Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14889 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14889 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli AVV_NOTAIO del Foro di Torino e NOME AVV_NOTAIO, che hanno indicato recapito EMAIL, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 1447, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte il 17.5.2018, e pubblicata il 24.9.2018; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; la Corte osserva:
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–
Oggetto: Ires
2012
Investimenti
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COGNOME
RAGIONE_SOCIALE
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Accesso
all’agevolazione
Dichiarazione
integrativa
Ammissibilità – Termini.
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE la RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE la cartella di pagamento n. NUMERO_DOCUMENTO, emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi ai sensi dell’art. 36 bis del Dpr n. 600 del 1973, mediante la quale disconosceva un invocato maggior credito ai fini Ires, in relazione all’anno 2012, negando l’utilizzabilità del c.d. bonus disciplinato dalla COGNOME RAGIONE_SOCIALE, art. 6, commi da 13 a 19, della legge n. 388 del 2000. Nella specie trattasi di benefici fiscali dipendenti dall’istallazione di impianti fotovoltaici nel 2009.
La società impugnava la cartella esattoriale innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Asti, proponendo plurime censure ed affermando, tra l’altro e per quanto ancora di interesse, la piena legittimità della dichiarazione integrativa presentata, che era stata reputata non proponibile e comunque tardiva dall’Amministrazione finanziaria. La CTP stimava fondate le difese proposte dalla contribuente ed annullava la cartella di pagamento impugnata.
L’Amministrazione finanziaria spiegava appello avverso la decisione assunta dai giudici di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte. La CTR accoglieva il ricorso, ritenendo che la libera opzione della contribuente di non avvalersi RAGIONE_SOCIALE agevolazioni previste dalla RAGIONE_SOCIALE non fosse suscettibile di essere modificata mediante dichiarazione integrativa, pertanto riformava la decisione della CTP e riaffermava la piena validità ed efficacia della cartella esattoriale.
4 . Avverso la decisione assunta dal giudice dell’appello ha proposto ricorso per cassazione la società, affidandosi ad un motivo di ricorso. L’ RAGIONE_SOCIALE resiste mediante controricorso. La contribuente ha pure depositato memoria.
Motivi della decisione
Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente contesta la violazione del combinato disposto dagli artt. 2, comma 8, nonché 8 bis del Dpr n. 322 del 1998 per avere la CTR erroneamente ritenuto che la mancata tempestiva richiesta dell’agevolazione fiscale di cui all’art. 6, commi da 13 a 19, della legge n. 388 del 2000 (c.d. COGNOME RAGIONE_SOCIALE), sia un opzione non modificabile mediante dichiarazione integrativa.
Occorre preliminarmente ricordare che la contribuente mediante la sua memoria, depositata in prossimità della fissata udienza, ha domandato di valutare l’opportunità di definire questo giudizio a seguito di una pubblica udienza, in considerazione della peculiarità e rilevanza della materia trattata.
Invero questa Corte regolatrice ha già condivisibilmente chiarito, in proposito: ‘In via preliminare di rito, attesa l’espressa istanza di cui alla memoria di trattazione in pubblica udienza, va rilevato che il collegio giudicante può escludere, nell’esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare (Cass., Sez. U., 5/06/2018, n. 14437); ugualmente allorquando non si verta in tema di decisioni aventi rilevanza nomofilattica, idonee a rivestire efficacia di precedente, orientando, con motivazione avente anche funzione extra processuale, il successivo percorso della giurisprudenza (Cass., Sez. U., 23/04/2020, n. 8093; Cass. 21/01/2022, n. 2047; Cass. 13/01/2021, n. 392; Cass. 20/11/2020, n. 26480). In ogni caso, si è anche affermato che la sede dell’adunanza camerale è compatibile con la trattazione di questioni nuove, soprattutto se non oggettivamente inedite (Cass. 26/10/2022 n.31679)’, Cass. sez. V, 3.7.2023, n. 18644.
Tanto premesso, scrive la CTR che ‘il punto nodale della questione è riassumibile non nel tema del mancato rispetto del termine per rettificare un errore dell’originaria dichiarazione dei
redditi (aspetto meramente formale), quanto il mancato esercizio di un’opzione del contribuente, ossia del mancato esercizio di una scelta tipicamente imprenditoriale (aspetto soggettivo legato ad un diritto soggettivo potestativo), che solo il titolare del diritto soggettivo a tale scelta poteva effettuare. Non è stata esercitata tale opzione e, dunque, pur nell’incertezza di provvedimenti (del RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE) non perfettamente coordinati tra di loro, non è più emendabile con la presentazione di dichiarazione integrativa, oltretutto tardiva … l’Ufficio appellante ha ragione: non si pone qui un problema di emendabilità, seppur tardiva, della dichiarazione dei redditi originaria, ma di scelte, di opzioni, non esercitate per tempo e nel rispetto RAGIONE_SOCIALE procedure’ (sent. CTR, p. II s.).
3.1. Contesta la ricorrente che l’investimento era stato effettuato nel 2009, istallandosi pannelli fotovoltaici e la società aveva già fruito della tariffa incentivante del secondo conto energia. Si era quindi ingenerata una oggettiva incertezza normativa circa la cumulabilità dei benefici e la mancata tempestiva richiesta dei benefici della COGNOME RAGIONE_SOCIALE (art. 6, commi da 13 a 19 della legge n. 388 del 2000), non era dipesa da una libera scelta imprenditoriale. Risolta l’incertezza normativa con Dm 5.7.2012, la società aveva presentato dichiarazioni integrative con riferimento agli anni dal 2010 al 2013.
In simili circostanze, sostiene la contribuente, non deve dubitarsi della possibilità di presentare la dichiarazione integrativa, e comunque la Cassazione ha riconosciuto il diritto all’emenda anche in sede contenziosa
3.2. Nel suo controricorso l’RAGIONE_SOCIALE insiste nel sostenere che la emenda era inammissibile, perché volta ad incidere non su un errore del contribuente, bensì su una sua libera scelta imprenditoriale. In ogni caso la dichiarazione integrativa era
stata presentata tardivamente, quando erano ampiamente decorsi i termini di legge.
3.3. Invero, questa Corte di legittimità ha già avuto modo di scrutinare le questioni ora sottoposte al suo esame, ed ha dettato principi condivisibili ai quali si intende pertanto assicurare continuità.
L’art. 2, comma 8, del Dpr 22 luglio 1998 n. 322 consente di integrare le dichiarazioni annuali, al fine di correggere errori ed omissioni, mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice.
Il successivo comma 8 bis consentiva, inoltre, nella versione vigente ratione temporis , di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. In merito alla portata applicativa della norma, questa Corte ha chiarito (cfr. Cass. S.U., 30.6.2016, n. 13378) come in tema di imposte dirette il principio di generale emendabilità della dichiarazione sia riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 ss. cod. civ. (cfr., tra le altre, Cass. sez. V, 30.9.2015, n. 19410).
In questa prospettiva è stato affermato che le denunce dei redditi costituiscano di norma RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.
3.4. La Suprema Corte non ha peraltro mancato di precisare che in tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è comunque emendabile, anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’art. 2, comma 8 bis , del D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322 sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del D.L.vo 9 luglio 1997 n. 241, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica (cfr., tra le altre, Cass. sez. V, 13.1.2016, n. 373). ‘Deve, pertanto, riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco … allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato’, Cass. sez. V, 28.11.2018, n. 30796.
3.4.1. Può quindi confermarsi l’emendabilità, in generale, di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’Amministrazione tributaria, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione; tanto deve affermarsi per l’impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.), e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.).
Il contribuente può quindi contestare, anche emendando le dichiarazioni da lui presentate all’Amministrazione finanziaria, l’atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico.
3.5. Tanto premesso, con riferimento al caso in esame, la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno
di imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società contribuente, bensì all’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità RAGIONE_SOCIALE agevolazioni tributarie di cui già usufruiva, con la detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla c.d. “COGNOME ambientale” (art. 6, commi da 13 a 19, della Legge 23 dicembre 2000 n. 388). Incertezza interpretativa che è stata risolta solo a seguito dell’art. 19 del D.M. 5 luglio 2012, il quale ha posto fine ad ogni dubbio circa la possibilità di cumulare più benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere a tale agevolazione. Anche la risoluzione resa dall’RAGIONE_SOCIALE il 20 luglio 2016 n. 58/E si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare “ora per allora” dell’agevolazione c.d. “COGNOME ambientale” (art. 6, commi da 13 a 19, della Legge 23 dicembre 2000 n. 388) mediante dichiarazione dei redditi integrativa ex art. 2, comma 8 bis , del D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, chiarendo che: «Con riguardo, infine, alla possibilità di beneficiare dell’agevolazione in un periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’investimento ambientale, conformemente a quanto chiarito con la risoluzione n. 132/E del 20 dicembre 2010 in relazione alla già citata agevolazione “RAGIONE_SOCIALE“, si è ritenuto che la mancata indicazione della deduzione per fruire della detassazione ambientale entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria non sia di ostacolo alla possibilità di avvalersi di tale deduzione in sede di dichiarazione dei redditi integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8 bis , del D.P.R. n. 322 del 1998. Decorsi i termini per la presentazione della dichiarazione a favore di cui all’articolo 2, comma 8 bis , del D.P.R. n. 322 del 1998, è altresì possibile recuperare l’agevolazione presentando un’istanza di rimborso, ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602».
3.6. Questa Corte ha recentemente espresso, in materia, il condivisibile principio di diritto secondo cui ‘in tema di
dichiarazione dei redditi, in caso di mancata fruizione di beneficio fiscale da parte del contribuente, l’errore di fatto o di diritto è emendabile, mediante dichiarazione integrativa, qualora sia imputabile all’obiettiva incertezza interpretativa sulla norma agevolativa (nella specie, relativa alla cumulabilità RAGIONE_SOCIALE agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal “conto energia” e nella detassazione, “ora per allora”, degli investimenti ambientali ai sensi della cd. “COGNOME ambientale”)’, Cass. sez. VI-V, 20.12.2021, n. 40862 (cfr., anche, da ultimo, Cass. sez. V, 15.11.2022, n. 33660).
La contribuente, pertanto, aveva diritto di presentare dichiarazione integrativa, e, in assenza di ragioni ostative che non emergono dagli atti del presente giudizio, l’Amministrazione finanziaria doveva ammetterla a fruire dell’agevolazione tributaria prevista dalla COGNOME ambientale.
Non si è attenuta a questi principi la CTR nella decisione impugnata, il ricorso deve pertanto essere accolto e l’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte perché proceda a nuovo giudizio.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , cassa la decisione impugnata e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, affinché proceda a nuovo giudizio, nel rispetto dei principi esposti, e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 9 maggio 2024.