’amministrazione, il cui controllo sul diritto alla deduzione è da esplicare mediante gli strumenti ordinari dell’avviso di accertamento o della cartella di pagamento (Cass. 20/4/2023, n. 10737; Cass. 18/07/2023, n. 21034).
Proprio con riferimento alla mancanza di una necessaria manifestazione di volontà nella fruizione dell’agevolazione in esame questa Corte ritiene che il contribuente possa in ogni tempo emendare la dichiarazione opponendosi alla cartella di pagamento emess a dall’amministrazione in sede contenziosa così come proporre istanza di rimborso ai sensi e nei termini dell’art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973 (Cass. 20/12/2021, n. 40862; Cass. 16/02/2022, n. 5058; Cass. 13/04/2022, n. 12018; Cass. 7/07/2022, n. 21526; Cass. 19/07/2022, n. 22589; Cass. 1/09/2022, n. 25731; Cass. 15/11/2022, n. 33660; Cass. 25/11/2022, n. 34712). In tale direzione, anche la risoluzione resa dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il 20 luglio 2016 n. 58/E si è espressa in senso favorevole alla possibilità
di beneficiare ‘ora per allora’ dell’agevolazione c.d. ‘COGNOME ambientale’ mediante dichiarazione dei redditi integrativa ex art. 2, comma 8bis, d.P.R. n. 322 del 1988, chiarendo quanto segue: ‘Con riguardo, infine, alla possibilità di beneficiare dell’agevolazione in un periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’investimento ambientale, conformemente a quanto chiarito con la risoluzione n. 132/E del 20 dicembre 2010 in relazione alla già citata agevolazione “COGNOME-ter”, si è ritenuto che la mancata indicazione della deduzione per fruire della detassazione ambientale entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria non sia di ostacolo alla possibilità di avvalersi di tale deduzione in sede di dichiarazione dei redditi integrativa ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8- bis. Decorsi i termini per la presentazione della dichiarazione a favore di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, è altresì possibile recuperare l’agevolazione presentando un’istanza di rimborso, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38′. Coerentemente, la stessa circolare ha riconosciuto che: ‘La disposizione agevolativa è stata abrogata a decorrere dal 26 giugno 2012, con decreto-legge del 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. Conseguentemente, possono beneficiare dell’agevolazione in esame gli investimenti ambientali realizzati entro la data del 25 giugno 2012’, dando rilevanza alla data di realizzazione dell’invest imento (cfr. Cass. 22712/2023, n. 35919).
4.4. Tanto premesso, con precipuo riferimento al diritto ad usufruire, in via cumulativa, dei benefici di cui all’art. 6 legge n. 388 del 2000 (c.d. «COGNOME RAGIONE_SOCIALE») e dei c.d. «certificati verdi» di cui all’art. 2, commi da 143 a 154, legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) valgono le considerazioni che seguono.
Recentemente questa Corte (Cass. 08/06/2023, n. 16351; conf. Cass. 20/07/2023, n. 21593) ha chiarito che l’art. 6 legge n. 388 del 2000 (c.d. COGNOME RAGIONE_SOCIALE) prevedeva che, a decorrere dall’esercizio in corso al 1° gennaio 2001, la quota di reddito RAGIONE_SOCIALE
piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali non concorresse a formare il reddito imponibile ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi (la disposizione agevolativa è stata abrogata a decorrere dal 26 giugno 2012, con d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. Conseguentemente, è stato possibile beneficiare di tale agevolazione, con riferimento agli investimenti ambientali realizzati entro la data del 25 giugno 2012). La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non recava alcuna specifica disposizione in ordine alla possibilità di cumulare l’agevolazione fiscale con altre misure agevolative, ivi inclusi i certificati verdi.
Ne consegue (come chiarito dall’RAGIONE_SOCIALE con la Risoluzione n. 58/E del 20 luglio 2016) che la riduzione dell’imponibile era astrattamente fruibile anche in presenza di altre misure di favore, salvo diversa disposizione di queste ultime.
La legge finanziaria 2008 -istitutiva dei certificati verdi di cui la ricorrente ha pure beneficiato -all’art. 2, comma 152, stabiliva: «la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui ai commi da 143 a 157 a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale o in conto interessi con capitalizzazione anticipata». Tale disposizione stabilisce un generale divieto di cumulo degli incentivi in parola, tra cui i certificati verdi, con altri incentivi pubblici. La detassazione di cui alla RAGIONE_SOCIALE comportava un vantaggio economico per il contribuente come tale equiparabile ad un contributo pubblico.
La categoria degli incentivi pubblici, secondo l’accezione fatta propria dalla elaborazione in tema di aiuti di Stato, è una categoria generale che, secondo principi di carattere economico piuttosto che giuridico, comprende qualsiasi strumento di agevolazione, sovvenzione, prestito agevolato, contributo, garanzia, riduzione fiscale e incentivo in qualsiasi modo erogato e da qualsiasi soggetto
pubblico provenga. Pertanto, il riferimento al conto energia, al conto capitale o al conto interessi va valutato alla strega di un elenco esemplificativo e non esaustivo o tassativo RAGIONE_SOCIALE varie forme di incentivo. Resta, quindi, irrilevante, nella fattispecie in esame, il diverso regime di cumulabilità degli incentivi introdotto dall’art. 26, comma 3, d.lgs. n. 28 del 2011, invocato dalla ricorrente.
L’art. 26, comma 1, d.lgs. cit. richiama espressamente gli incentivi di cui al precedente art. 24 il quale, a propria volta, al comma 1, menziona i soli impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012, tra i quali non rientra, pacificamente, l’impia nto oggetto del presente giudizio. L’art. 25 d.lgs. cit. invece, al comma 1, conferma per gli impianti entrati in esercizio in precedenza gli incentivi già vigenti, se pure con i correttivi di cui ai successivi commi, i quali, tuttavia, non dettano un diverso regime del cumulo.
Pertanto, in tema di agevolazioni tributarie, per gli impianti entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012, i benefici di cui all’art. 6, commi 13-19, legge 23 dicembre 2000, n. 388 (c.d. «COGNOME RAGIONE_SOCIALE») non sono cumulabili con i benefici di cui al l’art. 2, commi da 143 a 154, legge 27 dicembre 2007, n. 244 e DM 18 dicembre 2008 (c.d. «certificati verdi»).
4.5. Nella specie, la contribuente ha dato avvio ai lavori di realizzazione di impianto idroelettrico nell’anno 201 2, non avendo fruito dell’agevolazione fiscale nell’immediatezza, pure in presenza di tutti i presupposti di legge, a fronte dell’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità RAGIONE_SOCIALE agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante erogata dal RAGIONE_SOCIALE (di cui la società già fruiva) e nella detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla Legge COGNOME RAGIONE_SOCIALE.
La società ha presentato dichiarazioni integrative (tardive) ed istanze di rimborso il 28 dicembre 2017 (per le somme versate in eccedenza nel 2012), ed il 18 novembre 2018 (per gli anni 2013, 2014 e 2015). Il secondo motivo è esclusivamente incentrato sulla questione della tempestività RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni integrative
presentate (non vi è, di contro, alcun accenno alla diversa questione dell’eventuale tempestività RAGIONE_SOCIALE istanze di rimborso presentate).
4.6. Ora, il terzo profilo di doglianza, relativo alla possibilità di presentare le dichiarazioni integrative anche nel maggiore termine previsto dall’art. 2, comma 8, d.P.R. n. 322/1998, come modificato nel 2016, è infondato poiché parte da un presupposto (l’applicazione retroattiva, ovvero alle annualità antecedenti al 2016, della modifica della norma in commento) escluso costantemente da questa Corte ( ex multis , Cass. 28/06/2019, n. 17506 e Cass. 18/09/2025, n. 25598).
4.7. Parimenti infondati sono i primi due profili, poiché fanno riferimento, ai fini della ricostruzione della normativa applicabile, al d.l. 28/2011, irrilevante nel giudizio de quo , e sostanzialmente sostengono il principio di emendabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni (mediante dichiarazioni integrative) sine die , in aperto contrasto con quanto affermato da questa Corte in materia e supra riportato.
Il secondo motivo di ricorso è infondato ed il suo rigetto comporta l’assorbimento del primo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 9.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 ottobre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME