Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33992 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33992 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34995/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. dell’Emilia Romagna -BOLOGNA n. 853/2019 depositata il 15/04/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Recependo i contenuti di un PVC della DR dell’Emilia -Romagna, la DP di Reggio Emilia dell’Agenzia delle entrate notificava ad RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO relativo ad IVA ed IRAP per l’a.i. 2011.
Dalla verifica era emerso che alcune società e/o persone fisiche riconducibili alla contribuente avevano intrattenuto operazioni commerciali con il gruppo RAGIONE_SOCIALE, il quale a sua volta aveva costituito centinaia di veicoli societari utilizzati in operazioni fittizie.
In particolare, secondo quanto riferisce la sentenza in epigrafe,
il gruppo denominato RAGIONE_SOCIALE era intervenuto per evitare la tassazione di una plusvalenza di cessione di fabbricati, i cui vantaggi fiscali erano ricaduti sulla società appellata per effetto di interposizione fittizia di persona giuridica. Tanto a seguito di trasferimenti all’interno di società appartenenti allo stesso gruppo RAGIONE_SOCIALE del fabbricato industriale dove l’RAGIONE_SOCIALE svolgeva già la propria attività industriale, in virtù del contratto di locazione con la Foro Borghese e, poi, dal 20.07.2007 con contratto di locazione finanziaria con la RAGIONE_SOCIALE, dopo che quest’ultima aveva acquisito, in pari data, per atto notaio COGNOME, dalla Foro Borghese RAGIONE_SOCIALE, lo stesso immobile di INDIRIZZO, riscattato, il 19.07.2007, dalla RAGIONE_SOCIALE, dopo alcuni passaggi societari all’interno della Foro Borghese. L’Ufficio nell’emettere l’atto impugnato aveva ipotizzato un risparmio di imposta, mediante una simulazione relativa soggettiva tra Foro Borghese e l’RAGIONE_SOCIALE, per effetto del beneficio fiscale legato alla detraibilità dell’IVA sui canoni di locazione finanziaria fatturati alla RAGIONE_SOCIALE
La CTP d Reggio Emilia, con la sentenza n. 153/3/2015, accoglieva il ricorso della contribuente.
L’Ufficio proponeva appello, rilevando, rigettato dalla CTR dell’Emilia -Romagna, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
La costruzione operata dall’Ufficio non tiene, opportunamente, conto che le pretese violazioni contestate siano imputabili a soggetti, comunque, terzi all’RAGIONE_SOCIALE, cui la stessa è rimasta totalmente estranea senza ottenere alcun vantaggio fiscale, in quanto con il contratto di locazione stipulato con la Foro Borghese ha pagato i canoni oltre IVA al locatore, deducendo la relativa imposta, mentre con il contratto di locazione finanziaria ha continuato a versare l’IVA alla RAGIONE_SOCIALE, deducendo la stessa imposta senza che l’Erario subisse alcuna perdita per effetto del nuovo contratto.
Inoltre la detrazione dell’IVA sui canoni e la deduzione del costi ai fini IRAP ritenersi del tutto legittim ai sensi del DPR 633/72 e D.Lgs. 446/97.
L’esistenza di alcuni soci in capo alle diverse società (COGNOME) che avrebbero realizzato la complessa operazione di trasferimento dell’immobile non costituisce alcuna prova di partecipazione attiva a tali movimentazioni giuridiche da parte dell’RAGIONE_SOCIALE.
Infatti non si può individuare nelle vicende societarie del Gruppo RAGIONE_SOCIALE facente capo al COGNOME, qualificato soggetto residente a Montecarlo ed in lite con l’A.F., un’operazione anomala, in assenza di valide ragioni economiche, così come l’uso distorto di un negozio giuridico senza il già discusso vantaggio fiscale, che avrebbe, peraltro, realizzato unicamente la Foro Borghese, peraltro, per effetto della comune compagine sociale, limitata al ruolo del dr. NOME COGNOME, consulente della Foro Borghese e socio di minoranza della società appellata, elementi poco probanti a confermare la tesi sostenuta dall’Ufficio.
Infatti il co. 1 dell’art. 10 del D.Lgs. 128/2015 nel qualificare l’abuso del diritto ha previsto operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale della normativa fiscale, realizzano essenzialmente indebiti vantaggi fiscali, non ravvisabili nella fattispecie in oggetto in favore della società appellata.
L’appello come prodotto non comporta elementi probatori utili per la riforma della sentenza impugnata.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo; resiste la contribuente con controricorso.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘ Violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., nonché, in via diretta e conseguenziale degli artt. 19, co. 1 e 54, co. 2 del D.P.R. 26.10.1972 n. 633 e dei principi indicati nella sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 12.1.2006 (in cause C-354/03, 355/03 e 484/03) e 6.7.2006 (in cause C-439/04 e 440/04) in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c.’.
1.1. ‘È pacifico e incontroverso che:
a partire dal novembre 1998 la RAGIONE_SOCIALE ha svolto la propria attività nel fabbricato industriale sito a Reggio Emilia in INDIRIZZO che è stato detenuto in forza di locazione stipulata con la società RAGIONE_SOCIALE fino al 19 luglio 2007;
la locatrice RAGIONE_SOCIALE è una immobiliare attiva dal 1998 e fino al 19 luglio 2007 l’oggetto dell’attività è stato essenzialmente circoscritto alla concessione in locazione del predetto fabbricato acquisito in virtù di un contratto di leasing stipulato nel 1998 con la RAGIONE_SOCIALE
il 19 luglio 2007 i soci della RAGIONE_SOCIALE hanno ceduto la piena proprietà delle loro quote a due fiduciarie, che acquistano in nome proprio ma per conto di due società fiducianti, tutte riconducibili al gruppo RAGIONE_SOCIALE ed attualmente in stato di Liquidazione Coatta Amministrativa;
nella stessa data, la Foro Borghese RAGIONE_SOCIALE ha riscattato in anticipo l’immobile di INDIRIZZO dalla RAGIONE_SOCIALE;
il giorno successivo, ovvero il 20 luglio 2007, la Foro Borghese RAGIONE_SOCIALE ha ceduto l’immobile alla RAGIONE_SOCIALE;
nella stessa data, la RAGIONE_SOCIALE ha concesso in locazione finanziaria alla RAGIONE_SOCIALE il fabbricato industriale dove quest’ultima, come già detto svolgeva l’attività a partire dal 1998;
-la Foro Borghese non ha versato l’IVA esposta nella dichiarazion fiscale relativa al 2007, pari a € 171.760,00′.
”Ufficio ha contestato la detraibilità dei canoni di leasing versati dalla società intimata alla RAGIONE_SOCIALE richiamando la giurisprudenza europea in tema di divieto di comportamenti abusivi o fraudolenti’.
‘La seconda pur contenendo alcune argomentazioni riferibili al thema decidendum della detraibilità o meno dell’Iva, è prevalentemente incentrata sull’inesistenza dei presupposti dell’abuso del diritto, ed è quindi, per questa parte, del tutto inconferente e irrilevante’.
Quanto alla prima parte, ‘secondo la giurisprudenza della Corte UE citata in rubrica l’Amministrazione finanziaria può e deve negare il diritto alla detrazione al soggetto passivo, qualora dimostri che questi sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta cessione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto’.
‘
-ha apoditticamente affermato il diritto alla detrazione dell’IVA sul presupposto della mera estraneità alle violazioni imputabili a soggetti terzi (ovvero alla frode nei termini delineati dall’Ufficio) della società intimata;
-dal fatto che la società ha continuato a versare alla RAGIONE_SOCIALE l’Iva che prima versava alla Foro Borghese ha, del tutto illogicamente, tratto la conseguenza dell’assenza di perdita dell’Erario in relazione al nuovo contratto, per poi soffermarsi su un elemento del tutto irrilevante quale l’assenza di un concreto vantaggio per la società intimata’.
‘ffemando apoditticamente l’estraneità alla frode (oltre che l’assenza di danno per l’erario), la CTR ha del tutti pretermesso la doverosa valutazione analitica e unitaria degli elementi indiziari addotti dall’Ufficio in ordine alla partecipazione alla frode o, quantomeno, alla conoscenza della stessa addotti dall’Ufficio ‘.
1.2. Il motivo – a differenza di quanto opinato in controricorso – non è inammissibile.
1.2.1. Non corrisponde al vero che non sia censurata la seconda parte della sentenza impugnata, la quale esprimerebbe un’autonoma ‘ratio decidendi’: al contrario, essa è definita ‘inconferente ed irrilevante’, non già secondo clausola di stile, ma in relazione all’essere ‘prevalentemente incentrata sull’inesistenza dei presupposti dell’abuso del diritto, che, in quanto ‘thema’ estraneo al contendere, dimostra il disallineamento ‘in parte qua’ della sentenza impugnata dall’effettiva contestazione mossa dall’Ufficio alla contribuente.
Neppure corrisponde al vero, con riferimento alla prima parte, che questa sollecita una riedizione del giudizio su un piano meritale, denunciando un’anomalia motivazionale non sostanziantesi in mancanza o mera apparenza della motivazione, unici profili sindacabili in cassazione: al contrario, detta prima parte individua con precisione le norme ed i principi della giurisprudenza unionale che assume violati, correttamente evocando il solo paradigma della violazione di legge, di cui pertinentemente argomenta la sussistenza nel pedissequo sviluppo illustrativo: né gli accenni agli elementi fattuali di cui, a tenore di questo, la CTR ha obliterato la rilevanza probatoria mirano ad un diretto apprezzamento delle relative emergenze in spregio di natura e limiti del giudizio di legittimità, essendo invece volti soltanto a consustanziare la doglianza concernente il distorto impiego, da parte della CTR, delle regole della prova presuntiva in materia (al netto dell’erronea prospettiva dell’abuso del diritto dalla medesma fatta propria) di impedimento alla detrazione dell’IVA.
1.2.2. Fermo quanto precede, il motivo è fondato e merita accoglimento.
1.2.2.1. Costituisce principio costante nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea quello a termini del quale ‘ è compito delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi
oggettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente’, nel senso che ‘il soggetto passivo, al quale sono stati forniti i beni o i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che tale operazione si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore o da un altro operatore a monte’ (CGUE, 21 giugno 2012, cause riunite C -80/11 e C-142/11, COGNOME e NOME COGNOME; ID., 6 settembre 2012, causa C-324/11, NOME COGNOME; ID., 6 dicembre 2012, causa C285/11, Bonik).
Coerentemente, nella giurisprudenza interna, affermasi che, ‘i n tema di IVA, in virtù degli artt. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e 17 della Direttiva UE 17 maggio 1977, n. 388, osta al riconoscimento del diritto alla relativa detrazione da parte del cessionario, non soltanto la prova del suo coinvolgimento nella frode fiscale, ma anche quella della mera conoscibilità dell’inserimento dell’operazione in un fenomeno criminoso, volto all’evasione fiscale, la quale sussiste ove il cessionario, pur essendo estraneo alle condotte evasive, ne avrebbe potuto acquisire consapevolezza mediante l’impiego della specifica diligenza professionale richiesta all’operatore economico, avuto riguardo alle concrete modalità e alle condizioni di tempo e di luogo in cui si sono svolti i rapporti commerciali, mentre non occorre anche il conseguimento di un effettivo vantaggio’ (Sez. 5, n. 13803 del 18/06/2014, Rv. 631554-01, ribadita da Sez. 6-5, n. 13545 del 30/05/2018, Rv. 648691-01).
Rispetto a tale consolidato stato della giurisprudenza, sia unio -nale che interna, deve soltanto precisarsi che la prova gravante sull’Amministrazione ben può consistere in attendibili indizi, anche tratti da indagini penali, siccome idonei ad integrare finanche una presunzione semplice, in conformità a quanto, per l’IVA, espressamente prevede l’art. 54, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972 (cfr., da un lato, CGUE, COGNOME e COGNOME, cit. e ID., 6 luglio
2006, cause riunite C -439/04 e C -440/04, COGNOME; dall’altro, ‘ex multis’, Sez. 6 -5, n. 14237 del 07/06/2017, Rv. 644435 -01).
1.2.2.2. Sotto altro profilo, in tema di prova per presunzioni, cui, come appena visto, l’Amministrazione può proficuamente attendere, vige il principio secondo cui ‘il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento’ (Sez. 3, n. 9059 del 12/04/2018, Rv. 648589 -01.
In specificazione del principio di cui innanzi s’è ulteriormente precisato che ‘il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni ‘gravi, precise e concordanti’, laddove il requisito della ‘precisione’ è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della ‘gravità’ al grado di
probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della ‘concordanza’, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma’ (Sez. 2, n. 9054 del 21/03/2022, Rv. 664316 -01).
1.2.2.3. La CTR ha fatto evidente malgoverno di tutti i superiori principi.
Nel contesto di un di per sé erroneo inquadramento della fattispecie sotto la figura dell’abuso del diritto, ciò che ha comportato il disconoscimento della realtà della contestazione relativa ad illecita detrazione dell’IVA per la configurabilità di una frode, essa, neppure scandagliata l’esistenza in sé di questa, l’ha tuttavia aprioristicamente ritenuta ‘inter alios acta’, pretendendo,
oltreché la dimostrazione, da parte dell’Amministrazione, di un ‘vantaggio fiscale’ in capo alla contribuente, requisito invece non necessario (posto che il vantaggio si determina in capo agli attori della frode nel suo complesso, escludendo per l’effetto frazionamenti atomistici), ha negato comunque la sua ‘partecipazione attiva’ all”operazione’, senza considerare che la partecipazione attiva è un requisito non necessario (bastando la semplice possibilità, per l’interessato, d’essere consapevole di prender parte ad una frode, o di renderla altrimenti possibile, sulla base dei canoni della diligenza professionale).
In siffatto contesto, palesemente decentrato rispetto alla vicenda sottoposta al suo esame, la CTR ha mancato di analizzare, singolarmente e poi unitariamente, tutti gli indici presuntivi dall’Amministrazione devolutile, al fine di saggiarne una capacità rappresentativa coerente del coinvolgimento, anche solo in termini di mera possibilità di conoscenza, della contribuente alla frode.
Ciò è a valere segnatamente per la (non considerata) sostanziale sovrapponibilità delle compagini sociali di Foro Borghese e della contribuente e per il (non ricostruito e viepiù ‘ex professo’ immotivatamente squalificato) ruolo di soggetti (COGNOME e COGNOME) che, protagonisti dell’evolvere delle vicende sociali di Foro Borghese in parallelo all’evolvere dell”operazione’, sono legati anche alla contribuente.
In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 23 ottobre 2024.