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Detrazione IVA: la Cassazione su operazioni inesistenti

La Corte di Cassazione si pronuncia su un caso di accertamento fiscale a carico di una società di persone e dei suoi soci, chiarendo i presupposti per la negazione della detrazione IVA. La Suprema Corte ha stabilito che, per negare la detrazione, l’Amministrazione Finanziaria deve prima provare l’oggettiva inesistenza dell’operazione. Solo dopo tale prova diventa rilevante la diligenza del contribuente. La sentenza ha parzialmente estinto il giudizio per una definizione agevolata, ma ha cassato con rinvio la decisione di merito sulla questione IVA, accogliendo il ricorso della società su questo specifico punto.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Detrazione IVA: la Cassazione chiarisce l’onere della prova per operazioni inesistenti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 33658 del 2024, offre importanti chiarimenti sui presupposti per la negazione della detrazione IVA in caso di operazioni considerate inesistenti. La decisione interviene su una complessa vicenda di accertamenti fiscali a carico di una società di persone e dei suoi soci, delineando un principio fondamentale sull’onere della prova che grava sull’Amministrazione Finanziaria. Il caso evidenzia come la diligenza del contribuente entri in gioco solo dopo che sia stata accertata l’effettiva inesistenza della prestazione.

I Fatti del Caso

L’Agenzia delle Entrate aveva emesso avvisi di accertamento nei confronti di una società in accomandita semplice (s.a.s.) e dei suoi soci per gli anni d’imposta dal 2007 al 2009. Le contestazioni riguardavano principalmente costi ritenuti non deducibili e, di conseguenza, la ripresa a tassazione di maggiori redditi ai fini Iva, Irap e Irpef.
La Commissione Tributaria Regionale aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado, confermando però gran parte delle pretese fiscali. In particolare, per quanto riguarda le riprese ai fini IVA, i giudici di merito avevano negato la detrazione basandosi sulla “carenza di approntamento dell’ordinaria diligenza” da parte della società nei confronti dei suoi fornitori.
Contro questa decisione, la società e i soci hanno proposto ricorso per cassazione, articolando diversi motivi di doglianza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i vari motivi del ricorso, giungendo a una decisione composita. In via preliminare, ha dichiarato l’estinzione parziale del giudizio per le posizioni debitorie che erano state definite tramite la “rottamazione” delle cartelle, ad eccezione di quelle per cui il pagamento non era stato perfezionato nei termini di legge. Nel merito, la Corte ha rigettato la maggior parte dei motivi, ma ha accolto quello cruciale relativo alla violazione delle norme sulla detrazione IVA.

La questione della detrazione IVA e l’onere della prova

Il punto centrale della sentenza riguarda il quinto motivo di ricorso, ritenuto fondato dai giudici di legittimità. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato, anche a livello europeo: il presupposto per l’applicabilità della normativa che nega la detrazione (art. 21, comma 7, d.P.R. n. 633/1972) è che le fatture siano emesse per operazioni oggettivamente inesistenti.

La Corte ha specificato che spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare che l’operazione non è mai stata realmente posta in essere. Questa prova può essere fornita anche attraverso elementi indiziari o presuntivi. Solo una volta che l’assenza dell’operazione è stata dimostrata, non è più configurabile la buona fede del contribuente, il quale sa perfettamente se ha ricevuto o meno un bene o una prestazione.

Il principio del litisconsorzio necessario nelle società di persone

Un altro aspetto rilevante toccato dalla sentenza è quello del cosiddetto “litisconsorzio necessario” tra società di persone e soci. La Corte ha respinto il motivo di ricorso che lamentava l’omessa pronuncia sulla nullità degli avvisi per mancata notifica del PVC ai singoli soci.
È stato confermato che, in materia tributaria, l’accertamento del reddito di una società di persone è un atto unitario che produce effetti inscindibili sia per la società che per tutti i soci. Di conseguenza, tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento, anche l’accomandante, a prescindere dalla sua responsabilità limitata.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si è concentrata sull’errore commesso dalla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di secondo grado avevano negato la detrazione IVA basando la loro decisione esclusivamente sulla presunta mancanza di diligenza della società nel verificare i propri fornitori. Secondo la Suprema Corte, questo ragionamento è errato perché inverte l’ordine logico e giuridico della valutazione. Il primo passo è accertare se le operazioni contestate siano effettivamente avvenute o meno. La questione della diligenza e della buona o mala fede del contribuente diventa rilevante solo in un secondo momento e in contesti diversi, come le frodi carosello, ma non può essere il fondamento primario per negare la detrazione quando si contesta l’inesistenza stessa dell’operazione. Affermare la non detraibilità dell’IVA per carenza di diligenza, senza prima aver provato che le forniture non sono mai state eseguite, costituisce una violazione dei principi che governano l’imposta sul valore aggiunto. Perciò, la sentenza impugnata è stata cassata su questo punto con rinvio ad altra sezione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza un importante baluardo a tutela del contribuente: per negare il diritto alla detrazione IVA, non è sufficiente per il Fisco eccepire una generica mancanza di prudenza, ma è necessario fornire prove concrete, anche presuntive, che l’operazione fatturata non sia mai esistita. La decisione chiarisce la corretta sequenza logica nell’analisi delle contestazioni fiscali, ponendo l’onere della prova dell’inesistenza oggettiva saldamente in capo all’Amministrazione Finanziaria. La causa è stata quindi rinviata al giudice di merito per una nuova valutazione che si attenga a questo fondamentale principio di diritto.

Qual è il presupposto fondamentale per negare la detrazione IVA secondo la Cassazione?
L’Amministrazione Finanziaria deve prima dimostrare che le fatture contestate si riferiscono a operazioni oggettivamente inesistenti, cioè che le prestazioni o le cessioni di beni non sono mai avvenute. Non è sufficiente contestare una generica mancanza di diligenza del contribuente.

Chi ha l’onere di provare che un’operazione è inesistente ai fini IVA?
L’onere della prova grava sull’Amministrazione Finanziaria. Essa deve fornire gli elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva, che dimostrino la mancata effettuazione dell’operazione economica sottostante alla fattura.

L’accertamento fiscale nei confronti di una società di persone deve coinvolgere anche tutti i soci?
Sì. La Corte ha confermato il principio dell’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica dei redditi delle società di persone. Questo comporta un litisconsorzio necessario tra la società e tutti i soci, i quali devono essere parte dello stesso procedimento affinché la decisione sia valida.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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