Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23904 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23904 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/09/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 28463 del ruolo generale dell’anno 20 16, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del ricorso , dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Roma INDIRIZZO;
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-resistente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 2880/38/2016, depositata in data 12 maggio 2016, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 giugno 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.Con sentenza n. 2880/38/2016, depositata in data 12 maggio 2016, la Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 25783/52/2014 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta società avverso la cartella di pagamento con la quale, a seguito di controllo automatizzato, ex artt. 36bis del d.P.R. n. 600/73 e 54bis del d.P.R. n. 633 del 1972, della dichiarazione M.U. 2009, per l’anno di imposta 2008, l’Ufficio aveva iscritto a ruolo la somma di euro 22.780,88 a titolo di Iva dichiarata e non versata, disconoscendo il credito Iva riportato dall’anno precedente ai fini compensativi, stante l’omessa indicazione dello stesso nel Modello di dichiarazione Iva 2008, per il 2007.
2.In punto di diritto, per quanto di interesse, il giudice di appello ha osservato che:1) non era necessaria, ai fini della iscrizione a ruolo, alcuna preventiva comunicazione atteso che, trattandosi di esiti di controlli automatici eseguiti sulla base dei risultati RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni, non sussistevano dubbi sull’ammontare del credito d’imposta essendo l’omesso versamento il risultato RAGIONE_SOCIALE indicazioni e dichiarazioni effettuate dalla parte stessa; in ogni caso, la comunicazione sull’esito del controllo, predisposta il 28.7.2001, era stata consegnata il 23.9.2011; 2) la società aveva riportato nella dichiarazione MU 2009, per il 2008, un credito Iva relativo al 2007 ritenuto dall’Amministrazione non spettante, essendone stata omessa l’indicazione nella dichiarazione MU 2008, per il 2007 ; successivamente alla notifica della cartella, la società aveva presentato, in data 25 luglio 2012, una ‘dichiarazione integrativa’ relativa all’anno 2007 tardiva atteso che la correzione di errori/omissioni che abbiano determinato l’indicazione
di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minore credito era ammissibile, ai sensi del comma 8bis dell’art. 2 del d.P.R. n. 322 del 1998, entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo; 3) la società non aveva provato l’esistenza del credito Iva – mediante documentazione contabile- avendone richiesto il riconoscimento soltanto sulla base della dichiarazione integrativa tardiva.
3.Avverso la suddetta sentenza, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Resiste con ‘atto di costituzione’ l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 36bis del d.P.R. n. 600/73 e 6, comma 5, della legge n. 212/2000, 115 c.p.c., per avere la CTR ritenuto non necessaria, ai fini della iscrizione a ruolo, alcuna preventiva comunicazione sebbene, ai sensi del comma 3 dell’art. 36bis cit. e del comma 5 dell’art. 6 della legge n. 212/00, l’instaurazione del contraddittorio prima dell’iscrizione a ruolo derivante da liquidazioni di tributi risultanti da dichiarazioni, fosse prevista nel caso di incertezze e/o errori su aspetti rilevanti RAGIONE_SOCIALE stesse, e, nella specie, la comunicazione preventiva dell’iscrizione a ruolo fosse necessaria per consentire alla contribuente di avere contezza della omessa indicazione nella dichiarazione Iva 2008 (anno 2007) del credito Iva di euro 15.797,00 del quale era stata chiesta la compensazione nel M.U. 2009 (per il 2008).
1.1.Il motivo è infondato.
1.2.Il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 54 bis, comma 2, riconosce in capo all’amministrazione finanziaria il potere di: a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante riguardo alla determinazione del volume d’affari e alla liquidazione dell’imposta; b) correggere gli errori materiali riscontrati nel riporto RAGIONE_SOCIALE eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni; e) controllare la tempestività dei versamenti dell’imposta
(acconto, conguaglio, liquidazione periodica) e la loro coerenza con le risultanze della dichiarazione annuale. Si tratta, pacificamente, di controllo formale che avviene attraverso procedure automatizzate dalle quali è scevra l’attività di verifica della posizione sostanziale della parte contribuente. Anche le S.U. di questa Corte hanno precisato che il procedimento di controllo automatizzato dei dati è eseguito senza alcun intervento diretto degli uffici e in forza RAGIONE_SOCIALE disposizioni di legge di cui ai ricordati artt.36 bis e 54 bis può essere attivato nei casi di mancata considerazione dei pagamenti effettuati, errata o incompleta trasmissione e/o ricezione dei dati della dichiarazione, errori di compilazione della dichiarazione da parte del contribuente sanabili e facilmente riconoscibili, errata individuazione del contribuente, incoerenza della dichiarazione, eccedenze di imposta non completamente confermate dal sistema informativo (circ. n. 100/E e n. 143/E del 2000; circ. n. 34/E del 2012 e 21/E del 2013), concludendosi la procedura con un atto liquidatorio ai fini dell’iscrizione a ruolo a titolo definitivo (Cass.S.U. n.17758/2016).
1.3.Questa Corte ha poi ribadito che “in tema di controlli RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni tributarie, l’attività dell’Ufficio accertatore, correlata alla contestazione di detrazioni e crediti indicati dal contribuente, qualora nasca da una verifica di dati indicati da quest’ultimo e dalle incongruenze dagli stessi risultanti, non implica valutazioni, sicché è legittima l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, non essendo necessario un previo avviso di recupero” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 39331 del 10/12/2021; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4360 del 20/02/2017). Peraltro, questa Corte ha chiarito che “La notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non preceduta dalla comunicazione del c.d. ” avviso bonario” ex art. 36 bis, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, nel caso in cui non vengano riscontrate irregolarità nella dichiarazione; nè il contraddittorio endoprocedimentale è invariabilmente imposto dall’art. 6, comma 5, I. n. 212 del 2000, il quale lo prevede soltanto quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti al citato art. 36 bis, che implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in
dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 33344 del 17/12/2019).
1.4.L’art. 6, comma 5, della l. n. 212 del 2000 non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 36bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ma solo quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione quest’ultima che non ricorre quando la cartella sia stata emessa in ragione del mero mancato pagamento di quanto risultante dalla dichiarazione, sicché in tale ipotesi non è dovuta comunicazione di irregolarità, né, in ogni caso, dalla omissione di detta comunicazione può derivare la non debenza o la riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni e degli interessi di cui all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997 (Cass. 18405 del 2021, Cass. n. 27724 del 2023).
1.5.Nella specie, come si evince dalla sentenza impugnata, la cartella era stata emessa a seguito di controllo automatizzato del M.U. 2009, per il 2008, per omesso versamento della somma di euro 22.780,88 a titolo di Iva dovuta in base alla dichiarazione e non versata, sicchè non era doveroso l’invio della comunicazione di irregolarità , ‘ essendo l’omesso versamento il risultato RAGIONE_SOCIALE indicazioni e dichiarazioni RAGIONE_SOCIALE imposte rappresentati dalla parte stessa ‘ . In ogni caso, il giudice di appello ha accertato – con apprezzamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità -l’avvenuta consegna in data 23.9.2011 della comunicazione sull’esito del controllo alla società contribuente.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del DPR n. 322/1998 in combinato con gli artt. 3, 53 e 97 Cost., per avere la CTR ritenuto legittimo il recupero dell’imposta effettuato dall’Ufficio all’esito dei controlli eseguiti sui dati della dichiarazione MU 2009, disconoscendo il credito Iva riportato dall’anno 2007 (non indicato nella relativa dichiarazione) stante la ritenuta tardività della dichiarazione integrativ a ai sensi del comma 8bis dell’art. 2 del d.P.R. n. 322/1998 sebbene l ‘erronea dichiarazione dei redditi da cui risulti un debito di imposta superiore a quello effettivo, fosse sempre emendabile anche in sede processuale e la contribuente potesse contestare la debenza del tributo anche in
sede di impugnazione della cartella nonostante la scadenza del termine di cui all’art. 2 comma 8 del DPR n. 322/1998.
3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio per avere la CTR ritenuto che la contribuente non avesse provato l’esistenza del credito avendone richiesto il riconoscimento soltanto sulla base della dichiarazione integrativa tardiva senza esaminare la documentazione (‘ prospetto liquidazione Iva annuale periodo di imposta 2007 ‘; modello unico 2008 relativo all’anno 2007 ) prodotta dalla contribuente in primo grado comprovante la sussistenza della titolarità in capo alla stessa del credito di imposta portato in compensazione nella dichiarazione MU 2009, per il 2008.
4.I motivi secondo e terzo – da analizzarsi congiuntamente per connessionesono, rispettivamente, infondato il secondo, con correzione della motivazione, ai sensi dell’art. 384 ultimo comma, c.p.c. (secondo cui non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto) e inammissibile il terzo.
4.1.Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., SU, n. 13378 del 30 giugno 2016) hanno affermato che “In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria” ; la giurisprudenza pone in evidenza che la dichiarazione dei redditi, nei limiti in cui costituisca dichiarazione di scienza, non è un elemento intangibile ma, di fronte alle richieste del Fisco, è suscettibile di emenda e ritrattazione, così da influire
sulla pretesa dell’erario. L’emendabilità degli errori di fatto o di diritto, anche omissivi e pure non meramente materiali o di calcolo, commessi dal contribuente nelle dichiarazioni fiscali (come gli errori di calcolo o liquidazione degli importi dei componenti positivi e negativi del reddito, l’inesatta qualificazione giuridica dei componenti di reddito, l’errata collocazione RAGIONE_SOCIALE singole poste nelle voci del modello di dichiarazione ecc.), laddove da essi possano derivare oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli imposti dalla legge, rappresenta l’espressione di un principio generale del sistema tributario, ispirato all’articolo 53 Cost. (Cass. n. 11396 del 2015); ciò non solo nei limiti temporali in cui la legge prevede il diritto al rimborso, ai sensi dell’articolo 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, ovvero la dichiarazione integrativa nel termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, ex articolo 2, comma 8-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, ma, altresì, in sede contenziosa, per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria (Cass. n. 3574 del 2014), fatti salvi i limiti temporali derivanti dall’esaurimento della fattispecie per trascorrere del tempo, o dal sopravvenire di decadenze (Cass., Sez. 5, 27562 del 2018; Cass. n. 25288 del 2019). Tale possibilità per il contribuente è stata pacificamente riconosciuta anche nei casi di diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato, quando l’opposizione miri a limitare o contrastare la pretesa fiscale che si sia tradotta nell’emissione di una cartella esattoriale o di altro atto impositivo, ma non per introdurre una nuova e contrapposta richiesta di rimborso ovvero per far valere un credito da parte del contribuente (Cass. n. 21730 del 20 settembre 2017; Cass. n. 21242 del 13 settembre 2017).
Infatti, dinanzi alla posizione del contribuente quale titolare di diritti soggettivi perfetti derivanti dalla legge nazionale e dal diritto dell’UE, è il processo tributario il contesto privilegiato nel quale l’esigenza della giusta imposizione trova la sua armonica realizzazione a prescindere da moduli procedimentali diretti a garantire ed agevolare l’azione amministrativa.
4.2.In particolare, si è affermato che nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria recuperi, ai sensi degli articoli 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, un credito esposto nella dichiarazione oggetto di
liquidazione, maturato in una annualità per la quale la dichiarazione risulti omessa, il contribuente può dimostrare, mediante la produzione di idonea documentazione, l’effettiva esistenza del credito non dichiarato, ed, in tale modo, viene posto nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato (salvo sanzioni ed interessi) qualora avesse presentato correttamente la dichiarazione, atteso che, da un lato, il suo diritto nasce dalla legge e non dalla dichiarazione e, da un altro, in sede contenziosa, ci si può sempre opporre alla maggiore pretesa tributaria del Fisco, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria (Cass., Sez. 5, n. 31433 del 5 dicembre 2018; n. 25288 del 2019; Cass. sez. 5., Ord. n. 10290 del 2022).
4.3. Quanto poi alla denunciata violazione dell’art. 115 c.p.c. con il terzo motivo di ricorso, le Sezioni Unite (Sez. U, n. 20867 del 30/09/2020; Sez. 5 – , Ordinanza n. 16016 del 09/06/2021), hanno affermato che «In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.».
4.4. Con riguardo alla censura formulata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., la stessa si profila inammissibile in quanto non riguarda l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ma si risolve in una doglianza della complessiva valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata in ordine alla sufficienza e idoneità della documentazione prodotta a dimostrare l’assunto della contribuente, cui è contrapposta una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (cfr. cfr. Cass. 2019 n. 9215; Cass., 19 luglio 2021, n. 20553; Cass. sez. 5, n. 16661 del 2023).
4.5.Nella sentenza impugnata la CTR – pur affermando la non correggibilità dell’errore per tardività della dichiarazione integrativa presentata successivamente alla notifica della cartella esattoriale ex art. 36bis cit. oltre i termini di cui al comma 8bis dell’art. 2 del DPR n. 322 del 1998 in luogo della possibilità della contribuente di opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, a prescindere dalla tardività della dichiarazione integrativa – e in tal senso va corretta la motivazione -ha comunque ritenuto – con un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità -non provata da parte della contribuente, mediante documentazione contabile, l’effettiva esistenza del credito riportato a fini compensativi nel MU 2009, per il 2008, e non indicato nella dichiarazione 2008, per il 2007, ( ‘ l’eventuale riconoscimento del credito Iva in favore della società avrebbe dovuto essere provato mediante documentazione contabile mentre nel caso in esame.. .la contribuente non aveva provato l’esistenza del credito avendone chiesto il riconoscimento sulla base della dichiarazione integrativa tardiva ‘) . Invero, la valutazione dei documenti e RAGIONE_SOCIALE altre risultanze istruttorie, così come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (così, Sez. 5,n. 15266 del 2023;Cass. 2 agosto 2016, n. 16056; Cass. 21 luglio 2010, n. 17097).
5.In conclusione, il ricorso va rigettato.
6.N ulla sulle spese del giudizio di legittimità essendo rimasta l’RAGIONE_SOCIALE resistente e non avendo svolto attività difensiva;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 25 giugno 2024