Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33114 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33114 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3661/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA-NAPOLI n. 5255/2022 depositata il 06/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Da una verifica generale a carico di RAGIONE_SOCIALE era emerso che le fatture ricevute nel 2014 e nel 2015 da RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di erboristeria, erano state pagate dalla contribuente nel 2015. L’analisi delle fatture evidenziava tuttavia criticità. Secondo quanto riportato in ricorso (p. 3), la contribuente aveva sostenuto, con la produzione di documenti (in particolare mail), la veridicità delle operazioni documentate nelle fatture, affermando trattarsi di attività di recupero di crediti eseguita da COGNOME NOME. I verificatori ritenevano che RAGIONE_SOCIALE fosse soggetto meramente interposto, al fine di consentire alla COGNOME di evadere le imposte, alla stregua di uno schema, coerente con la documentazione extracontabile offerta dalla contribuente, compresa la ‘sentenza 924/2018 pubblicata il 18/07/2018 dal Tribunale di Milano’, secondo cui ‘la vecchia dirigenza della RAGIONE_SOCIALE pur di rimanere coinvolta nella società a fronte dell’acquisto del ramo d’azienda e di conseguenza l’introduzione della nuova compagine manageriale, aveva prestato servizi sotto forma mascherata, avvalendosi di un soggetto terzo (RAGIONE_SOCIALE), priva di un’organizzazione del personale. Infatti, le interrogazioni eseguite sull’applicativo dell’Anagrafe Tributaria avevano permesso di riscontrare che la società RAGIONE_SOCIALE, in ordine alle prestazioni fatturate, aveva omesso per l’anno d’imposta 2015 e 2016 la presentazione delle dichiarazioni ai fini IRES, IRAP ed IVA, cessando la partita IVA in data 20/12/2017 e cancellandosi dal registro delle imprese in data 26/01/2018. Oltretutto era stato rilevato che la società era stata amministrata dal 22/11/2014 al 20/12/2017 dalla sig.ra COGNOME
NOMECOGNOME di anni 93, residente presso lo stesso domicilio della sig.ra COGNOME NOMECOGNOME.
La D.P. di Caserta, condividendo gli esiti della verifica, a mezzo dell’avviso di accertamento n. TF7030101592 -2019, recuperava a tassazione l’IVA indebitamente detratta per l’anno d’imposta 2014 pari ad € 13.068,00, oltre interessi e sanzioni.
La contribuente proponeva ricorso, rigettato dalla CTP di Caserta con sentenza n. 1753/11/2020.
La contribuente proponeva appello, accolto dalla CTR della Campania con la sentenza in epigrafe sulla base della seguente motivazione:
on è controverso, fin dall’attività di accertamento, che trattasi di fatture per operazioni solo soggettivamente inesistenti.
Orbene, <> (Cass. civ., sez. V, ordinanza n. 32587 del 12/12/2019, Rv. 656018 – 01). Ciò perché <> (Cass. civ., sez. V, sentenza n, 27566 del 30/10/2018, Rv. 651269 -02). Orientamento ormai consolidato, in quanto ribadito con la seguente pronunzia, emessa nelle more della stesura della presente motivazione: <> (Cass. civ., sez. V, ordinanza n. 8480 del 15/03/2022, Rv. 664150 – 01).
Nella concreta fattispecie, i costi sono stati effettivamente sostenuti ed attengono ad operazioni attuate nell’interesse dell’appellante, eseguite non dal soggetto emittente la fattura bensì da persona fisica ad esso nota. Essi rispondono dunque ai requisiti basilari per poter essere considerati attribuibili e riferibili all’attività aziendale.
La condotta della COES risulta dunque tale da non precludere la deducibilità di costi, fiscalmente evasi dalla Fogliati attraverso l’interposizione di Ortensia Pharmacon, che è però neutra per la COES medesima.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con un motivo. La contribuente resta intimata.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 21 comma 7 del DPR 633/72 (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.)’. Secondo l’Agenzia ricorrente, la CTR ha fatto riferimento a principi ‘in realtà inconferenti al caso di specie, perché relativi alla questione della deducibilità dei costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti ai fini della determinazione del reddito di impresa e non anche per quel che concerne l’IVA’. Nel caso di specie, invece, si verte del recupero di IVA
indebitamente detratta. ‘A dimostrazione, si riproduce di seguito la pag. 2 dell’avviso di accertamento oggetto in giudizio (che si deposita nuovamente in allegato 1), dove è dato chiaramente conto che l’accertamento ha ad oggetto unicamente l’IVA e il prospetto di determinazione dell’imposta (pagg. 9 e 10), dove, parimenti, il calcolo concerne solo l’IVA’. Seguono le fotoriproduzioni. La conclusione della CTR ‘risulta in palese contrasto con le norme che disciplinano la detrazione dell’IVA’. ‘Nel caso concreto, considerato che la società RAGIONE_SOCIALE sapeva di operare con la sig. COGNOME NOME e non con la società RAGIONE_SOCIALE, l’Agenzia ha correttamente recuperato ‘ .
Il motivo è fondato e merita accoglimento.
Indubitabilmente vale il principio secondo cui, ‘in tema di imposte sui redditi, a norma dell’art. 14, comma 4 bis, della l. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv. dalla l. n. 44 del 2012, l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, non utilizzati direttamente per commettere il reato, anche per l’ipotesi in cui sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che, a norma del T.U. delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. n. 917 del 1986, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità’ (Sez. 5, Ordinanza n. 11020 del 05/04/2022, Rv. 664285-01).
Tale principio, nondimeno, vale solo con riguardo alla deducibilità dei costi, che rileva ai fini delle imposte sui redditi, non anche con riguardo alla detraibilità dell’IVA.
Sotto questo secondo versante, che in definitiva attiene al meccanismo volto ad assicurare la neutralità dell’imposta (e come tale è ontologicamente avulso dai criteri di computo in diminuzione
del reddito, in costanza di tutti i requisiti dell’art. 190 tuir, dei costi siccome effettivamente sostenuti, finanche in adesione ad una frode), vige la regola, per così dire, ordinaria (costituendo il recepimento, nel diritto interno, del formante giurisprudenziale unionale), a termini della quale, ‘in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi’ (così, tra le innumerevoli, massimate e non, Sez. 5, Sentenza n. 27566 del 30/10/2018, Rv. 651269-01).
Ed invero – come affermato da Sez. 5, Sentenza n. 15288 del 17/07/2020, Rv. 658203 -01 per evidenziare che ‘alla indeducibilità non consegue automaticamente l’indetraibilità’ – ‘il diritto del contribuente alla detrazione, fondandosi sul principio di neutralità dell’imposta, muove da presupposti diversi da quelli della deducibilità dei costi di impresa’.
Ne consegue il seguente principio di diritto, cui dovrà attenersi il giudice del rinvio:
In tema di operazioni soggettivamente inesistenti, ai fini del riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA, non rileva che l’art. 14, comma 4 bis, della l. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv. dalla l. n. 44 del 2012, consenta la deduzione dei relativi costi, non utilizzati direttamente per commettere il reato, anche in caso di consapevolezza del carattere fraudolento delle operazioni, sebbene a condizione che siano rispettati i requisiti di cui all’art. 109 tuir, giacché, fondandosi il suddetto diritto esclusivamente sul principio di neutralità dell’IVA, del tutto eterogeneo rispetto ai presupposti della deducibilità dei costi di impresa, trova applicazione l’ordinario criterio secondo cui l’Amministrazione è tenuta a provare che il contribuente era, o avrebbe dovuto essere, date le circostanze, a conoscenza della frode, mentre il contribuente è tenuto a provare, in contrario, di aver adottato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto.
Al superiore principio la sentenza impugnata non si è attenuta. Ne consegue che la stessa deve essere cassata con rinvio, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 8 ottobre 2024.