Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3451 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3451 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
Tremonti ambiente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 458/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura allegata al ricorso ed elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato ed elettivamente domiciliata presso la sede della medesima in Roma alla INDIRIZZO
-resistente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 330/2020 depositata in data 22/05/2020, non notificata; 16 gennaio 2025
udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale del dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale del Piemonte accolse l’appello erariale, riformando la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Torino, che aveva accolto il ricorso della società RAGIONE_SOCIALE contro la cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36bis d.P.R. n. 600 del 1973 e volta al recupero dell’Ires anno di imposta 2013, ritenendo non valida la dichiarazione integrativa recante la riliquidazione dei vari anni di imposta a seguito di una variazione in diminuzione operata, a sensi dell’art. 6, commi 13-19, della l. n. 388 del 2000, per investimenti agevolati, e non oggetto di dichiarazione all’epoca in presenza di dubbi interpretativi.
In particolare, i giudici di appello ritenevano che trattandosi non di una dichiarazione di scienza ma d ell’ esercizio di una opzione volontaria, la scelta, non effettuata nell’anno di competenza, non poteva essere recuperata con dichiarazione integrativa, peraltro comunque tardiva, e non poteva essere fatta valere in giudizio; evidenziavano altresì l’intervenuta abrogazione della disposizione agevolativa .
Contro tale decisione la società propone ricorso, affidato a due motivi.
L’Agenzia delle entrate ha depositato atto di costituzione al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Il giudizio è stato fissato per l’adunanza camerale del 1 6/01/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., si deduce violazione e falsa
applicazione dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 2, comma 8bis , d.P.R. n. 322 del 1998, dell’art. 10 della legge n. 212/2000 e falsa applicazione di principi costituzionali (art. 53 e 97 Cost.).
1.1. Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Questa Corte ha già avuto modo di scrutinare la questione ora sottoposta al suo esame ed ha dettato principi condivisibili volti a negare la lettura restrittiva del principio generale di emendabilità delle dichiarazioni fiscali anche in sede contenziosa, lettura che non appare corretta (Cass. 20/12/2021, n. 40862; Cass. 16/02/2022, n. 5058; Cass. 1/09/2022, n. 25731; Cass. 7/07/2022, n. 21526; Cass. 19/07/2022, n. 22589; Cass. 1/09/2022, n. 25731; Cass. 15/11/2022, n. 33660; Cass. 25/11/2022, n. 34712; Cass. 15/05/2023, n. 13185). A tali principi, di seguito riportati, si intende pertanto assicurare continuità.
1.2. L’art. 2, comma 8, del d.P.R. 22/07/1998, n. 322, permette di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori ed omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice. Il successivo comma 8bis consentiva, inoltre, nella versione vigente ratione temporis , di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che avessero determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da depositare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.
In merito alla portata applicativa della norma, questa Corte ha chiarito (cfr. Cass., Sez. U., 30/06/2016, n. 13378) come in tema di imposte dirette il principio di generale emendabilità della dichiarazione sia riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione
abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 ss. cod. civ. (cfr., tra le altre, Cass. 30/09/2015, n. 19410). In questa prospettiva è stato affermato che le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.
Questa Corte non ha mancato di precisare che in tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è comunque emendabile, anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’art. 2, comma 8bis , del d.P.R. 22/07/1998, n. 322 sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 09/07/1997, n. 241, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica (cfr., tra le altre, Cass. 13/01/2016, n. 373).
Deve, pertanto, riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco, anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato, che è proprio il caso ricorrente nell’ipotesi in esame, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato (Cass. 28/11/2018, n. 30796).
1.3. Tanto premesso, con riferimento al caso in esame, questa Corte ha anche evidenziato che la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società contribuente, bensì all’incertezza interpretativa in ordine alla cumulabilità delle
agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal c.d. conto energia (art. 25, comma 10, del d.lgs. 3/03/2011, n. 28) e nella detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla c.d. Tremonti ambientale (art. 6, commi da 13 a 19, della l. 23/12/2000, n. 388), incertezza interpretativa che è stata risolta solo a seguito dell’art. 19 del d.m. 5 luglio 2012, il quale ha consentito la possibilità di cumulare i due benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere a tale agevolazione.
Anche la risoluzione resa dall’Agenzia delle entrate il 20 luglio 2016 n. 58/E si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare ora per allora dell’agevolazione in parola mediante dichiarazione dei redditi integrativa ex art. 2, comma 8bis , del d.P.R. n. 322 del 1998.
La contribuente, pertanto, aveva facoltà di opporsi in sede contenziosa e diritto di presentare dichiarazione integrativa.
Il fondamento di tale impostazione è che l’agevolazione in esame è fruibile attraverso il meccanismo della variazione in diminuzione dell’imponibile da operare nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stato realizzato l’investimento (e qu indi anche, come nel caso di specie, con dichiarazione integrativa, nella quale far confluire i risultati della riliquidazione interna delle dichiarazioni degli altri anni di imposta, come da circolare 31E del 2013 dell’Agenzia delle entrate), non occorren do un’istanza rivolta all’amministrazione finanziaria poiché è da escludere che si sia in presenza di una manifestazione di volontà (Cass. 22/12/2023, n. 35919).
1.4. Ha quindi errato la CTR laddove ha attribuito alla dichiarazione della società, sul punto in contestazione, natura di dichiarazione di volontà, traendone la duplice conseguenza che essa non fosse emendabile e che in giudizio essa non potesse difendersi evidenziando la sussistenza dei presupposti dell’agevolazione.
1.5. Il motivo è invece infondato laddove censura il ricorso all’art. 36bis d.P.R. n. 600 del 1973.
La circolare 31E del 2013 dell’Agenzia delle entrate , invocata dalla società, prevede che, nel caso di errori contabili, anche dovuti a dubbi o errate qualificazioni, il contribuente non perde la possibilità di beneficiare degli effetti favorevoli della corretta rappresentazione del bilancio emendato; se è ancora in termini per la dichiarazione integrativa nell’anno successivo, ex art. 2, comma 8bis , d.P.R. n. 322 del 1998, procederà alla dichiarazione integrativa; se non è nei termini previsti da tale disposizione ma è comunque nei termini dell’accertamento, ai sensi dell’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973, deve procedere ad una riliquidazione interna, i cui effetti farà confluire in una dichiarazione integrativa dell’anno ancora utilmente emendabile (ed è ciò che è successo nel nostro caso).
La stessa circolare prevede che a seguito dei controlli automatizzati della predetta dichiarazione integrativa, emergendo degli importi non coerenti con la dichiarazione del periodo d’imposta precedente, sarà generata una comunicazione di irregolarità il cui esito sarà comunicato al contribuente che, in tale sede, dovrà esibire la documentazione idonea ad evidenziare le modalità di rideterminazione delle risultanze che emergono dalla dichiarazione integrativa. La struttura dell’Agenzia preposta al controllo di tali fattispecie esamina la documentazione presentata ai fini dell’eventuale annullamento della comunicazione. Correttamente, quindi, la CTR ha ritenuto che fosse legittimo l’utilizzo della proceduta di controllo automatizzato né emerge, da quanto riferito dalla società nei propri atti difensivi, che con la cartella siano state effettuate valutazioni sul merito dell’agevolazione .
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 57 d. lgs. n. 546 del 1992, laddove la CTR ha ritenuto ammissibile la
domanda avanzata dall’ufficio per la prima volta in appello e relativa alla intervenuta abrogazione delle disposizioni agevolative a far data dal 26/06/2012 e non ha pronunciato sulla eccepita inammissibilità.
2.1. Deve in primo luogo escludersi che sull’eccezione di inammissibilità vi sia omessa pronuncia, in quanto ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass. 06/12/2017, n. 29191; Cass. 13/10/2017, n. 24155; Cass. 06/11/2020, n. 24953; Cass. 29/01/2021, n. 2151; Cass. 24/05/2022, n. 16678; Cass. 8/06/2022, n. 18513; Cass. 25/06/2024, n. 17532).
Nel caso di specie, avendo la CTR espressamente evidenziato la tardività della dichiarazione emendativa, deve ritenersi che essa implicitamente abbia ritenuto ammissibile la difesa erariale sul punto, difesa che peraltro è strettamente connessa alla generale tesi difensiva dell’ufficio, fondata, appunto, sull’assenza di valida e tempestiva manifestazione di volontà.
Sotto tale aspetto il motivo è infondato.
2.2. Il motivo poi comunque esamina nel merito la questione della abrogazione del beneficio in esame confutando l’argomentazione della CTR che ha evidenziato che alla data di abrogazione (26/06/2012) la parte non aveva attivato alcun procedimento.
Tale censura è fondata; questa Corte ha già affermato il principio che l’abrogazione dell’agevolazione prevista dall’art. 6, commi 13 -19, della l. n. 388 del 2000, disposta dall’art. 23, comma 7, d.l. n. 83 del 2012 conv. in l. n. 134 del 2012, non opera per gli investimenti
ambientali realizzati entro la data del 25/06/2012. A deporre in tal senso è proprio il meccanismo sopra descritto, per cui l ‘agevolazione in esame è fruibile attraverso la variazione in diminuzione dell’imponibile da operare nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stato realizzato l’investimento e non occorre un’istanza rivolta all’amministrazione finanziaria; non esiste quindi un procedimento attivabile dal contribuente e al termine del quale sia previsto un provvedimento dell’amministr azione, il cui controllo sul diritto alla deduzione è da esplicare mediante gli strumenti ordinari dell’avviso di accertamento o della cartella di pagamento (Cass. 20/04/2023, n. 10737; Cass. 18/07/2023, n. 21034; Cass. 22/12/2023, n. 35919).
Di conseguenza, il ricorso va accolto nei termini indicati in motivazione; la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, che deciderà secondo i su indicati principi di diritto, e cui è demandato di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini indicati in motivazione; cassa la sentenza impugnata, rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 16 gennaio 2025.