Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23070 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23070 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME – ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – resistente –
Avverso la sentenza n. 1065/2022 resa dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, depositata in data 9 marzo 2022. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2 luglio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle Entrate inviava alla ricorrente l’avviso accertamento n. TJNTJNM000034 per il periodo di imposta 2011, avendo rinvenuto ‘redditi di lavoro dipendente e assimilati percepiti’, dopo aver ‘esaminato la dichiarazione dei redditi modello UNICO per il periodo d’imposta 2011. Con detto avviso di accertamento era stato accertato un reddito complessivo pari ad €. 42.942,00; tale importo, sarebbe derivato dalla somma del reddito
Rettifica dichiarazione
dichiarato (€. 29.872,00, relativo ai redditi da partecipazione in società) e quello accertato, da lavoro dipendente, pari ad €.13.070,00 (oltre a quello relativo ai fabbricati, pari ad €. 944,00). In realtà, con la dichiarazione integrativa/rettificativa del 31.10.2013, la ricorrente aveva rettificato l’importo dei redditi derivanti dalla partecipazione in società percepiti dalla Di Felice, indicati nella giusta somma di €.9.087,00 (e, dunque, non più l’importo di €. 29.872,00, erroneamente indicato in precedenza), per come risultante dalle dichiarazioni integrative/rettificative depositate in pari data dalle due società, cui i redditi da partecipazione si riferivano. Sennonché, nonostante le due dichiarazioni delle società venissero liquidate e ‘accettate’, l’Ufficio nel calcolare l’importo dell’imposta dovuta a seguito dell’accertamento dei redditi da lavoro dipendente asseritamente non dichiarati, poneva a base del reddito dichiarato quello precedentemente indicato di €. 29.872,00, non prendendo in considerazione la correzione nel frattempo intervenuta.
In entrambi i giudizi della fase di merito la contribuente risultava soccombente, sul presupposto della tardività della rettifica.
Quindi la contribuente ha proposto ricorso in cassazione avverso la sentenza di appello riportata in epigrafe, affidato a un unico motivo.
L’ Agenzia delle entrate si è limitata a resistere depositando ‘atto di costituzione’.
CONSIDERATO CHE
1.Con l’unico motivo si deduce ‘Violazione dell’articolo 2 Dpr 322/1998. Violazione art. 41 bis del Dpr 600/1973. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’.
Il ricorso è fondato.
E’ infatti pacifico che in entrambi i gradi del giudizio di merito la dichiarazione correttiva è stata considerata tardiva.
Orbene questa Corte ha, in plurime occasioni, osservato che in effetti la dichiarazione fiscale ha natura di mera dichiarazione di scienza, per cui va ribadito che «in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria» (Cass. Sez. U. 30/06/2016, n. 13378 ; conf. Cass. 11/05/2018, n. 11507; 30/10/2018, n. 27583; 28/11/2018, n. 30796).
A tale principio dovrà uniformarsi il giudice di rinvio.
Del resto, la disposizione in esame statuisce al secondo periodo che ‘(…) Resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilit à di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria, determinando l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, comunque, di un minore credito’ (art. 2, comma 8-bis, d.p.r. n. 322/1998).
Da tanto consegue l’accoglimento del ricorso , con la derivante cassazione della pronuncia impugnata ed il rinvio alla CGT del Lazio che -in diversa composizione – provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, che – in
diversa composizione – provvederà altresì a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2025