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Detrazione IVA spese legali: no per difesa dipendenti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17111/2025, ha stabilito che una società non può effettuare la detrazione IVA sulle spese legali sostenute per la difesa dei propri amministratori e dipendenti in un procedimento penale. Anche in caso di assoluzione, tali costi non sono considerati inerenti all’attività d’impresa ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, in quanto non presentano un nesso causale diretto e immediato con le operazioni imponibili della società. La Corte ha confermato la decisione dell’Agenzia delle Entrate, rigettando il ricorso dell’azienda.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Detrazione IVA spese legali: la Cassazione nega il diritto per la difesa dei dipendenti

La questione della detrazione IVA sulle spese legali sostenute da un’azienda per la difesa penale dei propri amministratori e dipendenti è un tema complesso e dibattuto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 17111 del 2025, ha fornito chiarimenti decisivi, confermando un orientamento rigoroso che nega tale possibilità. La decisione si fonda sul principio di inerenza, interpretato in modo specifico per l’Imposta sul Valore Aggiunto, e offre importanti spunti di riflessione per le imprese.

I Fatti del Caso

Una società si è vista notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, con cui veniva contestata l’indebita detrazione di IVA per un importo significativo. L’imposta era relativa a costi sostenuti per la difesa legale di amministratori, dirigenti e altri dipendenti coinvolti in procedimenti penali. L’Agenzia sosteneva che tali spese, sebbene potenzialmente deducibili ai fini delle imposte dirette (IRES), non fossero detraibili ai fini IVA per mancanza del requisito di inerenza.
La società ha impugnato l’atto, ma sia la Commissione tributaria provinciale che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado hanno respinto le sue ragioni. Di qui, il ricorso in Cassazione, basato su diversi motivi, tra cui la presunta contraddizione nel trattamento fiscale tra imposte dirette e IVA e l’omessa valutazione dell’assoluzione ottenuta nel procedimento penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la legittimità dell’avviso di accertamento. I giudici hanno ribadito i principi consolidati in materia, delineando nettamente i confini del concetto di inerenza ai fini IVA.

Analisi sulla detrazione IVA spese legali e il concetto di Inerenza

Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione del principio di inerenza. Secondo la Cassazione, per poter detrarre l’IVA su un acquisto di beni o servizi, non è sufficiente un generico collegamento con l’attività d’impresa. È necessario, invece, un nesso diretto e immediato tra il costo sostenuto e le operazioni imponibili (cioè quelle che generano ricavi e sulle quali si applica l’IVA) realizzate dalla società.
Le spese per la difesa penale, anche se riguardano fatti commessi nell’ambito del rapporto di lavoro, non soddisfano questo requisito. La Corte ha spiegato che la causa di tali spese non è l’adempimento del mandato lavorativo, ma un elemento esterno e intermedio: l’accusa mossa da un terzo (la Procura della Repubblica). Pertanto, il costo non è direttamente funzionale alla produzione di beni o servizi tassati, ma si colloca in una sfera estranea all’attività tipica d’impresa.

L’irrilevanza dell’assoluzione penale

La società ricorrente aveva insistito sul fatto che l’assoluzione dei suoi dipendenti e la propria esclusione da responsabilità (ai sensi del D.Lgs. 231/2001) dimostrassero l’utilità e la necessità di quei costi per l’impresa. La Cassazione ha ritenuto questo argomento irrilevante. La valutazione dell’inerenza, infatti, va effettuata ex ante, sulla base della natura oggettiva del costo e della sua correlazione con l’attività, non ex post, in base all’esito del procedimento per cui è stato sostenuto.

La questione delle sanzioni e della lex mitior

Un altro motivo di ricorso riguardava l’applicazione delle sanzioni. La società chiedeva che non venissero applicate, data l’incertezza normativa, o, in subordine, che venisse applicata la nuova disciplina più favorevole introdotta nel 2024. La Corte ha respinto entrambe le richieste. Ha affermato che la giurisprudenza sull’inerenza ai fini IVA è consolidata e non incerta. Riguardo alla nuova normativa, ha sottolineato che il legislatore ha espressamente previsto la sua applicazione solo per le violazioni commesse dal 1° settembre 2024, escludendo qualsiasi effetto retroattivo. Questa scelta è stata ritenuta legittima e non in contrasto con i principi costituzionali o europei, in quanto parte di una riforma organica e complessa del sistema sanzionatorio tributario.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un orientamento giurisprudenziale consolidato che distingue nettamente il concetto di inerenza ai fini delle imposte dirette da quello ai fini IVA. Mentre per le imposte dirette è sufficiente che un costo sia correlato all’attività d’impresa in senso ampio, per l’IVA è richiesta una correlazione specifica e diretta con le operazioni attive soggette a imposta. Le spese legali per la difesa penale non sono considerate un elemento del processo produttivo della società, ma una spesa sostenuta per un evento (l’accusa penale) che si inserisce tra il mandato lavorativo e il suo adempimento, interrompendo il nesso di causalità diretta. L’assenza di questo legame immediato preclude la detrazione dell’imposta assolta su tali servizi legali.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce un principio fondamentale per le imprese: la detrazione IVA sulle spese legali per la difesa penale di amministratori e dipendenti non è ammessa. Questa decisione impone alle aziende un’attenta valutazione nella contabilizzazione di tali costi, distinguendo chiaramente il trattamento ai fini delle imposte sui redditi da quello ai fini IVA. Anche un esito favorevole del giudizio penale non sana l’originaria mancanza del requisito di inerenza. Le imprese devono quindi essere consapevoli che tali oneri legali rappresentano un costo non detraibile ai fini IVA, con le conseguenti implicazioni finanziarie.

È possibile detrarre l’IVA sulle spese legali sostenute da un’azienda per la difesa penale dei propri amministratori o dipendenti?
No, secondo la sentenza, la detrazione dell’IVA su tali spese non è ammessa. La Corte di Cassazione ha stabilito che questi costi non possiedono il requisito dell’inerenza, ovvero un nesso causale diretto e immediato con le operazioni imponibili della società.

L’assoluzione nel processo penale influisce sulla possibilità di detrarre l’IVA per le spese legali?
No, l’esito del procedimento penale, anche se favorevole con un’assoluzione, è considerato irrilevante ai fini della detrazione IVA. La valutazione sull’inerenza del costo deve essere effettuata in base alla sua natura oggettiva e al suo rapporto con l’attività d’impresa, non in base all’esito del processo.

Perché il concetto di inerenza è diverso ai fini delle imposte dirette (IRES/IRAP) e dell’IVA?
La sentenza si basa su un orientamento consolidato che distingue i due regimi. Ai fini delle imposte dirette, l’inerenza ha una portata più ampia, essendo sufficiente che il costo sia correlato all’attività d’impresa. Ai fini IVA, invece, il concetto è più restrittivo e richiede che il costo sia direttamente e immediatamente funzionale alla realizzazione di operazioni soggette a imposta, un requisito che le spese di difesa penale non soddisfano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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