Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29761 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29761 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 2227/2023, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME, rappresentata e difesa, per mandato in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, presso il quale ha eletto domicilio in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 219/2/2022 della Commissione tributaria regionale dell’Umbria , depositata il 29 giugno 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Perugia la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA , emessa all’esito di controllo formale ex art. 36bis del d.P.R. n. 600/1973 e relativa a debito Ires per l’anno d’imposta 201 5.
La società sostenne di aver realizzato, nell’anno 2009, un impianto fotovoltaico per il quale usufruiva della tariffa incentivante prevista dal cd. II Conto Energia, in ordine al quale aveva altresì diritto ad accedere ai benefici fiscali previsti dall’art . 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000 (cd. ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘ ), che non aveva richiesto nell’immediatezza in ragione dell’incertezza interpretativa circa la cumulabilità dei benefici.
Una volta che il legislatore aveva chiarito i termini e i limiti di tale cumulabilità con il d.m. 5 luglio 2012, essa aveva riliquidato le dichiarazioni del quadriennio 2009-2013, producendo una dichiarazione integrativa nella quale erano evidenziate perdite determinatesi dall’applicazione del meccanismo agevolativo , poi riportate, per la parte non utilizzata, nei periodi di imposta 2013, 2014 e, per l’appunto, 2015 .
I giudici aditi accolsero il ricorso.
Il successivo appello erariale fu respinto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali affermarono che l’acquiescenza prestata dalla società rispetto alla cartella notificatale (per gli stessi fatti) in
relazione all’anno 2014 non era di ostacolo all’impugnazione di quella relativa all’anno d’imposta successivo .
Ritennero, inoltre, legittima la presentazione della dichiarazione integrativa, con la quale, nei limiti consentiti dalla legge, la contribuente aveva fruito dell’agevolazione prevista dalla ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘, ancorché riferita a pregressi anni d’imposta; a tal fine, richiamarono la giurisprudenza di questa Corte che, nello specifico ambito che qui occupa, consente l’emendabilità della dichiarazione anche dopo la scadenza del termine di cui all’art. 2, comma 8 -bis , del d.P.R. n. 322/1998, soggiungendo che tale interpretazione era rafforzata dal fatto che, con il d.l. n. 193/2016, il legislatore aveva successivamente affermato che «al contribuente spetta sempre la facoltà di emendare errori o omissioni RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni presentate».
Osservarono, infine, che risultava provata la componente ambientale degli investimenti effettuati, sulla base della dettagliata relazione prodotta dalla società.
L’RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
La contribuente ha resistito con controricorso e depositato memoria in prossimità dell’udienza .
Considerato che:
Con il primo motivo, rubricato «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 bis d.p.r. 600/1973 », l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente censura la sentenza d’appello nella parte in cui, riconoscendo il diritto della contribuente ad avvalersi dell ‘ agevolazione per la quota-parte relativa all’anno d’imposta 2015, ha ritenuto irrilevante il fatto che la cartella di pagamento qui impugnata costituisse una «diretta conseguenza» dell’analogo recupero effettuato con la cartella derivata dalle rettifiche operate sulla dichiarazione integrativa
presentata per l’anno 2012, alla quale RAGIONE_SOCIALE aveva prestato acquiescenza.
Secondo l’RAGIONE_SOCIALE, in particolare, la mancata opposizione della cartella nei termini di legge, e la conseguente effettuazione di pagamenti rateali da parte di RAGIONE_SOCIALE, avrebbero dovuto condurre al rilievo del fatto che quest’ultima aveva accettato le rettifiche.
1.1. Il motivo è infondato.
Esso reitera una censura già svolta dall’Ufficio innanzi ai giudici d’appello, sulla quale la sentenza impugnata ha deciso affermando che la condotta della società non potesse «in alcun modo interpretarsi come ‘accettazione’ dell’imposizione tributaria, avendo la medesima reiterato le dichiarazioni integrative e difeso il suo diritto al rimborso fiscale dianzi al giudice di prime cure».
Tale statuizione si conforma al principio -più volte affermato da questa Corte, specie in relazione al possibile valore di acquiescenza da attribuire alla richiesta di rateizzazione di un pagamento avanzata all’Erario da un contribuente in base al quale occorre aver riguardo alla posizione di quest’ultimo rispetto all’ an del debito tributario, nonché alla possibilità di considerare estinto il corrispondente rapporto.
1.2. Così, in particolare, è stato affermato che «non costituisce acquiescenza, da parte del contribuente, l ‘a ver chiesto ed ottenuto, senza alcuna riserva, la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento, atteso che non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d’essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’ an debeatur , salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e
non possa considerarsi estinto il rapporto tributario» (Cass. n. 37389/2022, con riferimento a Cass., sez. U, n. 3347/2017).
Ancora, secondo Cass. n. 14954/2018, «è principio generale nel diritto tributario che non si possa attribuire al puro e semplice riconoscimento, esplicito o implicito, fatto dal contribuente d’essere tenuto al pagamento di un tributo e contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domanda di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all ‘ an debeatur , quando non siano espressione di una chiara rinunzia al diritto di contestare, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario».
1.3. Per altro verso, il ragionamento della ricorrente muove dal presupposto secondo cui la cartella relativa al 2012, concernendo l’anno di imposta interessato dalla dichiarazione integrativa (nei successivi, infatti, la contribuente si era limitata a riportare le perdite che ne derivavano), avrebbe un sostanziale valore di ‘atto presupposto’, la cui mancata impugnazione osterebbe alla possibilità di contestare le successive e cartelle, ad esso meramente conseguenti.
Tale impostazione, tuttavia, non tiene conto del fatto che il diritto ad avvalersi del beneficio della detassazione per investimenti ambientali sorge nel momento in cui questi ultimi vengono realizzati, ma viene concretamente esercitato, mediante la fruizione dei suoi effetti nella determinazione della base imponibile, nel momento della specifica dichiarazione dei redditi.
Ciò designa l’infondatezza della tesi erariale, dovendosi per contro dare applicazione al principio generale che impone l’autonoma valutazione di singoli atti impositivi riferiti a diversi periodi d’imposta.
Questione diversa, naturalmente, riguarda l’ipotesi di giudicato formatosi su un segmento temporale del rapporto fiscale, che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, si estende agli altri segmenti il cui accertamento comporta l’esame RAGIONE_SOCIALE stess e circostanze in fatto (Cass. sez. U, n. 13916/2006 e numerose altre seguenti); in tal caso, infatti, il giudicato deve intendersi formato sull’intero rapporto, ciò che non può ritenersi, invece, per la decisione del contribuente di prestare acquiescenza a parte della pretesa impositiva avanzata nei suoi confronti.
Con il secondo motivo, l’RAGIONE_SOCIALE denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 8 -bis , del d.P.R. n. 322/1998 (nel testo vigente ratione temporis ) e dell’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000.
La sentenza d’appello è sottoposta a critica nella parte in cui ha riconosciuto il diritto della società di accedere al beneficio nonostante essa non avesse mai richiesto alcuna detassazione nelle dichiarazioni dei redditi relative all’anno di realizzazione dell’impianto fotovoltaico (2009), né presentato dichiarazione integrativa nel termine di cui all’art. 2, comma 8 -bis , del d.P.R. n. 322/1998.
I giudici d’appello, inoltre, avrebbero errato nel ritenere emendabile la dichiarazione relativa al 2009, non sussistendo il presupposto di un errore contabile, bensì una scelta consapevole da parte della società; a tal fine, in particolare, esclude che possa parlarsi di «situazione di incertezza normativa», idonea a far venir meno la necessità di applicare il termine di decadenza di cui all’evocato art. 2, comma 8 -bis , poiché il decreto ministeriale che aveva sancito la cumulabilità dei benefici si era limitato «a rendere espliciti dei significati che potevano già ricavarsi dal testo antevigente RAGIONE_SOCIALE pertinenti disposizioni normative».
Anche tale motivo è infondato.
2.1. Affrontando il tema nell’ambito di controversie di contenuto analogo alla presente (più di recente, e per tutte, Cass. n. 24168/2025; Cass. n. 20099/2025; Cass. n. 16624/2025; Cass. n. 8205/2025), questa Corte ha dettato principii che possono essere così compendiati:
-la regola dell’ emendabilità della dichiarazione dei redditi è riferibile all’ipotesi ordinaria in cui essa rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre non opera laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 ss. cod. civ.;
-ai sensi dell’art. 2, commi 8 e 8bis , del d.P.R. n. 322/1998, le dichiarazioni annuali possono essere integrate, al fine di correggere errori ed omissioni, mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice e, laddove l’errore od omissione abbia determinato l’ indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito , l’integrazione va presentata non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo;
-le denunce dei redditi costituiscono, di norma, RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di scienza e, quindi, possono essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti; ove per tali errori il contribuente sia assoggettato a tributi più gravosi di quelli previsti per legge , l’emendamento è consentito in ogni tempo e anche in sede contenziosa, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’ art. 2, comma 8bis , poc’anzi citat o, sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione dell’eventuale credito risultante dalla rettifica;
il contribuente può quindi emendare qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa all’amministrazione, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione, poiché in mancanza resterebbe assoggettato ad oneri diversi e più gravosi di quelli a suo carico per legge, in violazione dei principii costituzionali di capacità contributiva e oggettiva correttezza dell ‘ azione amministrativa.
