Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32176 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32176 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17410/2021 R.G. proposto da: COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COMO rappresentato e difeso dagli avv.ti COGNOME NOME (CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (PTTCHR74M58C933M)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 2956/2020 depositata il 14/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.I ricorrenti, diventati proprietari, in data 6 settembre 2012, dell’immobile edificato nel 1966 ed ubicato nel Comune di Como in INDIRIZZO lasciato in completo stato di abbandono per tredici anni, lo ristrutturavano dal 2012 al 2015. La presenza di difformità urbanistico edilizie veniva evidenziata nell’elaborato peritale dell’ing. NOME COGNOME, professionista incaricato dal Giudice per la vendita dell’immobile nella procedura esecutiva (R.G.E. 82/2009).
Il Comune notificava ai contribuenti l’avviso di accertamento in relazione all’annualità di imposta 2013, il quale veniva impugnato dinanzi alla CTP di Como, che respingeva il ricorso.
Interposto gravame, la Commissione Tributaria Regionale statuiva:- che il Comune non aveva tenuto alcun comportamento contraddittorio in quanto in relazione al 2012 era decaduto dal far valere la pretesa; – che i ricorrenti avevano presentato una ‘domanda’ che non contiene alcuna dichiarazione della sussistenza delle condizioni di inagibilità; – che tale atto, come correttamente rilevato dai Giudici di prime cure, non può dunque considerarsi valido come dichiarazione sostitutiva di atto notorio’; – che la ristrutturazione edilizia eseguita sul fabbricato’non pare volta a recuperare l’inagibilità dell’immobile, ma a renderlo solo più godibile (intervento sulla struttura interna, regolarizzazione delle porzioni abusive) .
Ricorrono per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe i contribuenti, svolgendo tre motivi, illustrati nelle memorie difensive depositate in prossimità dell’udienza.
Il Comune di Como replica con controricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
Il primo motivo deduce .
Si afferma che la norma regolamentare elenca le caratteristiche, in presenza delle quali, l’immobile deve intendersi inagibile/inabitabile. ‘A titolo esemplificativo, si possono ritenere tali i fabbricati o le unità immobiliari che presentano le sotto descritte caratteristiche: a) strutture orizzontali (solai e tetto di copertura) con gravi lesioni che possono costituire pericolo a cose o persone, con rischi di crollo; b) strutture verticali (muri perimetrali o di confine) con gravi lesioni che possono costituire pericolo e possono far presagire danni a cose o persone, con rischi di crollo parziale o totale; edifici per i quali è stata emessa ordinanza sindacale di demolizione o ripristino atta ad evitare danni a cose o persone; d) edifici che per le loro caratteristiche intrinseche ed estrinseche di fatiscenza non siano compatibili all’uso per il quale erano destinati, quali la vetustà della costruzione accompagnata dalla mancanza delle parti ornamentali e di finitura del fabbricato (mancanza di infissi, di allaccio alle opere di urbanizzazione primaria, etc)’. I ricorrenti affermano di aver dichiarato al Comune l’abbandono dell’immobile da oltre dieci anni con la necessità di importanti opere di risanamento, manutenzione straordinaria e ristrutturazione; la non funzionalità dell’ impianto elettrico e la non conformità alle norme vigenti; l’impossibilità di alimentare l’impianto idrico; l’impossibilità di utilizzare i servizi igienici; il deterioramento della pavimentazione dell’intonaco esterno ed interno con infiltrazioni di acqua e muffe; la mancanza dell’impianto di riscaldamento; infine, l’inutilizzabilità dell’impianto
a gas ad uso cucina. Nonostante la disponibilità della documentazione probante lo stato dell’immobile (fotografi, relazione peritale), il Giudice di seconde cure ha ritenuto erroneamente insussistenti i presupposti per la riduzione dell’imposta, violando l’articolo 13, comma 3 d.l 201/2011, conv. in L. 214/11 s.m. e l’art. 6 bis del regolamento del Comune di Como per l’applicazione dell’IMU. Nella fattispecie concreta, le condizioni di inabitabilità dell’immobile risultano descritte nelle dichiarazioni sostitutive di notorietà ricevute dall’ufficio del protocollo del Comune in data 07.09.2012 ( sub doc. 8, fasc. primo grado), nonché dall’elaborato peritale redatto nell’ambito della procedura esecutiva del Tribunale di Como allegata all’autodichiarazione ( sub doc. 6, fasc. primo grado) e nella relazione del direttore lavori, geom. COGNOME ( sub doc. 5, fasc. primo grado).La sentenza non ha tenuto in alcuna considerazione la presenza della dichiarazione sostitutiva, oltre alle ulteriori prove fornite, appalesandosi in totale contrasto con le norme in tema di riduzione.
2.La seconda censura prospetta . Si afferma che l’immobile in questione è stato oggetto, come da documentazione prodotta nel giudizio di secondo grado, di importanti opere di ristrutturazione edilizia tra cui la regolarizzazione delle porzioni abusive e il rifacimento degli impianti a regola d’arte al fine di recuperare l’agibilità dell’immobile, circostanze non considerate dalla CTR. Si richiama il disposto dell’art. 3 rubricato ‘semplificazione di regimi amministrativi in materia edilizia’ , nella parte in cui modifica gli artt. 24 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380, e dispone che, per interventi di ristrutturazione edilizia, devono intendersi . Inferendone che l’unico limite alla ristrutturazione edilizia è costituito dal mantenimento del volume dell’edificio: per il resto tutti gli interventi sono consentiti ed in particolare interventi anche di carattere strutturale e di ricostruzione. Aggiungono i ricorrenti che la legge reg. Lombardia n. 12/2005, art. 27, (disposizioni in materia urbanistico-edilizia) definisce gli interventi di ristrutturazione come: gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Erronea, ad avviso di parte ricorrente, è la parte della sentenza in cui, si afferma che ‘la ristrutturazione … non pare volta a recuperare l’inagibilità dell’immobile, ma a renderlo solo più godibile , atteso
che tenuto conto dei lavori eseguiti sull’immobile, descritti e provati puntualmente nei due gradi di merito, è evidente come la ristrutturazione non sia affatto consistita in opere per il solo miglior godimento, bensì nell’allacciamento alla fogna, nel rifacimento dell’impiantistica, nella sanatoria degli abusi che non sarebbero opere relative al miglior godimento dell’immobile, ma volte proprio ad ottenere l’agibilità dello stesso.
3.La terza doglianza denuncia ; per non avere i Giudici del merito attribuito valore giuridico alla dichiarazione resa sul modulo predisposto dal Comune stesso, attestante l’inagibilità, peraltro senza spiegarne le ragioni. La Commissione Tributaria Regionale ha violato le norme in materia di dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà ed, in particolare, il disposto dell’art. 47 del d.P.R. n. 445/2000, il quale prevede che . La sentenza viola la norma citata nella parte in cui afferma che ‘i contribuenti, con l’atto presentato al Comune l’11/09/2012 hanno presentato una domanda che non contiene alcuna ‘dichiarazione’ sulla sussistenza delle condizioni di inagibilità dell’immobile come disciplinate
dall’art. 6 bis del regolamento del Comune. Tale atto, come correttamente rilevato dai giudici di prime cure, non può dunque considerarsi valido come dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai fini dell’inagibilità dell’immobile e conseguentemente nessun silenzio -assenso può essersi formato sullo stesso’. Affermano che si tratta di motivazione apodittica che non tiene in debito conto il contenuto della dichiarazione sostitutiva intitolata alla prima riga ‘dichiarazione sostitutiva di notorietà al fine di ottenere la riduzione della base imponibile IMU al valore dell’area edificabile o in subordine -al 50 % del riferimento catastale per inabitabilità e non utilizzo’.
4. Il ricorso risulta inammissibile.
Dalla lettura della sentenza impugnata emerge che il giudice d’appello ha affermato fornendo, così, una motivazione fondata su due rationes decidendi , la prima censurata con i primi due motivi di ricorso -che le opere di ristrutturazione non rientravano nel novero delle opere straordinarie tali da determinare l’inagibilità dell’immobile. Dopo di che, la Corte ha sottolineato che la dichiarazione presentata all’ente locale nell’anno 2012 dai contribuenti non rappresentava lo stato di inagibilità del cespite.
5.Orbene, anche questa motivazione è stata fatta oggetto di censura, in particolare con il terzo motivo della presente impugnazione, il quale, però, risulta inammissibile.
Per vero, nel denunciare la violazione delle norme rubricate, parte ricorrente afferma che erroneamente i giudici territoriali hanno valutato la dichiarazione sostitutiva come priva di elementi volti a denunciare lo stato di inagibilità e, con le prime due censure, che altrettanto erroneamente non hanno ricondotto le opere descritte nella perizia dell’ingegnere alle opere di straordinaria manutenzione.
