Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18267 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18267 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12876/2024 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliato presso gli indirizzi P.E.C.: EMAIL e EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
avverso la SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO LAZIO n. 6123/2022 depositata il 20/12/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Uditi i difensori delle parti che hanno concluso come da rispettivi atti. Sentito il P.G. il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La CTR del Lazio, con la sentenza n. 6123/2022, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava l’impugnazione proposta dal contribuente NOME COGNOME COGNOME avverso la cartella di pagamento n. 097 2015 02118193 10, relativa all’imposta di successione dovuta dal predetto nella qualità di erede della Sig.ra NOME COGNOME.
I giudici di appello osservavano che il contribuente non aveva dimostrato che la dichiarazione integrativa di successione avesse apportato modifiche sostanziali alla prima, cosicché si doveva ritenere che nessun provvedimento di ulteriore liquidazione spet tasse all’Amministrazione finanziaria allorché si era limitata, attraverso la cartella di pagamento impugnata, a chiedere il pagamento della somma complessivamente ed originariamente liquidata (peraltro ridotta in favore del contribuente, in ragione dell’e sercizio del proprio potere di autotutela), pur diminuita, correttamente, di quanto già pagato parzialmente ed unilateralmente dalle parti resistenti. Precisavano, infine, che qualsiasi altra doglianza riguardante l’avviso di liquidazione che costituiva il presupposto delle cartelle di pagamento oggetto di impugnazione era da ritenere inammissibile in ragione della definitività dell’avviso di accertamento.
Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, illustrati con successiva memoria, il contribuente
3. L’Ufficio resiste con controricorso
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c., nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 29 e 30 del Testo unico 31 ottobre 1990, n. 346. Censura la sentenza impugnata per aver erroneamente interpretato le norme indicate nel senso di ritenere per un verso, che una dichiarazione di successione che indichi, a integrazione e/o modificazione di quella precedentemente presentata, i corretti valori relativi ad alcuni cespiti esposti nella prima dichiarazione nonché una detrazione d’imposta mancante nella prima dichiarazione, non possa ritenersi, a tutti gli effetti di legge, una dichiarazione di successione e, per altro verso, che l’Ufficio non era tenuto a liquidare l’imposta di successione dovuta tenendo conto di tutte le dichiarazioni di successione presentate dall’erede, ivi comprese quelle integrative o modificative.
Con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 3. c.p.c., nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 33 del Testo unico 31 ottobre 1990, n. 346, assumendo che i giudici territoriali avevano erroneamente ritenuto che l’esercizio del potere di autotutela dell’Ufficio costituisce semplice espressione dell’attenuazione della pretesa fiscale originariamente accertata e non, piuttosto, espressione della rinnovazione del potere già esercitato che, come tale, doveva implicar e l’emissione di un nuovo provvedimento di liquidazione dell’imposta.
Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 3. c.p.c., nullità della sentenza impugnata per violazione per violazione del combinato disposto degli artt. 41 del Testo unico 31 ottobre 1990, n. 346 e 67 del d.P.R. n. 43 del 1988, assumendo che la sentenza impugnata nel ritenere che l’iscrizione a ruolo controversa potesse fondarsi su una autotutela parziale, si era discostata dalla disciplina che ha tipizzato l’elencazione di un
numerus clausus dei soli atti che possono fondare l’attività di riscossione in materia di imposta di successione.
Con il quarto motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 4. c.p.c., nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 2697 c.c. Assume che i giudici di appello avevano violato le regole dell’onere della prova nella misura in cui, n el fare propria l’affermazione fattuale dell’ufficio secondo cui il ruolo impugnato era il frutto di un autotutela parziale implicita (da intendersi, come ammesso dall’Ufficio, quale un’attività equipollente a quella di riliquidazione dell’imposta), invece di porre a carico dell’Ufficio là conseguenze negative derivanti dalla mancata dimostrazione di tale affermazione, aveva determinato un esito tale per cui la parte della pretesa non rimossa in via amministrativa era stata resa incontrovertibile, precludendo la possibilità per il contribuente di censurarne eventuali vizi in sede contenziosa.
Con il quinto motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 4. c.p.c., nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 19, d.lgs. n. 546/1992. Lamenta l’errore in cui erano incorsi di giudici di appello laddove, assumendo che l’auto tutela parziale esercitata dall’Ufficio si ponesse quale antecedente logico dell’attività di riliquidazione del tributo realizzata a mezzo dell’iscrizione a ruolo controversa, la stessa avrebbe dovuto dare per pacifico che il contribuente potesse rivolgere le proprie doglianze cumulativamente su entrambi gli atti (autotutela e iscrizione a ruolo), invece di ritenere che le critiche di merito svolte fossero inammissibili, siccome tardive.
Con il sesto motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 4. c.p.c., 112 c.p.c., per non aver pronunciato sulla specifica domanda di annullamento della cartella di pagamento impugnata in quanto priva dell’indicazione dei presupposti di fatto e di diritto e ai criteri applicativi sui quali si fondava l’imposta di successione iscritta a ruolo (la quale, per tutta evidenza, non si limitava a corrispondere
alla differenza tra quanto inizialmente liquidato con l’atto di liquidazione e quanto versato dai coeredi medio tempore .
I primi cinque motivi, da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi, sono da ritenere fondati.
7.1. Osserva questo Collegio che, come prospettato da parte ricorrente e come desumibile dalle complessive emergenze processuali (quali risultano dal ricorso ove è stato, pure, richiamato, ai fini della c.d. autosufficienza, il contenuto delle ‘due’ dichiarazioni di successione per cui è causa), deve ritenersi acclarato che la dichiarazione di successione in data 4 dicembre 2014 ha integrato e modificato l’iniziale denuncia di s uccessione precedentemente presentata in data 12 maggio 2014, provvedendo a correggere i valori relativi ad alcuni cespiti erroneamente esposti nella prima dichiarazione ed ad indicare una detrazione d’imposta mancante nella prima dichiarazione, sicchè la stessa va considerata ai fini che occupano, a tutti gli effetti di legge, una (nuova) dichiarazione di successione.
Da ciò discende che risulta erronea l’affermazione dei giudici di appello secondo cui «nessun provvedimento di ulteriore liquidazione spettasse all’AF » sul presupposto che l’Ufficio non avesse alcun obbligo di prendere in considerazione, ai fini della liquidazione dell’imposta di successione dovuta dagli eredi del de cuius , la seconda dichiarazione, apparendo evidente la violazione dell’art. 33 del Testo unico 31 ottobre 1990, n. 346.
Detta norma, rubricata ‘Liquidazione dell’imposta in base alla dichiarazione’, stabilisce, al comma 1 nel resto ratione temporis vigente che: « L’ufficio del registro liquida l’imposta in base alla dichiarazione della successione, anche se presentata dopo la scadenza del relativo termine ma prima che sia stato notificato l’accertamento d’ufficio, tenendo conto delle dichiarazioni integrative o modificative già presentate a norma dell’articolo 28, comma 6, e dell’articolo 31, comma 3, nonchè dei rimborsi fiscali di cui allo
stesso articolo 28, comma 6, erogati successivamente alla presentazione della dichiarazione di successione ».
Dal momento che parte contribuente, tramite la seconda dichiarazione, ha apportato sostanziali modifiche ai valori dell’asse ereditario, così come inizialmente risultanti dalla prima dichiarazione, mediante la variazione dei valori esposti nel Quadro B4 (‘Altri beni’), progressivi 01 e 02, in ragione della differenza tra il valore di inventario stimato (indicato nella prima dichiarazione) e quello effettivo, con conseguente diminuzione del valore totale di ‘Azioni, Titoli e altro’ (Quadro B2) e (ii) di ‘Altri beni’ (Quadro B4) e la dimostrazione dell’avvenuto assolvimento in Francia della relativa imposta di successione con riferimento ad un immobile ubicato in detto Stato, appare chiaro che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di appello i quali hanno finito per trascurare dati decisivi, la seconda dichiarazione imponeva, sulla scorta delle disposizioni normative sopra richiamate, l’adozione di un nuovo avviso, nel caso di specie non emesso.
Era, infatti, onere dell’Ufficio tenere conto di tutte le dichiarazioni di successione presentate dagli eredi, comprese quelle integrative e modificative, procedendo ad una nuova attività di liquidazione dell’imposta ed alla emissione di un nuovo avviso ch e tenesse conto dei nuovi elementi evidenziati dai contribuenti.
7.2. Gli atti impugnati -riguardanti il ruolo n. 2015/004660 relativo all’imposta di successione dovuta dall’odierno Ricorrente nella sua qualità di erede della Sig.ra NOME COGNOME e la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata il 15.12.2015. scaturiscono dall’avviso n. 14/09990/002301 notificato in data 20.4.2015 e, dunque, successivamente sia alla prima dichiarazione, sia alla seconda dichiarazione, (ma basato sulla prima dichiarazione) laddove, come sopra evidenziato, alla luce delle disposizioni del T.U. sull’imposta di successione, era onere dell’ufficio procedere ad nuova liquidazione della complessiva imposta di successione dovuta, non
rispondendo al vero, giova ribadire, quanto asserito dai giudici di appello in ordine al fatto che trattavasi di dichiarazione puramente emendativa, con conseguente illegittimità dell’azione riscossiva intrapresa basata su un atto impositivo fondato su una dichiarazione di successione non più efficace ed operante.
In conclusione, stante la fondatezza dei suddetti motivi, assorbito il quinto, la sentenza impugnata va cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa va decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso originario.
Appare opportuna la compensazione delle spese processuali delle fasi di merito mentre le spese del presente giudizio di legittimità, da liquidare come in dispositivo, vanno poste a carico dell’ufficio.
P.Q.M.
Accoglie i primi cinque motivi di ricorso, assorbito il sesto. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso originario. Dichiara compensate le spese delle fasi di merito e condanna parte controricorrente al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in euro 5.000,00 oltre ad euro 200,00 per esborsi ed oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data