Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28332 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28332 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9318/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO n. 4178/2021, depositata il 22/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La contribuente società RAGIONE_SOCIALE è piccolamedia impresa finanziaria che detiene partecipazioni e controlla tre società operative nel settore idroelettrico, rientranti nel suo consolidato fiscale e che, per libera scelta imprenditoriale, hanno acquisito diversi impianti nei periodi di imposta 2010-2012. Ciascuna di esse controllata ha chiesto ed ottenuto di beneficiare della tariffa onnicomprensiva di cui all’art. 2, commi da 143 a 159, della l. n. 244/2007, poi attuata con diversi d.m. MISE, tra cui quello in data 19 febbraio 2007 (II Conto energia) e quello di interpretazione autentica del 5 luglio 2012 (IV Conto energia) che tra l’altro – ha sciolto in senso positivo le incertezze della cumulabilità di tale tariffa agevolata con il beneficio della detassazione degli investimenti di cui all’art. 6, commi 13 -19, della l. n. 388/2000, c.d. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Al fine di fruire dell’opportunità, la contribuente società si muniva di perizia per ciascun impianto delle sue controllate, al fine di individuare la componente ambientale da portare in detassazione.
La questione da cui sorge il presente contenzioso attiene al momento di esporre in dichiarazione tale componente.
La società ha proceduto alla riliquidazione interna della dichiarazione dei redditi non più emendabile ex art. 2, comma ottavo bis , d.P.R. n. 322/1998, sino ad arrivare all’ultima dichiarazione emendabile, ove ha presentato dichiarazione di sintesi relativa alle riliquidazioni degli esercizi precedenti.
Ne è seguita comunicazione di irregolarità a seguito di controllo automatizzato di cui all’art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973, per cui è stata presentata istanza di annullamento in autotutela, rimasta
senza esito, anzi, provocando la notifica di cartella esattoriale da parte dell’Agente per la riscossione.
Ne scaturiva giudizio i cui due gradi erano sfavorevoli alla parte contribuente, sull’assunto della tardività della dichiarazione in rettifica, ritenuta non più emendabile da entrambi i collegi di merito.
Avverso la sentenza d’appello ricorre la contribuente socRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, affidato ad unico motivo di doglianza, cui replica l’RAGIONE_SOCIALE delle entrate con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato.
La parte contribuente ha poi illustrato ulteriormente le proprie ragioni con memoria depositata in prossimità dell’adunanza.
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo di ricorso.
1.1. Con l’unico motivo di ricorso si propone censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma ottavo bis , d.P.R. n. 322/1998, in combinato disposto con l’art. 1429 del codice civile, ribadendo nella sostanza la possibilità per il contribuente di emendare la propria dichiarazione dei redditi in virtù dell’illimitata e generale emendabilità di tale atto.
Il motivo è fondato nei termini che seguono.
2.1. In linea generale la dichiarazione dei redditi è dichiarazione di scienza tendenzialmente emendabile, quando esponga il contribuente al pagamento di somme non dovute; diversamente assume la natura di atto negoziale irretrattabile quando sia connessa a benefici da parte dello Stato, irrilevante restando anche l’errore, salvo che non si dimostri fosse conosciuto o conoscibile, secondo la disciplina dell’art. 1429 del codice civile.
Ed infatti, sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e possano, quindi, essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti, le
scelte che il contribuente può, in quest’ambito, operare attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall’erario, ad esempio per avvalersi di un beneficio fiscale, implicano una manifestazione di volontà, cui la concessione del beneficio è subordinata, avente valore di atto negoziale, la quale è, in quanto tale, irretrattabile anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione. Ne consegue che l’esercizio della facoltà di opzione riconosciuta al contribuente di volersi o meno uniformare agli studi di settore, costituendo manifestazione di volontà negoziale diretta ad incidere sull’obbligazione tributaria e sul conseguente effetto vincolante di assoggettamento all’imposta, è estranea all’ipotesi di emendabilità degli errori, tipicamente materiali o formali, commessi nella dichiarazione fiscale, assumendo rilevanza, eventuali errori della volontà espressa dal contribuente, soltanto ove sussistano i requisiti di essenzialità e riconoscibilità dell’errore ex art. 1428 c.c., applicabile, ai sensi dell’art. 1324 c.c., anche agli atti negoziali unilaterali diretti ad un destinatario determinato (cfr. Cass. V, n. 31327/2019).