Parte ricorrente denuncia, dunque, con il terzo strumento di ricorso, un travisamento della prova, nel suo «contenuto
oggettivo»; il travisamento della prova in senso proprio, è un travisamento ancipite, al quale possono ricondursi sia il momento percettivo del dato probatorio nella sua oggettività, sia il momento dell’individuazione delle informazioni probatorie che dal dato probatorio, considerato nella sua oggettività, possono per inferenza logica desumersi. Ebbene, per un verso, il momento percettivo del dato probatorio nella sua oggettività è per sua natura destinato ad essere controllato attraverso lo strumento della revocazione; per altro verso il momento dell’individuazione delle informazioni probatorie che dal dato probatorio possono desumersi appartiene al sindacato del giudice di merito, ed è per questo sottratto al giudizio di legittimità, a condizione, beninteso, che il giudice di merito si sia in proposito speso in una motivazione eccedente la soglia del «minimo costituzionale.
Come recentemente chiarito dalle S.U. 5 marzo 2024, n. 5792 << il controllo dell'attività del giudice di merito, nel momento percettivo del dato probatorio nella sua oggettività è, come si diceva, affidato alla revocazione. Secondo l'articolo 395, n. 4, cod.proc.civ.: «Le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione: … se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare ».
Ebbene, nel caso sub iudice, il perimetro del contenuto della dichiarazione ha costituito un punto controverso sul quale il provvedimento si è pronunciato escludendone la rilevanza giuridica. È quindi esclusa la rilevanza dell'errore, che per ciò stesso cessa di essere un errore revocatorio ed assume i caratteri dell'errore di
giudizio, atteso che sul fatto il giudice si è pronunciato -affermando che -giacché l’errore percettivo è intrinsecamente incompatibile con il giudizio. In detta ipotesi, la deducibilità in Cassazione del vizio di c.d. «travisamento della prova», laddove, come nella concreta fattispecie, la decisione non risulta a che vedere con la predicata dispercezione – in quanto il travisamento riflette la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – è consentita in presenza del dedotto errore valutativo in ordine alla riconducibilità della dichiarazione presentata dai contribuenti ad una dichiarazione che espone lo stato di inagibilità dell’immobile sottoposto ad IMU << in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, nn. 4) e 5), cod.proc.civ., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale» ( S.U. cit.)
Occorre allora limitarsi a constatare, per i fini del rigetto del motivo che questo non risulta proposto né ai sensi del n. 4) né ai sensi del n.5) dell'art. 360, primo comma, cod.proc.civ., come statuito dalle S.U. citate, bensì ex art. 360, primo comma, n. 3), cod.pro.civ., considerando, peraltro, che il Collegio d'appello ha sostenuto la propria decisione con motivazione rispettosa del parametro del «minimo costituzionale» giungendo ad affermare che la dichiarazione prodotta dai contribuenti non conteneva la denuncia dello stato di inagibilità del cespite.
Consolidandosi, per tale ragione, la motivazione fatta oggetto del terzo motivo di ricorso (alternativa, come detto, rispetto a quella censurata con i primi due motivi e basata sulla valenza di 'elemento presuntivo' della relazione di stima, e comunque sulla sua 'non contestazione'), tanto basta a determinare l'inammissibilità dell'intero ricorso. Invero, le questioni oggetto dei primi due motivi di ricorso non possono essere esaminate, perché, quand'anche fossero fondate, ciò non impedirebbe alla sentenza di passare in giudicato sulla motivazione alternativa, non idoneamente censurata con il terzo motivo. Va, infatti, dato seguito al principio secondo cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza, o inammissibilità, delle censure mosse ad una delle ' rationes decidendi' rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa ( S.U. n. 20107 del 22/07/2024; Cass. n. 5102/2024; Cass. n. 13880 del 2020;Cass.n. 11493/2018; in senso analogo già Cass. Sez. Un. 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. 14 febbraio 2012, n. 210).
6.Le spese seguono la soccombenza.
6.1. A carico della ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all'amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315), ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
– condanna parte ricorrente alle spese di lite sostenute dal Comune che liquida in euro 1.500,00, per compensi oltre 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, all'esito dell'udienza camerale della Sezione