Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28323 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28323 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 19160/2022, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rapp.te pro tempore NOME COGNOME , rappresentata e difesa, per procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, la quale indica l’indirizzo p.e.c. EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 67/01/2022 della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata il 10 gennaio 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 settembre 2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE sostenne, nell’anno d’imposta 2010, un investimento per l’acquisto di un impianto fotovoltaico, in relazione a l quale beneficiò della tariffa incentivante erogata dal GSE di cui al d.m. 19 febbraio 2007 (cd. II Conto Energia).
In seguito, la società usufruì anche dei benefici fiscali accordati dalla l. n. 388/2000 (cd. Tremonti Ambiente), riliquidando, a seguito di apposita perizia valutativa della componente ambientale dell’investimento ammesso in deduzione, le proprie dichiarazioni dei redditi per i periodi d’imposta compresi fra il 2010 e il 2013.
L’RAGIONE_SOCIALE notificò alla contribuente quattro avvisi di accertamento -uno per ciascuno dei periodi d’imposta oggetto di dichiarazione integrativa -con i quali, ritenuta la tardività di quest’ultima, ne rimuoveva gli effetti, recuperando a ta ssazione i relativi importi.
RAGIONE_SOCIALE propose dapprima istanza di accertamento con adesione in relazione ai primi tre avvisi; quindi, non essendo intervenuta adesione, impugnò tutti e quattro gli atti impositivi innanzi alla C.T.P. di Torino, la quale, riuniti i ricorsi, dichiarò inammissibili i primi tre e respinse il restante.
Adìta con gravame della contribuente, la C.T.R. del Piemonte lo rigettò con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici d’appello ritennero -quanto al motivo della contribuente secondo cui i termini di impugnazione dei primi tre avvisi avrebbero dovuto essere conteggiati dalla seconda notifica degli stessi, erroneamente non valorizzata dal giudice di primo grado -che
occorresse invece aver riguardo «alla prima notifica regolare e valida, senza che assuma alcun rilievo un’eventuale ulteriore notifica disposta dall’Ufficio per rimediare a un vizio inesistente».
In ogni caso, e risolutivamente, rilevarono che la contribuente aveva tardivamente provveduto a rettificare la dichiarazione per gli anni 2010 e 2011, così decadendo dal diritto a fruire dell’agevolazione.
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Considerato che:
Il primo motivo è rubricato «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 60 d.p.r. 600/1973, 145 c.p.c. in relazione all’art. 360 I comma, n. 3, c.p.c.».
Ad avviso della ricorrente, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe errato nel ritenere tardiva l’impugnazione dei primi tre atti impositivi, prendendo a riferimento il termine per impugnare decorrente dalla prima notificazione eseguita dall’Erario.
Nella specie, infatti, l’Amministrazione aveva dapprima notificato gli atti presso la sede della società ex art. 145 cod. proc. civ., successivamente rinnovando tale notificazione anche mediante consegna di copia al legale rappresentante presso la sua residenza.
Trattandosi di modalità di notificazione alternative, e non cumulative, i giudici d’appello avrebbero, pertanto, necessariamente dovuto tener conto della seconda notifica; e ciò anche in ossequio al principio di correttezza e buona fede, nonché di efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa, giacché nel corso del procedimento di accertamento con adesione l’Ufficio non aveva mai eccepito alcunché in punto all’individuazione del dies a quo nella data della seconda notifica.
1.1. Il motivo è infondato.
La previsione del novellato art. 145, comma 2, cod. proc. civ. -che pone il criterio dell’alternatività tra la notificazione nella sede o al legale rappresentante (atteso che ‘la notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli articoli 36 e seguenti del codice civile si fa a norma del comma precedente, nella sede indicata nell’articolo 19, secondo comma, ovvero alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale’) si applica, ai sensi dell’art. 2, comma 4, della l. n. 263/2005, ai procedimenti instaurati in data successiva al 1° marzo 2006.
La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che tali criteri sono alternativi (cfr., ex multis , Cass. n. 14716/2022; Cass. n. 35889/2021; Cass. n. 25137/2020), chiarendo anche che l’obbligo di notificazione degli atti tributari presso il domicilio fiscale ex art. 60, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 600/1973 non esclude la possibilità di eseguire la notificazione in via alternativa a quella nella loro sede, direttamente alla persona fisica che le rappresenta, purché ne siano indicati nell’atto la qualità, la residenza, il domicilio o la dimora abituale (Cass. n. 10282/2023).
Pertanto, vertendosi, nella specie, in ipotesi di notifica alternativa correttamente eseguita, deve ritenersi corretta la prima notificazione, dalla quale deve così farsi decorrere il termine per proporre impugnazione.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata nella parte relativa all’eccezione erariale circa il difetto di prova dei requisiti per l’ottenimento del beneficio.
Secondo la ricorrente, i giudici regionali, avendo rilevato che, invece, essa aveva prodotto idonea documentazione nel giudizio
d’appello, avrebbero dovuto dichiarare inammissibile controdeduzione erariale, anziché respingerla.
2.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.
La sentenza impugnata ha infatti ritenuto infondato l’appello della contribuente per ragioni affatto diverse da quelle esposte nel capo oggetto di censura.
Di qui il rigetto del gravame, pronunziato con formula integrale, della quale la ricorrente non espone, nel motivo articolato, alcuna valida ragione per dolersi, quantomeno nei termini prospettati.
Con il terzo mezzo, denunziando violazione dell’art. 2, comma 8-bis, del d.P.R. n. 322/1998 in combinato disposto con l’art. 1429 cod. civ., la ricorrente assume che i giudici regionali avrebbero errato nel ritenere non più emendabile la dichiarazione dei redditi da lei presentata nella vigenza della normativa agevolatrice.
3.1. La censura è fondata.
L’art 2, comma 8, del d.P.R. n. 322/1998 consente di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori ed omissioni mediante successiva dichiarazione, da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività di accertamento.
Il successivo comma 8bis , nella versione vigente all’epoca dei fatti, consentiva inoltre di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che avessero determinato l’indicazione di un maggior reddito, di un maggior debito di imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.
Questa Corte, a partire dalla sentenza n. 13378/2016, resa a Sezioni Unite, ha chiarito che il presupposto per l’emendabilità del la dichiarazione consiste nel fatto che quest’ultima costituisce, di regola, una dichiarazione di scienza
Per tale ragione, è stato altresì affermato che la dichiarazione è sempre emendabile anche in sede contenziosa, in quanto il limite temporale di cui al citato art. 2, comma 8bis , è circoscritto al fine dell ‘ utilizzabilità in compensazione dell ‘ eventuale credito risultante dalla rettifica, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 241/1997 (cfr., fra le altre, Cass. n. 23382/2021; Cass. n. 23669/2020; Cass. n. 11507/2018) ; e ciò in quanto fissare un limite generale all’operatività dell’emenda finirebbe con il giu stificare prelievi fiscali indebiti, in contrasto con i principi costituzionali di capacità contributiva e di correttezza dell’azione amministrativa, di cui agli artt. 53, comma 1, e 97, comma 1, Cost. (così Cass. n. 40862/2021; Cass. n. 1862/2020).
3.2. Con riferimento al caso di specie, la mancata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società contribuente, ma all’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità RAGIONE_SOCIALE agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal cd. conto energia, di cui la stessa già usufruiva, con la detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla “Tremonti ambiente ‘, i ncertezza risolta solo a seguito dell’art. 19 del d.m. 5 luglio 2012, che, a partire da tale data, ha permesso ai contribuenti di accedere all’ agevolazione, in termini successivamente confermati dalla stessa RAGIONE_SOCIALE con la risoluzione n. 58/E/2016, ove si fa espresso riferimento alla dichiarazione integrativa ex art. 2, comma 8bis , citato.
Nel negare l’emendabilità della dichiarazione, pertanto, l a sentenza impugnata si è discostata dai richiamati principi; in conseguenza di ciò, il motivo merita accoglimento.
Con il quarto motivo, denunziando nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 1 del d.lgs. n. 546/1992, la ricorrente assume che la C.T.R. avrebbe omesso di scrutinare il suo motivo di appello con il quale aveva eccepito l’inter venuta decadenza
dell’Ufficio dalla potestà impositiva esercitata con la notifica degli avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 2011 e 2012.
Il quinto motivo, infine, è rubricato «violazione e falsa applicazione del termine per la notifica dell’accertamento prevista dall’art. 43, comma 1, del d.P.R. 600/1973, in relazione all’art. 360, comma I, n. 3., c.p.c.» e concerne la stessa questione di cui alla precedente censura, nella prospettiva del diverso vizio denunciato.
5.1. Lo scrutinio RAGIONE_SOCIALE due censure è assorbito dalla statuizione sul primo motivo, per effetto della quale la contribuente doveva ritenersi ab origine decaduta dal diritto di impugnare gli atti impositivi relativi alle annualità comprese fra il 2010 e il 2012.
In conclusione, va accolto il terzo motivo di ricorso, con rigetto dei primi due e assorbimento dei restanti.
La sentenza d’appello è conseguentemente cassata nei limiti indicati, con rinvio al giudice a quo affinché, in diversa composizione, provveda ad un riesame alla luce degli indicati principii, liquidando altresì le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al terzo motivo, respinti i primi due ed assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e nei sensi di cui in motivazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, il 26 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME