Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12230 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12230 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
Oggetto: Tributi
Iva -2012
Detrazione- Presupposti-
Inerenza –
Sanzioni – art. 48ter del d.lgs.
546/92
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 19746 del ruolo generale dell’anno 202 2, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende;
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
,
rappresentata e difesa, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato allegato al controricorso dall’Avv .to, NOME COGNOME (indirizzo PEC: EMAILordineavvocaticataniaEMAIL), domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione, in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 460/13/2022, depositata in data 20 gennaio 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
1.Dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa si evince che, previo p.v.c. della Guardia di Finanza di Catania, l’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di produzione di olii e grassi di animali grezzi o raffinati, un avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione, per il 2012, costi indebitamente dedotti, ai fini Ires e Irap, e detratti, ai fini Iva, oltre sanzioni. In particolare, l’Ufficio aveva ripreso, ai fini Ires e Irap, oltre Iva ( al 21%), costi ritenuti non inerenti e non documentati ovvero afferenti a prestazioni di pubblicità, ad operazioni asseritamente inesistenti, quote di ammortamento, nonché l’Iva di euro 257.250,00 detratta relativamente a fatture (108 e 196 del 2012) emesse da RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili, ritenuto costo non inerente all’attività di impresa della società contribuente.
2.Avverso il suddetto avviso, la società proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania che – dopo due proposte conciliative svolte da ll’Ufficio nel corso del giudizio – con sentenza 142/2018, lo accoglieva parzialmente, dichiarando, in parte, valida la seconda proposta di
conciliazione e determinando le imposte dovute, ai fini Ires, in euro 10.450,00, ai fini Irap, in euro 1.832,00, oltre sanzioni ridotte del 40%, escludendo l’Iva.
Avverso la sentenza di primo grado, sia la società contribuente che l’Ufficio proponevano separati appelli, per quanto di rispettivo interesse, dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia che, previa riunione, con sentenza n. 460/13/2022, depositata in data 20 gennaio 2022, li rigettava.
In punto di diritto, la CTR – confermando la decisione di primo grado -premesso che il concetto di inerenza di un costo non andava inteso immediatamente legato ai ricavi ma all’attività complessiva svolta, anche potenzialmente, dall’impresa -ha ritenuto che l’Iva era stata correttamente esclusa dal recupero ‘ non avendo l’Ufficio , anche in questo grado di giudizio, precisato e documentato gli elementi a propria conoscenza necessari a giustificare la pretesa su cui si fondava la rettifica, come previsto dall’art. 7 della legge n. 212/2000, e la sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza della presunzione sui quali si basava l’atto emesso come previsto dall’art. 2729 c.c. ‘ .
Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente.
In data 14 marzo 2025, la contribuente ha depositato memoria contenente istanza di rinvio della causa per avviare con l’Agenzia un tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 48, comma 4bis, del d.lgs. n. 546/92.
CONSIDERATO CHE
1.In primo luogo, va rigettata l’istanza contenuta nella memoria depositata da parte controricorrente in data 14 marzo 2025 di rinvio della causa per avviare con l’Agenzia un tentativo di conciliazione fuori udienza, ai sensi dell’art. 48, comma 4bis, del d.lgs. n. 546/92.
1.1. In forza dell’ art. 1 del d.lgs. n. 220/2023 ( in vigore dal 4.1.2024) al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, sono apportate le seguenti modificazioni::
nell’articolo 48: 1) al comma 2 le parole «la commissione pronuncia» sono sostituite dalle seguenti: «la corte di giustizia tributaria pronuncia» e le parole «la commissione dichiara» sono sostituite dalle seguenti: «la corte dichiara»; 2) dopo il comma 4 è inserito il seguente: «4-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche alle controversie pendenti davanti alla Corte di Cassazione. ».