2.2. Venendo nello specifico della disciplina limitativa qui in esame, è stato deciso che in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi in danno del contribuente, la dichiarazione integrativa per la loro correzione va presentata, ai sensi dell’art. 2, comma 8 bis, d.P.R. n. 322 del 1998, non oltre il termine di presentazione di quella riguardante il periodo di imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante, mentre, in caso di avvenuto pagamento di somme maggiori rispetto a quelle dovute, il contribuente, indipendentemente dal rispetto del suddetto termine, può in ogni caso opporsi, in sede contenziosa, alla maggior pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, senza però poter opporre in compensazione tali somme, e può chiederne il rimborso entro il
termine di quarantotto mesi dal versamento, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 (cfr. Cass. T., n. 15211/2023).
Tuttavia, con riguardo ad ipotesi di obiettiva incertezza normativa, poi risolte con intervento di atti di interpretazione autentica, come nel caso in esame, è stato detto che in tema di imposte sui redditi, l’errore di fatto o di diritto contenuto nella dichiarazione resa dal contribuente all’amministrazione tributaria può essere emendato, anche se non direttamente rilevabile dalla dichiarazione medesima, non potendosi assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli posti dalla legge a suo carico, in conformità ai principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.) e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.). (Nella specie, la RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto emendabile l’errore compiuto da una società che, nell’impugnare una cartella di pagamento relativa ad IRES – nella quale non aveva portato a deduzione fiscale un investimento in ragione dell’obiettiva incertezza interpretativa sulla norma agevolativa – aveva presentato una dichiarazione integrativa oltre il termine previsto dall’art. 2, comma 8 bis, del d.P.R. n. 322 del 1988) (cfr. Cass. VI-5, n. 34712/2022).
Ed infatti, proprio in questa materia è stata ritenuta l’emendabilità dell’errore anche oltre il termine di cui alla speciale disciplina di cui al d.P.R. n. 322/1988. Più precisamente, è stato detto che in tema di dichiarazione dei redditi, in caso di mancata fruizione di beneficio fiscale da parte del contribuente, l’errore di fatto o di diritto è emendabile, mediante dichiarazione integrativa, qualora sia imputabile all’obiettiva incertezza interpretativa sulla norma agevolativa (nella specie, relativa alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal “conto energia” e nella detassazione, “ora per allora”, degli investimenti ambientali ai sensi della cd. “RAGIONE_SOCIALE ambientale”) (cfr. Cass. VI-5, n. 40862/2021).
2.3. Altresì, proprio per il caso che occupa, è stato chiarito che in tema di fruizione delle agevolazioni previste dall’art. 6 della l. n. 388 del 2000 (cd. RAGIONE_SOCIALE-bis), il rinvio contenuto nella Risoluzione dell’RAGIONE_SOCIALE delle entrate n. 58/E del 20/07/2016 alla Risoluzione n. 132/E del 20/09/2010 è riferito esclusivamente alla possibilità di avvalersi della deduzione per fruire della detassazione ambientale in sede di dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2, comma 8bis, del d.P.R. n. 322 del 1998 e alla possibilità di chiedere il rimborso, una volta decorso il termine per la presentazione della detta dichiarazione integrativa, e non anche alla decorrenza del termine per il rimborso dalla data del versamento del saldo (cfr. Cass. T., n. 5330/2025).
Ne consegue che il motivo è fondato e merita accoglimento, nel senso della possibilità della contribuente di emendare la dichiarazione.
Non di meno, tale possibilità dev’essere considerata in relazione alla cumulabilità del beneficio di detassazione ambientale di cui all’art. 6, commi 13 -19, l. n. 388/2000 con la tariffa incentivante, cumulabilità che sussiste -entro certi limiti- per il I e II Conto energia, non più per il III, IV e V Conto energia.
