Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19143 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19143 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31244/2018 R.G. proposto da :
COGNOME con l’avvocato NOME COGNOME -ricorrente- contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
-intimata- avverso Sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo -Sezione Distaccata di Pescara n. 291/2018 depositata il 26/03/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava la cartella di pagamento n. 032 20150002212184000, emessa, ad esito del controllo effettuato ai sensi dell’art. 36 ter del DPR n. 600/73, per l’anno di imposta 2010, recante una pretesa complessiva di euro 11.351,98 per recupero a tassazione delle detrazioni operate per le spese per interventi di risparmio energetico.
Il contribuente, a sostegno del ricorso, deduceva che nel corso dell’anno 2010, in qualità di comodatario di parte dell’immobile, ad uso abitativo, sito in Comune di Spoltore alla INDIRIZZO
4, aveva eseguito, unitamente agli altri detentori o possessori dell’immobile, opere di ristrutturazione e di risanamento dell’immobile stesso portando in detrazione dall’imposta la quota del 55% degli importi dallo stesso pagati per opere di risparmio energetico, così come previsto dalla L. 296/96, art. 1, commi da 344 a 347.
L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio sostenendo la legittimità della richiesta ed eccependo la carenza del presupposto soggettivo del diritto alla detrazione da parte del ricorrente rilevando che lo stesso, pur avendo stipulato un contratto di comodato dell’immobile oggetto delle opere di risanamento, non ne aveva mai avuto la detenzione sia perché era risultato residente altrove, sia perché l’immobile era risultato occupato dall’usufruttuaria e dal nudo proprietario.
Eccepiva, altresì, la carenza del presupposto oggettivo per la detrazione, sostenendo che le fatture emesse per le opere non erano intestate al soggetto richiedente l’agevolazione, che dai bonifici prodotti dal contribuente emergeva che chi aveva effettuato il pagamento era stato il nudo proprietario dell’immobile in quanto ordinante del bonifico stesso, che il contribuente aveva prodotto documentazione tecnica redatta nel 2015.
La Commissione tributaria provinciale di Chieti accoglieva il ricorso condividendo la censura, sollevata dal contribuente, di nullità del provvedimento impugnato per difetto di motivazione.
L a CTR dell’Abruzzo accoglieva, con la sentenza indicata in epigrafe, l’appello dell’Amministrazione , ritenendo che il contribuente, pur risultando formalmente titolare di un contratto di comodato, tuttavia, non avesse mai effettivamente detenuto l’immobile oggetto della richiesta d ella detrazione fiscale beneficio e che la documentazione prodotta dal contribuente fosse lacunosa e inidonea al fine di provare la sussistenza del presupposto oggettivo per la fruizione del beneficio.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidato a undici motivi.
L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.
Il Pubblico ministero, in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo rigettarsi il ricorso.
I n prossimità dell’adunanza il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME denuncia – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. – la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., deducendo che la CTR non si è pronunciata sull’eccezione di difetto di motivazione nella comunicazione di rettifica della dichiarazione dei redditi ex art. 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973, dal medesimo proposta con il ricorso introduttivo e accolta dalla Commissione Tributaria Provinciale; in subordine, deduce la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. per difetto assoluto di motivazione.
1.1. Con riguardo al primo profilo di censura, si osserva che non si versa in ipotesi di omessa pronuncia, ricorrendo invece un’ipotesi di implicita pronuncia di rigetto.
Deve richiamarsi, in proposito, l’orientamento di questa Corte secondo cui il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e il pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., si ha quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia
di accoglimento o di rigetto (Cass., 26 gennaio 2021, n. 1616; Cass., 27 novembre 2017, n. 28308).
Inoltre, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia» (Cass., 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass., 10 maggio 2007, n. 10696; Cass., 26 novembre 2013, n. 26397; Cass., 18 giugno 2018, n. 15936).
1.2. La censura, tuttavia, può comunque essere esaminata, anche in considerazione del profilo, dedotto in via di subordine, di difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimit à̀ sulla conformit à̀ a legge della decisione implicita e sulla decisivit à̀ del punto non preso in considerazione (cfr. Cass., 24953/2020; Cass. n. 14486/2004).
1.3. A tale riguardo, giova ricordare che questa Corte ha pacificamente affermato che, in tema di contenzioso tributario, l’avviso di accertamento -o, nella specie la comunicazione ex art. 36 ter cit. – qualora costituisca il primo atto impositivo notificato al contribuente, ha carattere di “provocatio ad opponendum”, sicché l’obbligo di sua motivazione è soddisfatto, ai sensi dell’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, e, quindi, di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur” (cfr. Cass. Sez. VI-5, 06/04/2017, n. 9008 e, più di recente, Cass. Sez. 5, 11/01/2025, n. 730).
Si è, ancora, affermato, che restano affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2555; Cass., 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., 10 novembre 2010, n. 22841; Cass., 15 novembre 2004, n. 21571, richiamate da Cass. 22 luglio 2024, n. 20241). Si è, altresì, rimarcato che l’onere di motivazione non comporta l’obbligo di indicare anche le ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 24 gennaio 2018, n. 1694; Cass., 11 giugno 2010, n. 14094).
1.4. Tanto osservato, si rileva, in via preliminare, che il motivo, sul punto, difetta della necessaria specificità, in quanto il contribuente, pur diligentemente indicando nel ricorso gli atti processuali nei quali ha proposto la censura che assume pretermessa, nel proprio ricorso non ha trascritto, neanche in estratto, il contenuto motivazionale dell’avviso di accertamento, né indicati i dati necessari per il suo reperimento nel fascicolo (cfr. Cass., Sez. 1, n. 12481 del 19/04/2022).
1.5. Il motivo è, inoltre, infondato, in quanto dall’estratto della sentenza di primo grado riportata (v. ricorso, p. 6), si desume che l’Ufficio, con l’atto impugnato, aveva negato la detrazione perché la documentazione non era stata ritenuta idonea, con motivazione da ritenersi pertanto sufficiente in applicazione dei principi ora richiamati.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. la violazione dell’art. 1, commi da 344 a 347, della legge n. 296/2006, prorogata con legge 244/2007, dell’art. 2, comma 1 lett. a) del D.M. n. 47/2007 e dell’art. 1803
cod. civ., nella parte in cui la CTR ha affermato la carenza di titolo idoneo alla concessione del beneficio fiscale, pur avendo il contribuente la disponibilità giuridica dell’immobile oggetto degli interventi di risparmio energetico in virtù di un contratto di comodato stipulato il 26 novembre 2009, registrato il successivo 30 novembre 2009.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. per motivazione apparente della sentenza impugnata, per non avere i giudici di appello esposto le ragioni per le quali hanno ritenuto che il contratto di comodato citato non fosse idoneo a dimostrare la sussistenza dei requisiti soggettivi richiesti per la fruizione dell’agevolazione.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. la violazione dell’art. 1, commi 344/347 della legge n. 296/2006, prorogata con legge n. 244/2007, dell’art. 2, comma 1, lett. a), del D.M. n. 47/2007, e dell’art. 1803 cod. civ., laddove la CTR ha affermato la carenza di titolo idoneo alla concessione del beneficio fiscale, in quanto, sostiene il ricorrente, la circostanza che il contribuente risiedesse presso altro immobile insieme al coniuge e che all’epoca della ristrutturazione l’immobile oggetto degli interventi fosse occupato dal proprietario e dall’usufruttuario non va rrebbe, di per sé, a escludere la detenzione del comodatario, avendo il contratto di comodato a oggetto la quota indivisa dei 5/10 dell’intero bene interessato dai lavori di ristrutturazione.
Con il quinto motivo di ricorso il contribuente denuncia – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. – che la Commissione tributaria regionale ha omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio, rappresentato dal l’oggetto del contratto di comodato, che
riguardava la quota indivisa dei 5/10 dell’immobile interessato dalle opere di risparmio energetico.
Con il sesto motivo il ricorrente prospetta in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. per motivazione apparente della decisione impugnata, nella parte in cui la CTR ha affermato che le vicende negoziali del fabbricato inducevano a ritenere che il ricorrente non avesse la disponibilità dell’immobile de quo .
Con il settimo motivo di ricorso si deduce in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. – la violazione dell’art. 1, commi 344/347, della legge n. 296/2006, prorogata con legge 244/2007, dell’art. 2, comma 1 lett. a), del D.M. n. 47/2007 e degli artt. 981 e 1803 cod. civ., nella parte in cui la CTR ha affermato che la donazione della nuda proprietà dell’immobile disposta il 30 marzo 2010 dalla proprietaria in favore dei figli, con contestuale vendita, da parte di alcuni dei donatari, della loro quota parte di nuda proprietà ricevuta in donazione, fosse incompatibile con il contratto di comodato stipulato con il contribuente, avendo la proprietariadonante mantenuto l’usufrutto del bene concesso in comodato.
Il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo di ricorso sono esaminabili congiuntamente in quanto all’evidenza connessi, avendo tutti ad oggetto, seppure in relazione ai differenti profili di censura dedotti, il capo della decisione con il quale i giudici dell’appello hanno ritenuto che il contribuente non avesse dato dimostrazione della sussistenza dei requisiti soggettivi richiesti dalla normativa vigente per la fruizione delle agevolazioni per il risparmio energetico.
Giova premettere all’esame delle questioni dedotte con i predetti motivi una ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
L ‘art. 1, comma 344 e seguenti, della legge n. 296 del 2006 (Finanziaria 2007) ha previsto che, per le spese documentate,
sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, spetta una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55% degli importi rimasti a carico del contribuente.
Tale agevolazione è stata successivamente prorogata, con l’introduzione di modifiche qui non rilevanti.
9.1. In merito al profilo soggettivo, il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 19 febbraio 2007, attuativo dell’art. 1 della l. n. 296 del 2006, commi 344 -349, dispone che la detrazione spetta: i) alle persone fisiche, agli enti e ai soggetti di cui all’art. 5 del Tuir, non titolari di reddito d’impresa, che sostengono le spese per la esecuzione degli interventi di cui ai predetti commi sugli edifici esistenti, su parti di edifici esistenti o su unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, posseduti o detenuti, (art. 2, primo comma, lett. a, l. cit.); ii) ai soggetti titolari di reddito d’impresa che sostengono le spese per l’esecuzione degli interventi di risparmio energetico sugli edifici esistenti, su parti di edifici esistenti o su unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, posseduti o detenuti (art. 2, primo comma, lett. b).
Il secondo comma dell’art. 2 del d.m. citato dispone, inoltre, che, nel caso in cui gli interventi di cui al primo comma siano eseguiti mediante contratti di locazione finanziaria, la detrazione compete all’utilizzatore ed è determinata in base al costo sostenuto dalla società concedente.
I presupposti applicativi, dunque, in relazione agli interventi effettuati sulla singola unità immobiliare, sono il possesso o la detenzione dell’immobile, a nulla rilevando che il contribuente che detrae sia o meno residente anagraficamente nell’immobile oggetto di intervento.
9.2. Per quanto concerne la fattispecie in esame, la stessa prassi dell’Amministrazione (cfr. circolare n. 36/E del 2007, pagg. 5 e 22)
riconosce nella detenzione derivante dal comodato la fonte della legittimazione all’agevolazione, che permane anche dopo la cessazione dello stesso comodato, relativamente al comodatario che abbia sostenuto le spese.
La sussistenza del comodato integra, quale titolo idoneo alla detenzione, anche la prova della sussistenza di quest’ultima, per quanto attiene l’onere gravante sulla contribuente comodataria ai fini dell’agevolazione.
9.3. Questa Corte ha, di conseguenza affermato che, di regola, il comodatario, ai fini della prova del suo diritto all’agevolazione, non è tenuto a dimostrare un concreto potere di fatto sul bene e della sua concreta disponibilità, in quanto «la sussistenza del comodato integra, quale titolo idoneo alla detenzione, anche la prova della sussistenza di quest’ultima» (Cass. 24 gennaio 2022, n. 1975).
9.4. Tuttavia, a fronte della prova dell’esistenza di un contratto di comodato rimane, comunque, «salva la possibilità della contestazione e della prova contraria da parte dell’Ufficio, ovvero dell’allegazione di una situazione oggettiva concreta difforme da quella riconducibile alla fonte negoziale accertata», in ipotesi configurabile nel caso in cui si accerti «la natura meramente fittizia» del comodato (Cass. 24 febbraio 2022, n. 1975, cit.).
10. Il secondo, quarto e settimo motivo di ricorso, con i quali si denuncia la violazione dell’art. 1, commi da 344 a 347, della l. n. 296 del 2006, dell’art. 2, comma 1, lett. a) del d.m. n. 47 del 2007, dell’art. 1803 cod. civ., e dell’art. 981 cod. civ. , sono pertanto infondati.
10.1. La Commissione tributaria regionale, infatti, lungi dall’affermare che il contratto di comodato non costituisce titolo idoneo ai fini della legittimazione all’agevolazione, ha acco lto l’appello dell’Agenzia delle Entrate sul rilievo che , nella fattispecie in esame la stessa ha fornito la prova contraria di una situazione
oggettiva concreta difforme, desumibile da una serie di indizi gravi, precisi e concordanti, da cui è emerso che il contribuente non aveva mai avuto la disponibilità dell’immobile , ravvisati dai giudici di appello nel fatto che questi aveva la propria residenza altrove, unitamente al coniuge; che l’immobile era di fatto occupato soltanto dal proprietario e dall’usufruttuaria; che tra la fine del 2009 e i primi mesi del 2010 la comodante aveva donato la nuda proprietà dell’immobile ai figli, alcuni dei quali avevano contestualmente venduto la quota parte della nuda proprietà ricevuta in donazione.
La CTR ha, pertanto, ritenuto, in conformità all’orientamento di legittimità ora richiamato, che il contribuente non possedesse i requisiti soggettivi per ottenere la detrazione per gli interventi di riqualificazione energetica per risparmio energetico per l’immobile, avendo l’Ufficio fornito la prova contraria posta a suo carico (v., ancora, Cass. 24 gennaio 2022, n. 1975), consistente nell’insussistenza di un effettivo e concreto rapporto di comodato tale da legittimare in capo al contribuente l’esistenza della qualità di reale detentore (non rilevando il semplice dato formale contrattuale, né la mera qualificazione giuridica).
10.2. I motivi sono, inoltre inammissibili laddove, pur deducendo, apparentemente, una violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, mirano ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (Cass. Sez. U, 25 ottobre 2013, n. 24148; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. 4 marzo 2021, n. 5987).
11. Sono, quindi, infondati anche il terzo ed il sesto motivo di ricorso, con i quali la medesima contestazione censura viene declinata sotto il profilo di denuncia della nullità della sentenza per motivazione apparente.
11.1. L’assenza della motivazione, la sua mera apparenza, o ancora la sua intrinseca illogicità, implicano una violazione di legge costituzionalmente rilevante e, pertanto, danno luogo ad un error in procedendo , la cui denuncia è ammissibile dinanzi al giudice di legittimità ai sensi del n. 4 dell’art. 360, ponendosi come violazione delle norme poste a presidio dell’obbligo motivazionale (Cass. S.U. sentenze 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054). In sostanza, il vizio di motivazione che solo può dar luogo alla cassazione della sentenza è quello che attinge il nucleo fondamentale della sentenza, il cosiddetto minimo costituzionale di esplicitazione delle ragioni poste a base della sentenza.
11.2. Va ancora rammentato che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.» (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. 1, 03/03/2022 n. 7090).
11.3. Nessuna di tali situazioni ricorre nel caso in esame, in quanto dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata, e di cui si è ampiamente dato conto nell’esaminare i superiori motivi di ricorso, emerge con chiarezza ed esaustività l’iter logico seguito
dalla CTR per argomentare i propri convincimenti. I giudici dell’appello hanno chiaramente esposto le argomentazioni poste a base del l’adottato ragionamento e, altrettanto univocamente, hanno indicato i fatti storici ritenuti rilevanti ai fini della prova dell’insussistenza dei requisiti soggettivi (e di quelli oggettivi) richiesti per la fruizione delle agevolazioni fiscali previste per gli interventi di risparmio energetico, le fonti di prova atte a provare i suddetti fatti e le ragioni della loro decisività ai fini dell’accoglimento del gravame dell’Agenzia delle Entrate.
11.4. I suddetti motivi di ricorso sono, inoltre, inammissibili nella parte in cui mirano a una rivalutazione dei fatti storici operata dalla Commissione tributaria regionale e alla contrapposizione, a quelli forniti dall’Amministrazione Finanziaria, dei diversi elementi indiziari invocati dal ricorrente, la cui valenza probatoria è stata, tuttavia, disattesa dal giudice del gravame, alla stregua dell’orientamento giurisprudenziale di cui si è già fatto richiamo.
12. Il quinto motivo, con il quale si censura l’omessa valutazione dell’oggetto del comodato, consistente in una quota indivisa dell’immobile interessato dagli interventi di riqualificazione, è inammissibile.
12.1. È, infatti, censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. soltanto l’omesso esame di un fatto storico controverso, che sia stato oggetto di discussione e che sia decisivo; di contro, non è più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti e ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. 31/01/2017, n. 2474).
12.2. Pacifica l’applicabilità della norma al processo tributario (così Sez. U n. 8053/2014, cit.), questa Corte, in tema di contenzioso tributario, ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale non si censuri l’omesso esame di un fatto
decisivo, ma si evidenzi solo un’insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie dedotta in giudizio (Cass. 28/6/2016 n. 13366, in materia di idoneità delle dichiarazioni rese da un terzo a fondare la prova, da parte della contribuente, di fatture per operazioni inesistenti).
12.3. Nella fattispecie, la circostanza fattuale invocata dal contribuente non è stata né pretermessa, né negata dalla Commissione tributaria regionale, che ha, anzi, espressamente preso in considerazione l’avvenuta stipula del contratto di comodato correlandola, però, ad una serie di ulteriori elementi fattuali che, valutati in coordinazione tra loro, l ‘ hanno condotta ritenere insussistenti i requisiti soggettivi richiesti per la fruizione della agevolazione fiscale.
13. Con l’ottavo motivo di ricorso il contribuente deduce – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. -la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. per motivazione apparente della sentenza impugnata, nella parte in cui la CTR ha ritenuto che esso ricorrente non avesse dato dimostrazione del presupposto oggettivo per il riconoscimento della detrazione fiscale, visto che le fatture prodotte erano intestate al nudo proprietario, il quale aveva ordinato il pagamento.
14. Con il nono motivo di ricorso censura in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. – il medesimo capo della decisione impugnato con l’ottavo motivo di ricorso, deducendo che la Commissione Tributaria Regionale è incorsa nella violazione dell’art. 1, commi da 344 a 347, della legge n. 296/2006, dell’art. 4 comma 1, lett. c) e lett. d) del D.M. n. 47/2007, e dell’art. 21 del d.P.R. n. 633/72, laddove ha affermato la carenza, in capo al contribuente, del presupposto oggettivo per il riconoscimento della detrazione fiscale, non avendo il giudice del gravame considerato che dai bonifici effettuati dall’usufruttuaria risultava che il ricorrente era il beneficiario delle detrazioni de quibus .
Con il decimo motivo di ricorso si deduce in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. nella parte in cui la CTR, con motivazione apparente, ha affermato la carenza dei requisiti oggettivi per la detrazione fiscale.
Con l’undicesimo motivo di ricorso si censura – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. – il medesimo capo della decisione impugnato con il decimo motivo, deducendo che la Commissione Tributaria Regionale è incorsa nella violazione dell’art. 1, commi 344 -347, della legge n. 296/2006, dell’art. 4, comma 1, lett. a) e comma 1-quater del D.M. n. 47/2007, laddove ha evidenziato che l’attestazione asseverata della conformità degli interventi era stata rilasciata soltanto nel 2014, in quanto tale ritardo era giustificato dal fatto che i lavori, iniziati il 7 giugno 2010, si erano protratti fino al 7 giugno 2015.
L’infondatezza e inammissibilità de l secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo motivo di ricorso, con cui si è contestato il capo della sentenza, espressione di autonoma ratio decidendi , che ha ritenuto insussistenti i requisiti soggettivi per la fruizione del beneficio in oggetto, comportano l’inammissibilità , per carenza di interesse, dei motivi dedotti dall’ottavo all’ undicesimo.
17.1. A tale riguardo deve farsi richiamo alla costante affermazione di questa Corte secondo cui «Nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, ‘in toto’ o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne
consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato» (Cass. Sez. U., 8 agosto 2005, n. 16602; in senso conforme anche la giurisprudenza successiva, ex plurimis , tra le più recenti, Cass. 18 aprile 2019, n. 10815; Cass. 6 luglio 2020, n. 13880; Cass. 14 agosto 2020, n. 17182).
18. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, in assenza di attività difensiva da parte dell’Amministrazione intimata. Infine, bisogna dare atto della sussistenza dei presupposti per il del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma versamento, ad opera del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21/05/2025.