Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16432 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16432 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4558 -20 21 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, domicilia ;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in fallimento ;
– intimato – avverso la sentenza n. 3413/16/2020 della Commissione tributaria regionale del LAZIO, depositata in data 11/11/2020;
Oggetto: Tributi – credito IVA – dichiarazione integrativa
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, in fallimento, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE risultanze di un p.v.c. redatto in data 9 giugno 2017, da cui emergeva che la predetta società contribuente aveva omesso la presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno 2012, presentata soltanto il 22/09/2016, con la sentenza impugnata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) del Lazio rigettava l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE avverso la sfavorevole sentenza di primo grado.
1.1. Secondo i giudici di appello dovevano considerarsi valide ed efficaci, ai sensi dell’art. 2, commi 8 e 8 -bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, come modificato dall’art. 5 del d.l. n. 193 del 2016, le dichiarazioni integrative IVA presentate dalla società contribuente per gli anni 2010, 2012 e 2013 ancorché la stessa non avesse presentato alcuna dichiarazione entro gli ordinari termini di decadenza, sicché il credito vantato dalla contribuente andava quantificato in 2.817.986,00 euro, e che la mancata indicazione del credito di 2.484.788,00 euro, già riconosciuto nel 2009, riportato nella dichiarazione del 2010, ma non in quello del 2011, ma indicato nuovamente in quella del 2013, doveva ricondursi a mero errore materiale nella compilazione della predetta dichiarazione.
Avverso tale statuizione l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui non replica l’ intimata società.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente deduce la violazione o falsa
applicazione dell’art. 8, comma 6 -bis, del d.p.r. 22.7.1998 n. 322, anche in combinato disposto con l’art. 115 c.p.c.
Sostiene la ricorrente che la CTR aveva erroneamente ritenuto sussistente il credito IVA riportato nella dichiarazione IVA relativa all’anno 2010 per un importo di 2.817.986,00 euro, condividendo al riguardo l’ assunto della società contribuente che aveva invocato un mero errore materiale nella compilazione della dichiarazione relativa all’anno 2011, richiamando, all’uopo, l’art. 8, comma 6 -bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, aggiunto dal d.l. n. 193 del 2016, che disciplina i termini di rettifica della dichiarazione IVA per correggere errori ed omissioni, ma omettendo di considerare che, anche ammettendo che le dichiarazioni IVA potessero in astratto essere rettificate per ovviare ad errori ed omissioni nei termini di cui alla citata disposizione, le dichiarazioni integrative presentate dalla contribuente per gli anni 2010, 2012 e 2013 erano inefficaci in quanto le stesse presuppongono la valida presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni originarie che, nel caso di specie, per le annualità citate, erano state pacificamente omesse.
Il motivo è fondato e va accolto.
E’, infatti, condivisibile la tesi sostenuta dalla ricorrente secondo cui la dichiarazione integrativa presuppone la presentazione di una originaria dichiarazione, tempestivamente presentata nei termini ordinari o entro il novantesimo giorno dalla scadenza, per come deve desumersi dal disposto di cui all’art. 13, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 472 del 1997. Come, infatti, condivisibilmente affermato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 13378 del 2016 (par. 19), «La dichiarazione “integrativa” suddetta – per la stessa funzione alla stessa attribuita dalla norma – viene a saldarsi con la originaria dichiarazione presentata, modificando “ora per allora” il contenuto RAGIONE_SOCIALE voci reddituali indicate». Mancando tale
dichiarazione, quella integrativa eventualmente presentata sarebbe del tutto priva di efficacia.
Da ciò consegue l’erroneità della statuizione d’appello che ha ritenuto applicabile alla fattispecie il disposto di cui all’art. 2, comma 8-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, come modificato dal d.l. n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 225 del 2016, al riguardo annotandosi che detta disposizione detta i termini per la presentazione della dichiarazione, anche integrativa, in materia di imposte sui redditi e di I.R.A.P. e non in materia di IVA, i cui termini e modalità di presentazione della dichiarazione in rettifica sono previsti invece dall’art. 8, comma 6 -bis, del predetto d.P.R., aggiunto dal citato decreto-legge, in vigore dal 24/10/2016, analogamente inapplicabile al caso di specie in quanto disposizione non avente efficacia retroattiva (Cass. n. 17506 del 2019).
Deve, quindi, farsi applicazione del principio giurisprudenziale secondo cui «In tema di IVA, il diritto alla detrazione deve essere riconosciuto anche nel caso di violazione di requisiti formali di cui agli artt. 18 e 22 della direttiva n. 77/388/CEE (cd. sesta direttiva) – quali la mancata redazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni periodiche o di quella annuale, ovvero l’omessa tenuta del registro IVA acquisti – qualora il contribuente dimostri, mediante fatture o altra idonea documentazione contabile, il rispetto dei requisiti sostanziali di cui all’art. 17 della citata direttiva, purché detto diritto venga esercitato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è sorto ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 322 del 1998» (Cass. n. 19938 del 2018).
In senso analogo si è recentemente espressa Cass. n. 15060 del 2022 che ha ribadito che «il diritto alla detrazione dell’imposta, in applicazione della previsione di cui all’art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 322 del 1998, va esercitato entro il termine previsto per la
presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è sorto, non essendo sufficiente la semplice indicazione del credito nella prima dichiarazione utile, fatto salvo in ogni caso il diritto al rimborso del credito per il quale si è maturata la decadenza dall’esercizio del diritto di detrazione».
Al riguardo pare opportuno precisare che, trattandosi di decadenza stabilita dalle leggi fiscali in favore dell’Amministrazione finanziaria, la stessa è pacificamente rilevabile d’ufficio, persino in sede di legittimità in quanto attinente a situazioni indisponibili determinate dall’esigenza di assicurare la stabilità RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE tributarie entro un periodo di tempo definito (cfr. Cass., Sez. 5, sentenza n. 20617 del 29/09/2020, par. 3.3.).
Nel caso in esame, in cui il credito IVA era stato «già riconosciuto nel 2009» (così nella sentenza impugnata), è incontestata l’omessa presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni per gli anni d’imposta successivi, sicché la ricorrente è definitivamente decaduta dal diritto alla detrazione del credito IVA esposto in quella dichiarazione.
In estrema sintesi, d all’accoglimento del ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata con decisione nel merito di rigetto dell’originario ricorso della società contribuente , non essendovi ulteriori accertamenti di fatto da compiere. Le spese processuali, stante il rilievo ufficioso dell’intervenuta decadenza della società contribuente dal diritto al rimborso, vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della società contribuente . Spese compensate.
Così deciso in Roma il 28 marzo 2024