Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33766 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33766 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24651/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, RAGIONE_SOCIALE (C.F. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’Avv. Prof. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) e dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procure speciali in calce al ricorso, elettivamente domiciliate presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO (Studio Legale RAGIONE_SOCIALE
Oggetto: tributi -IVA – detrazione prorata -criteri oggettivi
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del Direttore pro tempore
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, Sez. staccata di Brescia, n. 1/26/20 depositata in data 2 gennaio 2020
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella pubblica udienza del 6 novembre 2024;
udita la relazione del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso ;
udite le Avv. NOME COGNOME a NOME COGNOME in sostituzione degli Avv.ti COGNOME e COGNOME per parte ricorrente.
FATTI DI CAUSA
Le società contribuenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente consolidata e consolidante, hanno originariamente impugnato in via separata quattro avvisi di accertamento, relativi ai periodi di imposta 2011 e 2012. Due avvisi di accertamento -relativi ciascuno a uno dei suddetti due periodi di imposta – riguardavano sia la consolidante, sia la consolidata e attenevano a recuperi IRES (oltre sanzioni e accessori) per indebita deduzione di costi infragruppo addebitati alla consolidata (nella sentenza impugnata si indica come rilievo 2). Altri due avvisi di accertamento -come rilevato dalla stessa sentenza impugnata -riguardavano la sola consolidata e attenevano alla indebita detrazione IVA per acquisto promiscuo di beni e servizi utilizzati sia per attività di holding, sia per attività di consulenza gestionale , contestando l’assenza
dei criteri oggettivi di cui all’art. 19, comma 4, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (rilievo 1).
La CTP di Mantova ha accolto i ricorsi riuniti.
La CTR della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, la sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello proposto dall’Ufficio. Il giudice di appello ha dato atto sia in narrativa (pag. 6), sia in parte motiva (pag. 7) come -su rilievo delle società contribuenti -l’appello dell’Ufficio riguardasse solo il rilievo 1 in relazione alla sola SOGEFI. Ciò nonostante, la sentenza impugnata ha ritenuto di rigettare l’eccezione di carenza di legittimazione passiva della consolidante CIR, sul presupposto che i rilievi riguardassero entrambe le società contribuenti. Nel merito, la sentenza impugnata ha ritenuto di accogliere l’appello dell’Ufficio con una duplice ratio decidendi , richiamandosi in primo luogo alla disciplina della deducibilità e inerenza dei costi intercompany nel consolidato fiscale, nonché -in secondo luogo – ritenendo non oggettivo il criterio di rilevazione dei beni e servizi scambiati ai fini della detrazione IVA, in quanto affidato a rilevazioni da parte del personale e, perciò, considerate di « carattere soggettivo », laddove la contribuente RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto adottare criteri di rilevazione automatizzati.
Hanno proposto ricorso per cassazione le società contribuenti, affidato a sette motivi chiedendo, in subordine, rimettersi la causa alla Corte di Giustizia e depositando memoria; l’Ufficio intimato non si è costituito in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 81 cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto la legittimazione passiva della consolidante CIR in grado di appello. Osservano i ricorrenti che gli avvisi relativi al rilievo 1 riguardavano
solo la consolidata RAGIONE_SOCIALE e che, in ogni caso, gli avvisi impugnati attenevano a cause scindibili.
Il primo motivo è fondato. Nel processo tributario con pluralità di parti, il disposto dell’art. 53, comma 2, d.lgs. n. 546/1992 non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili, scindibili e dipendenti, delineata dalle regole processuali di diritto comune, tanto che in base agli artt. 331 e 332 cod. proc. civ. nelle cause scindibili non vi è obbligo di integrare il contraddittorio nei confronti di quelle parti del giudizio di primo grado, il cui interesse alla partecipazione all’appello sia venuto meno (Cass., Sez. U., 30 aprile 2024, n. 11676). Analogamente, ove pendano controversie che coinvolgano diverse parti, avvinte dal litisconsorzio passivo, sia originario, sia -come nella specie -successivo, per intervenuta riunione di giudizi distinti, l’impugnazione della decisione di primo grado relativamente ad uno o ad alcuni dei rapporti processuali cumulati non preclude la formazione del giudicato con riguardo agli altri (Cass., Sez. III, 27 dicembre 2023, n. 36100). Ne consegue che la parte vittoriosa in primo grado, la cui statuizione non sia stata impugnata in grado di appello, non è legittimata passivamente nel giudizio di impugnazione proposto dalla parte soccombente nei confronti di altra parte processuale, la cui posizione processuale sia avvinta alla parte vittoriosa da un mero litisconsorzio facoltativo.
Nella specie, come accertato dalla stessa sentenza impugnata, non sono state oggetto di impugnazione le statuizioni relative a IRES per indebita deduzione di costi infragruppo, laddove l’appello riguardava l’indebita detrazione IVA, che coinvolgeva la sola società contribuente RAGIONE_SOCIALE In accoglimento del primo motivo di ricorso, deve dichiararsi il difetto di legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE in grado di appello, cassandosi la sentenza senza rinvio.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella parte in cui la motivazione della sentenza impugnata sarebbe inconferente con il thema decidendum. Osservano le parti ricorrenti (come ribadito durante la discussione orale) come la motivazione della sentenza impugnata abbia accolto l’appello facendo riferimento all’inerenza dei costi infragruppo nel consolidato fiscale, che era tema del rilievo 2 non oggetto di impugnazione, così rendendo una motivazione incomprensibile e perplessa, priva di alcun nesso con il motivo di appello e con il relativo percorso decisionale.
Il secondo motivo è fondato. Come osservatosi in narrativa, il giudice di appello ha adottato una duplice ratio decidendi . La prima di tali rationes decidendi ha motivato la legittimità della indetraibilità IVA con l’indeducibilità e la non inerenza dei costi intercompany nel consolidato fiscale, ossia con una motivazione del tutto scollegata dai motivi di appello proposti dall’Ufficio. Il giudice di appello, evidentemente ricadendo nello stesso lapsus in cui è caduto in relazione al primo motivo, in cui la sentenza impugnata ha ritenuto di coinvolgere la consolidante CIR, del tutto estranea alla ripresa IVA, il giudice di appello ha adottato una motivazione che atteneva alla statuizione relativa alla ripresa passata in cosa giudicata, così rendendo una motivazione del tutto contraddittoria e perplessa (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053). Sotto questo profilo la sentenza impugnata va cassata senza rinvio anche in relazione alle relative statuizioni.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19, comma 4, d.P.R. n. 633/1972, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che il metodo di rilevazione degli acquisti operato dalla società contribuente RAGIONE_SOCIALE non rispondesse ai criteri
oggettivi di cui all’art. 19 cit. Osserva parte ricorrente di avere optato per la separazione volontaria , a termini dell’art. 36 , terzo comma, d.P.R. n. 633/1972, delle attività ai fini IVA dell ‘ attività delle società di partecipazione (holding), con IVA assolta indetraibile, sia ad attività gestionale detraibile e di avere posto in essere una metodologia di rilevazione dei beni e servizi promiscui utilizzati per entrambe le attività (pro rata) affidato a rilevazioni del personale, che computava le ore di lavoro dedicate a ciascuna attività. Osserva parte ricorrente che la norma di legge si limita a indicare caratteri oggettivi, verificabili e corrispondenti alla effettività delle operazioni sottostanti, ma non richiede l’impiego di procedure automatizzate.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza in violazione degli artt. 111, sesto comma, Cost. e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, co d. proc. civ. , sotto il profilo dell’omesso esame di fatto decisivo, nella parte in cui la sentenza impugnata che ogni costo contabilizzato con IVA detraibile viene, in ogni caso, ribaltato a valle alle consociate con addebito di IVA. Osserva parte ricorrente che la circostanza che l’attività di consulenza viene riaddebitata a valle alle società controllate nel prezzo dei servizi resi ( management fees ), che per neutralità non possono che avere a monte IVA detraibile in quanto relativa a beni effettivamente scambiati.
Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o applicazione dell’art. 19, comma 4, d.P.R. n. 633/1972, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che nel rapporto aritmetico tra proventi da attività imponibile e proventi da attività esente i dividendi costituiscano il denominatore del rapporto medesimo. Osserva parte ricorrente che l’Ufficio avrebbe fatto leva su un criterio aritmetico pari al rapporto tra
i proventi realizzati per le due diverse attività svolte, criterio che sarebbe stato implicitamente fatto proprio dal giudice di appello nella parte in cui ha negato oggettività alla rilevazione della ripartizione del monte ore da parte del personale.
Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, nella parte in cui la sentenza impugnata non si è pronunciata sull’eccezione della contribuente RAGIONE_SOCIALE , secondo cui -in risposta alle deduzioni dell’Ufficio – i dividendi non possano essere considerati al denominatore del rapporto matematico per il calco o del pro rata di detraibilità IVA.
Con il settimo motivo si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per mancanza dei requisiti di contenuto di cui all’art. 111, sesto comma, Cost. e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo ai fini del giudizio, nella parte in cui il giudice di appello non ha considerato che, in caso di applicazione del metodo di determinazione del pro rata indicato d all’Ufficio, senza considerare i dividendi al denominatore del rapporto, la percentuale di detraibilità non sarebbe stata inferiore ma persino più alta rispetto a quella concretamente considerata.
I motivi terzo e quarto, i quali possono esaminarsi congiuntamente, sono fondati. I motivi attengono alla seconda (scarna) ragione della decisione che ha ritenuto privo di oggettività il metodo di rilevazione del prorata come indicato dalla contribuente RAGIONE_SOCIALE. Dispone l’art. 173, par. 1, Dir. 2006/112/CE che ove il soggetto passivo utilizzi beni e servizi sia per operazioni che danno diritto a detrazione, sia per operazioni che non danno tale diritto, la
detrazione è ammessa soltanto per il prorata dell’IVA relativo alla prima categoria di operazioni, sicché l’IVA gravante sull’acquisto di beni e servizi da parte di un soggetto passivo non può dare diritto a detrazione nella misura in cui tali beni e servizi siano stati utilizzati per attività che, data la loro natura non economica, non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva IVA (CGUE, 16 settembre 2021, Balgarska natsionalna televizia, C -21/20, punto 54).
12. Il par. 2 del medesimo art. 173 Dir. cit. prevede che il prorata si determina per il complesso delle operazioni effettuate dal soggetto passivo, demandando, con le disposizioni successive, agli Stati membri metodi e criteri che gli Stati membri sono tenuti ad applicare quando adottano disposizioni che consentano una ripartizione degli importi IVA assolti a monte a seconda che le spese corrispondenti si riferiscano ad attività economiche o ad attività non economiche, nel rispetto dei principi sottesi al sistema IVA (CGUE, 22 febbraio 2024, NOME COGNOME, C-674/22, punto 45). Nel far ciò, gli Stati membri devono esercitare il loro potere discrezionale in modo da garantire che la detrazione sia effettuata soltanto per il prorata dell’IVA relativo alle operazioni che danno diritto a detrazione, vigilando affinché il calcolo del prorata tra attività economiche e attività non economiche rifletta oggettivamente la quota di imputazione reale delle spese a monte a ciascuna di queste due attività (CGUE, C-674/22, cit., punto 46; CGUE, C-21/20, punto 55; CGUE, 13 marzo 2008, Securenta, C -437/06, punto 37).
E’ stato, inoltre, precisato che il metodo prescelto non deve necessariamente essere il più preciso possibile, ma deve poter garantire un risultato più preciso di quello che deriverebbe dall’applicazione del criterio di ripartizione basato sul volume d’affari (CGUE, CTT, 30 aprile 2020, C-661/18, punto 37; CGUE, 18 ottobre 2018, Volkswagen Financial Services (UK), C -153/17, punto 53).
14. In coerenza con tali determinazioni, il diritto interno dispone che « per i beni ed i servizi in parte utilizzati per operazioni non soggette all’ imposta la detrazione non è ammessa per la quota imputabile a tali utilizzazioni e l’ammontare indetraibile è determinato secondo criteri oggettivi, coerenti con la natura dei beni e servizi acquistati. Gli stessi criteri si applicano per determinare la quota di imposta indetraibile relativa ai beni e servizi in parte utilizzati per fini privati o comunque estranei all’esercizio dell’impresa, arte e professione » (art. 19, comma 4, d.P.R. n. 633/1972).
15. Il legislatore impone, pertanto, che venga utilizzato dal contribuente un metodo che consenta di rapportare le operazioni per le quali venga esercitata la detrazione tale da riflettere oggettivamente la quota di imputazione reale delle spese per cui spetta la detrazione e che questo metodo sia oggettivo, ossia consenta di verificare a posteriori -come correttamente deduce il ricorrente -che tale quota corrisponda alle operazioni sottostanti imponibili. Non è, invece, imposto che il contribuente sia onerato dell’adozione di procedure automatizzate, purché il metodo applicato consenta di individuare le operazioni sottostanti assoggettabili a detrazione.
16. Nella specie, la sentenza ha considerato inadeguato il sistema di rilevazione delle operazioni imponibili affidato all’attività del personale, imponendo alla contribuente l’adozione di procedure automatizzate ma senza verificare se tale sistema di rilevazione sia in grado di individuare le operazioni realmente assoggettabili a detrazione. La sentenza impugnata non ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suddetti principi e va cassata con rinvio in relazione al terzo e al quarto motivo di ricorso, per nuovo esame delle modalità di calcolo del prorata. Sono assorbiti gli ulteriori motivi.
17. Il ricorso va accolto, cassandosi la sentenza con rinvio alla CGT di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie i motivi dal primo al quarto, dichiara assorbiti gli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 6 novembre 2024