2.2. Ciò posto, e passando al caso in esame, la contribuente ha affermato di non aver fruito del beneficio fiscale di cui alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nell’ anno di realizzazione dell’impianto fotovoltaico non già per propria scelta discrezionale, bensì a causa dell’incertezza interpretativa in ordine alla cumulabilità con le tariffe incentivanti previste dal c d. ‘II Conto energia ‘, di cui già usufruiva.
Tale incertezza è stata risolta solo a seguito dell ‘adozione del D.M. 5 luglio 2012, il cui art. 19 ha posto fine ad ogni dubbio circa la possibilità di cumulare più benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere all’ agevolazione; del resto, anche la risoluzione dell ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 58/E del 20 luglio 2016 n. 58/E si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare ‘ ora per allora ‘ dell’agevolazione, mediante dichiarazione dei redditi integrativa.
2.3. Quanto esposto designa il diritto della società contribuente a presentare dichiarazione integrativa e, per converso, il dovere del l’amministrazione finanziaria di consentirle la richiesta di fruire dell’agevolazione tributaria prevista dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ .
All ‘agevolazione in esame , infatti, si può accedere anche attraverso il meccanismo della variazione in diminuzione dell’imponibile, da operare nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stato realizzato l’investimento e, come avvenuto nel caso di specie, anche con dichiarazione integrativa nella quale far
confluire i risultati della riliquidazione interna RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di altri anni di imposta (cfr. Cass. n. 35919/2023).
La sentenza impugnata, che ha affermato la sussistenza di tale diritto e la fruibilità del beneficio mediante variazione in diminuzione, è dunque esente dal vizio denunziato.
Il terzo motivo è rubricato «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 co. 8 e 8 bis d.p.r. 322/1998, così come modificato dal d.l. n. 193/2016».
Secondo la ricorrente, la C.T.R. avrebbe errato nel ritenere emendabile la dichiarazione in questione nonostante la perenzione del termine di cui all’art. 2, comma 8 -bis , del d.P.R. n. 322/1998, mediante richiamo alla modifica dell’art. 2, commi 8 e 8 -bis , operata dal d.l. n. 193/2016; tale modifica, infatti, non poteva operare retroattivamente.
3.1. Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi.
La censura, infatti, si appunta su una considerazione svolta dai giudici d’appello con il solo fine di corroborare il nucleo principale della loro argomentazione, ovvero la non applicabilità di alcun termine di decadenza al diritto del contribuente di emendare la propria dichiarazione che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli a suo carico per legge, del quale si è detto in relazione al motivo che precede (par. 2.1).
Tale considerazione è idonea a supportare la decisione a prescindere da ogni valutazione circa il valore da attribuire, in sede ermeneutica, alla modifica dell’art. 2, commi 8 e 8 -bis , operata dal d.l. n. 193/2016.
Infine, con il quarto motivo, denunziando violazione della regola di riparto dell’onere della prova enunciata dall’art. 2697 cod. civ., la ricorrente assume che la RAGIONE_SOCIALE.T.R. avrebbe errato nel ritenere
assolto, da parte della società, l’onere probatorio circa la sussistenza dei presupposti per accedere al beneficio, sulla base di una perizia di parte, senza tener conto RAGIONE_SOCIALE contestazioni da lei svolte al riguardo.
4.1. Anche tale doglianza non supera il vaglio di ammissibilità.
Com’è noto, in sede di ricorso per cassazione, la violazione dell ‘ art. 2697 cod. civ. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare, secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni ( ex plurimis , Cass. n. 26739/2024, Cass. n. 26769/2018).
4.2. Nel motivare la decisione resa in punto alla prova dell’investimento ambientale, la C.T.R. afferma testualmente: «la società contribuente si è avvalsa di una dettagliata relazione, finalizzata a determinare e giustificare la componente ambientale dell ‘investimento, redatta sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanze di perizia tecnica sul Modello della Regione Toscana validato dalla Comunità Europea. A fronte RAGIONE_SOCIALE articolate ed approfondite argomentazioni contenute in tali documenti, l’Ufficio si è soffermato su cont estazioni e formule algoritmiche di calcolo giuridicamente incoerenti con il thema decidendum ».
I giudici regionali, pertanto, hanno correttamente posto a carico della contribuente l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti per fruire del beneficio, che hanno poi ritenuto assolto, per contro non attribuendo rilievo alle contrarie allegazioni dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
La censura, quindi, sollecita una revisione di tale valutazione, apparendo volta ad un riesame RAGIONE_SOCIALE prove acquisite in sede di merito, estraneo al perimetro del giudizio di legittimità.
5 . In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Non sussistono i presupposti per la condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, trattandosi di amministrazione pubblica patrocinata dall’Avvocatura dello Stato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida in € 5.6 00,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% rimborso forfetario e oneri accessori.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, il 10 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME