Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28326 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28326 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 5445/2021, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rapp.te pro tempore NOME COGNOME, rappresentata e difesa, per procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, la quale indica l’indirizzo p.e.c. EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1565/26/2020 della Commissione tributaria regionale della Lombardia -sez. staccata di Brescia, depositata il 13 luglio 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 settembre 2025 dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE sostenne, negli anni d’imposta 2010 e 2011, investimenti per l’acquisto di un impianto fotovoltaico, in relazione ai quali beneficiò della tariffa incentivante erogata dal GSE di cui al d.m. 19 febbraio 2007 (cd. II RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE).
A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 28/2011 e dei chiarimenti forniti sul punto dal d.m. 5 luglio 2012 (cd. V RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), la società si risolse poi a usufruire anche dei benefici fiscali accordati dalla l. n. 388/2000 (cd. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), riliquidando, a seguito di apposita perizia valutativa della componente ambientale dell’investimento ammesso in deduzione, le dichiarazioni dei redditi, che fornì anche alla propria consolidante RAGIONE_SOCIALE ai fini della compilazione del Modello Unico consolidato 2013.
Ricevuta dall’amministrazione finanziaria una comunicazione di irregolarità, e chiestane invano la revoca in autotutela, la società fu quindi destinataria di cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato; detta cartella venne impugnata innanzi alla C.T.P. di Bergamo, che accolse il ricorso.
Il successivo appello dell’amministrazione finanziaria fu accolto dalla decisione indicata in epigrafe.
I giudici regionali rilevarono, anzitutto, che il valore degli investimenti ambientali era stato determinato con una semplice perizia tecnica, non giurata né asseverata, inidonea, in mancanza di allegazione RAGIONE_SOCIALE fatture relative all’investimento realizzat o, a
soddisfare l’onere probatorio che grava, in proposito, sul contribuente; ancora, osservarono che risultava applicato in maniera erronea il limite di cumulabilità degli incentivi previsto dall’art. 9 del d.m. 19 febbraio 2007; rilevarono, infine, che la società aveva inserito la perdita asseritamente maturata in una dichiarazione dei redditi relativa ad anno d’imposta per il quale l’agevolazione richiesta era stata abrogata, quando i benefici di cui alla cd. RAGIONE_SOCIALE non potevano essere richiesti con dichiarazione successiva a quella di competenza, ancorché si trattasse di dichiarazione integrativa.
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 36bis del d.P.R. n. 600/1973, 18 e 19 del d.lgs. n. 546/1992 e 112 cod. proc. civ., nonché degli artt. 5 del r.d. n. 1366/1922 e 102, comma 7, del TUIR.
La ricorrente critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non adeguatamente dimostrata, da parte sua, la sussistenza dei presupposti per l’accesso ai benefici previsti dalla cd. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
In proposito, osserva anzitutto che l’Ufficio aveva esercitato la propria pretesa impositiva non già mediante la notifica di un atto impositivo contenente le ragioni della stessa, bensì con cartella di pagamento scaturente da controllo formale, che non presupponeva una verifica nel merito e, pertanto, non richiedeva l’assolvimento, da parte sua, dell’onere probatorio pieno quanto ai presupposti della fattispecie.
Osserva, in ogni caso, che nessuna RAGIONE_SOCIALE disposizioni agevolatrici impone la presentazione di una perizia, tantomeno giurata, incombente al quale essa aveva adempiuto per motivi di mera prassi.
Rileva infine, quanto alla prova dei costi sostenuti, che la detassazione richiesta concerneva un impianto da lei utilizzato in locazione finanziaria, del quale solo, pertanto, erano deducibili i costi; e tale contratto era stato prodotto fin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 152, della l. n. 244/2007, 26, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011, 9 del d.m. 19 febbraio 2007 e 19 del d.m. 5 luglio 2012.
La sentenza impugnata è criticata nella parte concernente l’applicazione del limite di cumulabilità degli incentivi previsto dall’art. 9 del d.m. 19 febbraio 2007.
Secondo la ricorrente, la C.T.R. avrebbe ritenuto che il citato limite fosse da considerare in termini di variazione in diminuzione e non di risparmio d’imposta quando invece, con l’art. 26, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011, norma di interpretazione autentica, il legislatore aveva preso posizione a favore della possibilità di cumulare l’incentivo erogato dal RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) con la fruizione della detassazione.
Infine, con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2, comma 8 -bis , del d.P.R. n. 322/1998 in relazione all’art. 1429 cod. civ., assumendo che i giudici regionali avrebbero errato nel ritenere non più emendabile la dichiarazione dei redditi da lei presentata nella vigenza della normativa agevolatrice.
Rileva, al riguardo, che in un primo momento essa aveva ritenuto non applicabile l’agevolazione, in presenza di un incerto quadro interpretativo; osserva, inoltre, che la l. n. 322/2000 non richiede
l’esercizio di un’opzione, né, tantomeno, indica tempi o modi per beneficiare dell’agevolazione.
Il terzo motivo va esaminato prioritariamente in quanto, ove si dovesse ritenere la contribuente decaduta dalla facoltà di emendare le proprie dichiarazioni dei redditi, verrebbe meno l’interesse a valutare la fondatezza della richiesta di accesso al beneficio e, pertanto, resterebbero assorbite le prime due censure.
4.1. La censura è, in tesi, fondata anche se tale fondatezza, per come si dirà meglio infra, non è idonea alla cassazione della sentenza impugnata.
La ricorrente ha affermato di aver presentato la propria dichiarazione integrativa soltanto dopo che si era chiarito il quadro interpretativo relativo alla cumulabilità del l’agevolazione prevista dalla RAGIONE_SOCIALE con altre agevolazioni richieste.
La questione, più volte scrutinata da questa Corte, va decisa in conformità all’indirizzo interpretativo ormai costantemente espresso.
4.2. In particolare, è stato affermato (v. fra le numerose altre Cass. n. 20125/2025; Cass. n. 19564/2025; Cass. n. 33660/2022; Cass. n. 40862/2021) che la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta con riferimento alla detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla c.d. “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE” (art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000) non osta al successivo emendamento RAGIONE_SOCIALE precedenti dichiarazioni, in quanto riconducibile all’ incertezza interpretativa risolta solo a seguito dell’art. 19 del d.m. 5 luglio 2012, che ha posto fine ad ogni dubbio circa la possibilità di cumulare più benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere a tale agevolazione.
È ben vero che, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, il contribuente può presentare la dichiarazione integrativa
per la loro correzione, ai sensi dell’art. 2, comma 8bis , del d.P.R. n. 322 del 1998, non oltre il termine di presentazione di quella riguardante il periodo di imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante in caso di avvenuto pagamento di somme maggiori rispetto a quelle dovute; ma è altrettanto vero che, indipendentemente dal rispetto del suddetto termine, il contribuente può in ogni caso opporsi, in sede contenziosa, alla maggior pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (Cass. Sez. U, n. 13378/2016; nello stesso senso, Cass. n. 16624/2025; Cass. n. 15211/2023).
Pertanto, quando, come nella specie, quando l’ Amministrazione, a causa di errori dichiarativi compiuti dal contribuente a suo danno, pretenda da quest’ultimo somme indebite, egli ha sempre il diritto di opporsi e di far valere la giusta imposizione.
4.3. La mancata fruizione del beneficio in presenza di incertezza interpretativa, infatti, è situazione assimilata, quanto agli effetti in rilievo nella presente vicenda, ad un errore dichiarativo.
Le menzionate decisioni, fra le altre, hanno infatti esteso alla presente fattispecie il principio secondo cui «in tema di dichiarazione dei redditi, in caso di mancata fruizione di beneficio fiscale da parte del contribuente, l’errore di fatto o di diritto è emendabile, mediante dichiarazione integrativa, qualora sia imputabile all’obiettiva incertezza interpretativa sulla norma agevolativa» (Cass. n. 34712/2022).
Del resto, anche l’RAGIONE_SOCIALE, con la risoluzione 20 luglio 2016 n. 58/E, si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare ‘ ora per allora ‘ dell’agevolazione in parola mediante dichiarazione integrativa ammettendo « possibilità di beneficiare dell’agevolazione in un periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’investimento ambientale», in quanto «la mancata
indicazione della deduzione per fruire della detassazione ambientale entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria non di ostacolo alla possibilità di avvalersi di tale deduzione in sede di dichiarazione dei redditi integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8 bis, del D.P.R. n. 322 del 1998. Decorsi i termini per la presentazione della dichiarazione a favore di cui all’articolo 2, comma 8 bis, del D.P.R. n. 322 del 1998, è altresì possibile recuperare l’agevolazione presentando un’istanza di rimborso, ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602».
Ciò posto, si può procedere all’esame del primo motivo .
5.1. Nel profilo attinente alla legittimità della pretesa impositiva, in quanto esercitata mediante notifica di una cartella di pagamento ex art. 36bis del d.P.R. n. 600/1973, la censura è infondata.
Come questa Corte ha ribadito anche recentemente, laddove l’amministrazione accerti, su presupposti meramente cartolari, che il contribuente ha utilizzato indebitamente un credito d’imposta, così generando un debito nei confronti del fisco, è legittimo l’esercizio della pretesa recuperatoria mediante notifica di una cartella di pagamento (così Cass. n. 16624/2025 in motivazione; il principio è espresso, fra le altre, da Cass. n. 20643/2021).
Nel caso di specie, procedendo a un mero accertamento cartolare in base all’assetto normativo esistente al tempo del periodo d’imposta in relazione al quale ha esercitato il recupero, l’Ufficio ha dunque ha legittimamente utilizzato lo strumento procedimentale di cui a ll’art. 36 -bis .
5.2. Per la parte attinente alla prova dell’accessibilità al beneficio, il motivo è poi inammissibile.
La ricorrente, infatti, contesta la valutazione della prova da lei offerta compiuta dai giudici d’appello, invocando la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ.
Quest’ultima, tuttavia, si configura unicamente nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando il ricorrente intenda lamentare che, a causa di una incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, la sentenza impugnata abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata non avesse assolto tale onere (fra le altre, Cass. n. 9055/2022; sullo specifico tema, Cass. n. 19132/2025).
Nella specie, la C.T.R., sulla base dei diversi elementi dedotti dalla parte -ed, in particolare, sulla scorta della perizia stragiudiziale e della documentazione che avrebbe dovuto dimostrare gli esborsi sostenuti -ha ritenuto non assolto l’onere probatorio incombente sulla contribuente circa la quantificazione del sovraccosto ambientale deducibile; in tal modo, non ha affatto violato il disposto dell’art. 2697 cod. civ.
La RAGIONE_SOCIALE, peraltro, dopo aver rilevato la mancanza di asseverazione della perizia ed aver spiegato le ragioni di tale conclusione e della condivisione sul punto della sentenza di primo grado, ha comunque esaminato il merito della richiesta, ritenendo che la medesima non fosse adeguatamente giustificata.
Il primo motivo va dunque complessivamente rigettato, il chè rende vana la fondatezza del terzo motivo.
Poiché il primo motivo attiene ad autonoma ratio decidendi della pronunzia impugnata, diviene superfluo l’esame della restante censura; il ricorso va, dunque, respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Sussistono i presupposti per la condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, liquidate in complessivi € 4.800,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, il 26 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME