Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4790 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4790 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
DICHIARAZIONE INTEGRATIVA A FAVORE DEL CONTRIBUENTE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5012/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, in forza di procura allegata al ricorso, e dall’AVV_NOTAIO, in forza di procura depositata in corso di giudizio, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell ‘AVV_NOTAIO COGNOME in Roma al INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 3622/14 depositata in data 2/07/2014, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’ 11/01/2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME.
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE , Direzione provinciale di Mantova, emetteva tre avvisi di accertamento per gli anni 2005, 2006, 2007 con cui recuperava Ires, Irap e Iva nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE in base a plurimi rilievi.
La CTP di Mantova annullava in parte l’accertamento per il 2006, rigettando i ricorsi nel resto.
La CTR della Lombardia annullava l’accertamento per l’anno 2006 e annullava una ripresa per il 2007, rigettando nel resto l’appello della società.
Contro tale sentenza propone ricorso la società in base a quattro motivi, illustrati da successiva memoria.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del l’11 /01/2024.
Considerato che:
La ricorrente propone quattro motivi di ricorso.
I primi due motivi sono relativi all’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per l’anno di imposta 2005 e in particolare alla ripresa generata dalla svalutazione di titoli inseriti nell’attivo circolante , indicata in bilancio ma senza apportare in dichiarazione alcuna variazione in aumento, con conseguente contestazione della violazione degli artt. 94 e 110 t.u.i.r.
Per tale ripresa la CTR ha ritenuto che l’omessa variazione in aumento non potesse risultare sanata dalla (omessa variazione in diminuzione della) rivalutazione di importo superiore di titoli aventi la
medesima natura né dalla dichiarazione integrativa presentata oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo di cui all’art. 2, comma 8 -bis d.P.R. n. 322 del 1998.
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la società deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 94 e 110 d.P.R. n. 917 del 1986 che prevedono l ‘ irrilevanza fiscale della valutazione dei titoli, sia questa positiva o negativa, in assenza di realizzo e quindi materiale conseguimento di plusvalenze o minusvalenze.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la società deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 8 e comma 8 -bis , d.P.R. n. 322 del 1998; in particolare evidenzia che il termine di cui all’art. 2, comma 8 -bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, è previsto al solo fine di portare in compensazione il credito risultante mentre il termine per la dichiarazione a favore del dichiarante sarebbe quello previsto per la decadenza dell’accertamento di cui all’art. 43 d.P .R. n. 600 del 1973.
1.1. I due motivi presentano evidenti motivi di connessione e sono entrambi da respingere.
1.2. Il primo motivo è inammissibile e comunque non fondato; esso non contiene alcuna censura concreta all ‘ affermazione della CTR ma anzi ammette esplicitamente che la minusvalenza indicata in bilancio dei titoli iscritti nell’attivo circolante non sia stata seguita da una variazione in aumento nella originaria dichiarazione dei redditi per cui non sussiste, sotto tale profilo, alcuna violazione degli artt. 94 e 110 t.u.i.r., che appunto prevedono la irrilevanza fiscale della minusvalenza su titoli iscritta nel bilanci o; in particolare l’art. 110, comma 1, lett. d) t.u.i.r. vigente ratione temporis , dispone che agli effetti RAGIONE_SOCIALE norme del presente capo che fanno riferimento al costo dei beni senza disporre
diversamente:… d) il costo RAGIONE_SOCIALE azioni, RAGIONE_SOCIALE quote e degli strumenti finanziari similari alle azioni si intende non comprensivo dei maggiori o minori valori iscritti i quali conseguentemente non concorrono alla formazione del reddito, né alla determinazione del valore fiscalmente riconosciuto RAGIONE_SOCIALE rimanenze di tali azioni, quote o strumenti .
Il motivo è comunque infondato laddove adombra la possibilità di dare rilievo ad una plusvalenza su altri titoli erratamente dichiarata e corretta mediante una dichiarazione integrativa oltre il termine annuale dell’art. 8 -bis d.P.R. n. 322 del 1998, censura che si collega al secondo motivo.
1.3. Anche il secondo motivo, con cui la società deduce di aver presentato una dichiarazione integrativa il cui oggetto nel ricorso è individuato nella variazione in diminuzione della rivalutazione di importo superiore di altri titoli, nei termini (invero estremamente sintetici) in cui è stato formulato nel ricorso, è infatti infondato.
Il motivo, infatti, concerne esclusivamente la ritenuta applicabilità del termine di quattro anni per l’accertamento, di cui all’art. 2, comma 8, d.P.R. n. 322 del 1998, che rinvia all’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973, anche alla dichiarazione integrativa a favore, assumendo che in definitiva il termine a favore dell’amministrazione è uguale a quello a favore del dichiarante , tesi che è smentita espressamente da Cass., Sez. U., 30/06/2016, n. 13378 (confermata da Cass. 11/05/2018, n. 11507; Cass. 30/10/2018, n. 27583; Cass.28/11/2018, n. 30796).
In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi in danno del contribuente, la dichiarazione integrativa per la loro correzione deve essere presentata, ex art. 2, comma 8bis , del d.P.R. n. 322 del 1998, non oltre il termine di presentazione della dichiarazione riguardante il periodo di imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante. In caso di avvenuto pagamento di maggiori somme rispetto a quelle dovute, il
contribuente, indipendentemente dal rispetto del suddetto termine, può in ogni caso opporsi, in sede contenziosa, alla maggior pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, senza però poter opporre in compensazione tali somme alle maggiori pretese di quest’ultima, e può chiederne il rimborso entro il termine di quattro anni dal versamento, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, decorso il quale non può più domandarne la restituzione nel corso del giudizio instaurato avverso il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso, atteso che il principio della deducibilità, anche in giudizio, di suoi eventuali errori nella dichiarazione dei redditi non può essere utilizzato per eludere i termini decadenziali espressamente previsti dalla legge (Cass. 20/11/2019, n. 30151).
Occorre appena precisare che in tema di dichiarazione integrativa, la modifica dell’art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998, realizzata dall’art. 5 del d.l. n. 193 del 2016 (conv. dalla l. n. 225 del 2016), in virtù della quale la stessa può essere presentata entro il termine di decadenza dell’amministrazione dal proprio potere di accertamento, non ha efficacia retroattiva, non trattandosi di norma di interpretazione autentica, con la conseguenza che, per le fattispecie verificatesi anteriormente, tale termine si applica solo se la dichiarazione integrativa è volta ad evitare un danno per la Pubblica Amministrazione, mentre se è intesa ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, deve essere presentata entro il termine della dichiarazione per il periodo di imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, ferma la facoltà per il contribuente di richiedere il rimborso entro il diverso termine previsto dalla legge (Cass. 28/06/2019, n. 17506).
Alla luce del principio per il quale la funzione RAGIONE_SOCIALE memorie è quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrare quelli originariamente
generici e, quindi, inammissibili (Cass. 29/03/2006, n. 7237; Cass. 07/03/2018, n. 5355), occorre inoltre necessariamente rilevare la novità RAGIONE_SOCIALE osservazioni sviluppate in memoria, relative alla emendabilità della dichiarazione nel giudizio anche in assenza di dichiarazione integrativa, estranee al motivo come formulato in ricorso, fermo peraltro che Cass. 9/03/2018, n. 5728, nel ribadire il principio di Cass., Sez. U., 30/06/2016, n. 13378, per cui l’errore , di fatto o di diritto, commesso nella redazione della dichiarazione, incidente sull’obbligazione tributaria, è non solo suscettibile di essere oggetto di dichiarazione integrativa o di istanza di rimborso ma può sempre essere fatto valere dal contribuente per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, in sede contenziosa, ne ha tuttavia limitato l’applicazione al caso in cui l’opposizione miri a limitare o contrastare la pretesa fiscale che si sia tradotta nell’emissione di una cartella esattoriale o di altro atto impositivo, ma non anche ove il contribuente introduca una nuova e contrapposta richiesta ovvero faccia valere un credito .
I primi due motivi devono quindi essere respinti.
2. Gli altri due motivi sono relativi all’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO (erroneamente indicato in rubrica senza l’indicazione dell’ultima cifra) emesso per l’anno di imposta 2007, riferendosi in particolare alla ripresa relativa all’indebita detrazione di interessi ai sensi dell’art. 98 t.u.i.r. ricollegabile alla remunerazione dei finanziamenti eccedenti erogati da soci qualificati; la CTR ha ritenuto applicabile la disposizione al caso di specie, in considerazione dell’attività svolta dalla societ à, il cui oggetto sociale è dato dallo svolgimento in via prevalente di attività di assunzione di partecipazioni, ed espressamente ritenendo irrilevante la circostanza dedotta dalla contribuente che si trattasse di acquisizione di partecipazioni al solo fine di trading e non per svolgere funzioni di controllo, evidenziando
che il requisito non è previsto dalla norma, che non richiede che si debba trattare di partecipazioni qualificate o di entità tale da consentire il controllo RAGIONE_SOCIALE società partecipate.
2.1. Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la società deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 98 e 110 d.P.R. n. 917 del 1986; deduce infatti che la disposizione che prevede che la disciplina di contrasto alla sottocapitalizzazione si applica sempre alle società che esercitano in via esclusiva e prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni debba essere intesa come norma che attribuisce rilevanza al comportamento di fatto della società e non all’ astratta previsione statutaria e che nel caso di specie la stessa amministrazione finanziaria aveva accertato che la società di fatto esercitava attività di compravendita titoli; assume quindi che la CTR abbia errato laddove non ha verificato se l’attività effettivamente svolta fosse quella statutaria o una diversa e non dando rilevanza al contrasto tra la prima e il comportamento di fatto, chiamando la Corte a decidere se prevalga l’attività realmente svolta ovvero la previsione statutaria .
2.2. Il motivo, come formulato nel ricorso, è inammissibile perché, assumendo che la CTR abbia dato rilevanza solo all’oggetto sociale statutario, afferma un fatto non vero e non coglie la ratio della decisione dei giudici d’appello , di fatto introducendo una doglianza diversa da quella esaminata dalla CTR (senza peraltro alcun riferimento a quale fosse il motivo di appello sul punto); infatti la sentenza espressamente prende in considerazione non solo l’oggetto sociale ma proprio il fatto dedotto dalla società che l’ assunzione di partecipazioni fosse svolta in funzione di puro trading e non al fine di svolgere attività di controllo ed evidenzia che ciò non escluderebbe la riconducibilità del caso concreto alla fattispecie astratta, nella quale non è dato rilievo al fatto che si tratti di partecipazioni qualificate o tali da consentire il
contro
llo ; tale affermazione non è però in alcun modo attinta dal motivo di ricorso sopra individuato che, come visto, lamenta esclusivamente l’omessa considerazione della attività realmente svolta.
Alla luce della funzione della memoria, già evidenziata nel par. 1.3 che precede, tale inammissibilità non può essere sanata dall’ampia memoria, ove la censura viene sviluppata, con ampi riferimenti normativi, relativamente all ‘ esatta nozione di assunzione di partecipazioni , che nel ricorso non appare affatto esaminata.
2.3. Con il secondo motivo , proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la società ricorrente deduce omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e cioè: quello del metodo di calcolo degli interessi passivi da rendere indeducibili per l’anno 2007 , lamentando che la Commissione abbia omesso di pronunciarsi in ordine a tale contestazione dedotta nelle pagine da 66 a 74 dell’appello del 8/06/2012 .
2.4. Il motivo è inammissibile.
L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22/06/2012, n. 83, conv. in legge 7/08/2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra
le parti e la sua decisività , fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., 7/04/2014, n. 8053).
Il fatto (Cass. 06/09/2019, n. 22397, ex plurimis ) deve essere un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storiconaturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni difensive.
Nel caso di specie, il motivo non corrisponde a tali canoni poiché indica come fatto, di cui sarebbe stato omesso l’esame, una contestazione dedotta in appello . La lettura della (estremamente sintetica) parte espositiva non lascia emergere i motivi di gravame mentre la sintetica esposizione del motivo rivela che le ragioni di lagnanza non riguardano fatti storici né una motivazione sotto il minimo costituzionale ma ci si duole essenzialmente dell’omesso e/o insufficiente esame di un motivo di appello.
L’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello – così come l’omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio -risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ, o del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma
attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo -ovverosia della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n.4, cod. proc. civ., – la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità – in tal caso giudice anche del fatto processuale – di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello; pertanto, alla mancata deduzione del vizio nei termini indicati, evidenziando il difetto di identificazione del preteso errore del giudice del merito e impedendo il riscontro ex actis dell’assunta omissione, consegue l’inammissibilità del motivo (Cass. 13/10/2022, n. 29952).
È altresì noto che, se il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una RAGIONE_SOCIALE cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, esso non richiede la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una RAGIONE_SOCIALE predette ipotesi (Cass., Sez. U., 24/07/2013, n. 17931).
Ciò premesso, osta però alla riqualificazione del dedotto motivo nei termini di cui all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., di omessa pronuncia , il rilievo dell’assenza del necessario ed univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante.
Giova appena precisare infine che la CTR ha anche ritenuto che, in merito alla deducibilità di interessi passivi, la parte contribuente non ha fornito elementi idonei a confutare la correttezza degli imposti accertati dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso va quindi respinto.
Alla soccombenza segue condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, spese che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, 11 gennaio 2024.