Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34639 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34639 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2549/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (P.I. P_IVA) in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in MODICA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. CATANIA n. 5768/2022 depositata il 22/06/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza della C.T.R. della Sicilia, sez. distaccata di Catania, con la quale è stato rigettato l’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza della C.T.P. di Ragusa, che, in accoglimento del ricorso della RAGIONE_SOCIALE ha annullato la cartella esattoriale n. 29720170001406529, emessa in seguito a liquidazione automatizzata, relativa a recupero dell’importo di euro 102.030,45 a titolo di IRES e di crediti di imposta concessi a favore delle imprese cinematografiche.
La C.T.R. ha ritenuto ammissibile la dichiarazione integrativa a favore, datata 15 gennaio 2019, essendo la medesima stata proposta entro il termine del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della dichiarazione relativo all’anno di imposta 2013, rigettando l’eccezione formulata dalla Agenzia delle Entrate sulla definitività del ruolo, per avere la parte ricorrente impugnato la cartella nei soli confronti della Agenzia delle Entrate riscossione, stante la non necessarietà del litisconsorzio e la partecipazione al giudizio dell’ente impositore.
La soc. RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, depositando altresì memoria, con cui insiste sulle conclusioni formulate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate formula un unico motivo di impugnazione, con il quale fa valere, ex art. 360, comma 1 n.
3) c.p.c, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, commi 8 ed 8 bis del d.P.R. 322/1998 e dell’art. 5 d.l. 193/2016, conv. con mod. nella l. 225/2016. Rileva che la C.T.R. ha ritenuto applicabile alla fattispecie la disposizione di cui all’art. 5 cit., che ha modificato i commi 8 ed 8 bis dell’art. 2 del d.P.R. 322/1998, equiparando i termini previsti per le dichiarazioni emendabili a favore del Fisco, con quelli emendabili a favore del contribuente, così estendendo di fatto la possibilità di presentazione della dichiarazione integrativa del contribuente entro il termine di cinque anni previsto dall’art. 43 comma 1 d.P.R. 600/1973, come modificato dalla l. 208/2015, in vigore dal 1^ gennaio 2016, anziché entro il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo, secondo il disposto dell’art. 2, comma 8 bis del d.P.R. 322/1998, nella versione antecedente la modifica di cui all’art. 5 del d.l. 193/2016. E ciò, benché siffatta ultima disposizione non abbia natura interpretativa e non possa, pertanto, applicarsi retroattivamente.
Il motivo è fondato.
2.1 Per dare soluzione al quesito posto con la doglianza è sufficiente richiamare la recentissima pronuncia di questa Sezione, secondo cui ‘In tema di dichiarazione dei redditi, i crediti di imposta per incentivi al cinema devono essere indicati necessariamente, a pena di decadenza, nella dichiarazione per il periodo d’imposta nel corso del quale il beneficio è stato concesso, trattandosi di una dichiarazione di volontà irretrattabile diretta a mutare la base imponibile, non emendabile in caso di errore, se non ove il contribuente dimostri che questo era conosciuto o conoscibile dall’amministrazione finanziaria, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli artt. 1427 e ss. c.c.’ (Sez. 5, Ordinanza n. 9693 del 10/04/2024).
2.2 L’art. 4, comma 3, d.m. 21 gennaio 2010, attuativo dell’art. 1, comma 327, lett. c), n. 1 l.244/2007, che prevede il credito di imposta in misura pari al 30 per cento delle spese sostenute per specifici investimenti nel settore cinematografico dispone che ‘I crediti d’imposta spettanti sono indicati, a pena di decadenza, sia nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di riconoscimento del credito, sia nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui i crediti sono utilizzati, evidenziando distintamente l’importo maturato da quello utilizzato». La previsione della decadenza ha quale scopo quello di definire, entro un tempo determinato, l’onere finanziario derivante dal riconoscimento dei crediti di imposta, altrimenti suscettibile di rimanere sospeso a tempo indefinito.
2.3 La pronuncia sopra richiamata ha, infatti, precisato che ‘La decadenza è connaturata alla struttura dell’istituto, in quanto è coerente con la scelta di accordare il beneficio in relazione all’esercizio fiscale nel corso del quale si siano sostenuti i relativi costi. La mancata indicazione del credito, nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta nel corso del quale è concesso, ne impedisce il riconoscimento in diminuzione dell’imposta altrimenti dovuta (Cass. 06/10/2022, n. 29126, Cass. 30/11/2018, n. 31052). Il credito in questione non deriva dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo, ma da un beneficio appositamente accordato a fronte di precise scelte politiche, finalizzate a incentivare il settore cinematografico. La mancata indicazione del credito nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta nel corso del quale esso è concesso, dunque, non determina una decadenza formale. Una tale qualificazione, riferita alla decadenza, può riguardare le dichiarazioni di scienza; sicché non può essere riferita a quella in esame (Cass. n. 29126 del 2022, Cass. n. 27660 del 2021 cit., Cass. n. 31052 del 2018 cit.;). L’indicazione nel quadro RU della dichiarazione
annuale del credito di imposta in questione è, difatti, atto negoziale e non di scienza, in quanto è volta a mutare (con rettifica in aumento) la base imponibile, e contestualmente ad inserirvi il credito di imposta. Il contribuente al quale sia stato concesso il beneficio può decidere di usufruirne o no; ma, per farlo, deve esprimere la propria volontà all’interno della dichiarazione dei redditi mediante la compilazione del quadro appositamente predisposto dall’Amministrazione (nello stesso senso Cass. 13/12/2021, n. 39681). Le manifestazioni di volontà aventi valore negoziale sono irretrattabili anche in caso di errore, salvo che il contribuente non ne dimostri, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli art. 1427 e ss. cod. civ., l’essenzialità ed obiettiva riconoscibilità da parte dell’amministrazione finanziaria. Questa Corte, con consolidato orientamento, ha affermato che, sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza, e possano quindi essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti, nondimeno, quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall’erario, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile, anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione (tra le più recenti, Cass. 06/10/2022, n. 29126, Cass. 16/07/2020, n. 15241; Cass. 29/11/2019, n. 31237; Cass. 22/10/2019, n. 26992; Cass. 21/02/2019, n. 5105; Cass. 12/10/2018, n. 25596; Cass. 21/01/2018, n. 610)’ (Sez. 5, Ordinanza n. 9693 del 10/04/2024, in motivazione).
2.4 Ciò -come ulteriormente chiarito’non è in contrasto con l’arresto delle Sezioni Unite secondo cui «in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8-bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (Cass., Sez. U, n. 13378 del 2016). Le Sezioni Unite, infatti, hanno ribadito che «il principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze». In ragione della citata pronuncia a Sezioni Unite, deve ritenersi definitivamente superato il diverso indirizzo secondo cui il credito, ove non contestato, potrebbe essere opposto all’Amministrazione finanziaria, ancorché non indicato nella dichiarazione del periodo di imposta in oggetto. Va ribadito, infatti, che costituisce superiore principio quello secondo cui la generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze (Cass. 15/02/2022, n. 4807, Cass. n. 27660 del 2021 cit). 5.7. A diversa conclusione non può condurre l’introduzione del d.l. 30 dicembre 2016, n. 24 convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, che ha modificato l’art. 2, commi 8 e 8-bis, d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322. In primo luogo,
tale disposizione prevede la possibilità per il contribuente di far valere in sede di giudizio tributario eventuali errori commessi nella dichiarazione, ma non supera il principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, che limita tale facoltà solo in caso di emenda di dichiarazioni di scienza e non di volontà. In tal senso di è precisato che pur essendo possibile, quanto alle mere dichiarazioni di scienza, depositare una dichiarazione integrativa, nei limiti di cui al citato art. 2, commi 8 e 8-bis d.P.R. n. 322 del 1998, tuttavia per le manifestazioni di volontà non è in alcun modo consentito modificare la dichiarazione, che è irretrattabile, salvi i limiti di cui all’art. 1428 cod. civ. Resta fermo, poi, il principio che, non possono essere superate in alcun modo le decadenze previste dalla normativa speciale. (Cass. 15/11/2021, n. 34266). In secondo luogo tale nuova normativa, in particolare, ha unificato il termine per le dichiarazioni integrative, -sia quelle a favore, sia quelle a sfavore del contribuente -e previsto l’applicazione del termine generale di accertamento di cui all’art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ovvero nel quarto anno successivo alla dichiarazione. In quanto innovativa, perché introdotta a seguito della richiamata pronuncia delle Sezioni Unite, essa opera solo per il futuro (Cass. n. 27660 del 2021 cit., Cass. n. 31052 del 2018 cit.)’ (in questo senso ancora: Sez. 5, Ordinanza n. 9693 del 10/04/2024, in motivazione).
2.5 Da questo articolato e condivisibile ragionamento il Collegio non intende discostarsi.
All’accoglimento del ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione distaccata di Catania, in diversa composizione, cui è demandata la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione distaccata di Catania, cui demanda la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2024