Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7746 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7746 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
Oggetto: Agevolazione RAGIONE_SOCIALE – Art. 6 13-19 l. 388/2000 – Diniego di autotutela – Comunicazione di irregolarità – Impugnabilità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28550/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del l’Abruzzo , n. 378/04/2017, depositata in data 9 maggio 2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
L ‘Agenzia delle entrate, con avviso del 28/04/2015, comunicava alla società RAGIONE_SOCIALE che a seguito di
contro
lli la dichiarazione Irap 2013 presentava degli errori, regolarizzabili con il pagamento di Euro 6.112,97.
La società contribuente presentava istanza di autotutela chiarendo di avere, qualche mese addietro, inoltrato la dichiarazione integrativa Unico 2013/Redditi 2012, ai sensi della Circolare 31/E del 24/09/2013, sia ai fini Ires sia ai fini Irap per due ragioni: da un lato, per recupero di maggiori costi dell’anno 2010, erroneamente registrati nel 2011, dall’altro, per recupero ‘detassazione per investimenti ambientali’ realizzati nel 2011, pari ad Euro 258.099,00, con maggiore Ires erroneamente versata per Euro 70.977,00.
Esponeva di aver realizzato nel 2011 un impianto fotovoltaico, per il quale aveva beneficiato della ‘tariffa incentivante’, ma poteva beneficiare anche dell’agevolazione di cui alla legge 388/2000 (Tremonti Ambiente), previa detassazione del reddito d’impr esa pari al valore ambientale.
L’Ufficio rigettava l’istanza di autotutela, affermando di essere venuta a conoscenza di ulteriori elementi e disconoscendo i costi relativi alla Tremonti Ambiente in quanto inseriti in una dichiarazione integrativa tardiva; inviava, pertanto, una comunicazione, in rettifica e sostituzione della precedente, con la quale veniva indicato, per il periodo d’imposta 2012, un credito da utilizzare in compensazione (Euro 218.982,00) minore di Euro 70.977,00 rispetto a quello dichiarato (Euro 289.959,00).
Avverso il diniego di autotutela la società contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Teramo, evidenziando che solo nel 2012 il legislatore aveva chiarito la possibilità di cumulo dell’incentivo e della detassazione, per cui non aveva potuto rettificare la dichiarazione dei redditi per l’anno 2011 (nel quale era stato sostenuto l’investimento); la ricorrente aveva, quindi, inviato, sulla scorta della Circolare 31/E del 2013, la dichiarazione di ‘sintesi’ in Unico 2013 , ed affermava che la
dichiarazione dei redditi poteva essere emendata anche ‘in sede di contenzioso’.
L’Ufficio si costituiva rilevando che il recupero non riguardava la spettanza o meno dell’agevolazione, ma unicamente il modo di fruizione della stessa, cioè la possibilità di adottare la procedura di cui alla circolare n. 31/E del 2013.
La CTP accoglieva il ricorso; premessa l’autonoma impugnabilità del provvedimento di rigetto dell’istanza di autotutela ex art. 19 d.lgs. n. 546/1992 (che, tra l’altro, nella specie aveva un oggetto più ampio dell’avviso bonario originariamente inviato, r iferito solo all’Irap), i giudici di prossimità affermavano che la contribuente poteva alternativamente scegliere di chiedere il rimborso di quanto versato in eccedenza ex art. 38 d.P.R. n. 602/1973 o di presentare la dichiarazione integrativa ex art. 2 comma 8bis del d.P.R. n. 322/1988, anche oltre il termine ivi previsto (ovvero quello della presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo), trattandosi di termine non perentorio.
L ‘Ufficio proponeva appello avverso la decisione dei giudici di primo grado, affidandosi a due motivi; da un lato, deduceva la perentorietà del termine previsto dall’art. 2 comma 8bis del d.P.R. n. 322/1988, e, poiché la società contribuente non aveva presentato alcuna dichiarazione integrativa per l’anno di imposta 2011 (anno di realizzazione dell’investi mento) non era più possibile portare in compensazione l’eccedenza nascente dalla modificazione della dichiarazione, potendo procedersi solo con l’istan za di rimborso; dall’altro, ribadiva l’inammissibilità del ricorso originario, poiché la comunicazione di irregolarità non è un atto impugnabile, bensì un mero atto endoprocedimentale.
La Commissione tributaria regionale del l’Abruzzo confermava la decisione di primo grado: circa il secondo motivo (esaminato in via preliminare) rilevava come per la giurisprudenza di legittimità sia l’avviso bonario sia il diniego di autotutela costituissero atti
autonomamente impugnabili. Con riferimento al primo motivo, dopo aver riportato il quadro normativo di riferimento ed il contenuto essenziale delle circolari nn. 132/E del 20/12/2010 e 31/E del 24/09/2013, richiamava la decisione a Sezioni Unite di questa Corte (n. 13378/2016), secondo la quale il contribuente poteva emendare errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi presentando la dichiarazione integrativa ex art. 2 comma 8bis d.P.R. n. 322/1998, entro il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo oppure avanzare istanza di rimborso entro 48 mesi dal versamento, ferma restando la facoltà di opporsi in sede contenziosa alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria. Nella specie la società contribuente aveva esercitato tale ultima facoltà, opponendosi alla pretesa dell’Agenzia, manifestatasi nella seconda comunicazione di irregolarità.
Contro la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l ‘Ufficio , affidato a due motivi. La società contribuente è rimasta intimata.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 05/03/2025.
Considerato che:
Con il primo motivo l ‘Agenzia denuncia , in relazione all’art. 360, comma prima, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 commi 8 e 8 bis D.P.R. n. 322/1988, 38 D.P.R. n. 602/1973, 1 Disp. Prel. Cod. Civ.». In particolare, afferma che la sentenza della CTR sarebbe erronea sotto un triplice profilo:
in generale, per avere illegittimamente elevato a fonte di diritto la circolare n. 31/E/2013, che costituisce un documento di prassi dell’Agenzia, riferito, tra l’altro, ad una specifica ipotesi (rettifica degli errori contabili nell’applicazione del principio della competenza), non ricorrente nella specie; di contro la normativa vigente (art. 2 comma 8bis d.P.R. n. 322/1988 e 38 d.P.R. n. 602/1973), come ricostruita nella circolare del 2010 non poneva ulteriori alternative alla presentazione della dichiarazione integrativa ed all’istanza di rimborso;
nello specifico, per avere la CTR disapplicato le uniche norme regolatrici della fattispecie (richiamate alla lettera a) ed aver ammesso l’utilizzabilità generalizzata della procedura prevista dalla circolare del 2013 (presentazione della cd. dichiarazione di sintesi); di contro, ai fini della fruizione tardiva della cd. RAGIONE_SOCIALE è necessario presentare la dichiarazione integrativa o l’istanza di rimborso nei termini previsti dalle disposizioni normative sopra riportate;
in via residuale, per avere la CTR affermato la possibilità, per il contribuente, di contestare la maggiore pretesa tributaria anche in sede processuale, mediante l’impugnazione di un atto ‘riscossivo’ , sulla scorta della sentenza delle Sezioni Unite n. 13378/2016, che però ammette tale possibilità solo in caso di errori nella dichiarazione dei redditi (nella specie, invece, si tratta di far valere a posteriori un’agevolazione tributaria).
Con il secondo motivo l’Ufficio lamenta, sempre in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19 e 21 D. Lgs. n. 546/92» per avere la CTR ritenuto ammissibile l’impugnazione della comunicazione di irregolarità. L’Agenzia, pur essendo a conoscenza dell’orientamento di questa Corte (favorevole all’impugnativa immediata della detta comunicazione), ripropone la questione alla luce della natura endoprocedimentale del detto atto.
Motivi di ordine logicogiuridico impongono l’esame, in via prioritaria, del secondo motivo. La doglianza è infondata.
Secondo un (ormai) granitico orientamento di questa Corte (da ultimo v. Cass. 08/09/2022, n. 26523), espresso in plurime pronunce anche recenti, con cui si è giunti a rimeditare il contrario e precedente orientamento recepito nelle sentenze del 2007 (Sez. U. nn. 16293 e 16428), «l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, pur avendo natura tassativa, non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti con i quali l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben
individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, dovendo intendersi la tassatività riferita non ai singoli provvedimenti nominativamente indicati ma alle “categorie” a cui questi ultimi sono astrattamente riconducibili, nelle quali vanno ricompresi gli atti atipici, o con nomen iuris diversi da quelli indicati, che però producono gli stessi effetti giuridici. (…) In sintesi, il principio da cui desumere l’impugnabilità di un atto si ricava dall’assioma che un atto che abbia contenuto impositivo, anche se non è assimilabile ad alcuna delle categorie previste dall’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, non può essere privato di tutela giurisdizionale.
All’affermazione della facoltà di proporre immediata impugnazione dell’atto non espressamente indicato dall’articolo appena menzionato non è, tuttavia, affiancata la cristallizzazione della pretesa tributaria, ove l’impugnazione non sia effettuata e la pretesa venga successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall’articolo menzionato, perché l’impugnazione è, appunto, una facoltà della parte, e non un onere, e, pertanto, non può determinare alcuna decadenza (operante solo se normativamente prevista) per il caso in cui essa non venga esercitata (in tal senso, v. Cass. 11/02/2015, n. 2616; Cass. 18/07/2016, n. 14675; Cass. 11/05/2018, n. 11471; Cass. 31/10/2018, n. 27805; Cass. 21/01/2020, n. 1230; negli stessi termini, Cass. 29/10/2021, n. 30736)».
Il suesposto principio risulta affermato anche con specifico riferimento alla comunicazione di irregolarità, cd. avviso bonario (Cass. 11/05/2012, n. 7344, Cass. 19/02/2016, n. 3315, Cass. 08/05/2019, n. 12133, Cass. 05/07/2021 n. 18974 e Cass. n. 26523/2022 cit.).
La CTR ha statuito in piena adesione ai detti principi ritenendo nella specie ammissibile l’impugnativa proposta dalla società contribuente avverso una comunicazione di irregolarità, resa in rettifica di una precedente, in sede di diniego di autotutela, ed
avente ad oggetto una pretesa tributaria più ampia di quella originariamente comunicata (e rettificata).
Nella fattispecie è, infatti, pacifico che l’atto impugnato presenti tutti i requisiti così delineati da questa Corte, dando atto dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto nonché della quantificazione della pretesa tributaria, sicché esso era certamente impugnabile. Né le argomentazioni svolte dalla difesa erariale, inerenti la natura endoprocedimentale dell’atto de quo , appaiono idonee a scalfire i principi di rango costituzionale su cui questa Corte ha rimeditato il suo convincimento.
4. Anche il primo motivo è infondato.
La lettura restrittiva del principio generale di emendabilità delle dichiarazioni fiscali anche in sede contenziosa non appare corretta.
4.1. In primo luogo, occorre muovere dal quadro normativo di riferimento. L’art 2, comma 8, del D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322 permette di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori ed omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice. Il successivo comma 8-bis, inoltre, consentiva – nella versione vigente ratione temporis – di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.
In merito alla portata applicativa della norma, questa Corte ha chiarito (a partire da Cass., Sez. U., 30 giugno 2016, n. 13378) che in tema di imposte dirette il principio di generale emendabilità della dichiarazione è riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 ss. cod. civ. (tra
le tante: Cass., 30/09/2015, n. 19410; Cass., 4/03/2020, n. 6016). In questa prospettiva è stato affermato che le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.
Si è, quindi, affermato che «in tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è emendabile anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’art. 2, comma 8 -bis, del D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322 sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del D.L.vo 9 luglio 1997 n. 241, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica» e, pertanto, deve «riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco – anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato – allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato» (Cass. 20/12/2021, n. 40862, resa in ipotesi di agevolazioni ex lege 388/2000).
4.2. Tali principi sono stati altresì di recente ulteriormente precisati ritenendo che il termine annuale di cui all’ art. 2, comma 8bis, del D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, previsto per la presentazione della dichiarazione integrativa e finalizzata all’utilizzo in compensazione del credito eventualmente risultante, così come non interferisce sul termine di decadenza di quarantotto mesi previsto per l’istanza di rimborso di cui all’art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (tra le tante: Cass., 20/04/2012, n. 6253; Cass., 28/01/2020, n. 1862) non esplica alcun effetto sul procedimento contenzioso instaurato dal contribuente per contestare la pretesa
tributaria, quand’anche fondata su elementi o dichiarazioni forniti dal contribuente medesimo.
In conclusione, è stata affermata l’emendabilità, in via generale, di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’amministrazione tributaria, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione; ciò per l’impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.), e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.). Il contribuente, quindi, non solo può contestare, anche emendando le dichiarazioni da lui presentate all’amministrazione finanziaria, l’atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico; ma tale contestazione, impugnando la cartella esattoriale, è l’unica possibile non essendogli consentito di esercitare alcuna reazione di rimborso dopo il pagamento della cartella (tra le tante: Cass., Sez., 4/05/2004, n. 8456; Cass., 27/07/2020, n. 15982).
4.3. La decisione della CTR circa la possibilità, per il contribuente di opporsi, in sede contenziosa, alla pretesa tributaria azionata dal fisco, pur dopo il decorso del termine per la presentazione della dichiarazione integrativa è, in definitiva, corretta in quanto conforme alla giurisprudenza costante di questa Corte.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla va disposto sulle spese atteso che la società contribuente è rimasta intimata.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1quater , d.P.R. 30/05/2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 marzo 2025.