Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27238 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 27238  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/10/2025
Oggetto: IVA – detrazione – diritto UE – condizione sostanziale – condizione formale – contenuto prova – principio di diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19357/2024 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO elettivamente domiciliata presso l’indirizzo pec: EMAIL;
-ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, n. 420/4/23, depositata in data 13 febbraio 2023 e che non risulta notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 18 settembre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, n. 420/4/23 veniva rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Crotone n. 144/01/2020 con la quale era stato rigettato il ricorso  proposto  dal  contribuente  avverso  la  cartella  di  pagamento emessa  ex  artt.  36  bis  del  d.P.R.  n.  600/1973  e  54  bis  del  d.P.R. n.633/1972 per IVA relativa al l’anno di imposta 2012.
Con tale atto l’RAGIONE_SOCIALE confermava il disconoscimento del credito IVA come da comunicazione di irregolarità e reclamava il pagamento di euro 73.701,00, oltre sanzioni e interessi, maturato in un periodo d’imposta per cui la dichiarazione, presentata con ritardo superiore ai novanta giorni,  era  ritenuta  omessa,  ai  sensi  e  per  gli  effetti  di  cui all’art. 2, comma 7, del d.P.R. n. 322/1988.
 Il  giudice d’appello, come  già  quello  di  prime  cure,  riteneva  che l’esistenza del  credito  non  fosse  stata  dimostrata  in  giudizio.  Il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza
d’appello ,  affidato  ad  un  unico  motivo,  cui  replica l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Con un unico motivo il ricorrente prospetta, in relazione all’art.360 , primo comma, n.3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del d.P.R. n. 322/1998 e degli artt. 19, 27, 30, 54 bis e 55 del d.P.R. n. 633/1972 e dell’art. 2697 cod. civ.. La sentenza d’appello viene ritenuta illegittima e meritevole di essere cassata per la violazione della richiamata normativa inerente all’assolvimento della prova, in ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione, per il riconoscimento del credito IVA risultante dalle scritture contabili dedotto entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno a quello in cui il diritto è sorto.
Il motivo è fondato, nei termini che seguono.
2.1. Il meccanismo della detrazione dell’IVA assicura il principio di neutralità dell’imposta armonizzata che, come previsto dall’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva n. 2006/112/CE (‘direttiva rifusione’), deve essere applicata fino al consumo finale del bene o del servizio acquistato. I principi fissati dal diritto unionale in tema di detrazione, stabiliti agli articoli 167 e seguenti e 178 della direttiva di rifusione, sono recepiti nell’ordinamento nazionale dagli articoli 19 e seguenti del d.P.R. n. 633 del 1972.
2.2. L’articolo 167 della direttiva prevede che il diritto alla detrazione nasce  «quando l’imposta detraibile  diventa  esigibile»,  e  analoga formulazione adotta sul versante interno l’art.19 del decreto: «il diritto alla  detrazione  dell’imposta  relativa  ai  beni  e  servizi  acquistati  o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile».
L’art. 168  della  direttiva  precisa  che,  «nella  misura  in  cui  i  beni  e  i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello RAGIONE_SOCIALE membro in cui effettua tali operazioni,  di  detrarre dall’importo dell’imposta di  cui  è  debitore  gli importi (…) ».
Perciò, un primo fondamentale requisito per l’esercizio del diritto alla detrazione è di tipo sostanziale, e consiste nell’ intervenuta esigibilità dell’imposta armonizzata, che scatta nel momento in cui si realizza il «fatto  generatore dell’imposta », ossia  intervengono  le  condizioni affinché l’erario possa esigere, nei confronti del debitore, il diritto al pagamento dell’imposta.
2.3. A questo requisito sostanziale si deve però accompagnare anche un ulteriore requisito, di tipo formale. Già dal combinato disposto degli artt. 18, n. 1, lett. a), e 22, n. 3, della direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE (‘sesta direttiva’), si evince che l’esercizio del diritto alla deduzione previsto dall’art. 17, n. 2 è, di regola, connesso al possesso dell’originale della fattura o del documento che, in base ai criteri stabiliti dallo RAGIONE_SOCIALE membro interessato, può essere considerato equivalente (CGUE 5 dicembre 1996, causa C-85/95, Reisdorf , punto 22).
Il successivo art.178 della direttiva di rifusione conferma la modulazione per l’esercizio del diritto, prevedendo, tra le condizioni cui è subordinato l’esercizio della detrazione da parte del soggetto passivo, il possesso di una valida fattura registrata. È tale la fattura redatta in conformità a quanto previsto al titolo XI, capo 3, sez. 3-6 della citata direttiva.
La nascita del diritto alla detrazione è perciò ancorato all’esigibilità dell’impost a  che,  ai  sensi  dell’art.  10,  n.  2,  della ‘sesta direttiva’,
matura all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi (v. CGUE 8 giugno 2000, causa C-400/98, Breitsohl , punto 36).
