Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25146 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25146 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/09/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 25332/2017, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE –
Intimata avverso la sentenza n. 112/04/2017 della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, depositata il 12.05.2017;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere dott. NOME COGNOME nell’ adunanza camerale del 28 maggio 2025;
Sanzioni -Dichiarazione d’intent i -Omessa trasmissione -Art. 7 co. 4bis d.lgs. 471-97 -Ius superveniens -Effetti –
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza impugnata si evince che l’Agenzia delle entrate notificò alla società il provvedimento di irrogazione di sanzioni, comminate ai sensi dell’art. 7, comma 4 bis, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 per l’omessa trasmissione telematica della comunicazione, prevista dall ‘art. 1, comma 381, l. 30 dicembre 2004, n. 311, delle dichiarazioni d’intent i ricevute dall’esportatore abituale con riferimento alle annualità 2008/2011.
Il provvedimento fu impugnato dalla società dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Gorizia, che con sentenza n. 100/01/2015 ne accolse le ragioni. Il giudice provinciale ritenne che la violazione avesse natura sostanziale e non formale, ma che la modifica della disciplina sanzionatoria, introdotta dall ‘art. 20, comma 2, d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, che aveva trasferito sul cessionario/committente l’obbligo di comunicazione all’ Erario della dichiarazione d’intenti , prima a carico del cedente/prestatore (cui con la riforma restava solo un obbligo di vigilanza sull’adempimento da parte del cessionario, e pertanto era sanzionabile solo in caso di omissione di controllo), avesse escluso la punibilità della condotta, a tal fine facendo applicazione del principio di legalità, di cui all’art. 3, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472. al cedente.
L’appello dell’amministrazione finanziaria , proposto dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, fu respinto con sentenza n. 112/04/2017. Il giudice regionale ha ritenuto che la violazione della condotta posta in capo al cedente/prestatore avesse natura solo formale e non sostanziale, non essendosi in presenza di dichiarazioni infedeli o inesatte, né essendovi stata evasione d’imposta , mentre, di contro, vi era stato adempimento a tutti gli obblighi contabili prescritti nell’ipo tesi di applicazione del regime di non imponibilità Iva. Ha inoltre affermato che, con la modifica legislativa sopravvenuta, introdotta sull’art. 7, com ma 4 bis, cit. dall’art. 20, comma 2, d.lgs. 174/2015, era venuta meno la condotta precedentemente punibile, così che correttamente il giudice di primo grado aveva fatto applicazione del principio di legalità (secondo il principio della lex Mitior ).
L ‘Agenzia delle entrate ha chiesto la cassazione della pronuncia, affidandosi ad un unico motivo. La contribuente è rimasta intimata.
Nell’adunanza camerale del 28 maggio 2025 la causa è stata discussa e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’ufficio ha denunciato la v iolazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 4 bis, d.lgs. 471/97, 20, comma 2, d.lgs. 175/2014, 3 e 6 comma 5 bis, d.lgs. 472/97 , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.
La ricorrente sostiene che il collegio d’appello avrebbe errato nel reputare che la violazione della condotta prescritta dall’art. 7, comma 4 -bis, cit., costituisse una violazione avente natura formale, avendo di contro natura sostanziale, perché l’obbligo di comunicazione è preposto a favorire il controllo da parte degli organi amministrativi deputati, così che la sua violazione ostacola i controlli medesimi. Inoltre, la nuova disciplina avrebbe solo rimodulato gli adempimenti, posti dal 2015 a carico del cessionario, sul quale grava dunque l’obbligo di trasmissione telematica delle dichiarazioni d’intenti. Resta tuttavia a carico del cedente l’obbligo di tenere regolarmente la documentazione ricevuta dal cessionario e di controllare che quest’ultimo provveda all’invio delle dich iarazioni in via telematica.
Il motivo è fondato nei termini di cui in motivazione.
Questa Corte ha affermato che la modifica dell’art. 7, comma 4 bis, del d.lgs. n. 471/1997 ad opera dell’art. 20 del d.lgs. n. 175/2014, poi ulteriormente novellato con riguardo al regime sanzionatorio dall’art. 15, d.lgs. n. 158/2015, non ha comportato una abolitio della disciplina e degli obblighi, attesa la persistente illiceità del fatto e, quanto alla condotta del cedente/prestatore, la continuità strutturale tra l’originaria previsione e le modifiche sopravvenute, che hanno riguardato un mutamento di ordine solo quantitativo degli adempimenti richiesti.
Tuttavia, mentre va esclusa l’applicazione retroattiva della disciplina introdotta dalla prima novella, in forza dell’esplicita norma transitoria contenuta nell’ultimo comma dell’art. 20 del d.lgs. n. 175 del 2014, è
RGN 25332/2017 Consigliere rel. NOME
applicabile, per il principio del favor rei , e in assenza di norme derogatorie dei principi generali, di cui all’art. 3, d.lgs. n. 472/1997, il regime sanzionatorio più lieve, introdotto con l’art. 15 del d.lgs. n. 158/2015 (Cass., 28 luglio 2022, n. 23695; 12 luglio 2021, n. 19738).
Nello specifico, partendo dalla distinzione tra violazioni sostanziali, violazioni formali, violazioni meramente formali, è stato evidenziato che «l ‘obbligo di comunicazione della dichiarazione di intenti si correla all’esigenza di consentire un efficace controllo sull’applicazione della disciplina in tema di Iva e, in particolare, del regime di riscossione dell’imposta relativa ad operazioni di cessi one intraunionale o all’esportazione e, per tale ragione, la sua inosservanza non può dare luogo ad una violazione meramente formale, in quanto tale non punibile (cfr., in merito a fattispecie analoga di omessa annotazione e registrazione della dichiarazione di intento, Cass. n. 22178 del 27/09/2013; Cass. n. 12847 del 22/06/2015; Cass. n. 19738 del 12/07/2021). Non viene, dunque, in rilievo una mera irregolarità dichiarativa attinente alle modalità di comunicazione del documento, suscettibile di dare luogo ad una violazione meramente formale, bensì una inosservanza degli obblighi di dichiarazione e verifica in capo al fornitore, idonei ad ostacolare l’attività di controllo . 5. Sulla disciplina in questione, peraltro, il legislatore, con l’art. 20 d.lgs. n. 175 del 2014, è intervenuto, modificando il soggetto attivo dell’obbligo di invio della comunicazione, in relazione alle quali la CTR «in applicazione del principio di legalità» ha ritenuto non più sanzionata la condotta del fornitore.».
Sviluppando quindi il tema con riferimento ai numerosi ulteriori interventi innovativi voluti dal Legislatore in materia (per i quali si rinvia integralmente alla motivazione della prima pronuncia qui citata), si è infine affermato che « . 9.4. Sussiste, dunque, una continuità strutturale tra la previsione originaria e le modifiche sopravvenute. La stessa Relazione al decreto sulle semplificazioni attuato con il d.lgs. n. 175 del 2014 chiarisce, peraltro, che con la modifica è stata solo adottata «una diversa modalità di adempimento», suggerendo una continuità normativa tra le due fattispecie, modalità che si è tradotta, per il cedente/prestatore, in una parziale riduzione degli adempimenti a suo carico -e con onere di attivazione presso il sito
dell’Agenzia delle entrate con le modalità previste dal Provvedimento direttoriale del 12 dicembre 2014 – e non in una loro eliminazione. 10. La vicenda va quindi ricondotta alla successione di norme, sicché andrà applicata la disciplina sopravvenuta più favorevole di cui al testo della norma come modificato dall’art. 15 d.lgs. n. 158 del 2015, che prevede una sanzione in misura fissa (da € 250,00 a € 2.000,00) e non proporzionale, restando esclusa non solo la modifica di cui all’art. 20 d.lgs. n. 175 del 2 014, per le ragioni su esposte, ma anche quella intervenuta con l’art. 12 septies d.l. n. 34 del 2019, che -eliminata la prevista comunicazione della .dichiarazione di intenti dall’esportatore al fornitore, cui è imposto un onere di piena ed autonoma verifica -ha reintrodotto l’originario regime sanzionatorio dal cento al duecento per cento dell’imposta. ».
Il giudice d’appello non si è attenuto ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, che qui vengono ribaditi.
Il motivo trova dunque accoglimento, con conseguente accoglimento del ricorso erariale.
La sentenza va pertanto cassata e il processo va rinviato alla Corte di giustizia di II grado del Friuli Venezia Giulia, che, in diversa composizione, oltre alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, provvederà al riesame dell’appello dell’amministrazione finanziaria, tenendo conto dei principi di diritto enunciati.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di II grado del Friuli Venezia Giulia, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il giorno 28 maggio 2025