Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8203 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8203 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
Cartella di pagamento – Ires – 2010 –
Investimento ambientale
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30245/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Cuneo (CN), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale eletto all’indirizzo PECEMAIL
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, è domiciliata ex lege .
-resistente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. PIEMONTE, n. 224/2021, depositata il 15 aprile 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 febbraio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1.A carico della società RAGIONE_SOCIALE, l’Agenzia delle Entrate Riscossione di Cuneo emetteva cartella di pagamento n.
NUMERO_CARTA relativa ad IRES per l’anno 2013. Nel corso dell’esercizio 2010 la società RAGIONE_SOCIALE aveva realizzato un investimento per l’acquisizione di un impianto fotovoltaico per il quale aveva chiesto ed ottenuto l’accesso alla c.d. tariffa incentivante disciplinata dal D.M. 19 febbraio 2007 (II Conto Energia). Per tale investimento, l’art. 6, comma 13, legge 23 dicembre 2000, n. 388 (‘Tremonti Ambiente’) prevedeva che la quota di reddito delle piccole e medie imprese in regime di contabilità ordinaria destinata ad investimenti ambientali non concorresse a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito. La società ricorrente aveva pertanto provveduto a postare una variazione in diminuzione nella dichiarazione integrativa dei redditi 2013; ciò in considerazione delle precisazioni indicate nel D.M. 5 luglio 2012, che estendevano la possibilità di cumulare il conto energia con la detrazione prevista nel citato art. 6 della legge 388/2000. In seguito alla comunicazione di irregolarità emessa dall’Ufficio, la società ricorrente presentava istanza di autotutela, respinta dall’Ufficio. L’Agenzia delle Entrate aveva infatti disconosciuto la perdita utilizzata dalla società ricorrente per l’annualità 2013 emettendo il ruolo che origina la cartella impugnata.
Avverso la cartella di pagamento, la società contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Cuneo; si costituiva anche l’Ufficio, che chiedeva la conferma del proprio operato.
La C.t.p. di Cuneo, con sentenza n. 114/2019, accoglieva il ricorso, annullando la cartella impugnata e il ruolo che la aveva originata.
Contro tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi alla C.t.r. del Piemonte; si costituiva il contribuente, chiedendo il rigetto dell’appello.
Con sentenza n. 224/2021, depositata in data 15 aprile 2021, la C.t.r. adita accoglieva l’appello, rilevando che la dichiarazione
integrativa (per l’annualità 2010 con successivi riporti negli anni seguenti) potesse essere validamente presentata dal contribuente entro il 31 dicembre 2012 e risultando, nel caso di specie, tardiva poiché presentata in data 27 settembre 2013.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la contribuente affidato a tre motivi mentre l’Agenzia delle Entrate non ha notificato né depositato controricorso, ma ha prodotto mera nota di costituzione al dichiarato fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 5 febbraio 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo, così rubricato «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, ottavo comma, d.P.r. 22 luglio 1998, n. 322, in combinato disposto con l’art. 1429 cod. civ. e seguenti con particolare riferimento alla possibilità in capo alla contribuente di emendare la propria dichiarazione dei redditi in virtù del principio della generale ed illimitata emendabilità della dichiarazione dei redditi (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.)», la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha considerato la dichiarazione dei redditi quale dichiarazione di scienza che, a prescindere dalla sussistenza di errore, può essere modificata nei termini di cui all’art. 43 d.P.r. 29 settembre 1973, n. 600, oltre che in sede contenziosa.
1.2. Con il secondo motivo, così rubricato «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 8 bis, d.P.r. 22 luglio 1998, n. 322, e art. 43 d.P.r. n. 600/1973, in combinato disposto con gli artt. 1429, 1433 e 1442, con particolare riferimento al termine di emendabilità della dichiarazione dei redditi affetta da errore (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la
C.t.r. ha considerato la dichiarazione emendabile in caso di errore solo con dichiarazione integrativa da presentare in maniera contestuale ad atto idoneo a far venir meno l’errore, così ponendosi in contrasto con i termini invece assegnati dal legislatore.
1.3. Con il terzo motivo, così rubricato «Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nel fatto che i dubbi interpretativi non erano relativi solo alla possibilità di cumulo tra tariffa incentivante e detassazione ex art. 6, commi 13-19, legge 23 dicembre 2000, n.388, ma anche ai relativi limiti quantitativi, all’annoverabilità dell’impianto fotovoltaico tra gli investimenti ambientali, alle modalità di conteggio del sovraccosto ambientale con approccio di natura incrementale e al compimento degli adempimenti di cui ai commi 16 e 17 dell’art. 6 L. n. 388/2000 (art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.)», la contribuente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha considerato il solo momento in cui è venuto meno il dubbio circa il cumulo tra tariffa incentivante e detassazione ai sensi della Tremonti Ambiente, mentre non ha valutato la persistenza di ulteriori dubbi relativi ai limiti quantitativi, all’annoverabilità dell’impianto fotovoltaico tra gli investimenti ambientali, alle modalità di conteggio del sovraccosto ambientale con approccio di natura incrementale e al compimento degli adempimenti di cui ai commi 16 e 17 dell’art. 6 L. n. 388/2000.
I primi due motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente stante l’affinità delle censure sollevate, sono fondati.
2.1. L’art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322/1998 consente di integrare le dichiarazioni annuali, al fine di correggere errori ed omissioni, mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice. Il successivo comma 8 bis consentiva, inoltre, nella versione vigente ratione temporis , di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori
o omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.
2.2. In merito alla portata applicativa della norma, questa Corte ha chiarito come in tema di imposte dirette il principio di generale emendabilità della dichiarazione sia riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre il suddetto principio non opera laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 ss. cod. civ. (Cass., SS.UU, sent. n. 13378/2016 e Cass. n. 19410/2015).
In questa prospettiva è stato affermato come le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.
La Suprema Corte non ha peraltro mancato di precisare che in tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è comunque emendabile, anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’art. 2, comma 8 bis , del d.P.R. n. 322/1998 sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica (tra le altre, Cass. n. 373/2016). «Deve, pertanto, riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco … allegando errori, di fatto o di diritto,
commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato» (Cass n. 30796/2018).
Può quindi confermarsi l’emendabilità, in generale, di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’amministrazione tributaria, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione; tanto deve affermarsi per l’impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.) e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.).
2.3. Tanto premesso, con riferimento al caso in esame, la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società contribuente, bensì all’incertezza interpretativa in ordine alla cumulabilità delle agevolazioni tributarie consistenti nella tariffa incentivante prevista dal c.d. conto energia (di cui già usufruiva), ai sensi dell’art. 25, comma 10, del D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, e la detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla RAGIONE_SOCIALE, ex art. 6, commi da 13 a 19, della Legge n. 388/2000. Incertezza interpretativa che è stata risolta solo a seguito dell’art. 19 del D.M. 5 luglio 2012, il quale ha posto fine ad ogni dubbio circa la possibilità di cumulare più benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere a tale agevolazione. Anche la risoluzione resa dall’Agenzia delle Entrate il 20 luglio 2016 n. 58/E si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare “ora per allora” dell’agevolazione RAGIONE_SOCIALE mediante dichiarazione dei redditi integrativa ex art. 2, comma 8 bis , del d.P.R. n. 322/1998, chiarendo che: «Con riguardo, infine, alla possibilità di beneficiare dell’agevolazione in un periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’investimento ambientale,
conformemente a quanto chiarito con la risoluzione n. 132/E del 20 dicembre 2010 in relazione alla già citata agevolazione “Tremonti ter “, si è ritenuto che la mancata indicazione della deduzione per fruire della detassazione ambientale entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria non sia di ostacolo alla possibilità di avvalersi di tale deduzione in sede di dichiarazione dei redditi integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8 bis , del D.P.R. n. 322 del 1998. Decorsi i termini per la presentazione della dichiarazione a favore di cui all’articolo 2, comma 8 bis , del D.P.R. n. 322 del 1998, è altresì possibile recuperare l’agevolazione presentando un’istanza di rimborso, ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602».
2.4. Questa Corte ha recentemente espresso, in materia, il condivisibile principio di diritto secondo cui «in tema di dichiarazione dei redditi, in caso di mancata fruizione di beneficio fiscale da parte del contribuente, l’errore di fatto o di diritto è emendabile, mediante dichiarazione integrativa, qualora sia imputabile all’obiettiva incertezza interpretativa sulla norma agevolativa (nella specie, relativa alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal “conto energia” e nella detassazione, “ora per allora”, degli investimenti ambientali ai sensi della cd. “Tremonti ambientale”)» (Cass. n. 40862/2021; cfr., anche, da ultimo, Cass. n. 33660/2022).
2.5. La società contribuente, pertanto, aveva diritto di presentare dichiarazione integrativa e, in assenza di ragioni ostative che non emergono dagli atti del presente giudizio, l’amministrazione finanziaria doveva ammetterla a fruire dell’agevolazione tributaria prevista dalla RAGIONE_SOCIALE. Il fondamento di tale impostazione è che l’agevolazione in esame è fruibile attraverso il meccanismo della variazione in diminuzione dell’imponibile da operare nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stato
realizzato l’investimento (e quindi anche, come nel caso di specie, con dichiarazione integrativa, nella quale far confluire i risultati della riliquidazione interna delle dichiarazioni degli altri anni di imposta, come da circolare 31E del 2013 dell’Agenzia delle entrate), non occorrendo un’istanza rivolta all’amministrazione finanziaria poiché è da escludersi che si sia in presenza di una manifestazione di volontà (Cass. n. 35919/2023).
2.6. Orbene, alla stregua di tutto ciò, non può ritenersi corretta la decisione della C.t.r. qui impugnata. Essa, infatti, sebbene abbia sostanzialmente richiamato la disciplina e i principi sopra esposti, ha poi concluso per la tardività della dichiarazione integrativa presentata dalla contribuente, la quale dichiarazione, invece, comprendeva i risultati della riliquidazione interna delle dichiarazioni degli altri anni di imposta (come da circolare 31E del 2013 dell’Agenzia delle entrate), tra cui anche quella dell’anno d’imposta 2010 in cui era stato realizzato l’investimento ambientale costituito dall’impianto fotovoltaico.
L’accoglimento dei precedenti motivi di ricorso determina l’assorbimento del terzo.
In conclusione, vanno accolti il primo ed il secondo motivo di ricorso e, assorbito il terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al primo ed al secondo motivo, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 5 febbraio 2025.