3.1. Va premesso che l’agevolazione di cui alla c.d. RAGIONE_SOCIALE Ambientale consiste nell’esclusione dalla formazione del reddito imponibile, ai fini delle imposte sul reddito, degli ‘investimenti ambientali’ definiti sulla scorta della ‘Disciplina comunitari a degli aiuti di Stato per la tutela dell’RAGIONE_SOCIALE‘ pubblicata nella GUCE C 37 del 3.02.2001 par. 37, con riferimento agli investimenti che consentono di prevenire, ridurre o riparare i danni causati all’RAGIONE_SOCIALE dall’attività di impresa, calcolati secondo un approccio incrementale, in base al quale dapprima si calcola il valore medio annuo degli investimenti ambientali compiuti nel biennio precedente e quindi si provvede a dedurre tale valore medio dall’ammontare dell’investimento ambientale realizzato nell’anno.
3.2. La detassazione ha quindi ad oggetto l’eccedenza del valore dell’investimento nell’anno rispetto a quello degli investimenti compiuti nel biennio precedente.
L’art. 5 del d.m. 5 maggio 2011, ‘Quarto conto energia’, stabilisce che la fruizione delle tariffe incentivanti ivi previste è cumulabile esclusivamente con i benefici tassativamente elencati nella norma stessa, tra i quali non figura la detassazione per gli investimenti ambientali prevista dall’art. 6 commi da 13 a 19 della legge 388 del 2000 (c.d. RAGIONE_SOCIALE ambientale).
Accanto alle difficoltà operative per il calcolo dell’agevolazione, si è posto il problema, che riguarda la causa in oggetto, relativo alla possibilità di cumulo tra l’agevolazione fiscale della detassazione ambientale e l’agevolazione della c.d. ‘tariffa incentivante’ introdotta dall’art. 7 del D.Lgs. 387/2003 per garantire un’equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio. La questione non è di semplice soluzione a causa della frammentazione normativa e del susseguirsi nel tempo di tre diversi decreti attuativi che hanno disciplinato la tariffa incentivante, con formulazioni diverse con riguardo alla cumulabilità degli incentivi.
3.3. Nella successiva evoluzione, i commi da 13 a 19 dell’art. 6 della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (l. n. 388/2000) – abrogati a decorrere dal 26 giugno 2012 (D.L. n. 83/2012, convertito dalla l. n. 134/2012) hanno previsto la detassazione della quota di reddito imponibile destinata agli investimenti ambientali delle piccole e medie imprese, da sterilizzare con il meccanismo della variazione in diminuzione dell’imponibile, da operare in sede di dichiarazione dei redditi.
In alternativa, l’agevolazione fiscale poteva anche essere fruita presentando un’istanza di rimborso qualora l’impresa avesse omesso di effettuare la variazione in diminuzione nella dichiarazione di competenza.
Con nota del 22 novembre 2017 il RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, in merito alla possibilità di cumulare gli incentivi in Conto
Energia (agevolazioni di natura non tributaria) con le agevolazioni fiscali della RAGIONE_SOCIALE, chiariva che la detassazione fiscale non è cumulabile in alcuna misura con le tariffe incentivanti spettanti ai sensi del III, IV e V Conto Energia.
3.4. Secondo il RAGIONE_SOCIALE, ‘in considerazione del previsto divieto di cumulo e della peculiarità del caso in esame, che ha richiesto una norma interpretativa si specifica che, nell’ipotesi di voler continuare a godere delle tariffe incentivanti del III, IV e V Conto Energia, è necessario che il Soggetto Responsabile rinunci al beneficio fiscale goduto. A tal fine, sarà necessario manifestarne la volontà all’RAGIONE_SOCIALE delle Entrate secondo le modalità e le prassi già rese disponibili dalla stessa, entro dodici mesi successivi alla pubblicazione della presente news, dando evidenza al RAGIONE_SOCIALE dell’avvenuta richiesta e quindi dell’effettiva rinuncia ai benefici fiscali’.
In tale contesto si è inserito l’intervento del legislatore, che, per risolvere le indicate incertezze interpretative, ha definitivamente chiarito il divieto di cumulo, sancendo a livello di normazione primaria la regola della non cumulabilità dei benefici. Nella specie, l’art. 36 del d.l. 26 ottobre 2019, n. 124 recante ‘Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili’, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, ha disposto il divieto di cumulo degli incentivi alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici di cui al III, IV e V Conto energia con la detassazione per investimenti ambientali prevista dall’articolo 6, commi da 13 a 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, riconoscendo ai produttori incorsi nel predetto divieto la facoltà di continuare a godere delle più vantaggiose tariffe incentivanti (cfr. Corte conti, sez. centr. contr., delib. 2 agosto 2021, n. 13/2021/G; Cons. Di Stato, ord. sez. 2, ord. n. 6861/2022).
4.1. A conferma della non cumulabilità dei due benefici, l’art. 36 del d.l. n. 124/2019 ha stabilito che i soggetti che sono decaduti
dalla possibilità di rinunciare alla detassazione prevista dalla RAGIONE_SOCIALE ambientale mediante dichiarazione integrativa (al fine di poter mantenere il beneficio delle tariffe incentivanti previste dal III, IV e V conto energia), possono ugualmente conservare il beneficio (economicamente maggiore) previsto dagli incentivi del conto energia, mediante il pagamento di una somma corrispondente alla aliquota di imposta applicabile alla variazione in diminuzione effettuata nella dichiarazione con la quale si sono avvalsi della RAGIONE_SOCIALE ambientale.
4.2. La norma di cui all’art. 36 d.l. n. 124/2019, subordina tale facoltà alla condizione che, entro il termine del 30 giugno 2020, i produttori rinuncino espressamente, con comunicazione all’RAGIONE_SOCIALE delle Entrate, al beneficio della c.d. RAGIONE_SOCIALE, contestualmente rimettendo all’RAGIONE_SOCIALE medesima il compito di definire le modalità di presentazione e il contenuto di siffatta comunicazione. La Legge 11 settembre 2020 n. 120, che ha convertito con modificazioni il Decreto-Legge 16 luglio 2020 n. 76, cd . ‘Decreto Semplificazioni’, ha poi differito dal 30 giugno 2020 al 31 dicembre 2020 il termine per operare la rinuncia, su base volontaria, delle agevolazioni fiscali previste dalla cosiddetta ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ (articolo 6, commi 13 -19, Legge 23 dicembre 2000, n. 388) da parte degli operatori che intendono mantenere il diritto a beneficiare delle tariffe incentivanti previste dal III, IV e V Conto Energia).
4.3. Conclusivamente, se le imprese, che hanno realizzato impianti fotovoltaici, hanno usufruito sia del contributo in conto energia concesso da RAGIONE_SOCIALE, sia della detassazione per investimenti ambientali prevista dalla RAGIONE_SOCIALE ambientale, rientrano nel ‘primo’ e ‘secondo’ conto, per cui la cumulabilità è possibile. Negli altri casi, quindi con riferimento al ‘terzo’, ‘quarto’ e ‘quinto’ conto energia, il decreto fiscale 2020, collegato alla legge di Bilancio, chiarisce che il cumulo tra le due misure non è possibile. Le imprese che ricadono
nel secondo caso, e che quindi hanno usufruito del cumulo con riferimento al ‘terzo’, ‘quarto’ e ‘quinto’ conto energia, devono sanare la propria posizione provvedendo al pagamento dell’imposta non pagata a suo tempo, per poter mantenere il beneficio riconosciuto dal RAGIONE_SOCIALE.
In definitiva, il ricorso è fondato per le ragioni indicate in motivazione, la sentenza dev’essere cassata con rinvio al giudice di merito che valuterà, alla luce dei principi sopraesposti, la sussistenza o meno e in che limiti della cumulabilità fra tariffa agevolata e detassazione degli investimenti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il giorno 8/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME