LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dichiarazione inagibilità immobile: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni contribuenti che chiedevano la riduzione dell’IMU per un immobile ritenuto inagibile. La decisione si fonda su un vizio procedurale: i ricorrenti non hanno validamente contestato una delle due autonome ragioni della sentenza d’appello, quella relativa alla non idoneità della loro dichiarazione inagibilità immobile. La Corte ha ribadito che, in presenza di una ‘doppia ratio decidendi’, l’omessa o inefficace impugnazione di una di esse rende l’intero ricorso inammissibile, consolidando la decisione del giudice di merito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Dichiarazione Inagibilità Immobile: la Cassazione fa chiarezza

La presentazione di una dichiarazione inagibilità immobile è un passo cruciale per ottenere riduzioni fiscali come quella sull’IMU. Tuttavia, la sua validità e il modo in cui viene valutata in giudizio possono determinare l’esito di un contenzioso tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 32176/2024, offre importanti spunti su questo tema, sottolineando anche rigorosi principi processuali, come quello della ‘doppia ratio decidendi’, che possono portare all’inammissibilità del ricorso.

I fatti del caso

La vicenda riguarda due contribuenti che avevano acquistato nel 2012 un immobile edificato nel 1966 e lasciato in stato di completo abbandono per oltre un decennio. Tra il 2012 e il 2015, i nuovi proprietari avviavano importanti lavori di ristrutturazione per recuperare l’edificio.

Nel 2013, l’Ente locale notificava ai contribuenti un avviso di accertamento IMU per quell’annualità, senza riconoscere alcuna riduzione. I contribuenti impugnavano l’atto, sostenendo che l’immobile fosse inagibile e inabitabile, condizione che, secondo la normativa e il regolamento comunale, dava diritto a una riduzione della base imponibile. A sostegno della loro tesi, avevano presentato al Comune una ‘dichiarazione sostitutiva di notorietà’ e fornito documentazione, tra cui una perizia tecnica che evidenziava difformità e criticità.

Sia in primo grado (CTP) che in appello (CTR), le ragioni dei contribuenti venivano respinte. La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, basava la sua decisione su due argomenti distinti:
1. I lavori di ristrutturazione non erano volti a recuperare una reale inagibilità, ma solo a rendere l’immobile ‘più godibile’.
2. La domanda presentata dai contribuenti nel 2012 non conteneva una vera e propria dichiarazione sulla sussistenza delle condizioni di inagibilità e, pertanto, non poteva essere considerata una valida dichiarazione sostitutiva.

Contro questa sentenza, i contribuenti proponevano ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito della questione (se l’immobile fosse o meno inagibile), ma si concentra su un aspetto puramente processuale. I giudici hanno rilevato che la sentenza d’appello si reggeva su due autonome ‘rationes decidendi’ (ragioni della decisione). Ciascuna di queste ragioni era, da sola, sufficiente a sostenere il rigetto delle pretese dei contribuenti.

I ricorrenti, con i loro motivi di ricorso, non sono riusciti a censurare efficacemente la seconda ratio, ovvero quella relativa all’inidoneità della dichiarazione inagibilità immobile presentata. Poiché questa motivazione è rimasta ‘in piedi’, l’eventuale accoglimento degli altri motivi non avrebbe comunque potuto portare alla cassazione della sentenza.

Le motivazioni sulla dichiarazione inagibilità immobile

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi del terzo motivo di ricorso, con cui i contribuenti lamentavano la violazione delle norme sulla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. Essi sostenevano che la CTR avesse erroneamente svalutato il documento da loro presentato.

La Cassazione ha qualificato questa doglianza come un tentativo di far valere un ‘travisamento della prova’, ossia un errore di percezione da parte del giudice sul contenuto del documento. Tuttavia, un simile vizio deve essere fatto valere con specifici motivi di ricorso (ex art. 360, n. 4 o n. 5 c.p.c.) e non come violazione di legge (n. 3), come erroneamente fatto dai ricorrenti.

Inoltre, la Corte ha osservato che i giudici d’appello avevano effettivamente esaminato la dichiarazione, concludendo che non conteneva quanto necessario per attestare l’inagibilità. Questa è una valutazione di merito, che, se motivata in modo sufficiente (rispettando il ‘minimo costituzionale’), non è sindacabile in sede di legittimità.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità sulla base di un consolidato principio giurisprudenziale. Quando una sentenza si fonda su una pluralità di ragioni, distinte e autonome, ciascuna idonea a sorreggere la decisione, il ricorrente ha l’onere di impugnarle tutte efficacemente. Se anche una sola di queste ragioni non viene validamente censurata, essa passa in giudicato e l’intero ricorso perde di interesse, diventando inammissibile. Nel caso di specie, la censura mossa alla valutazione della dichiarazione inagibilità immobile è stata ritenuta inammissibile, rendendo così definitiva quella parte della motivazione e, di conseguenza, inutile l’esame degli altri motivi.

Conclusioni

L’ordinanza in commento offre due importanti lezioni. La prima, di natura sostanziale, riguarda l’importanza di redigere correttamente e in modo completo la dichiarazione inagibilità immobile, assicurandosi che contenga tutti gli elementi richiesti dalla normativa per attestare tale condizione. Una semplice ‘domanda’ o un modulo compilato in modo vago potrebbero non essere ritenuti sufficienti. La seconda, di carattere processuale, evidenzia il rigore formale richiesto nell’impugnare le sentenze. È fondamentale identificare correttamente tutte le ‘rationes decidendi’ della decisione che si contesta e formulare i motivi di ricorso in modo tecnicamente appropriato per ciascuna di esse, pena la declaratoria di inammissibilità dell’intero gravame.

Cosa rende valida una dichiarazione di inagibilità ai fini della riduzione IMU?
Dal provvedimento emerge che la dichiarazione deve contenere una chiara ed esplicita attestazione della sussistenza delle condizioni di inagibilità come disciplinate dalla normativa e dai regolamenti comunali. Una semplice ‘domanda’ o un atto che non dichiari tali condizioni può non essere considerato valido come ‘dichiarazione sostitutiva di atto notorio’.

Perché il ricorso dei contribuenti è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la sentenza di secondo grado si basava su due distinte e autonome ragioni (‘rationes decidendi’). I ricorrenti non hanno impugnato in modo efficace una di queste ragioni, quella relativa all’invalidità della loro dichiarazione. Secondo la giurisprudenza, la mancata censura di anche una sola delle ragioni autonome rende inammissibile l’intero ricorso.

È possibile contestare in Cassazione una valutazione errata di un documento da parte di un giudice?
Sì, ma solo a condizioni molto specifiche. Se si sostiene che il giudice abbia ‘travisato’ la prova, cioè abbia letto nel documento qualcosa di diverso da ciò che vi è scritto, il vizio va denunciato non come violazione di legge (art. 360, n. 3 c.p.c.), ma come errore processuale o vizio di motivazione (art. 360, n. 4 o n. 5 c.p.c.), rispettando rigorosi requisiti formali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)