1.2.Per l’applicazione dell’art. 48 cit., come modificato dal D. Legislativo n. 220 del 30/12/2023 , l’art. 4 del detto decreto dispone che « 2. Le disposizioni del presente decreto si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 1° settembre 2024, fatta eccezione per quelle di cui all’articolo 1, comma 1, lettere d), e), f), i), n), o), p), q), s), t), u), v), z), aa), bb), cc) e dd) che si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, nonché in Cassazione, a decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto .»
1.3. Pertanto, a seguito all’entrata in vigore del D .lgs. n. 220/2023 la conciliazione fuori udienza (art. 48) può essere avviata per i giudizi instaurati in Cassazione dal 5 gennaio 2024, il che non è nel caso di specie, essendo stato il ricorso per cassazione notificato via pec all’Agenzia in data 7 luglio 202 0.
1.4. Quanto alla dedotta applicabilità dell’art. 48, comma 4bis, cit. anche ai ricorsi in Cassazione instaurati prima del 5 gennaio 2024, trattasi di una modifica in fieri , essendo come dedotto in memoria dalla stessa ricorrente ‘ il comma 3 dell’articolo 11 del D.Lgs. correttivo del D.Lgs. 220/2023, approvato dal Consiglio dei Ministri in data 13.03.2025 in corso di promulgazione ‘.
Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso per cassazione.
Invero, premesso che ‘ In tema di giudizio per cassazione, ove il ricorso predisposto in originale cartaceo e sottoscritto con firma autografa
sia notificato in via telematica, ai fini di prova del perfezionamento della notificazione è necessaria la produzione di copia analogica del messaggio di trasmissione a mezzo PEC e dei suoi allegati (ricorso e procura) nonché delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna munite di attestazione di conformità agli originali, ai sensi dell’art. 9, commi 1 bis e 1 ter, della l. n. 53 del 1994 ‘ (Cass. sez. 3, Ordinanza n. 29670 del 19/11/2024), nel caso di specie, la ricorrente ha provveduto al deposito della ricevuta di accettazione in data 20.7.2022 della notifica del ricorso tramite p.e.c. presso l’indirizzo di posta elettronica (EMAIL del difensore domiciliatario della società del grado di appello (dott. NOME COGNOME), nonché della dichiarazione di asseverazione (inerente anche all’accettazione di notifica del ricorso e consegna), ma non ha prodotto, stando agli atti legittimamente disponibili da parte di questo Collegio, la ricevuta di avvenuta consegna della notifica a mezzo p.e.c.; posto quanto sopra, risulta agli atti la spedizione in data 29.7.2022 della rinotifica del ricorso, a mezzo servizio postale – andata a buon fine – a RAGIONE_SOCIALE presso lo Studio dei dottori NOME COGNOME e NOME COGNOME INDIRIZZOCatania; orbene, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (Cass., sez. un., 15 luglio 2016 n. 14594). Nella specie, l’Agenzia ha dimostrato di avere riattivato la procedura notificatoria entro il trentesimo giorno dalla conoscenza dell’esito negativo del primo tentativo di notifica nonché la circostanza che il mancato esito positivo del primo tentativo di notifica non era dipeso da una causa imputabile alla parte richiedente risultando dal frontespizio della sentenza impugnata – con riguardo all’atto di appello RG 6405/2018 proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di RAGIONE_SOCIALE -l’indicazione del medesimo indirizzo di posta elettronica del difensore domiciliatario (EMAIL
presso cui era stata tentata la prima notifica, il che, dunque, era tale da suscitare l’affidamento dell’Agenzia sulla correttezza (anche) dello stesso. Peraltro, la circostanza evidenziata nel controricorso dell’avvenuta comunicazione in data 12.1.2022 da parte del difensore del cambio di indirizzo PEC, non rileva in quanto, da un lato, non risulta provata agli atti la comunicazione -redatta peraltro genericamente senza l’indicazione di alcun destinatario (v. allegato 12 al controricorso) all’Agenzia delle entrate in tale data, e dall’altro, comunque, la sentenza impugnata che reca, con riguardo all’atto di appello RG 6405/2018 proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di RAGIONE_SOCIALE l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica del difensore domiciliatario (EMAIL presso cui era stata tentata la prima notifica, è stata depositata in data 20.1.2022 (dunque successivamente alla assunta comunicazione all’Agenzia in data 12.1.2022 di cambio PEC), fondando, pertanto, il legittimo affidamento dell’Agenzia sulla correttezza , quanto all’appello proposto da quest’ultima, dell’indirizzo indicato sul relativo frontespizio.