Sul versante interno, l’articolo 6 del d.P.R. n. 633 del 1972, sebbene non menzioni testualmente il lemma ‘fatto generatore’ dell’imposta , nozione presente nella direttiva, individua il momento di effettuazione RAGIONE_SOCIALE operazioni attraverso specifici criteri validi per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi. Ai sensi del quinto comma del citato articolo, l’imposta diviene esigibile nel momento di effettuazione dell’operazione , ad eccezione dei casi specificamente previsti dall’articolo 6 del d.P.R. n. 633 del 1972 o da altre disposizioni di legge. È quello il momento in cui viene in essere la condizione dell ‘esigibilità dell’IVA, e coincide, di regola, con il momento di effettuazione dell ‘ operazione economica.
A conferma di quanto sopra ricostruito, sul versante dell’interpretazione giurisprudenziale, la compresenza RAGIONE_SOCIALE due condizioni sopra esposte è icasticamente sintetizzata dalla Corte di Giustizia UE (29 aprile 2004, C-152/02, RAGIONE_SOCIALE ), nei seguenti termini: «il diritto alla deve essere esercitato con riguardo al periodo di imposta nel corso del quale ricorrono i due requisiti prescritti da tale disposizione, vale a dire che la cessione dei beni o la prestazione dei servizi abbia avuto luogo e che il soggetto d’imposta sia in possesso della fattura o del documento che possa considerarsi equivalente secondo i criteri fissati dallo RAGIONE_SOCIALE membro interessato».
4.1.  In  altri  termini,  ferma l’eventuale contestazione,  qui  assente, sull’artifiziosità dell’operazione, abusiva  o  fraudolenta,  non  è  affatto prevista la dimostrazione anche del pagamento della fattura, circostanza che, se ammessa a condizione per l’esercizio del  diritto, assurgerebbe a un terzo requisito per accedere alla detrazione, non
previsto dalla normativa e idoneo ad incidere sulla neutralità dell’imposta armonizzata.
4.2. Infine, quanto al riparto della prova, in caso di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria, l’onere della dimostrazione della compresenza  RAGIONE_SOCIALE  due  condizioni  per l’esercizio del diritto alla detrazione  non  può  che  ricadere,  ex  art.2697  cod.  civ.  e  per  un principio di prossimità della prova, su chi lo fa valere, ossia il soggetto passivo.
Dev’essere in conclusione affermato il seguente principio di diritto:
« Il  diritto  alla  detrazione  non  può  essere  negato  quando  il soggetto  passivo  che  lo  fa  valere  in  giudizio  dimostra  il presupposto  sostanziale dell’effettuazione della  cessione  di beni o prestazione di servizi e dà prova del requisito formale, attraverso la pertinente valida fattura d’acquisto annotata nei registri IVA, mentre non è necessaria la prova del pagamento ».
In applicazione del principio, non è condivisibile la prima parte della prospettazione del ricorrente laddove afferma, a pag.6 del ricorso, che, «non essendo stata formulata contestazione alcuna in ordine alla totale o parziale inattendibilità del credito IVA emergente dalla contabilità e riassunto nella dichiarazione IVA dell’anno 2013, il ricorrente non era tenuto a fornire prova dell’effettivo pagamento RAGIONE_SOCIALE fatture (…) ». Infatti, il diritto è contestato nel presente giudizio dall’Amministrazione finanziaria, dal momento che si legge nella stessa sentenza, a pagina 3 che «nel caso in esame l’appellata ha contestato il credito preteso dall’appellante e relativo alle fatture n. 100005/2009, 100027/2009, 17/2009 e 74/2009, tutte emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE». Tuttavia, ha ragione nella parte in cui afferma che nessuna prova del
pagamento della fattura dev’essere dato, ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione.
Inoltre, a pag.7 il ricorso efficacemente e specificamente dà conto del fatto  che  ha  offerto  prova  documentale,  di  cui  la  sentenza  non  dà conto, di avere rispettato gli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa  IVA  ai  fini  del  riconoscimento  del  diritto  alla  detrazione dell’eccedenza di imposta non dichiarata in sede annuale.
E’ vero che vi è un breve passaggio a riguardo nella sentenza impugnata, ma il giudice pone a base della propria decisione la mancata prova del pagamento, ossia un elemento del tutto irrilevante sulla base del principio di diritto che precede: «era, perciò, onere del contribuente provare l’effettivo pagamento di tali fatture; sul punto, però, l’appellante si è limitato a produrre i registri Iva, le fatture in questione e una dichiarazione dell’emittente tali fatture nella quale è affermato che le stesse sono state pagate con assegni circolari, dei quali è stato indicato il numero; nessuna prova è stata, invece, fornita dall’appellante in relazione all’effettivo pagamento RAGIONE_SOCIALE fatture in questione; manca, infatti, agli atti la documentazione relativa alla provvista degli assegni circolari indicati dall’emittente le fatture e la documentazione bancaria relativa all’emissione di tali assegni. Per tale ragione il credito preteso dall’appellante non può ritenersi provato» (v. p.4 sentenza).
 La  sentenza  impugnata  è  perciò  cassata  e,  per l’effetto, la controversia  va  rinviata  alla  Corte  di  giustizia  tributaria  di  secondo grado della Calabria in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione,  per  ulteriore  esame  in  relazione  al  profilo  e  per  la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 settembre 2025
Il Presidente
NOME COGNOME