Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29752 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29752 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 18611/2019, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME, rappresentata e difesa, per mandato in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, presso il quale ha eletto domicilio in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 498/2/2018 della Commissione tributaria regionale dell’Umbria , depositata il 18 dicembre 2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Perugia la cartella di pagamento n. 08020170003292269, emessa all’esito di controllo formale ex art. 36 -bis del d.P.R. n. 600/1973 e relativa a debito Ires per l’anno d’imposta 2013.
La società sostenne di aver realizzato, nell’anno 2009, un impianto fotovoltaico per il quale usufruiva della tariffa incentivante prevista dal cd. II Conto Energia e in ordine al quale aveva altresì diritto ad accedere ai benefici fiscali previsti dall’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000 (cd. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), non richiesti nell’immediatezza in ragione dell’incertezza interpretativa circa la cumulabilità dei due regimi agevolativi.
Una volta che il legislatore aveva chiarito i termini e i limiti di tale cumulabilità con il d.m. 5 luglio 2012, essa aveva riliquidato le dichiarazioni del quadriennio 2009-2013, producendo una dichiarazione integrativa per il solo anno 2012 ; in quest’ultima aveva evidenziato perdite, conseguenti all’applicazione del meccanismo agevolativo, che riportava, per la parte non utilizzata, nell’anno d’imposta successivo.
I giudici adìti respinsero il ricorso.
Il successivo appello proposto dalla contribuente fu accolto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali, richiamato l’indirizzo interpretativo di questa Corte secondo cui il contribuente può far valere il suo diritto alla rettifica della dichiarazione che espone redditi in eccesso, anche
opponendosi in sede contenziosa alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione, ritennero che, a fronte di quanto esposto dalla società, l’Erario avrebbe dovuto verificare quanto essa assumeva di sua spettanza; osservarono, per il resto, che risultava dimostrato il diritto di TORAGIONE_SOCIALE. ad accedere al beneficio, sulla base di una «dettagliata e documentata perizia tecnica» prodotta in giudizio.
L’RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
La società contribuente ha resistito con controricorso e depositato memoria in prossimità dell’udienza .
Considerato che:
Il primo motivo di ricorso denunzia omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Secondo la ricorrente, la C.T.R. avrebbe omesso di considerare che la cartella impugnata costituiva «la diretta conseguenza dell’analogo recupero effettuato con la cartella di pagamento derivante dalle rettifiche operate in sede di controllo formale ex art. 36bis del DPR 600/73 con riferimento alla dichiarazione integrativa presentata per l’anno 2012» , da ritenersi consolidate in quanto non contestate dalla società contribuente.
Con il secondo motivo, l’RAGIONE_SOCIALE denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000, dell’art. 2, comma 8 -bis , del d.P.R. n. 322/1998 (nel testo vigente ratione temporis ) e dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973.
La sentenza d’appello è censurata nella parte in cui ha riconosciuto il diritto della società di accedere al beneficio nonostante essa non avesse mai richiesto alcuna detassazione nRAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi relative all’anno di realizzazione dell’impi anto fotovoltaico (2009), né presentato dichiarazione integrativa nel termine di cui all’art. 2, comma 8bis , del d.P.R. n. 322/1998; inoltre, la C.T.R. avrebbe errato nel
ritenere emendabile la dichiarazione relativa al 2009, non sussistendo il presupposto di un «errore contabile»; a tal fine, in particolare, esclude che possa parlarsi di «situazione di incertezza normativa», idonea a far venir meno la necessità di applicare il termine di decadenza di cui all’evocato art. 2, comma 8 -bis , poiché il decreto ministeriale che aveva sancito la cumulabilità dei benefici costituiva una mera «precisazione ex post ».
Il terzo motivo, formulato in via di subordine, agita identica questione sotto forma di denunzia della regola di riparto dell’onere della prova.
Secondo la ricorrente, infatti, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe errato nel ritenere assolto, da parte della società, l’onere probatorio circa la sussistenza dei presupposti per accedere al beneficio, sulla base di una perizia di parte che essa aveva contestato.
Infine, con il quarto motivo -anch’esso formulato in via subordinata -la ricorrente denunzia violazione del combinato disposto degli artt. 9 del d.m. 19 febbraio 2007 e 19 del d.m. 5 luglio 2012, che prevedono limiti di cumulabilità fra la detassazione ambientale e gli incentivi riconosciuti dal cd. II Conto energia.
Osserva, al riguardo, che la contribuente aveva applicato il previsto limite di cumulabilità, pari al 20%, all’importo della detassazione ambientale, anziché a quello del risparmio teorico di imposta da esso derivante.
Il primo motivo è infondato.
5.1. La sentenza impugnata dà atto, nella parte in fatto, della deduzione erariale secondo cui «analogo recupero di imposta era stato effettuato per l’anno precedente 2012 con cartella di pagamento che non era stata impugnata», emessa a rettifica RAGIONE_SOCIALE perdite esposte nella dichiarazione integrativa, che erano state azzerate, con conseguente impossibilità di riportarl e nel successivo anno d’imposta.
Su tale base, la pronunzia prosegue, nella motivazione in diritto, dando atto della natura «certamente particolare e inconsueta» della procedura seguita dalla contribuente per recuperare l’agevolazione fiscale, tuttavia giustificata da suo stato soggettivo di «buona fede» caratterizzato dall’adeguamento a «indicazioni fornite dall’RAGIONE_SOCIALE con documenti di prassi, pur se riferiti a fattispecie non esattamente sovrapponibili»; e conclude osservando, su tali basi, che l’RAGIONE_SOCIALE «avrebbe dovuto procedere, in sede di contraddittorio dopo il controllo automatico della dichiarazione integrativa ad entrare nel merito della richiesta».
5.2. Tali evidenze escludono che i giudici d’appello abbiano trascurato di considerare la circostanza dell’esistenza di una pregressa cartella di pagamento, riferita alla prima dichiarazione in rettifica, non tempestivamente impugnata dalla società.
Risulta, al contrario, che nel percorso logico seguito dalla sentenza impugnata è stato preso in considerazione il dato della prima cartella, concernente la dichiarazione integrativa per l’anno 2012, rispetto alla quale i giudici regionali hanno evidenziato le criticità dell’operato dell’Ufficio.
Per come formulata, pertanto, la censura non può trovare accoglimento.
Anche il secondo motivo è infondato.
6.1. Affrontando il tema nell’ambito di controversie di contenuto analogo alla presente (più di recente, e per tutte, Cass. n. 24168/2025; Cass. n. 20099/2025; Cass. n. 8203/2025), questa Corte ha dettato principii che possono essere così compendiati:
-la regola dell’ emendabilità della dichiarazione dei redditi è riferibile all’ipotesi ordinaria in cui essa rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre non opera laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, salvo che il contribuente dimostri
l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 ss. cod. civ.;
-ai sensi dell’art. 2, commi 8 e 8bis , del d.P.R. n. 322/1998, le dichiarazioni annuali possono essere integrate, al fine di correggere errori ed omissioni, mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice e, laddove l’errore od omissione abbia determinato l’ indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito , l’integrazione va presentata non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo;
le denunce dei redditi costituiscono, di norma, RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di scienza e, quindi, possono essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti; ove per tali errori il contribuente sia assoggettato a tributi più gravosi di quelli previsti per legge , l’emendamento è consentito in ogni tempo e anche in sede contenziosa, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’ art. 2, comma 8bis , poc’anzi citat o, sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione dell’eventuale credito risultante dalla rettifica;
il contribuente può quindi emendare qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa all’amministrazione, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione, poiché in mancanza resterebbe assoggettato ad oneri diversi e più gravosi di quelli a suo carico per legge, in violazione dei principii costituzionali di capacità contributiva e oggettiva correttezza dell ‘ azione amministrativa.
6.2. Ciò posto, e passando al caso in esame, la contribuente ha affermato di non aver fruito del beneficio fiscale di cui alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , nell’ anno di realizzazione dell’impianto fotovoltaico , non già
per propria scelta discrezionale, bensì a causa dell’incertezza interpretativa in ordine alla cumulabilità con le tariffe incentivanti previste dal c d. ‘II Conto energia ‘, di cui già usufruiva.
Tale incertezza è stata risolta solo a seguito dell ‘adozione del d.m. 5 luglio 2012, il cui art. 19 ha posto fine ad ogni dubbio circa la possibilità di cumulare i benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere all’ agevolazione, sia pure con i modi e nei limiti in esso indicati; di tanto, peraltro, ha preso atto la stessa amministrazione fiscale, che, con la risoluzione n. 58/E del 20 luglio 2016 n. 58/E, si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare ‘ ora per allora ‘ dell’agevolazione, mediante dichiarazione dei redditi integrativa.
6.3. Quanto esposto designa il diritto della società contribuente a presentare dichiarazione integrativa e, per converso, il dovere del l’amministrazione finanziaria , in presenza dei presupposti, di consentirle l’accesso al l’agevolazione tributaria prevista dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ .
L ‘agevolazione in esame , del resto, è fruibile attraverso il meccanismo della variazione in diminuzione dell’imponibile, da operare nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stato realizzato l’investimento e, come avvenuto nel caso di specie, anche con dichiarazione integrativa nella quale far confluire i risultati della riliquidazione interna RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di altri anni di imposta (cfr. Cass. n. 35919/2023).
La sentenza impugnata, che ha affermato la sussistenza di tale diritto e la fruibilità del beneficio mediante variazione in diminuzione, è dunque esente dal vizio denunziato.
Il terzo motivo, nei termini proposti, è inammissibile.
7.1. La ricorrente, infatti, assume che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe violato la regola probatoria che sovraintende al riconoscimento dell’agevolazione
fiscale, secondo la quale è onere del contribuente dimostrare i fatti che ne consentono l’accesso.
È noto, tuttavia, che, in sede di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 cod. civ. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l ‘ onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare, secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni ( ex plurimis , Cass. n. 26739/2024, Cass. n. 26769/2018).
7.2. Nella specie, invece, la ricorrente contesta ai giudici d’appello di aver attribuito valore di prova alla perizia prodotta dalla società -in quanto «mai contestata né in sede pre-contenziosa sé in sede contenziosa» dall’Ufficio assumendo che, invece, con apposita controdeduzione essa aveva contestato l’ammontare dell’investimento detassabile che vi era esposto.
Una tale violazione, anche ove sussistente, avrebbe imposto l’articolazione di una diversa censura; in relazione alla regola probatoria applicabile, infatti, la sentenza impugnata ha correttamente affermato che «il contribuente ha adempiuto alla prova, di cui era onerato, della spettanza del beneficio», di seguito specificando le modalità di tale adempimento.
Anche il quarto motivo, infine, va dichiarato inammissibile, poiché afferisce a questione, non rilevabile d’ufficio, che l’amministrazione non risulta aver precedentemente dedotto in forma di motivo d’appello.
In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Non sussistono i presupposti per la condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, trattandosi di amministrazione pubblica patrocinata dall’Avvocatura dello Stato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida in € 2.8 00,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% rimborso forfetario e oneri accessori.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, il 10 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME