Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20099 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20099 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Alba, che ha indicato recapito Pec;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 232/2021, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte il 24.2.2021, e pubblicata il 15.4.2021;
ascoltata, nella camera di consiglio non partecipata del 4.6.2025, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
–
Oggetto: Ires 2013 – Avviso di
accertamento – Investimenti –
Tremonti ambiente – Accesso all’agevolazione – Cumulo dei
benefici –
Dichiarazione
integrativa
–
Decadenza
Insussistenza.
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Amministrazione finanziaria notificava l’11.7.2018 alla Si.RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale disconosceva la fruizione dell’agevolazione invocata dalla contribuente mediante dichiarazione integrativa, ai sensi dell’art. 6, commi da 13 a 19, della legge n. 388 del 2000 (c.d. Tremonti ambiente), in relazione alla realizzazione degli impianti idroelettrici denominati Lesegno e Carassona, con riferimento all’anno 2012, essendo stato determinato il valore dell’investimento ambientale ammissibile al beneficio mediante perizia.
La società impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Cuneo, la quale riteneva non intempestiva la dichiarazione integrativa presentata dalla RAGIONE_SOCIALE ed accoglieva, perciò, il ricorso della stessa società, riconoscendo il suo diritto a fruire dell’agevolazione.
Avverso la decisione assunta dalla CTP spiegava appello l’Agenzia delle Entrate innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte.
Detta Commissione riteneva che il principio della emendabilità della dichiarazione senza rispetto di un limite temporale, espresso dalla stessa Corte di cassazione, si applicava solo in relazione ad errori di fatto o di diritto commessi nella dichiarazione, non risultando invece idonea a supplire l’originaria scelta volontaria della società di non avvalersi dell’agevolazione. Inoltre, essendo stata abrogata l’agevolazione fiscale connessa agli investimenti ambientali, alla scadenza del termine di legge, fissato dalla norma di cui all’art. 23, comma 11, del Dl. 22.6.2012, n. 83, la società, all’epoca, non aveva ancora avviato alcun procedimento amministrativo volto al riconoscimento dell’agevolazione, essendo la richiesta del beneficio riconducibile solo alla dichiarazione integrativa presentata dalla RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2013.
In conseguenza la CTR riformava la decisione di primo grado, riaffermando la piena validità ed efficacia dell’atto esattivo.
Avverso la decisione adottata dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione la s.RAGIONE_SOCIALE affidandosi a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito mediante controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, commi da 13 a 19, della legge n. 388 del 2000, in combinato disposto con l’art. 23, comma 11, del Dl n. 83 del 2012 e con l’art. 8 del Regolamento CE n. 880 del 2008, sostenendo che, alla data di abrogazione della normativa agevolativa, la stessa non era decaduta dalla facoltà di richiedere l’agevolazione, perché tutti gli investimenti in relazione ai quali era stata chiesta l’applicazione del beneficio erano stati già effettuati.
Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 8 bis , del dPR n. 322 del 1998, e dell’art. 1429 cod. civ., in cui sarebbe incorso il giudice dell’appello, con riferimento alla possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione dei redditi senza limiti di tempo.
Per ragioni logiche e sistematiche va esaminato prioritariamente il secondo motivo di ricorso, perché, se si dovesse confermare che la contribuente era decaduta dalla facoltà di emendare le proprie dichiarazioni dei redditi, verrebbe meno l’interesse a valutare la fondatezza (o meno) delle sue richieste di agevolazione (e, quindi, a prendere in esame la prima censura).
3.1. Con la seconda doglianza prima riportata la società ricorrente contesta la decisione assunta dalla CTR per aver ritenuto non emendabile la dichiarazione dei redditi presentata, a seguito del chiarimento normativo intervenuto in materia di cumulabilità
dei benefici, coinvolgente quelli previsti dalla legge Tremonti ambientale (l. 388/2000), anche dopo la scadenza del termine di cui all’art. 2, comma 8 bis , del dPR n. 322 del 1998.
La contribuente ricorda che in un primo momento non aveva richiesto l’agevolazione prevista dalla legge Tremonti ambientale, perché vi era incertezza normativa circa la sua cumulabilità con altre agevolazioni richieste. Quando era stata chiarita normativamente la possibilità di cumulare i benefici, aveva presentato la sua dichiarazione integrativa.
3.2. La CTR ha sostenuto che la possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi senza limiti di tempo è riconosciuta in ipotesi di errori di fatto o di diritto commessi nella dichiarazione, ma non può essere invocata per supplire ad una volontaria scelta imprenditoriale.
3.3. Va rilevato che questa Corte di legittimità ha già avuto modo di scrutinare la questione ora sottoposta al suo esame ed ha dettato principi condivisibili ai quali si intende pertanto assicurare continuità.
L’art. 2, comma 8, del Dpr 22 luglio 1998 n. 322 consente di integrare le dichiarazioni annuali, al fine di correggere errori ed omissioni, mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice.
Il successivo comma 8 bis consentiva, inoltre, nella versione vigente ratione temporis , di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che avessero determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.
In merito alla portata applicativa della norma, questa Corte regolatrice ha chiarito (cfr. Cass. S.U., 30.6.2016, n. 13378) come in tema di imposte dirette il principio di generale emendabilità della
dichiarazione sia riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 ss. cod. civ. (cfr., tra le altre, Cass. sez. V, 30.9.2015, n. 19410).
In questa prospettiva è stato affermato che le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.
3.4. La giurisprudenza di questa Corte non ha, peraltro, mancato di precisare che, in tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è comunque emendabile, anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’art. 2, comma 8 bis , del d.P.R. 22 luglio 1998 n. 322 sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del D.L.vo 9 luglio 1997 n. 241, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica (cfr., tra le altre, Cass. sez. V, 13.1.2016, n. 373). Deve, pertanto, riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato (v. Cass. sez. V, 28.11.2018, n. 30796).
Può, quindi, confermarsi l’emendabilità, in generale, di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’Amministrazione tributaria, anche se non
direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione; tanto deve affermarsi per l’impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.), e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.).
Il contribuente può, pertanto, contestare, anche emendando le dichiarazioni da lui presentate all’Amministrazione finanziaria, l’atto impositivo o esattivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico.
3.5. Tanto premesso, con riferimento al caso in esame, la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società contribuente, bensì all’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità delle agevolazioni tributarie di cui già usufruiva la società contribuente, con la detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla c.d. “Tremonti ambientale” (art. 6, commi da 13 a 19, della Legge 23 dicembre 2000 n. 388). Tale incertezza interpretativa è stata risolta solo a seguito dell’art. 19 del D.M. 5 luglio 2012, il quale ha posto fine ad ogni dubbio circa la possibilità di cumulare più benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere a tale agevolazione. Anche la risoluzione resa dall’Agenzia delle Entrate il 20 luglio 2016 n. 58/E si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare “ora per allora” dell’agevolazione c.d. “Tremonti ambientale” (art. 6, commi da 13 a 19, della Legge 23 dicembre 2000 n. 388) mediante dichiarazione dei redditi integrativa ex art. 2, comma 8 bis , del D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, chiarendo che: «Con riguardo, infine, alla possibilità di beneficiare dell’agevolazione in un periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’investimento ambientale, conformemente a quanto chiarito con la risoluzione n. 132/E del 20 dicembre 2010 in relazione alla già
citata agevolazione “Tremonti-ter”, si è ritenuto che la mancata indicazione della deduzione per fruire della detassazione ambientale entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria non sia di ostacolo alla possibilità di avvalersi di tale deduzione in sede di dichiarazione dei redditi integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8 bis , del D.P.R. n. 322 del 1998. Decorsi i termini per la presentazione della dichiarazione a favore di cui all’articolo 2, comma 8 bis , del D.P.R. n. 322 del 1998, è altresì possibile recuperare l’agevolazione presentando un’istanza di rimborso, ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602».
3.6. Questa Corte (v. Cass. sez. VI-V, 20.12.2021, n. 40862 e Cass. sez. V, 15.11.2022, n. 33660) ha espresso, in materia, il principio di diritto, al quale si intende assicurare continuità, secondo cui ‘in tema di dichiarazione dei redditi, in caso di mancata fruizione di beneficio fiscale da parte del contribuente, l’errore di fatto o di diritto è emendabile, mediante dichiarazione integrativa, qualora sia imputabile all’obiettiva incertezza interpretativa sulla norma agevolativa ‘ (nelle fattispecie di cui ai richiamati precedenti giurisprudenziali relativa alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal “conto energia” e nella detassazione, “ora per allora”, degli investimenti ambientali ai sensi della cd. “Tremonti ambientale”).
La contribuente, pertanto, aveva diritto di presentare la dichiarazione integrativa; perciò, il suo secondo motivo di ricorso è fondato e deve, quindi, essere accolto.
Si può, ora, passare all’esame del primo motivo mediante il quale la ricorrente denuncia la violazione di legge in cui reputa essere incorsa la CTR con l’aver ritenuto che l’accesso all’agevolazione fiscale dovesse esser le negato perché alla data di abrogazione della normativa agevolativa non aveva ancora dato inizio al procedimento amministrativo volto a conseguire il beneficio
fiscale, trascurando che gli investimenti per i quali era stata chiesta l’agevolazione erano stati tutti effettuati e gli impianti erano stati realizzati.
4.1. La CTR ha ritenuto che l’agevolazione non competesse alla contribuente perché, alla data in cui la normativa fiscale di favore fu stata abrogata, non aveva in alcun modo manifestato la propria volontà di avvalersi dell’agevolazione, dando in tal modo ‘avvio’ al procedimento amministrativo previsto per il suo riconoscimento.
4.2. La valutazione espressa dalla CTR non risulta condivisibile, ponendosi in contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità.
Si è, infatti, rilevato che l’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000 (cd. Tremonti ambiente) ha previsto una misura di detassazione in favore delle piccole e medie imprese che abbiano effettuato «investimenti ambientali» (secondo la locuzione di cui al comma 13 e la successiva definizione di cui al comma 15), stabilendo che la quota di reddito ad essi destinata non concorre a formare il reddito d’impresa.
Tale previsione è stata successivamente abrogata dall’art. 23, comma 7, del d.l. n. 23.6.2012, n. 83, conv. nella l. n. 134/2012, con salvezza dei «procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del presente decreto-legge», secondo quanto stabilito dal comma 11.
4.2.1. L’avvio del procedimento costituisce, pertanto, il discrimen per l’applicazione del regime di detassazione; ne deriva la necessità della sua esatta identificazione, onde poterlo collocare nel segmento temporale successivamente individuato dal legislatore in sede di abrogazione.
La lettera della legge ricostruisce la nozione di ‘investimento’ come equipollente a quella di ‘costo’. In altri termini, l’investimento ambientale si concretizza nella realizzazione di un’opera per la quale è necessario sostenere degli esborsi.
4.2.2. Si è, di conseguenza, recentemente ribadito come il fatto che l’accesso alla detassazione si dipani attraverso un procedimento amministrativo suddiviso in fasi, è connesso alla necessità che i costi in questione seguano, per l’appunto, le regole previste dagli artt. 109 e 110 del TUIR per la loro corretta imputazione a reddito. In tal senso si giustifica la previsione dell’indicazione a bilancio degli investimenti ambientali realizzati (art. 6, comma 16), la comunicazione degli stessi al Ministero delle attività produttive, entro un mese dall’approvazione del bilancio (comma 17) e, infine, l’inserimento in dichiarazione dei redditi del valore degli investimenti effettuati, ai fini di poter godere del beneficio fiscale. Nondimeno, lo stesso procedimento non può che prendere avvio dall’affronto del costo di un bene acquisito allo scopo di realizzare l’opera idonea al conseguimento di obiettivi ambientali; ed anzi, proprio il fatto che il legislatore abbia tracciato una precisa scansione di adempimenti fiscali e amministrativi in capo al contribuente non avrebbe ragion d’essere se il momento determinante per l’applicazione della disciplina agevolatrice fosse quello della presentazione della dichiarazione fiscale, che di tale procedimento costituisce il momento conclusivo.
Va, dunque, affermato il seguente principio di diritto: ‘In tema di accesso alla detassazione prevista per gli investimenti ambientali dall’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000 (cd. Tremonti ambiente), il momento di avvio del procedimento, rilevante anche al fine di stabilire la possibilità di accesso ai benefici pur in presenza dell’intervenuto regime abrogativo, ai sensi dell’art. 23, comma 1, del d.l. n. 83/2012, conv. nella l. 134/2012, è quello in cui ha avuto inizio la realizzazione dell’opera nella quale l’investimento si concretizza; in tal senso, rileva il momento dell’affronto dei «costi direttamente imputabili al prodotto», di cui all’art. 2426, comma primo, cod. civ. e, correlat ivamente, dell’effettiva consegna dei beni che afferiscono all’intervento, ai
sensi dell’art. 109 TUIR’ (cfr., in termini, Cass. sez. V, 16.4.2025, n. 9918).
Risultando pacifico che alla data di abrogazione della normativa gli investimenti ambientali erano già stati effettuati dalla società e che pure gli impianti idroelettrici erano stati realizzati, interamente Lesegno, in ampia parte Carassona, anche il primo motivo di ricorso risulta fondato e va, perciò, essere accolto.
In definitiva, il ricorso proposto dalla contribuente deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata ed il derivante rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte perché proceda a nuovo esame e provveda anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M .
La Corte accoglie il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentate pro tempore , cassa la sentenza impugnata e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo esame e provveda anche a regolare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4.6.2025.