Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22195 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22195 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 19480/2023 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale ex art. 380 bis cod. proc. civ., in calce all’istanza per la richiesta di decisione, con domicilio eletto presso il suo difensore in Roma, INDIRIZZO.
pec.:EMAIL
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore, e RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , entrambe rappresentate e difese dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO .
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del LAZIO, n. 1491/2023, depositata in data 17 marzo 2023 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Roma aveva accolto il ricorso proposto da COGNOME NOME avverso la cartella di pagamento emessa in esito a controllo automatizzato ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, relativamente al Modello NUMERO_DOCUMENTO 2014, riguardante l’anno 2013.
La Co rte di Giustizia tributaria di secondo grado ha accolto l’appello dell’Ufficio , condannando il contribuente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite dei giudizi di merito, ritenendo che la notifica della cartella era tempestiva, posto che in essa erano iscritte a ruolo imposte dichiarate come dovute e non versate, né era rilevante il disposto dell’art. 1, comma 640, della legge n. 190 del 2014, posto che, nel caso di specie, la dichiarazione integrativa era «a sfavore del contribuente», perché contemplava una maggiore imposta da pagare e, quindi, una maggiore «materia contributiva» da controllare da parte dell’Ufficio .
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi, cui resistono con un unico controricorso l’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE
Con proposta ex art. 380 bis , comma 1, cod. proc. civ., debitamente comunicata, il consigliere delegato ha concluso per la manifesta infondatezza ed inammissibilità del ricorso e la società ricorrente ha tempestivamente presentato rituale istanza di decisione del ricorso corredata da nuova procura speciale, ex art. 380 bis, comma 2, cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973; dell’art. 1, comma 640, lettera a), della legge n. 190 del 2014, dell’art. 112 cod. proc. civ., dell’art. 115, comma primo, cod. proc. civ., in quanto compatibile con le norme del decreto legislativo n. 546 del 1992 in virtù dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992; degli artt. 112 e 116 cod. proc. civ.. La sentenza impugnata era erronea, laddove non aveva applicato il disposto dell’art. 25 del d.P.R., n. 600 del 1973, invece applicato dal giudice di primo grado. L’eccezione di inesigib ilità del credito per violazione dell’art. 25 del d.P.R. n. 600 del 1973 non era stata nemmeno contestata ex art. 115 cod. proc. civ. dall’RAGIONE_SOCIALE, come rilevato anche dai giudici di primo grado. I giudici di secondo grado, inoltre, valutando correttamente le prove avrebbero dovuto rilevare, che la dichiarazione integrativa presentata dal contribuente COGNOME NOME era a favore del contribuente, con conseguente applicabilità dell’art. 1, comma 640, della legge n. 190 del 2014.
1.1 Il primo motivo, diversamente da quanto opinato dalla difesa della parte ricorrente e conformemente alla proposta ex art. 380 bis cod. proc. civ., è in parte infondato e in parte inammissibile.
1.2 E’ infondato , dovendosi richiamare il principio statuito da questa Corte secondo cui « Ove il contribuente modifichi le indicazioni inserite nella dichiarazione reddituale, presentando una dichiarazione integrativa, da quest’ultima, e non da quella originaria, deve necessariamente decorrere, con riguardo alle modifiche apportate, il termine di decadenza per l’accertamento da parte dell’Ufficio, poiché, altrimenti, lo stesso verrebbe eroso in caso di rettifica effettuata a ridosso della sua scadenza » (Cass., 31 gennaio 2023, n. 2922); si tratta, invero, di principio già affermato da questa Corte con la
sentenza n. 2735 del 31 gennaio 2022, che ha ritenuto l’irragionevolezza di una diversa soluzione posto che « se il termine di decadenza dovesse calcolarsi a decorrere dall’anno di presentazione della dichiarazione “originario”, in caso di successiva presentazione di dichiarazioni integrative … verrebbe eroso il termine concesso dal legislatore all’RAGIONE_SOCIALE, a pena di decadenza, per l’effettuazione dei necessari controlli e la notifica RAGIONE_SOCIALE relative cartelle di pagamento, qualora il contribuente rettifichi la dichiarazione originaria a ridosso del termine di decadenza ». La Corte ha altresì rilevato che la regola è stata positivamente affermata con l’art. 1, comma 640, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che, pur non avendo valenza retroattiva, « costituisce un parametro interpretativo importante » e che, inoltre, la medesima soluzione è già recepita dall’ordinamento in tema di imposta di successione ove venga presentata, ai sensi degli artt. 28, comma 6, e 33, commi 1 e 1 bis , del decreto legislativo n. 346 del 1990, dichiarazione integrativa o sostitutiva. Inoltre, la Corte ha pure precisato che, anche al di là RAGIONE_SOCIALE suddette condivisibili considerazioni di sistema, una tale conclusione pare emergere, con chiarezza, dalle stesse disposizioni che permettono la presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni integrative e specificamente dagli artt. 2, comma 8 bis , e 3 del d.P.R. n. 322 del 1998 e dall’espresso richiamo, contenuto nell’art. 3 del d.P.R. n. 322 del 1998, all’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973, con obbligo di conservazione della dichiarazione e dei relativi documenti, nonché l’esplicito riconoscimento del potere dell’Amministrazione di chiedere e ottenere l’esibizione degli atti (dichiarazione e documenti), che fondano l’esistenza di una autonoma decorrenza dei termin i a partire proprio dalla dichiarazione integrativa, cui la norma fa espresso riferimento (cfr. Cass., 31 gennaio 2023, n. 2922, in motivazione).
1.3 Il motivo è pure inammissibile, nella parte in cui assume che la dichiarazione del contribuente fosse «a favore» e non «a sfavore» dello stesso contribuente (ciò al fine di evidenziare l’insussistenza di una
ulteriore e distinta pretesa del contribuente attinente la dichiarazione integrativa), in quanto il ricorrente, con la proposizione del ricorso per cassazione, non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30042).
1.4 Nel caso in esame, i giudici di secondo grado hanno affermato (e su questo profilo motivazionale il ricorrente nulla deduce) che, nella specie, la dichiarazione integrativa risultava essere a sfavore del contribuente in quanto contemplava una maggiore imposta da pagare e, dunque, una maggiore materia contributiva da controllare da parte dell’Ufficio, posto chela cartella riportava gli esiti a debito emersi a seguito del controllo automatizzato RAGIONE_SOCIALE tre dichiarazioni integrative (Unico, NUMERO_DOCUMENTO e Irap) (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).
1.5 La sentenza impugnata ha, dunque, motivato secondo il prudente apprezzamento RAGIONE_SOCIALE concrete circostanze acquisite al processo e nell’esercizio del potere giurisdizionale tipicamente attribuito al giudice del merito, che, come già detto, non è suscettibile di valutazione in sede di legittimità.
1.6 E’ pure infondato il profilo di censura sulla violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., perché, in disparte quanto affermato nello stesso ricorso per cassazione, dove si legge che il giudice di primo grado aveva
considerato la difesa erariale sull’eccezione di inesigibilità del credito per violazione dell’ art. 25 D.P.R. 602 del 1973 « una difesa eccentrica, afferente alle modalità di notifica ed al calcolo degli interessi » (salvo, poi, affermare, contraddittoriamente che non era stato contestato il profilo inerente la tempestività della stessa notifica), va rilevato che non sussiste la dedotta mancata applicazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ., atteso che il principio di non contestazione, che come affermato dalla società ricorrente opera anche nel processo tributario, deve, tuttavia, deve essere coordinato con quello, correlato alla specialità del contenzioso, secondo cui la mancata specifica presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente non equivale ad ammissione dei fatti posti a fondamento di essi, né determina il restringimento del «thema decidendum» ai soli motivi contestati, posto che la richiesta di rigetto dell’intera domanda del contribuente consente all’Ente impositore, qualora le questioni da questo dedotte in via principale siano state rigettate, di scegliere, nel prosieguo del giudizio, tra tutte le possibili argomentazioni difensive rispetto ai motivi di opposizione (Cass., 13 marzo 2019, n. 7127; Cass., 23 luglio 2019, n. 19806; Cass., 5 marzo 2020, n. 6172; Cass., 15 novembre 2021, n. 35037).
2. Il secondo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applica zione dell’art . 15 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., per contrarietà agli artt. 3, 24 e 33 Costituzione, nella parte in cui la sentenza impugnata aveva condannato il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite del primo e del secondo grado di giudizio, in quanto l’RAGIONE_SOCIALE si era avvalsa della difesa dei propri funzionari. Il conten uto dell’art. 15, comma 2 sexies , del decreto legislativo n. 546 del 1992 era contrario alla Costituzione in riferimento agli articoli 3, 24 e 33, inscindibilmente collegati tra di loro, anche in considerazione
dell’ordinanza n. 117 del 1999 della Corte Costituzionale. Correttamente la Corte di Cassazione aveva affermato la linea della inammissibilità, anche nel processo tributario, RAGIONE_SOCIALE spese processuali, per diritti di procuratore ed onorario di avvocato, in favore degli enti impositori o agenti della riscossione costituiti in giudizio a mezzo di propri funzionari, perché difettavano nei funzionari le relative qualità di procuratore e di avvocato.
2.1 Il motivo è infondato, perché la Commissione tributaria regionale, che ha accolto l’appello dell’Ufficio, ai fini della distribuzione dell’onere RAGIONE_SOCIALE spese del processo tra le parti, ha fatto corretto applicazione del criterio della soccombenza, che va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese stesse e che identifica la parte soccombente, alla stregua del principio di causalità, con quella che, lasciando insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata, abbia dato causa alla lite ovvero con quella che abbia tenuto nel processo un comportamento rilevatosi ingiustificato e tale accertamento, ai fini della condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, è rimesso al potere discrezionale del giudice del merito e la conseguente pronuncia è sindacabile in sede di legittimità nella sola ipotesi in cui dette spese, anche solo parzialmente, siano state poste a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass., 16 giugno 2011, n. 13229; Cass., 4 agosto 2017, n. 19613).
2.2 Ed infatti, la disciplina della condanna alle spese di cui all’art. 15 del decreto legislativo n. 546 del 1992 riposa, come la norma generale di cui all’art. 91 cod. proc. civ., sul principio della soccombenza, che costituisce espressione del principio di causalità, onde chi abbia dato causa alla necessità dell’introduzione del giudizio col proprio comportamento rivelatosi contra ius è tenuto alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese anticipate da controparte (Cass., 12 ottobre 2018, n. 25594).
2.3 Peraltro, nel processo tributario, alla parte pubblica assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite spetta la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti (Cass., 11 ottobre 2021, n. 27634; Cass., 17 settembre 2019, n. 23055; Cass., 23 novembre 2011, n. 24675); principio, questo, che riposa proprio sull’art . 15, comma 2 sexies , del decreto legislativo n. 546 del 1992, norma di legge coerente con la legge delega, inestensibile ad altri casi in cui in giudizio sia presente una amministrazione pubblica (Cass., 4 agosto 2023, n. 23825).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE Agenzie controricorrenti, RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate come da dispositivo; inoltre, per effetto di quanto previsto dal novellato art. 380 bis, comma 3, cod. proc. civ., stante la conformità tra la proposta (opposta) e la presente decisione, il ricorrente va, altresì, condannato al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE Agenzie controricorrenti, di un ulteriore importo, ai sensi dell’art. 96, co mma 3, cod. proc. civ. e in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, di un ulteriore importo, ai sensi dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. (cfr. anche Cass., Sez. U, 27 settembre 2023, n. n. 27433).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente, al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE Agenzie controricorrenti, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 4.300,00 per compenso professionale, oltre le spese prenotate a debito e dell’ulteriore importo di euro 2.000,00, ex art. 96, comma 3, cod. proc. civ.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, dell’importo di euro 1.500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 29 maggio 2024.