3.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 633/72 in combinato con gli artt. 167 e 168 della Direttiva 2006/112/CE, per avere la CTR confermato la decisione di primo grado in ordine alla esclusione dal recupero dell’Iva ritenendo applicabile il principio dell’inerenza al costo di cui alle fatture (n. 108 e 196) di acquisto di un impianto di produzione di energia elettrica sebbene il bene acquistato non fosse strumentale al l’attività di impresa svolta dalla società contribuente (di produzione di olii e grassi di animali grezzi o raffinati) non pote ndo quest’ultima svolgere l’attività di produzione di energia elettrica alimentata da fonti alternative essendo priva delle necessarie autorizzazioni amministrative (che erano state rilasciate alla diversa società RAGIONE_SOCIALE la quale aveva poi goduto dei benefici economici derivanti dal costo sostenuto dalla contribuente). In particolare, ad avviso della ricorrente, la CTR avrebbe mal applicato le norme in tema di inerenza dei costi, dovendo riconoscersi il diritto alla detrazione Iva nel caso di nesso di strumentalità con
l’attività di impresa , anche in via potenziale, e di mancato esercizio concreto della stessa per cause estranee al contribuente, nella specie, non ravvisabili.
3.1. Preliminarmente va rigettata l’eccezione di intervenuto giudicato (interno) sul capo della sentenza della CTP di Catania n. 142/2018 in ordine alla detraibilità dell’Iva (di euro 257.250,00) relativa alle fatture di acquisto dell’impianto di cogenerazione (in quanto l’Agenzia delle Entrate a veva eseguito delle quantificazioni arbitrarie applicando le norme sull’inerenza previste dal TUIR e non dal DPR 633/72), atteso che l’Ufficio nel proporre appello (allegato al controricorso) – lungi dal prestare acquiescenza a quanto deciso dai giudici di primo grado in ordine alla detraibilità dell’IVA versata per detto impianto di cogenerazione, impugnando la citata sentenza soltanto con riferimento alla sanzione applicabile, prevista dall’articolo 6 , comma 6, del D.Lgs. 471/1997 -dopo avere premesso che ‘ solo il perfezionamento della conciliazione giudiziale ex art. 48 D.lgs. 546/92 comporta la sostituzione della pretesa fiscale originaria e contestata con una certa e concordata e che in caso contrario rivive l’originaria pretesa erariale ‘ – ha chiaramente affermato che ‘ ai fini iva le determinazioni del collegio giudicante si ponevano in palese violazione degli artt. 19 del d.P.R. n. 633/72 .. l’art. 19 del d.P.R. n. 633/72 consentiva infatti al compratore di portare in detrazione l’Iva addebitatagli a titolo di rivalsa dal fornitore solo per acquisti effettuati nell’esercizio dell’impresa ‘ ‘ il costo di euro 1.225.000,00 contabilizzato nel 2012 e l’afferente Iva di euro 257.250,00 detratta nel 2012 non sono inerenti essendo relativi ad un bene non diretto all’espletamento dell’attività esercitata dalla RAGIONE_SOCIALE, per poi puntualizzare che ‘ l’appellata società aveva comunque indebitamente detratto nell’anno 2012 l’Iva non inerente per euro 257.250,00 in violazione dell’art. 19 e segg. del d.PR n. 633/72 ‘ (pagg. 34 dell’ allegato atto di appello); con ciò intendendo chiaramente contestare la statuizione del giudice di primo grado in ordine alla detraibilità dell’Iva ; peraltro, il riferimento nell’appello alla condivisione ‘ della proposta conciliativa del 21.6.2017 richiamata dai primi giudici ‘ era relativo esclusivamente alla determinazione della ‘ maggiore imposta di complessivi euro 20.262,00 di cui euro 10.450,00 ai fini Ires, euro 1.832,00 ai fini Irap e euro 7.980,00 ai fini Iva ‘
(pag. 2 dell’appello), di cui gli euro 7.980,00 scaturivano ‘ dall’indetraibilità dell’Iva di euro 6.300,00 per costi di manutenzione ordinaria di impianti fatturati dalla ditta COGNOME RAGIONE_SOCIALE e dall’indebita detrazione Iva di euro 1.680,00 sul costo non inerente di euro 8.000,00 originariamente recuperato per euro 16.000,00 per spese di sponsorizzazione’ (pag. 5 dell’appello), essendo chiaramente fuori da tale proposta conciliativa la ripresa dell’Iva detratta relativamente alle fatture di acquisto dell ‘impianto di cogenerazione.
3.2. Va disattesa l’eccezione di inammissibilità del motivo per mancanza di interesse, in violazione dell’art . 100 del c.p.c., per avere l’Agenzia , con riguardo all’atto di appello RG n. 6405/2018, espressamente affermato di condividere l’esclusione del recupero dell’IVA atteso che come si evince dalla sentenza impugnata-‘ l’Ufficio nel proprio atto di appello .. precisava che , al fine di ridurre la conflittualità con il contribuente, obiettivo strategico che si propone, riteneva di condividere la determinazione del primo giudice ai fini Ires e Irap essendosi egli attenuto ai termini economici proposti dall’Ufficio a seguito di a ttento esame della documentazione prodotta dal ricorrente’.
3.3.Del pari priva di pregio è l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla società sul presupposto che l’impugnazione si risolverebbe in una richiesta di riesame del merito della vicenda – non ammissibile in questa sede – venendo, invece, prospettata la non corretta applicazione della legge.
3.4.Il motivo è fondato.
3.5.Questa Corte ha chiarito che: ‘ In tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 75, comma 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, ora art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R., riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta), in quanto è
configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo (Sez. 5, Ordinanza n. 450 del 11/01/2018 ). Peraltro, l’onere di provare e documentare l’imponibile maturato e dunque l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto d’impresa, grava sul contribuente’ (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 30366 del 21/11/2019,Cass. 18/08/2022, n. 24880). In tema di IVA, ai fini della detrazione di un costo, la prova dell’inerenza del medesimo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivi su cui va articolato il giudizio di inerenza, incombe sul contribuente in quanto soggetto gravato dell’onere di dimostrare l’imponibile maturato (Cass., Sez. 5, Sent. n. 18904 del 17/07/2018). E’ giurisprudenza di questa Corte secondo cui ‘ In tema di IVA, ai fini della detrazione dei costi, non è sufficiente l’avvenuta contabilizzazione degli stessi, dovendo il contribuente dimostrarne, nell’ipotesi di contestazione dell’Amministrazione finanziaria, anche l’esistenza, l’inerenza e la coerenza economica’ (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22940 del 26/09/2018).
3.6.Pertanto, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la nozione di inerenza esprime la concreta riferibilità dei costi sostenuti all’attività d’impresa -anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura -quale esito di una valutazione qualitativa, e non quantitativa, degli stessi (Cass. n. 30366/2019; Cass. n. 450/2018; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 16190 del 2024). Si è anche precisato che la verifica della «inerenza» del costo all’esercizio dell’attività economica risponde esclusivamente a criteri di valutazione di tipo oggettivo (natura dell’attività in concreto svolta desumibile anche dal nome della ditta; destinazione dei beni acquistati al reimpiego nell’attività commerciale) (Sez. 5, Sentenza n. 7268 del 2024).
3.7.Nella sentenza impugnata, la CTR, ha mal governato i suddetti principi, nel confermare l’esclusione dell’Iva ” non avendo l’Ufficio, anche in questo grado di
giudizio, precisato e documentato gli elementi a propria conoscenza necessari a giustificare la pretesa su cui si fondava la rettifica, come previsto dall’art. 7 della legge n. 212/2000, e la sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza d ella presunzione sui quali si basava l’atto emesso come previsto dall’art. 2729 c.c. ‘; con ciò, da un lato, addossando erroneamente in capo all’Ufficio l’onere d i provare gli elementi ‘ atti a giustificare la pretesa su cui si fondava la rettifica ‘, e, dall’altro, senza verificare – a fronte della ripresa Iva operata dall’Ufficio in relazione al costo relativo all’acquisto della centrale di cogenerazione, essendo la contribuente risultata, dalle indagini della G.d.F., priva delle autorizzazioni amministrative necessarie per svolgere ‘l’attività di produzione di energia elettrica da fonti alternative’ , autorizzazioni rilasciate ad altra società (RAGIONE_SOCIALE) cui veniva concesso dalla contribuente in comodato gratuito il terreno su cui insisteva la centrale e alla quale nel 2012 veniva ceduto dalla contribuente il contratto con la fornitrice RAGIONE_SOCIALE, in assenza di un negozio che disciplinasse i rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE v.pag.6 del ricorso e pagg. 3-4 del controricorso l’assolvimento da parte della società contribuente dell’onere di provare la concreta riferibilità (con riguardo all’anno di imposta verificato) – anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futuradel detto costo all’attività pacificamente svolta dalla società di produzione di olii e grassi animali grezzi o raffinati.
4 . Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 48 -ter del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR confermato la decisione di primo grado -con applicazione delle sanzioni (irrogate ai sensi del l’art. 6, comma 6 D.Lgs. n. 471/1997) ridotte al 40% sebbene, nella specie, tale riduzione non fosse applicabile non essendosi perfezionata la conciliazione giudiziale, cui era, per il carattere premiale della stessa, subordinata la riduzione medesima.
4.1.Il motivo è fondato.
4.2.La conciliazione giudiziale è uno strumento deflattivo del contenzioso tributario attraverso il quale: 1) il contribuente può definire, in tempi brevi, un contenzioso, già in atto o anche solo potenziale, godendo, di una riduzione delle sanzioni amministrative, variabile in base al grado di giudizio in cui si perfeziona; 2) l’Amministrazione Finanziaria si apre alla possibilità di rinunciare ad una frazione della pretesa fiscale vantata nei confronti del debitore d’imposta, in cambio di una quanto più rapida e più sicura conclusione della lite. Come è stato osservato da autorevole dottrina la ratio degli istituti deflattivi – tra cui va annoverata la conciliazione giudiziale è stata quella di ‘ prevedere effetti premiali tanto maggiori quanto più efficiente (e quanto più pronta) fosse la chiusura della controversia, potenziale o attuale ‘.
4.3. L ‘istituto della conciliazione giudiziale, disciplinato nell’ambito del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, è stato oggetto di modifiche ad opera del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156 (con entrata in vigore dal 1.1.2016).
La disciplina – precedentemente contenuta nel solo art. 48 del citato d.lgs. n. 546 del 1992 – è stata suddivisa in tre articoli regolamentando distintamente la conciliazione fuori udienza (art. 48), la conciliazione in udienza (art. 48-bis), il pagamento delle somme dovute (art. 48-ter).
In particolare, ex art. 9 del d.lgs. 156 del 2015, la conciliazione giudiziale diventa esperibile anche per le controversie soggette a reclamo/mediazione (ex art. 17bis) e per quelle pendenti in secondo grado.
Ai sensi dell’art. 48 ter (nel testo originario prima della novella di cui all’art. 4 della legge del 31/08/2022 n. 130): «1. Le sanzioni amministrative si applicano nella misura del quaranta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del primo grado di giudizio e nella misura del cinquanta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento nel corso del secondo grado di giudizio ».
Con l’art. 4 della legge n. 130 del 2022 (in vigore dal 16.9.2022) è stato poi introdotto nel testo del d.lgs. n. 546/92, l’art. 48bis.1 che prevede una specifica
ipotesi di conciliazione (Conciliazione proposta dalla corte di giustizia tributaria). Il testo originario di tale disposizione prevedeva che: «1. Per le controversie soggette a reclamo ai sensi dell’articolo 17-bis la corte di giustizia tributaria, ove possibile, puo’ formulare alle parti una proposta conciliativa, avuto riguardo all’oggetto del giudizio e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione ».
In seguito all’entrata in vigore del D .lgs. n. 220/2023, la conciliazione fuori udienza (art. 48) può essere avviata anche per i giudizi instaurati in Cassazione dal 5 gennaio 2024 (come previsto dall’ art. 4 del detto Decreto).
Tra le modifiche apportate dall’art. 1 del d.lgs. n. 220/2023 all’art. 48bis.1 cit. la principale si concreta nell’eliminazione del limite alla conciliazione proposta dal giudice tributario costituito dalla reclamabilità della controversia ex art. 17bis de l d.lgs. 546/92. Con l’abrogazione dell’istituto del reclamo e mediazione, a partire dal 5 gennaio 2024 la proposta di conciliazione, ai sensi dell’art. 48 -bis.1 può essere formulata d’ufficio dalla Corte tenendo conto della sussistenza di precedenti giuri sprudenziali in merito all’oggetto del giudizio.
Ai sensi dell’art. 48 -ter del D. Lgs. n. 546/92 (nella versione post novella di cui all’art. 1, comma 1, lett. z) del D. Lgs. n° 220/2023): «Le sanzioni amministrative si applicano nella misura del 40% o nella misura del 50% del minimo previsto dalla legge, se la conciliazione si perfeziona rispettivamente nel primo o nel secondo grado di giudizio e nella misura del 60 % del minimo previsto dalla legge in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del giudizio di Cassazione».
Premessa la ricostruzione normativa dell’istituto della conciliazione giudiziale nelle sue principali linee evolutive, e tenuto conto che, nella specie, trovava applicazione l’art. 48 -ter (nella versione ante novella Dlgs. n. 220/2023, essendo stato il giudizio di primo grado instaurato nel 2016), va osservato che, nella sentenza impugnata, il giudice di appello ha erroneamente confermato l ‘applicazione delle sanzioni nella misura ridotta al 40% sebbene, in considerazione del carattere premiale dell’istituto, la riduzione delle sanzioni
fosse subordinata al perfezionamento della conciliazione giudiziale, nella specie, non verificatosi, avendo la CTP -con decisione condivisa in sede di gravame -ritenuto (in parte) valida la seconda proposta di conciliazione dell’Ufficio non condivisa dalla parte contribuente ( ‘ Dopo una serie di vari incontri e proposte conciliative con esito negativo l’Ufficio notificava le risultanze di un’ulteriore proposta che, in parte era stata concordata con il contribuente, variandola in alcune parti; ed, in particolare, mentre per quanto riguarda l’Ires e l’Irap era stata concordata la somma di euro 12.282,00 somma che, ai soli conciliativi, veniva accettata, non veniva trovato l’accordo sull’Iva per dette imposte di complessive euro 7.980,00. Riguardo alle sanzioni, l’Ufficio nell’ultima proposta conciliativa richiedeva la somma di euro 20.262,00, Iva compresa, ed applicava le sanzioni per euro 56.472,12 portando il totale complessivo dovuto a euro 76.734,12. La Commissione tributaria provinciale di Catania con decisione del 18.9.2017 ave va ritenuto valida l’ultima proposta conciliativa e aveva determinato le imposte dovute in euro 10.450,00 ai fini Ires, e di euro 1.832,00 ai fini Irap, oltre sanzioni ridotte al 40% dei tributi, escludendo l’Iva, poiché l’Ufficio aveva eseguito delle quan tificazioni generiche senza una precisa norma applicando quanto previsto dal TUIR 917/86 e non invece dal d.PR n. 633/1972 ‘ , v. pag. 1 della sentenza impugnata).
5.In conclusione, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 26 marzo 2025
NOME COGNOME