Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27073 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27073 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/10/2025
Oggetto: dichiarazione inte- grativa – cartella di paga- mento -art.1 comma 640 l. n.190/2014 – applicabilità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31781/2021 R.G. proposto da CITRO COGNOME, rappresentato e difeso in proprio ex art. 86 cod. proc. civ., nonché dall’ Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma INDIRIZZO
-ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n.1883/20/2021 depositata in data 18/5/2021, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 17 settembre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia veniva accolto l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate -Riscossione e disatteso l’appello incidentale dell’Avv. NOME COGNOME avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano n. 1415/15/2020 che aveva accolto il ricorso introduttivo proposto contro la cartella di pagamento n. 06820190033894944 notificatagli dall’agente della riscossione a seguito del controllo ex artt. 36-bis d.P.R. 600/1973 per le imposte sui redditi e 54-bis d.P.R. 633/1972 relativamente all’IVA per l’anno d’imposta 2014.
In particolare, a seguito di controllo effettuato dall’Agenzia delle Entrate sulla dichiarazione integrativa MU/2015, emergeva un omesso versamento di IVA per euro 10.245,00, IRPEF e relative Addizionali regionali e comunali, rispettivamente per euro 1.722,00, 577,00 e 229,00, e di IVA sulle attività finanziarie all’estero per euro 722,88 e venivano applicate sanzioni ed interessi.
Il contribuente notificava il ricorso introduttivo all’agente della riscossione, tra l’altro , lamentando la nullità della cartella di pagamento in quanto tardivamente notificata, in violazione dei termini di cui all’art.25 d.P.R. 602/1973. Resisteva l’Agenzia della Riscossione chiedendo preliminarmente di estendere il contraddittorio all’Agenzia delle Entrate, ma il giudice non autorizzava la chiamata in causa dell’Agenzia e, ritenuta l’Amministrazione decaduta dalla riscossione al momento della notifica della cartella, accoglieva il ricorso compensando le spese.
L’agente della riscossione proponeva appello principale e, specularmente, il contribuente proponeva appello incidentale contro il capo della decisione in cui la CTP aveva compensato le spese mentre, con intervento volontario, si costituiva nel secondo grado anche l’Agenzia delle Entrate. Il giudice dell’impugnazione, ritenuta tempestiva la notifica della cartella, confermava integralmente le riprese.
Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione il contribuente, affidato a due motivi che illustra con memoria, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso. È stata disposta l’integrazione del litisconsorzio nei confronti dell’agente della riscossione che non si è costituito. Il contribuente ha depositato memoria illustrativa ex art.380-bis.1. cod. proc. civ..
Considerato che:
1. In via preliminare, va dato atto che il ricorrente ha depositato in data 23.10.2024 un documento da cui si evince l’esistenza di un piano
di rateizzazione del debito, accolto dall’agente della riscossione, distribuito su 72 rate, l’ultima delle quali scadente il 3 settembre 2028 e ha anche fornito la prova del pagamento delle prime 19 rate. Tuttavia, nessuna delle parti ha chiesto il differimento della decisione della controversia per permettere il completamento dei pagamenti secondo il piano di ammortamento e, da ultimo, nella memoria illustrativa ex art.380-bis.1. cod. proc. civ. depositata il 14.1.2025 il contribuente ha insistito per la decisione del ricorso, già oggetto di istanza di anticipazione udienza. Deve quindi procedersi senz’a ltro allo scrutinio delle censure.
Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., la violazione dell’articolo 1, comma 640, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 da parte della sentenza impugnata, nel capo in cui afferma che « La presentazione della dichiarazione (originaria o integrativa) è un atto di scienza del contribuente, il quale “comunica” all’Agenzia delle entrate ì propri redditi da assoggettare ad imposizione. Non è corretta l’affermazione del contribuente che i termini per la notifica della cartella decorrono “solo” riguardo agli elementi oggetto dell’integrazione. » .
Così argomentando, il giudice non avrebbe tenuto conto che la dichiarazione integrativa determina la rimessione in termini della funzione accertativa solo per ciò che concerne gli elementi oggetto dell’integrazione.
Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, in relazione all’art.360, primo comma, n.5, cod. proc. civ., l’o messo esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla «mancata probazione dell’appellante dell’ininfluenza degli elementi economicamente rilevanti idonei alla rimessione in termini della funzione accertativa» (cfr. p.15 ricorso).
I due motivi, connessi e di trattazione congiunta non possono trovare ingresso.
4.1. In disparte dal fatto che il contribuente ha proposto un piano di rateizzazione del debito accolto dall’Amministrazione finanziaria, va premesso in diritto che con riferimento alla questione posta dal ricorso, in tema di dichiarazione dei redditi, questa Corte (cfr. Cass. n.2922/2023) ha già condivisibilmente stabilito che, ove il contribuente modifichi le indicazioni inserite nella dichiarazione reddituale, presentando una dichiarazione integrativa, da quest’ultima, e non da quella “originaria”, deve necessariamente decorrere, con riguardo alle modifiche apportate, il termine di decadenza per l’accertamento da parte dell’Ufficio, poiché, altrimenti, lo stesso verrebbe eroso in caso di rettifica effettuata a ridosso della sua scadenza.
Non convince la difesa dell ‘Agenzia delle entrate contenuta nel controricorso, secondo cui la norma dell’art.1 , comma 640, della l. n.190/2014 non sarebbe applicabile nel caso in cui l’atto impugnato è una cartella di pagamento, essendo riservata ai soli avvisi di accertamento. Del resto, anche nel precedente da ultimo citato, a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972, l’Agenzia aveva emesso nei confronti del contribuente una cartella di pagamento per Iva, Ires e Irap in relazione al Mod. Unico 2006 per l’anno d’i mposta 2005, come integrato con dichiarazione integrativa del 2007.
4.2. Si tratta di un principio derivato da quanto già affermato da questa Corte con la sentenza n. 2735 del 2022, che ha ritenuto l’irragionevolezza di una diversa soluzione, posto che «se il termine di decadenza dovesse calcolarsi a decorrere dall’anno di presentazione della dichiarazione “originario”, in caso di successiva presentazione di dichiarazioni
integrative ( … ) verrebbe eroso il termine concesso dal legislatore all’Agenzia, a pena di decadenza, per l’effettuazione dei necessari controlli e la notifica delle relative cartelle di pagamento, qualora il contribuente rettifichi la dichiarazione originaria a ridosso del termine di decadenza». La regola, continua la decisione da ultimo citata, è positivamente affermata con l’art. 1, comma 640, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che, pur non avendo valenza retroattiva, costituisce un parametro interpretativo importante e, inoltre, la medesima soluzione è già recepita dall’ordinamento in tema di imposta di successione ove venga presentata, ai sensi degli artt. 28, comma 6, e 33, commi 1 e 1bis, del d.lgs. n. 346 del 1990, dichiarazione integrativa o sostitutiva.
4.3. Inoltre, «una tale conclusione pare emergere, con chiarezza, dalle stesse disposizioni che permettono la presentazione delle dichiarazioni integrative. L’art. 2, comma 8 bis, d.P.R. n. 322 del 1998, infatti, stabilisce che ‘ Le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo ‘ . L’art. 3, rubricato ‘ Modalità di presentazione ed obblighi di conservazione delle dichiarazioni ‘ , cui la norma fa riferimento, prevede ai commi 9 e 9 bis rispettivamente che ‘ 9. I contribuenti e i sostituti di imposta che presentano la dichiarazione in via telematica, direttamente o tramite i soggetti di cui ai commi 2-bis e 3, conservano, per il periodo previsto dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, la dichiarazione debitamente sottoscritta e redatta
su modello conforme a quello approvato con il provvedimento di cui all’articolo 1, comma 1, nonché i documenti rilasciati dal soggetto incaricato di predisporre la dichiarazione. L’Amministrazione finanziaria può chiedere l’esibizione della dichiarazione e dei suddetti documenti ‘ 9-bis. I soggetti incaricati della trasmissione delle dichiarazioni conservano, anche su supporti informatici, per il periodo previsto dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, copia delle dichiarazioni trasmesse, delle quali l’Amministrazione finanziaria può chiedere l’esibizione ‘ . L’espresso richiamo all’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973, con obbligo di conservazione della dichiarazione e dei relativi documenti, nonché l’esplicito riconoscimento del potere dell’Amministrazione di chiedere e ottenere l’esibizione degli atti (dichiarazione e documenti) fondano l’esistenza di una autonoma decorrenza dei termini a partire proprio dalla dichiarazione integrativa, cui la norma fa espresso riferimento. Diversamente, lo stesso richiamo normativo dovrebbe ritenersi inutiler dato» (Cass. n.2922/2023 cit.).
4.4. Non è condivisibile, perciò, la motivazione espressa dal giudice a pag.6 della sentenza dove si afferma che non sarebbe corretta l ‘affermazione del contribuente secondo cui i termini per la notifica della cartella decorrerebbero solo riguardo agli elementi oggetto dell’integrazione.
Va perciò corretta ex art.384 u.c. cod. proc. civ. nel senso sopra indicato la motivazione che, tuttavia, giunge alla conclusione del rigetto esprimendo alle pagg.6-7 della decisione la seguente concorrente ratio decidendi , non utilmente scalfita dal ricorso: «La Commissione evidenzia che tali documenti sono stati generali dallo stesso contribuente (e quindi a lui ben noti) e che se voleva che la Commissione li esaminasse per verificare “l’ininfluenza” di quanto dichiarato nella dichiarazione integrativa, sarebbe stato suo onere provvedere al deposito di entrambe
le dichiarazioni presentate (originaria e integrativa): la mancanza di tale deposito non permette alla Commissione la verifica di quanto asserito». È un’argomentazione logica, perché, non dando la prova della produzione/riproduzione dell’avviso , non consente al giudice del merito di verificare esattamente il contenuto delle modificazioni eventuali contenute nell’integrativo.
A fronte di tale accertamento fattuale del mancato deposito da parte del contribuente nei gradi di merito delle due dichiarazioni, originaria e integrativa, nel ricorso per Cassazione il contribuente si limita apoditticamente ad affermare che sono state prodotte, senza però indicare dove e quando. Non solo dal sommario del ricorso si evince che è stata allegata in sede di legittimità la sola dichiarazione integrativa, ma soprattutto non è stata fornita la prova che questa e quella originaria sono state tempestivamente poste all’attenzione del giudice d’appello, profilo, peraltro, che avrebbe dovuto essere fatto valere non come vizio motivazionale in sede di legittimità, bensì attraverso una domanda di revocazione della sentenza d’appello.
Il ricorso dev’essere in ultima analisi rigettato e le spese di lite seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle entrate, liquidate in euro 2.400 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 settembre 2025 Il Presidente NOME COGNOME